possono essere totalmente diverse, se non addirittura in contrasto con le sue
esperienze pregresse legate alla cultura di provenienza.
La prospettiva didattica nell’ambito di una competenza comunicativa
deve coinvolgere tutti, non è il bambino straniero a doversi adeguare al
modello del gruppo maggioritario ma anche i bambini italiani e l’insegnante
dovrebbero adottare un comportamento adeguato, rispettoso delle esigenze di
tutti
1
.
Questo lavoro si proporrà quindi di esaminare le problematiche
intrinseche all’insegnamento e all’apprendimento della lingua italiana L2,
focalizzandosi sulle classi di scuola elementare e su quei gruppi etnici che
costituiscono gran parte della popolazione immigrata in Italia negli ultimi anni.
A questo scopo possiamo rifarci agli ultimi dati del Dossier Ferrari
dell’Aprile 2009 (elaborato sui dati del Ministero della Pubblica Istruzione) per
capire quanto la presenza straniera sia una realtà ormai consolidata nel nostro
paese. Come già specificato, è la lingua italiana, il suo apprendimento e il suo
insegnamento ad essere al centro di questa tesi: importante quindi è anche
delineare le reali esigenze della popolazione immigrata o già residente (i
cosiddetti migranti di seconda generazione). Come apprendono la lingua della
nazione accogliente i bambini di origine straniera? Quali differenze ci sono tra
l’apprendimento della lingua italiana per comunicare e per studiare?
Innanzitutto è interessante rintracciare anche dei dati sull’inserimento dei
bambini che chiamiamo “stranieri”, alcuni dei quali nati in Italia, ma, per la
maggior parte, giunti in un secondo momento per un ricongiungimento
familiare.
Senza circoscrivere eccessivamente l’ambito di studio, si procederà con
un confronto tra la realtà vissuta dai “nuovi arrivati” e altre realtà largamente
diffuse, come quella relativa agli immigrati ispanofoni – provenienti in
particolare dal Perù, dall’Ecuador e dalla Colombia.
2
1
Daniela Zorzi, “Dalla competenza comunicativa alla competenza interculturale”, in Babilonia
2, 1996, pp 46-52
Inoltre, tra i gruppi di immigrati da tempo stabilitisi in Italia, troviamo
per esempio gli Albanesi, con le loro molteplici problematiche politiche e
culturali e l’immigrazione massiccia degli anni ’90 dovuta a eventi contingenti
(guerre, ridefinizione dei confini).
La prima parte sarà incentrata sui bisogni degli apprendenti alla luce
della loro esperienza e della loro storia personale che, come è noto, sono varie
e diversificate. Nelle scuole italiane rileviamo la presenza di alunni appena
arrivati in Italia, che provengono da una precedente alfabetizzazione o da un
inizio di scolarizzazione in L1, e di bambini che sono nati in Italia da genitori
stranieri in condizione di diglossia. Per questi bambini l’Italiano non è la lingua
madre in senso stretto ma è comunque la lingua con cui imparano ad esprimersi
e a confrontarsi fin dai primi mesi di vita. Per queste due differenti tipologie ci
sono esigenze linguistiche e vissuti psicologici diversi. C’è chi ha vissuto la
migrazione e la ricorda e chi invece ha vissuto il viaggio verso il paese di
accoglienza in forma indiretta, legata alla memoria familiare. Con questi
bambini l’insegnante dovrà relazionarsi per improntare un percorso formativo
individualizzato e pienamente integrante nel nuovo paese.
Si accennerà anche agli alunni di lingua rumena, che da pochi anni
costituiscono il gruppo più numeroso nella scuola italiana. La Romania,
neoarrivata nell’Unione Europea (gennaio 2007), costituisce un caso
particolare per le comuni radici linguistiche neolatine. La lingua romena è
infatti una lingua “intermedia”in cui un’importante matrice di origine slava si è
innestata all’interno del ceppo neolatino; potrebbe anche essere definita una
lingua di “confine”.
Il secondo capitolo sarà incentrato maggiormente su tematiche di tipo
linguistico e cercherà si rispondere alle domande che seguono:
- Quali sono le abilità che l’allievo ha bisogno di sviluppare
nell’apprendimento della L2 nel campo della produzione e della
comprensione orale e della produzione e comprensione scritta?
3
- Che cosa significa apprendere l’Italiano L2 come “lingua per lo studio”,
completando il percorso di acquisizione della L2 come lingua per
comunicare?
- Quali differenze troviamo nell’acquisizione e nell’apprendimento dei
diversi gruppi linguistici ?
