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Nei mercati di largo consumo le relazioni di potere tra Industria e Distribuzione sono
state influenzate dall’evoluzione delle condizioni ambientali entro cui si sono sviluppate
le strategie aziendali e di marketing.
Al riguardo le condizioni ambientali sono quelle riguardanti i cambiamenti economici,
commerciali e industriali (Tabella 1.1).
Mentre le condizioni economiche influiscono sulla capacità di spesa del consumatore e
orientano il suo comportamento di acquisto, le condizioni commerciali e industriali
riguardano gli aspetti che qualificano la struttura e le condotte del mercato distributivo e
di quello produttivo.
Sulla base di tali condizioni ambientali si può assumere l’esistenza di un ciclo evolutivo
delle relazioni di canale dove la struttura del potere influisce sulle condotte di marketing
di produttori e distributori e quindi sul livello di cooperazione/conflitto tra i diversi stadi
del canale di distribuzione (Varaldo, 1993). Questo ciclo può essere rappresentato da
una matrice dove le variabili esplicative sono rappresentate dall’intensità della forza
contrattuale dei produttori e dei distributori.
Possiamo allora individuare quattro diversi orientamenti al marketing (Varaldo, Fornari,
1998):
- marketing funzionale;
- marketing contrattuale;
- marketing relazionale;
- marketing conflittuale.
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1.1.La fase del marketing funzionale (anni ’60)
I rapporti Industria-Distribuzione iniziano una prima forma problematica negli anni ’60.
Nel periodo precedente il sistema distributivo italiano era dominato dall’impresa
grossista che, oltre a controllare le principali funzioni di marketing, svolgeva un’attività
di coordinamento fra i vari membri dei canali di vendita.
Questa situazione inizia a modificarsi dalla seconda metà degli anni ’60 con il
progressivo sviluppo dei consumi di massa (si registra, infatti, un forte ritmo di crescita
della domanda di beni).
La congiuntura favorevole ha contribuito a sostenere l’avvio dello sviluppo dei prodotti
di marca spingendo l’industria a ricercare maggiori dimensioni aziendali e a controllare
le funzioni di commercializzazione dei prodotti. L’obiettivo iniziale era quello di
realizzare quelle economie di scala necessarie per ridurre i prezzi al consumo e
“massificare” così la domanda dei beni di marca.
Questo orientamento si è concretizzato con la realizzazione di una politica aziendale
basata sullo sviluppo degli investimenti pubblicitari e sull’organizzazione di strutture di
vendita in grado di garantire una vasta copertura del mercato. In questo contesto i
produttori hanno attivato un processo di integrazione verticale discendente di alcune
funzioni distributive con la gestione diretta delle reti di vendita e delle attività logistiche
(depositi e trasporti).
I costi di integrazione apparivano giustificati dai vantaggi di marketing che si potevano
ottenere in termini di barriere all’entrata nei confronti dei potenziali concorrenti. In
questo contesto l’industria ha svolto il ruolo di channel leader coordinando le modalità
di ripartizione delle funzioni di marketing fra i membri dei canali di distribuzione.
Gli aspetti che qualificavano le politiche di mercato erano le seguenti:
- gli investimenti di marketing erano prevalentemente di tipo pull e concentrati sulla
comunicazione pubblicitaria;
- il product management industriale rappresentava il fulcro della organizzazione di
canale;
- le condizioni di negoziazione con la clientela commerciale risultavano basate
esclusivamente sulle quantità e sui volumi acquistati;
- il servizio logistico era considerato una componente dell’attività di produzione e
risultava omogeneo e standardizzato per tutti i distributori.
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Importante sottolineare che in questo contesto la forte crescita dei consumi aveva
generato un eccesso della domanda rispetto all’offerta soprattutto con riferimento ai
prodotti di marca posizionati in una fase di introduzione/sviluppo. In questa fase,
quindi, i rapporti tra Industria e Distribuzione hanno assunto una natura “funzionale” e
collaborativi con l’obiettivo chiave da parte dell’industria di potenziare i livelli produttivi
per garantire ai commercianti un’elevata quota di vendite di prodotti. La funzione della
distribuzione era invece quella di sostenere la penetrazione di mercato dei prodotti di
marca attraverso una diffusa “numerica” dei punti di vendita e una progressiva
sostituzione negli assortimenti commerciali dei prodotti locali con i prodotti nazionali.
