2
stretto vista la correlazione tra i due
argomenti. Per una maggiore chiarezza
espositiva abbiamo deciso di “allargare” le
nostre vedute e prendere in considerazione
non solo l’istallazione di stazioni radio – base
per telefoni cellulari ma esaminare la
problematica affrontata dalla giurisprudenza
amministrativa in relazione ad ogni tipo di c.d.
ripetitori che emettono onde
elettromagnetiche: telefonici, televisivi e
radiofonici. Fin da ora è, però, opportuno
chiarire che il problema dei campi
elettromagnetici generati da stazioni radio –
base per telefoni cellulari non ha niente a che
vedere con il problema degli elettrodotti con
cui viene impropriamente associato
1
. La nostra
associazione deriva semplicemente dalla
1
La stessa frequenza di funzionamento è incomparabile: 60 Hertz degli elettrodotti contro i 900 milioni
oppure 1800 milioni o ancora 1900 milioni Hertz dei telefonini cellulari a seconda del tipo di
trasmissione ETACS, GSM dual-band oppure GSM tri-band.
3
similitudine del problema relativo
all’istallazione di questi ripetitori.
In questo lavoro analizzeremo l’orientamento
giurisprudenziale italiano in un momento
recente che va dalla fine del 1999 a metà del
2001. Quest’arco temporale così ristretto è
stato da noi preferito proprio perché
considerata la assoluta contemporaneità della
questione e le velocissime evoluzioni
tecnologiche con le quali andremo a
“misurarci”. Senza mai entrare nel tecnicismo
ingegneristico, che non è di nostra
competenza, si sottolinea la rapida e costante
innovazione del settore che comporta
l’esigenza di un continuo aggiornamento nello
studio della problematica relativa
all’inquinamento elettromagnetico. Il lavoro
svolto si presenta in tre capitoli in cui nel
primo approfondiremo la problematica
ambientale dell’inquinamento generato da
4
elettrosmog. Oggi la legge quadro in vigore è
quella votata dal Parlamento della Repubblica
Italiana il 22/2/2001 n. 36
2
denominata “Legge
quadro sulla protezione dalle esposizioni a
campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici” che ha il dichiarato scopo di
dettare i principi volti ad assicurare la salute
di tutti i cittadini dall’esposizione a campi
elettromagnetici”. Tuttavia il D.M. 10/9/1998,
n. 381 denominato “Regolamento recante
norme per la determinazione dei tetti di
radiofrequenza compatibili con la salute
umana” resta in vigore e costituisce ancora il
riferimento, appunto, dei livelli massimi di
“emissioni” consentite. Appare subito
interessante notare come i primi rilevamenti
effettuati sul territorio nazionale dalle allora
nascenti “Agenzie regionali per l’ambiente”
hanno subito evidenziato uno scostamento,
2
Pubblicata in “Gazzetta Ufficiale n. 55 il 7/3//2001”.
5
seppure non molto elevato, pari ad un 4% dei
valori massimi indicati dalla legge
3
. Il prof.
Franco Battaglia, professore associato di
Chimica fisica presso il dipartimento di Fisica
della III Università di Roma, tuttavia
sottolinea
4
, la mancanza di prove
incontrovertibili sulla nocività di questi campi
elettromagnetici ancorché generati da stazioni
radio – base per telefoni cellulari, essendo
queste onde “non ionizzanti” a causa della loro
bassissima potenza
5
. Nella relazione pubblicata
su Charta minuta viene evidenziato come gli
effetti nocivi generati da esposizione a onde
elettromagnetiche non sono riportati nemmeno
sul Manuale Merck di diagnosi e terapia
medica, testo fondamentale nella letteratura
medica, nonostante la prima ipotesi di
3
Dati emersi dalla relazione del dott. Walter Canapini Direttore Generale dell’ ANPA ( Agenzia
Nazionale della Protezione Ambientale ) nel convegno “L’inquinamento elettromagnetico: difesa della
salute o freno allo sviluppo? Le necessità delle aziende e i diritti dei cittadini” svoltosi a Roma il
6/6/2000 presso il Palazzo Serlupi Crecenzi organizzato dall’Istituto di Cultura Politica “OSSERVATORIO
PARLAMENTARE”.