Il terzo capitolo sarà incentrato sulle metodologie utilizzate per insegnare
l’Italiano L2, orientate maggiormente ad un approccio comunicativo e
all’utilizzo di nuovi media.
4
1. Le aree di provenienza degli immigrati
1.1. L’immigrazione oggi: dati e percentuali
Esistono diversi dati e trattazioni riguardo all’immigrazione nel nostro
paese degli ultimi decenni: l’Italia, un tempo terra di emigrazione, si ritrova
oggi ad essere meta dei nuovi flussi migratori e questo processo, costante e
accresciuto negli ultimi anni, provoca indubbiamente dei cambiamenti sul
tessuto sociale. Al di là della precisione e dei dettagli stilati nelle varie ricerche
e presenti nei rapporti ufficiali, sembra ancora però che manchi uno sguardo
d’insieme sull’immigrato come soggetto dotato di diritti e doveri.
Normalmente si fa riferimento allo straniero solo in relazione al contesto
lavorativo in cui si troverà presumibilmente nel paese d’accoglienza, ma
attualmente bisogna considerare che il lavoratore che si stabilisce in Italia nella
maggior parte dei casi porterà nel nuovo paese la sua famiglia, e di
conseguenza dovrà affrontare nuove situazioni in vari ambiti della società e
dovrà stringere uno stretto legame con istituzioni come la scuola, dove si
inseriranno i suoi figli. La maggior parte dei minori stranieri che vivono in
Italia, infatti, sono qui con la loro famiglia, in alcuni casi con la sola madre e
solo alcune volte con i genitori adottivi. La famiglia risulta così un soggetto
privilegiato dell’integrazione culturale, che consiste in una serie di politiche
che mirano a coordinare un gruppo culturale permettendo a ciascuno dei suoi
membri di mantenere la propria cultura ed il proprio stile di vita, nell’ottica
comune di un’educazione alla convivenza e alla cittadinanza. Per questo è
necessario monitorare costantemente l’inserimento dei bambini di cittadinanza
non italiana a scuola, assicurandosi che l’inserimento avvenga in modo sereno
e che il minore stesso sia consapevole dei propri bisogni, cercando anche di
prevenire forme di esclusione sociale e problematicità di vario tipo.
Il primo dato rilevante riguardo alla presenza dei minori in Italia è quello
del progressivo aumento della popolazione, che è raddoppiata con un ritmo
5
molto più intenso rispetto a quello della popolazione adulta passando dalle
126.000 presenze del 1996 alle oltre 300000 di oggi. Sulla base dei dati
statistici si prevede che entro il 2017 incideranno per il 6,5% sulla popolazione
scolastica, arrivando a quota 529.000
2
. Tutto questo ha portato la scuola a
cambiare strutturalmente, ponendo sfide a livello didattico, psicopedagogico
ma soprattutto antropologico e culturale.
Possiamo cominciare ad osservare i primi dati sull’immigrazione in
Italia a partire dai rapporti stilati all’inizio di questo decennio: nel 2001 la
situazione vede già una crescita significativa della presenza di stranieri in
Italia rispetto ai primi fenomeni di massa degli anni ‘90, così ripartita:
- scarsa presenza di persone provenienti dalla comunità Europea;
- molto ingente, e in crescita, la provenienza da paesi europei non
appartenenti alla UE: in particolare da quelli dell’Est e dell’ex blocco
sovietico;
- in decrescita la presenza americana, soprattutto dal nord, e quella
Africana dal centro – sud;
- stabile e significativa l’immigrazione dai paesi dell’America Latina;
- stabile, in leggera crescita, il gruppo originario dell’Africa
settentrionale
- rilevante anche i numeri relativi ai paesi dell’estremo Oriente, in
particolare della Cina
In realtà l’immigrazione cinese è una realtà ben consolidata nel nostro
paese, e in alcuni casi risale persino agli anni ’30: i cinesi provengono
soprattutto dalla regione dello Yunnan e si stanziano in percentuali maggiori
nelle grandi città, con un picco a Firenze.