1.2.La fase del marketing contrattuale (anni ’70)
Gli anni ’70 sono caratterizzati da una crisi economica provocata dell’effetto combinato
di tre fenomeni: l’esplosione dei processi inflazionistici, la modificazione dei
comportamenti di acquisto dei consumatori e l’avvio di un processo di modernizzazione
e differenziazione del sistema distributivo.
Il calo dei consumi, a fronte di una crescente e diffusa offerta di prodotti di marca, ha
finito per accrescere i livelli di concorrenza orizzontale tra i produttori.
I consumatori di fronte alla riduzione del loro potere di acquisto “reale” (inflazione
causata dallo shock petrolifero, lievitazione del costo delle materie prime, svalutazione
della lira rispetto al dollaro) hanno cercato di realizzare alcune strategie di risparmio
privilegiando quelle forme distributive moderne che, praticando prezzi inferiori, erano in
grado di assicurare la stessa quantità di beni acquistata nel periodo pre-inflattivo.
La modificazione dell’atteggiamento dei consumatori nei confronti delle forme
distributive è stata accelerata oltre che dall’inflazione da altri fattori ambientali:
- la crescita dell’offerta di lavoro femminile ha ridotto il tempo disponibile da dedicare
all’attività di acquisto di beni di largo consumo;
- il miglioramento dei livelli di istruzione ha abbassato le barriere culturali esistenti
nei confronti delle tecniche di vendita moderne (self-service);
- il consolidamento della quota di mercato di prodotti di marca (pubblicizzati e
preconfezionati) che hanno finito per surrogare la funzione di “garanzia” svolta in
passato dai commercianti con la tecnica della vendita assistita;
- lo sviluppo della motorizzazione che, accrescendo le mobilità degli acquirenti, ha
ridotto la sensibilità degli stessi ai servizi commerciali di prossimità e quindi le
posizioni di monopolio spaziale dei punti di vendita.
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Con l’evoluzione dei comportamenti di acquisto si assiste alla diffusione di forme
distributive moderne a self-service (espansione dei supermercati).
In questa fase storica i distributori hanno accettato tacitamente le politiche distributive
industriali in quanto risultavano funzionali alle logiche speculative dell’attività di
acquisto degli stessi distributori.
1.3.La fase del marketing relazionale (anni ’80)
Il miglioramento della situazione economica soprattutto a partire dalla seconda metà
degli anni ’80 ha portato ad una nuova configurazione qualitativa dei modelli e degli stili
di consumo caratterizzati da vari aspetti:
- un forte orientamento ai volumi di acquisto con un innalzamento dei livelli di
consumo pro-capite, al di là dei bisogni e delle necessità individuali;
- la percezione dell’esistenza di una stretta relazione tra prodotti consumati e status
sociale;
- una scarsa attenzione al rapporto qualità/prezzo dei prodotti con la tendenza a
privilegiare la “qualità percepita” rispetto alla “qualità intrinseca”;
- una forte sensibilità alla marca tanto da favorire il rafforzamento delle situazioni di
brand loyalty e l’ulteriore rafforzamento della quota di mercato dei prodotti di
marca;
- un processo di selezione dei punti di vendita basato prevalentemente sul livello di
servizio offerto e definito soprattutto da assortimenti profondi ed ampi formati da
prodotti di marca in grado di soddisfare il bisogno di quantità e di varietà dei
consumatori.