4
“Charta minuta” rivista mensile di approfondimento politico Numero 34 – Marzo 2001.
5
Per l’argomento Vd. M. Russo., Inquinamento elettromagnetico… come inserito in bibliografia.
6
elettrosmog venga avanzata nel 1979 (
tutt’oggi sono stati pubblicati 25000 articoli
sull’argomento
6
). Tuttavia non riteniamo di
dover condividere una tesi così “largamente
assolutoria” in quanto, se è vera la capacità
non ionizzante di dette onde
elettromagnetiche generate da telefoni
cellulari o da stazioni radio – base per la
telefonia mobile, è anche vero che vi sono
numerose fonti, da noi consultate, che
sostengono il contrario. Da questa situazione
non molto chiara, in cui sarebbe pleonastico
sottolineare gli enormi interessi economici in
ballo, nasce una situazione di “disinformazione
sostanziale” in cui è il consumatore che non
riesce a cogliere il centro della questione a
causa di relazioni e pareri opposti. Per questo
motivo abbiamo preso in esame il parere di
quei tecnici, del diritto e non, che curano
6
Per l’argomento Vd. stessa fonte citata in nota 3.
7
riviste specializzate del settore o che,
parimenti, fanno pubblicazioni sulla rete
informatica mondiale c.d. Internet.
Nel secondo capitolo approfondiremo il
concetto di concessione e di autorizzazione
fino ad arrivare alla d.i.a. così come introdotta
dalla legge n. 537 del 24/12/1993. Vedremo
che le ragioni dei gestori di telefonia si basano
su quanto stabilito dalla lettera f dell’ art. 4 l.
493 del 4/12/1993 che stabilisce che non sono
soggette a concessione edilizia ma solo a
d.i.a.: la revisione o l’istallazione di impianti
tecnologici al servizio di edifici o di
attrezzature esistenti […] sulla base di nuove
disposizioni
7
. La citata legge è denominata
“Disposizioni per l’accelerazione degli
investimenti a sostegno dell’occupazione e per
la semplificazione dei procedimenti in materia
edilizia”. A questo proposito è interessante
7
L’attuale formulazione, del art.4 lett. f è stato introdotto dall’art. 10, comma 6 bis della legge
28/2/1997 n. 30 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 31/12/1996 n. 669.
8
notare come il Comune ed eventualmente la
Regione, esercitano non solo un’ attività di
controllo sul territorio ma anche la loro
“potestà urbanistica” mediante il rilascio di
concessioni e autorizzazioni; ed è per questo
motivo che va sottolineato il fatto che le fonti
normative del problema risiedono non solo
nelle leggi statali ma anche, in quelle
regionali e nei regolamenti comunali. Questi
ultimi infatti hanno una potestà legislativa
limitata ( ovviamente ) al solo ambito
territoriale comunale. Il piano regolatore
infatti riporta quasi sempre dei dati che sono
validi all’interno di quel territorio comunale
ma che per essere validi devono trovare un
appoggio nella norma statale e regionale.
Esempio tipico è quello “delle distanze dai
confini”, argomento disciplinato solo in via
generale dall’art. 873 del c.c., ma che in
realtà, si richiama sempre ai regolamenti
9
comunali per la determinazione di quale sia il
modo e l’entità dell’onere urbanistico da
rispettare
8
e da dividere fra i soggetti
interessati. Altro esempio, forse più
direttamente legato alla problematica in
questione, è la competenza del Comune in
materia di tutela della salute umana “in
quanto ente esponenziale degli interessi della
comunità residente
9
” da attuarsi attraverso,
non solo la giurisdizione ordinaria allo scopo di
far cessare le istallazioni pericolose, ma anche
quella amministrativa per dare attuazione al
“principio di cautela”, quest’ultimo invocato
da numerosi tribunali non da ultimo quello di
Trapani
10
che ha optato per la massima cautela
pur in assenza di acquisizioni scientifiche certe
[…]. Con delle scelte in linea con quelle fatte
dai giudici di Trapani ci sentiamo di non
8
Per l’argomento Vd. Viva D., La concessione edilizia….come inserito in bibliografia.