I popoli nordafricani sono distribuiti in tutto il territorio italiano: scarsa la
presenza al sud e nei piccoli centri, ad eccezione di quei lavoratori stagionali
impiegati nel lavoro sommerso nei campi del Meridione (per esempio nelle
6
2
AA.VV., Dossier statistico immigrazione 2002, Edizione Nuova Anterem, Roma, 2002
piantagioni di pomodori in Puglia). Molto forte la presenza nella capitale e a
Milano
Il caso “Roma” è particolare rispetto al resto d’Italia e dello stesso
centro. La capitale, infatti, attirando ogni anno molti turisti, per la maggior
parte stranieri, risente meno dei controlli sull’immigrazione clandestina –
anche a livello lavorativo - ed è scelta come meta dalla maggior parte degli
immigrati. Questi ultimi, inoltre, sperano di trovarvi un rifugio dopo il viaggio
affrontato per la presenza di comunità provenienti dallo stesso paese e
associazioni solidaristiche. Nell’area romana aumenta soprattutto la presenza di
immigrati dall’Est europeo: la comunità più ampia è quella degli Albanesi,
seguono arrivi dall’ex URSS e dalla Romania. Un interessante studio è stato
svolto anche sulle popolazioni insediatesi sul litorale laziale
3
, o anche nelle
aree limitrofe alla provincia di Latina e dell’Agro Pontino
4
, anche se in questo
caso si tratta di un tipo di flusso legato al lavoro stagionale di braccianti e
interessa immigrati dell’est Europa già da alcuni decenni.
Il primo dato rilevante riguardo alla presenza dei minori in Italia è
quello del progressivo aumento della popolazione nelle face d’età interessate,
che è raddoppiata con un ritmo molto più intenso rispetto a quello della
popolazione adulta passando dalle 126.000 presenze del 1996 alle oltre
300000 di oggi. Sulla base dei dati statistici si prevede che entro il 2017
incideranno per il 6,5% sulla popolazione scolastica, arrivando a quota
529.000
5
. Tutto questo ha portato la scuola a cambiare strutturalmente,
ponendo sfide a livello didattico, psicopedagogico ma soprattutto
antropologico e culturale.
7
3
Nicola Porro, “La diversità migrante: i profughi est-europei nel litorale dell’Alto Lazio”, in
Maria I. Macioti, Per una società multiculturale, Liguori Editore, Napoli, 1995
4
Antonella Ciocia e Maria Ingraito, “La nuova immigrazione nell’Agro Pontino” , in Maria I.
Macioti, Per una società multiculturale, Liguori Editore, Napoli, 1995
5
AA.VV., Dossier statistico immigrazione 2002, Edizione Nuova Anterem, Roma, 2002
1.2. Profili e provenienze dei nuovi immigrati: una panoramica sui
migranti rumeni
Possiamo fare il punto sulla questione Romania a partire da semplici
dati, rilevati dopo un effettivo superamento in quantità numerica di presenze
dei gruppi immigrati rispetto a quelli originariamente più numerosi
(provenienti da Albania e Marocco). Oltre ai dati ufficiali fornitici dal
Ministero della Pubblica istruzione abbiamo la possibilità di riferirci ad alcuni
studi più specifici: in particolare possono venirci in aiuto i Dossier pubblicati
dall’associazione Caritas/Migrantes
6
, che già dal 2004, dopo l’allargamento
dell’unione Europea a 10 ulteriori stati membri pubblica il primo libro relativo
alla registrazione dei nuovi flussi. Nel 2008 è stato pubblicato, in particolare, il
volume Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e
prospettive
7
, redatto da 50 autori, per un terzo studiosi romeni interpellati sulla
situazione vissuta durante la migrazione dai propri connazionali e sul loro
punto di vista a riguardo.
L’interazione tra l’Italia e la Romania e la compenetrazione delle due
culture risente di varie ondate ed influssi, e per comprendere il fenomeno non
sembra sufficiente riuscire a calarsi solo nella storia recente del paese
dell’Europa dell’Est – quella che vede il sorgere e il consolidarsi del regime di
Caecaescu e il suo smantellamento in seguito al crollo del Muro di Berlino nel
1989 – ma è opportuno rivolgersi anche ad un passato più lontano. Per esempio
si potrebbe parlare del poco noto fenomeno dell’emigrazione italiana in
Romania del XIX e XX secolo, che vede la Romania come meta secondaria ma
8
6
Il “Dossier Statistico Immigrazione” è un progetto nazionale che vede coinvolte la Caritas e
la Migrantes ed è costituito da un Comitato di Presidenza, formato dal direttore della Caritas
Italiana, dal direttore della Caritas di Roma e dal presidente della Fondazione Migrantes; un
Comitato Scientifico, composto da esperti che operano in diverse parti di Italia; una Redazione
centrale, composta da una équipe di redattori stabili, raccolti operativamente nel Centro Studi e
Ricerche IDOS, e da numerosi collaboratori; e infine da redazioni regionali, composte da
referenti Caritas/Migrantes che operano in tutte le regioni Italiane http://
www.dossierimmigrazione.it.