Si consolida il numero di supermercati mentre ha inizio una progressiva
differenziazione dell’offerta commerciale con l’apertura di un numero crescente di
ipermercati. Ma gli scenari differenti imposero un processo di riorganizzazione delle
attività di vendita attraverso lo sviluppo di nuove politiche distributive il cui obiettivo era
quello di migliorare le relazioni con la clientela commerciale sulla base dell’assunto che
i rapporti Industria-Distribuzione potevano essere gestiti come un sistema formato da
diversi soggetti che contribuiscono alla generazione complessiva del “valore” (Porter,
1987). In quest’ottica l’attività di marketing sarebbe potuta risultare tanto più efficace
quanto più i rapporti verticali fossero stati basati sulla interazione delle singole catene
del valore dei produttori e dei distributori. Questa visione dei rapporti verticali ha spinto
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l’industria a ricercare nuove forme di integrazione e di collaborazione con la clientela
commerciale realizzate attraverso (Fornari, 1990):
- la modificazione delle strutture organizzative tradizionali con l’inserimento negli
organigrammi di nuovi profili funzionali e professionali (Trade Marketing manager,
National Key Account, Merchandiser, ecc.) dotati di specifiche competenze per
gestire le problematiche distributive emergenti;
- la creazione di sistemi informativi sui canali/clienti da utilizzare come supporto per
la pianificazione degli investimenti;
- la realizzazione di iniziative di marketing integrato (co-marketing) basate sullo
sviluppo congiunto di attività promozionali e pubblicitarie finalizzate a migliorare le
performance di vendita e di redditività dei prodotti nei punti di vendita;
- lo sviluppo di azioni di controllo dei prezzi al consumo nel mercato della
distribuzione moderna dettate dall’obiettivo di ridurre l’intensità della concorrenza
commerciale e di tutelare quindi i livelli di redditività dei distributori;
- l’implementazione di nuovi sistemi logistici finalizzati a massimizzare i livelli di
efficienza operativa e minimizzare i costi di gestione dei flussi fisici della merce.
1.4.La fase del marketing conflittuale (anni ’90)
La riduzione quantitativa dei consumi (causata da eventi socio-economici che
caratterizzano questi anni) è stata accompagnata da una nuova cultura del consumo
(Calvi, 1995).
I consumi di status dimostrativi e di immagine basati sulla “qualità percepita” si sono
ridotti a vantaggio dell’acquisto di quei prodotti caratterizzati da una maggiore “qualità
intrinseca”.
Inoltre l’attenzione per il prezzo è risultata diffusa tanto da registrare una forte crescita
dei modelli di consumo orientati a selezionare i prodotti in base alla convenienza e al
rapporto prezzo/qualità (Vercelloni, 1995).
Il consumatore ha assunto una configurazione multidimensionale, più trasversale,
meno prevedibile e meno condizionabile tanto da mettere in crisi le politiche di
marketing praticate dalle imprese negli anni ’80.
La modificazione qualitativa dei modelli di consumo e di acquisto ha generato due
grandi effetti per le politiche di branding dei produttori:
1) la riduzione del ciclo di vita dei prodotti con il rafforzamento della fase di maturità
per molti mercati. In questo contesto è risultato più facile essere coinvolti nelle
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“guerre dei prezzi” sia di tipo orizzontale (tra produttori) che di tipo verticale (tra
produttori e distributori);
2) la riduzione del grado di fedeltà ai prodotti di marca a causa sia della maggiore
mobilità dei consumatori tra le diverse marche, sia del rafforzamento delle
situazioni di store loyalty. Si è inoltre ridotta la “sensibilità” ai prodotti di marca vale
a dire il “valore” assegnato dai consumatori agli attributi e alle funzioni della marca
(Kapferer-Thoenig, 1991).
Questi atteggiamenti hanno contribuito alla diffusione dei discount, cioè punti vendita
che adottano una formula distributiva basata su un assortimento limitato di prodotti di
largo consumo, centrato su prodotti generici e su marche locali con livelli di prezzo
inferiori del 40-50% rispetto al supermercato tradizionale (Lugli, 1993).
1.5.L’orientamento della funzione commerciale
Schematizzando ulteriormente possiamo evidenziare come l’evoluzione del marketing
si compone di tre fasi fondamentali:
1) orientamento al prodotto (Sharma et al 2001; Forza 2004): il mercato è in grado di
assorbire una quantità di prodotto superiore a quella disponibile e quindi l’azienda
cerca con ogni mezzo di realizzare il volume richiesto. Pertanto l’impresa si
concentra sull’incremento della capacità produttiva attraverso il miglioramento dei
processi produttivi e dell’industrializzazione dei prodotti;
2) orientamento alle vendite (Forza 2004): le imprese produttrici di beni di largo
consumo si ritrovano che l’offerta arriva a superare la domanda. Il peso della
concorrenza comincia a farsi sentire e quindi si produce solo ciò che si può
vendere. L’elemento trainante diventa quindi la domanda che un’azienda può
attivare.