9
Tribunale di Parma, ordinanza 22/07/2000.
10
Tribunale di Trapani, ordinanza 9/12/1999.
10
condividere nessuna linea “estrema”, né
quella assolutamente a favore, né quelle
assolutamente contro, ma al contrario
preferiamo restare su una posizione di
“giudizio cauto”, cioè non definitivamente di
condanna o di assoluzione, basate su uno
studio fatto nel modo più obbiettivo possibile
per arrivare ad una determinazione serena
dell’intera discussione, scevra da
condizionamenti aprioristici. Per quanto
riguarda gli istituti che tratteremo è opportuno
sottolinearne l’evoluzione, così la concessione
rappresentò il punto d’arrivo nel passaggio dal
regime autorizzatorio proprio della licenza
edilizia, a quello concessorio, avvenuto con la
l. 10/1977 intitolata “Norme per la
edificabilità dei suoli”. Sostanzialmente questa
legge subordina ogni intervento di
trasformazione, edilizia ed urbanistica, del
territorio al rilascio preliminare da parte della
11
P.A. della concessione edilizia. Questa
rappresentava così il tentativo di soluzione di
molti problemi tipici del precedente regime
edificatorio della licenza: problemi di controllo
dell’edificazione, mancata preminenza del
soggetto pubblico rispetto al privato e
conseguente impossibilità di controllo e
repressione degli abusi edilizi. Si passò
pertanto da un edificazione sostanzialmente
libera ad una licenza edilizia generalizzata,
infatti fino all’entrata in vigore della legge
1150/1942 l’edificazione non era sottoposta a
nessun controllo preliminare da parte
dell’amministrazione comunale. Dopo il 1942
invece il controllo inizia ad esserci ed è
relativo solo all’edificazione all’interno del
centro abitato, o comunque in tutte le zone
indicate dal piano regolatore. L’onere
economico era totalmente a carico delle
singole amministrazioni comunali, eravamo nel
12
periodo della c.d. speculazione edilizia. Prima
di arrivare alla già citata l. 10/1977 con la l.
765/1967 vennero introdotte modifiche ed
integrazioni e così viene allargata la necessità
di licenza edilizia per l’edificazione in ogni
parte del territorio. L’onere economico
restava a carico del comune, molte
amministrazioni iniziarono a pretendere dai
privati il controvalore delle opere di
urbanizzazione. La dichiarazione di
illegittimità di tali deliberazioni sancite dai
giudici amministrativi fece si che lentamente
si arrivò alla nascita di una concessione edilizia
che poneva l’onere economico, relativo
all’urbanizzazione, a carico dei privati
11
.
Chiaramente, va a nostro avviso sottolineato il
fatto che, l’importanza della concessione non
risiede solo nella onerosità del provvedimento,
ma soprattutto nel raggiungimento, come
11
Vd. art. 3 L. 28/1/1977 n. 10 denominata “Norme per l’edificabilità dei suoli”
13
prima anticipato, di un miglior controllo sulla
selvaggia speculazione edilizia in essere in
quel particolare periodo storico, attuato
attraverso il ribaltamento dei rapporti tra
soggetto pubblico e privato. Interessante
notare, come questo provvedimento
costituisca in realtà una limitazione del diritto
di proprietà sancito dall’art. 832 del Codice
Civile
12
in ordina alla libertà ad edificare.
Differente dalla concessione è l’
autorizzazione edilizia che consiste nell’atto
mediante il quale si consente al richiedente di
esercitare un proprio diritto volto alla
conservazione e alla migliore utilizzazione del
bene immobile di sua proprietà. In sostanza se
il provvedimento concessorio è necessario ogni
qual volta si voglia attuare una trasformazione
del territorio, quello autorizzatorio è il
provvedimento necessario per interventi di
12
“ …diritto di disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo entro i limiti stabiliti dall’ordinamento”