7
Caritas Italiana, Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche. Problemi e
prospettive, Edizioni IDOS, Roma, 2009
non irrilevante di una storia di migrazioni che coinvolge direttamente il nostro
paese.
Con un precedente già nel ‘500 (epoca in cui la Controriforma aveva
diffuso l’arte Barocca nell’Europa Centro-Orientale, attirando architetti ed
artisti Italiani nelle zone di recente conquista cattolica e annesse all’Impero
Asburgico) la manodopera specializzata dell’800 penetra nella terra straniera
senza gli allarmismi e il senso di ostilità da parte degli indigeni, più propensi
alla “colonizzazione” da parte di etnie latine piuttosto che alla più minacciosa
ideologia panslavista
8
. Si tratta in questo caso di un’emigrazione di tipo
fondamentalmente diverso, che coinvolge non tanto famiglie quanto lavoratori
singoli impiegati nelle industrie e nell’agricoltura, provenienti da aziende del
nord-est in forte espansione. Anche in tempi più recenti possiamo comunque
trovare un corrispondente di intensità simile negli ingenti investimenti di
aziende italiane all’Estero e in particolare in quei paesi che consentono di
contenere il costo della manodopera – Europa dell’Est in primis – realtà che
però va ridimensionandosi a proposito della Romania dove i salari medi, molto
bassi rispetto alla media europea (circa 380 euro mensili secondo gli ultimi
rilevamenti
9
), sono comunque in crescita costante.
Per quanto riguarda l’immigrazione romena in Italia negli anni ’80
dobbiamo riferirci al programma politico di Caecaescu e soprattutto
all’industrializzazione massiccia, che ha portato all’estinzione di circa 7000
9
8
Antonio Ricci, “L’immigrazione italiana in Romania tra il XIX e il XX secolo” in Per una
società multiculturale, Liguori Editore, Napoli, 1995
9
Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica Ins, i romeni hanno guadagnato
nel mese di ottobre uno stipendio medio di 1.327 lei. Si tratta una crescita del 2,4% (31 lei)
rispetto al mese di settembre, con un ritmo di crescita fermato al 22,4%. Un passo avanti,
secondo gli esperti, anche se in realtà il ritmo annuale di crescita degli stipendi è ancora troppo
alto rispetto alla produttività del lavoro nel settore industriale, di circa 8,4% nei primi nove
mesi dell'anno. Questo nonostante gli ultimi numerosi avvertimenti della Banca centrale,
secondo la quale il mantenimento di un ritmo sostenuto di crescita degli stipendi che sorpassi
le cifre registrate sul versante produttività del lavoro, crei inevitabilmente disequilibri
nell'economia e metta pressione sull'inflazione.
http://www.balcanionline.it
http://www.wall-street.ro
villaggi rurali e al trasferimento forzato di molti contadini nelle aree urbane e
suburbane. In seguito alla fine del regime nel 1989 però molti pendolari dalla
campagna alla città, costretti dalla chiusura di molte fabbriche, diventano
pendolari inter-nazionali e non più transnazionali, decidendo di percorrere
distanze più lunghe per poter conservare uno status economico relativamente
alto.
Le prime ondate migratorie si concentrano quindi nei primi anni ’90, e
riguardano soprattutto quello che viene definito “l’altro polo” dei flussi
migratori in Europa, ovvero paesi dell’Europa del sud come Spagna, Grecia e
Italia. Nel nostro paese le presenze passano dalle 8000 del 1990 alle oltre
100.000 del 2002. Già nel 2007 le presenze si attestano intorno alle 550.000
(15% della popolazione immigrata in Italia), e sono destinate a raddoppiare in
poco tempo. Secondo l’Istat, inoltre, circa un sesto della popolazione
immigrata, costituito soprattutto da lavoratori dell’edilizia o dell’assistenza
familiare segnalati come tali dal datore di lavoro ma non forniti di un sistema
contributivo per tutto l’arco dell’effettivo soggiorno. Ci sono poi altre tipologie
di immigrati: lavoratori formali e informali, lavoratori di cittadinanza italiana,
e una vasta quantità di persone immigrate per motivi diversi da quello
dell’occupazione. Molto diffuso infatti è il ricongiungimento familiare, che
coinvolge 91.000 minori e 95.000 familiari non minori in collegamento con
persone già insediatesi nel paese straniero precedentemente.
Una minoranza ristretta ma non irrilevante è costituita dagli studenti –
soprattutto di formazione universitaria e dagli immigrati per motivi religiosi.