3) orientamento al mercato (Forza 2004): lo scenario economico porta
all’ampliamento del mercato e alla differenziazione dei prodotti offerti. Questo è
causato principalmente da tre fattori: aumento generale del reddito discrezionale,
crescita e maturazione del mercato e, infine, ampliamento della gamma di prodotti
disponibili ad un prezzo accessibile. L’attenzione delle imprese si sposta nella
direzione di soddisfare i bisogni e le richieste dei consumatori (attività di analisi del
mercato).
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1.6.Il comportamento del consumatore
Nella letteratura classica di marketing gli studi sulla domanda si sono concentrati
principalmente sulla analisi dei comportamenti di consumo, vale a dire
sull’atteggiamento dei consumatori nei confronti dei prodotti e quindi delle marche. In
particolare sono stati analizzati tre diversi aspetti di questi comportamenti (Manaresi,
1999):
- consumatore come individuo: si è cercato di approfondire le motivazioni
determinanti gli atteggiamenti dei consumatori e le modalità attraverso cui tali
atteggiamenti si manifestano.
- Consumatore come attore sociale: da questa area sono scaturiti diversi filoni di
ricerca sui cosiddetti “gruppi di riferimento” e sulla loro influenza esercitata nei
confronti dei singoli comportamenti di consumo (Bearden, Etzel, 1982). Al riguardo
i risultati ottenuti sono stati utilizzati per segmentare i mercati e per valutare il
posizionamento dei prodotti.
- Consumatore come utilizzatore: lo sviluppo di questa dimensione ha portato ad
approfondire i concetti di “fedeltà alla marca” e di “soddisfazione del consumatore”.
Il primo concetto può essere definito come il comportamento di riacquisto nel
tempo di una stessa marca sulla base di una valutazione consapevole da parte dei
consumatori (Jacoby, Chestnut, 1978). Il secondo, invece, mette in luce la
relazione tra il giudizio del consumatore sulle performance dei prodotti/marche e le
aspettative del consumatore nei confronti degli stessi prodotti/marche.
Dai risultati dei differenti studi sui comportamenti di consumo è scaturita l’indicazione di
classificare i beni in tre categorie:
1) i convenience goods (beni ad acquisto ricorrente) hanno normalmente un basso
prezzo unitario, vengono acquistati di frequente, non sono utilizzati dalla moda e
tendono ad essere caratterizzati da un elevato grado di sostituibilità.
2) Shopping goods (beni ad acquisto saltuario) sono prodotti per i quali il consumatore
è disposto a svolgere un’attività di selezione delle diverse alternative di acquisto
integrando la domanda di beni con la domanda di servizi commerciali;
3) Specialty goods (beni speciali) sono beni nei confronti dei quali i consumatori
esprimono una forte preferenza di marca, rifiutando prodotti sostitutivi, anche se ciò
può richiedere tempi di ricerca elevati.
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2.Perché la comunicazione d’impresa deve rinnovarsi
In questo paragrafo analizziamo le varie ragioni che hanno portato ai nostri giorni ad
una profonda evoluzione nella comunicazione di marketing d’impresa.
Si distinguono due grandi filoni (Lagioni 2004):
ξ le ragioni afferenti lo scenario del mondo occidentale;
ξ le ragioni riguardanti direttamente le imprese.
2.1.Ragioni afferenti lo scenario
2.1.1.La comunicazione di massa di per sé non funziona più
Quanto maggiori sono la varietà e il livellamento delle proposte di marketing, tanto
maggiore dovrà essere lo sforzo per accaparrarsi o mantenere le preferenze sia dei
consumatori sia degli utilizzatori. Per questa sua accresciuta importanza, la
comunicazione ha pervaso la vita di tutto il mondo occidentale: è diventata
inesorabilmente comunicazione di massa. Come tale si è indirizzata a tutti gli strati
sociali; le televisioni commerciali e di stato, le riviste, i quotidiani, le squadre di calcio,
persino le manifestazioni artistiche sopravvivono solo se esistono aziende disposte a
investire nella pubblicità. Questo dilagare della comunicazione di massa è poi
avvalorato dal fatto che affinché essa sia efficace occorrono sempre maggiori
investimenti monetari: è una vera e propria rincorsa a chi investe di più.
L’esperienza e le testimonianze raccolte fanno pensare che questo tipo di
comunicazione sia considerata una componente indispensabile, ma sia ormai diventata
ridondante. Non soltanto, quindi, la comunicazione di massa da sola non si giustifica
più (Don F.Schultz 1993), ma è anche andata deviando dai suoi scopi originali di
strumento di informazione in senso lato. Oltre a ciò essa è dispendiosa e dispersiva,
occorre quindi pensare a forme di comunicazione più efficaci, meno invasive, più
mirate.
2.1.2.L’offerta è endemicamente superiore alla domanda
E’ risaputo che nelle economie libere il ruolo della comunicazione è fondamentale per
mettere in grado gli acquirenti di scegliere tra una marca e un’altra, tra un distributore e
un altro, tra chi offre valori o soluzioni che fanno la differenza.
A fronte di un’endemica offerta superiore rispetto alla domanda le implicazioni sono di
due tipi: da un lato le aziende sono costrette a spendere di più in comunicazione,
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dall’altro gli acquirenti hanno a disposizione un sempre maggior numero di soluzioni
alternative (Lagioni 2004).
L’offerta, a sua volta, finisce non solo per continuare a puntare sulla comunicazione per
cercare di accaparrarsi quote sempre maggiori di mercato, ma accumula anche riserve
di offerta sempre maggiori, alimentando una situazione di endemica eccedenza
dell’offerta sulla domanda.
Che l’eccedenza dell’offerta sia endemica lo dimostrano anche le diffuse strategie di
acquisizione di aziende concorrenti, con il solo scopo di acquisirne anche il relativo
parco clienti: anziché cercare nuovi clienti si cerca di eliminare la concorrenza.
2.1.3.La globalizzazione porta al livellamento
Si può affermare che il livellamento sia una conseguenza tipica della globalizzazione
(Don Scultz, Kitchen 2000). Il numero delle marche presenti contemporaneamente nei
cinque continenti tende ad aumentare, come pure aumenta il numero di acquirenti di
quelle stesse marche e i gusti tendono ad uniformarsi.
La globalizzazione provoca anche il livellamento degli standard d’offerta: i telefoni
cellulari di ultima generazione Nokia o Ericsson o Motorola sono gli stessi offerti in tutto
il mondo.
Se dal punto di vista delle economie di scala la globalizzazione può offrire diversi
vantaggi, vengono a mancare le premesse tipiche di ogni obiettivo di comunicazione a
target mirati. La comunicazione diventa sempre più generica.
2.1.4.Le nuove tecnologie sono più veloci delle aziende
Le nuove tecnologie hanno avuto uno sviluppo così rapido da sopravanzare la capacità
delle aziende nel seguirne l’evoluzione (Lagioni 2004). In particolare due potenti
strumenti tecnologici si sono imposti più degli altri: i database e Internet.
I database sono archivi informatici capaci di contenere enormi volumi di dati, inoltre tali
dati possono essere combinati in mille modi, mettendo in grado gli utilizzatori di
disporre prontamente di informazioni per ottenere le quali servirebbero altrimenti
giornate di lavoro-uomo.
Lo sfruttamento vero e proprio dell’altro grande strumento della tecnologia moderna
(Internet) sono ancora in pochi a realizzarlo. Basti pensare a quanto poco diffusa sia
ancora la pratica dell’e-business e dell’e-marketing per rendersene conto. D’altra parte
la maggior parte dei siti Web continuano ad essere connotati come siti-vetrina.
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2.1.5.I mercati di gravitazione si estendono
Con lo sviluppo degli aerei prima e lo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione
i mercati di gravitazione delle aziende si sono allargati (Lagioni, 2004). Oggi non è più
tanto importante stabilire dove si vende, quanto a chi si vende e quanti clienti si
acquistano. Interessa il numero di clienti che chiedono prodotti da tutte le parti del
mondo e la redditività che l’azienda può trarne. Questo è uno dei paradigmi sui quali si
basa il processo di Comunicazione di Marketing Integrata.
2.2.Ragioni afferenti le imprese
2.2.1.E’ in atto un crescente sforzo di differenziazione competitiva
Per sopravvivere nel tempo le aziende devono essere sempre più uniche, in particolare
questo consiste nella continua ricerca di essere competitivi in modo originale, quindi
diverso dalle aziende concorrenti. Le aziende devono saper dimostrare di offrire ai
propri interlocutori soluzioni migliori di quelle dei concorrenti sia diretti sia indiretti
(Lagioni et al., 2001).