Per quanto riguarda il cosiddetto lavoro “informale”, è opportuno includere in
questa tipologia soprattutto quei lavoratori che restano nel nostro paese per
lunghi periodi in cerca di un impiego e che per lunghi o brevi periodi lo
trovano nelle reti informali come famiglia e associazioni basate su relazione
sociali, che svolgono anche un ruolo di mediatori culturali non ufficiali nella
transizione da un paese all’altro.
10
Per quanto riguarda la distribuzione nei vari territori, ovviamente sono
le grandi città il polo d’attrazione principale degli immigrati, anche se non
esclusivo: al primo posto per la Romania troviamo Roma e Torino. Abbastanza
significativa è anche la presenza dei rom di nazionalità rumena, che
corrispondono al 10% della popolazione immigrata romena ma ad un terzo di
quella rom.
L’area di provenienza principale dei romeni che emigrano nel nostro
paese è quella dei villaggi rurali della Moldavia, aree economicamente molto
depresse. Per quanto riguarda la Moldavia dopo la fine del regime si è
verificata la chiusura delle molte imprese tessili e calzaturiere: questo ha
costituito un’occasione per molte aziende italiane, che hanno installato al loro
interno nuovi poli industriali e successivamente si sono procacciate
manodopera a basso costo, creando un flusso di informazioni anche per i
lavoratori interessati a spostarsi dal proprio paese. Per quanto riguarda invece il
grado di istruzione media, quello dei rumeni è piuttosto alto sia rispetto alla
media degli italiani (solo il 33,4% degli italiani infatti possiede un grado di
formazione medio alto, ovvero diploma specializzante o laurea), sia rispetto
agli altri immigrati nel paese (che hanno un titolo specifico nel 39,9% dei casi),
infatti oltre il 59% dei rumeni possiede almeno un diploma specializzante,
anche se la percentuale di laureati si attesta intorno all’8%.
Con l’entrata della Romania (e della Bulgaria) nell’Unione Europea
(gennaio 2007
10
) sono emerse delle attese sulle possibilità di miglioramento
delle condizioni delle persone coinvolte nei nuovi gruppi migratori, ma stando
ai dati raccolti fin’ora non si sarebbe verificata, con la libera circolazione di
risorse umane ed economiche, quella garanzia dallo sfruttamento e dal
coinvolgimento con organizzazioni malavitose. Restano infatti molto accesi e
in qualche caso risultano persino accentuati quei casi di irregolarità negli
alloggi e nell’accoglienza iniziale, lavoro nero, negazione dei diritti sindacali ,
11
10
http://immigrazione.aduc.it/articolo/romania+bulgaria+europa+come+cambia
+disciplina_10988.php
morti bianche nei cantieri, discriminazione e violenza, sfruttamento sessuale e
tratta delle donne e delle minori. Come prevedibile, in seguito al trattato che ne
sancisce l’annessione alla comunità europea, la Romania ha visto lievitare le
proprie presenze nel nostro paese con un incremento dell’82% della
popolazione, che è passata a oltre un milione di persone tra il 2008 e il 2009:
questo ha suscitato diverse reazioni, tra cui un accentuato allarmismo ma anche
la considerazione della forte probabilità che questi flussi tendano a contenersi
nei prossimi anni visto l’invecchiamento costante della popolazione romena e
il buon andamento dell’economia.
Una delle aree più interessanti da esaminare rimane quella dei minori
immigrati, il cui numero è aumentato del 29,9% dal 2007. Oggi sono residenti
in Italia circa 116.000 minori stranieri ed sta crescendo anche il numero dei
nuclei familiari completi rispetto ad alcuni anni fa, quando prevaleva la
presenza dei singoli migranti – spesso uomini, distaccati per periodi più o
meno lunghi dalla propria famiglia rimasta in patria - e tale dato costituisce una
sfida anche per il sistema scolastico in cui questi minori andranno a confluire
11
.
1.3. L’accoglienza: i modelli di integrazione europea e le proposte
normative in Italia
In Europa le pratiche e le teorie di intercultura e integrazione si sono
succedute e sedimentate nell’arco di diversi decenni. Attualmente possiamo
riconoscere tre modelli ampiamente utilizzati in vari paesi europei:
- il primo di questi è l’integrazione multiculturale, adottato dalla Gran
Bretagna e dai Paesi Bassi, secondo il quale bisogna evidenziare e
valorizzare la diversità etnica e i valori specifici delle diverse
minoranze;
12
11
Antonio Ricci, “Caratteristiche dell’immigrazione romena in Italia prima e dopo
l’allargamento”, in Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes.
Stima sui dati del Ministero dell’Interno; MIUR: Istat/Unioncamere/Cna e Inail, Edizioni Idos,
Roma, 2008