2.2.2.Il focus del marketing è sempre più sul cliente one-by-one
Le ragioni del sempre maggiore orientamento al focus one-by-one (Peppers, Rogers
2001) sono diverse:
ξ il baricentro delle attenzioni delle aziende è sempre più orientato verso valle,
ovvero verso la cosiddetta front line;
ξ la tecnologia informatica è ormai in grado di gestire volumi enormi di dati, non solo
quelli relativi alla clientela, ma anche ai prospects e ai stakeholders.
Dal punto di vista dell’approccio al marketing, l’aumentata competitività ha spinto le
aziende, soprattutto quelle con un’ampia base di clientela, a porre sempre maggiore
attenzione ai rapporti con coloro che sono i protagonisti del processo di acquisto. Da
qui la sempre maggiore attenzione ai problemi di fidelizzazione, quindi all’incremento
della redditività specifica cumulata di ciascun acquirente e all’incremento di quote di
mercato.
Conseguenza: concentrazione sulle strategie di comunicazione mirata in dosi sempre
più massicce.
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2.2.3.Gli acquirenti scelgono chi offre valori che fanno la differenza
Proprio a causa della endemica offerta e alla tendenza al livellamento provocato dalla
globalizzazione, gli acquirenti, siano essi potenziali o attuali, tendono sempre più ad
acquistare valori (Lagioni 2004). Sia che si acquistino utensili, sia si acquistano PC, un
libro, un orologio o una vacanza, tutti tendono ad acquistare la prospettiva di
soddisfare proprie aspettative di fondo.
Le ragioni di questo atteggiamento sono diverse; la prima, l’applicazione sempre più
diffusa delle tecniche di marketing ha portato il mondo occidentale a disporre di sempre
maggiori possibilità di scelta; la seconda, l’esperienza acquisita dalla gente ha portato
ad effettuare scelte sempre più personali; le crescenti disponibilità di capacità
d’acquisto ha indotto gli acquirenti ad essere sempre più esigenti.
Il valore che fa la differenza non costituirà soltanto il termine di riferimento per chi
dovrà fare comunicazione in futuro, ma andrà anche evolvendo nel tempo.
2.2.4.Gli acquirenti/utenti hanno sempre maggiore autonomia di giudizio
Diversi studi confermano una crescente autonomia di giudizio degli acquirenti (Sperling
& Kupfer 1995). Chi acquista lo fa avendo in mente un’idea di prodotto o di servizio, tra
le alternative a sua conoscenza. Non necessariamente il suo giudizio corrisponde ai
contenuti intrinseci di ogni prodotto o servizio, c’è chi sceglie in base all’idea di qualità
che si è fatta di un determinato prodotto/servizio, della marca A o della marca B, chi
sceglie sulla base del prezzo, chi ritiene di acquistare il giusto rapporto prezzo-
prestazione e così via. Se l’autonomia di giudizio non significa competenza di giudizio,
essa è tuttavia sinonimo di indipendenza, quindi di propensione alla non fidelizzazione.
Quanto maggiore, quindi, sarà l’autonomia di giudizio tanto più mirata dovrà essere la
comunicazione.
Queste considerazioni si amplificano quando gli acquisti sono fatti attraverso il Web:
l’autonomia di giudizio viene integrata da altre variabili quali fruibilità del sito, leggibilità
dei testi, ampiezza delle spiegazioni, grafica e così via.
Da questa analisi possiamo evidenziare alcune implicazioni (Lagioni 2004):
ξ è giustificata la grande diffusione degli studi sulla fidelizzazione della clientela che
rappresenta la maggiore preoccupazione per un’impresa;
ξ la fidelizzazione si può valutare solo attraverso un continuo monitoraggio degli
atteggiamenti della clientela;
ξ la fidelizzazione della clientela impone continui investimenti in comunicazione e
trasmissione di nuovi valori.
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3.L’impatto di Internet sul marketing
Solo pochi anni fa accademici e professionisti credevano che Internet fosse lo
strumento in grado di modificare in modo radicale il mondo del business. In realtà da
allora molte Internet companies hanno abbandonato il mondo della rete suggerendo
così di trattare con cautela il boom di Internet.
Keen et al. (2002) dimostrarono che c’era ancora energia nelle tradizionali forme di
commercio, in particolare le aziende che avevano grandi quote di mercato
continuavano ad essere dominanti anche nelle nuove forme di commercio (attraverso
cataloghi, Internet..).
Quindi lo stato d’animo nel mondo dell’e-commerce sta passando da un’estrema
esuberanza iniziale ad uno stato di estrema cautela. E’ d’obbligo, quindi, sviluppare
una miglior comprensione dell’impatto di Internet sulla business performance
soffermandoci sulla sua capacità di creazione di valore aggiunto.
La creazione di valore con Internet è resa possibile attraverso tre vie che però non
possono essere prese singolarmente (Biswas, Krishanan 2004):
1) Internet permette di creare valore attraverso l’one-to-one marketing;
2) Internet permette un’efficiente integrazione del commercio elettronico all’interno
del business aziendale;
3) Internet permette a chi vende di imparare quali sono i suoi migliori clienti (un cliente
alla volta) e fornisce servizi personalizzati.
Internet quindi è visto come un modo semplice ed efficiente di fare business, ma non
per tutte le imprese. Mentre alcune società hanno avuto successo nel business on-line,
altre hanno fallito oppure non ne hanno particolarmente guadagnato.
Per questo cercheremo di analizzare i vari aspetti della creazione di valore della
vendita attraverso Internet, distinguendo tra macro prospettive e micro prospettive
(Figura.1.1).
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3.1.Macro prospettive
Le macro prospettive sono:
ξ Il problema organizzativo: alcuni studiosi (Sharma et al. 2002) notarono che è
sempre più difficile fare previsioni nel mondo moderno. Secondo loro le imprese
dovrebbero spostare il loro focus da una “supplier perspective” (prospettiva rivolta
ai fornitori) ad una “consumer perspective” (cioè una prospettiva rivolta al cliente).
Le imprese, quindi devono essere maggiormente interessate al cliente. Avendo il
cliente come punto di partenza, le imprese devono adottare un sistema integrato
delle diverse funzioni di marketing.
Fig. 1.1: Adozione di Internet e i fattori di successo (Biswas, Krishnam 2004)
15
ξ Alleanze strategiche: le organizzazione non devono solamente integrare le loro
funzioni, ma devono anche sviluppare delle alleanze strategiche per sopravvivere
in questo incerto mercato globale (Chatterjee 2002). Le Internet alliances (alleanze
tra imprese che sfruttano il Web) permettono all’impresa di offrire un infinito
assortimento di prodotti e un servizio che rappresenta un valore aggiunto con bassi
investimenti e bassi rischi. In particolare le Internet alliances danno valore
aggiunto approfondendo le offerte di prodotti/servizi, permettendo di sfruttare nuovi
canali di distribuzione e accedere a innovativi servizi di marketing.
ξ I vantaggi di chi fa la prima mossa: colui che si muove per prima nel Web
sembra che abbia un margine superiore di successo rispetto agli inseguitori
(Biswas 2002). Un’impresa, infatti, che sia la prima a portare sul mercato un certo
prodotto/servizio è vista dai consumatori come un impresa che presenta un grado
di innovazione superiore a quello delle imprese concorrenti che la seguiranno
(Ansoff, Stewart 1967). In particolare possiamo individuare quattro strategie (Miles,
Snow 1978):
- prospectors: sono rivolti con attenzione all’innovazione di prodotti e dello
stesso mercato e, di conseguenza, cercano di essere dei pionieri in quelle
aree;
- defenders: hanno una ristretta quota di mercato, presentano prodotti/servizi
con scarso grado di innovazione e spendono molto nel cercare di migliorare
l’efficienza delle loro operazioni;
- reactors: sono incapaci di rispondere con efficienza ai cambiamenti del
mercato e intervengono con novità solo sotto la pressione del mercato stesso;
- analyzers: presentano aspetti sia dei prospectors sia dei defenders.
ξ La privacy: con il boom di Internet ha assunto molta rilevanza il trattamento dei
dati personali di chi naviga. Le aziende, quindi, devono dare molto importanza a
questo fattore per proteggere i propri clienti on-line.