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conciliabili. Nel presente lavoro ho analizzato i terminali interni considerandoli come fattori
“stabilizzanti” dell’intero sistema trasportistico : infrastrutture che, al tempo stesso, possono
contribuire alla mitigazione delle numerose esternalità negative e allo sviluppo dell’economia, in modo
tale che un sistema trasportistico che vuole rispettare l’ambiente non sia un sistema trasportistico che
sceglie di non crescere.
La realizzazione del presente lavoro mi è stata facilitata dal Prof. Mauro Casanova
(Università di Genova), dalla Dott.sa Michela Merlo (Ufficio Relazioni Esterne Consorzio ZAI -
Interporto Quadrante Europa, Verona), dal Signor Mariano Maresca (World Trade Center,
Genova), dalla Dott.sa Francesca Moglia (università U.F.S.I.A. di Anversa), dal Dott. Danilo
Cabona (Autorità portuale di Genova) e dalle Autorità Portuali di Rotterdam, Anversa e Singapore,
tutti sempre pronti e disponibili nel fornirmi materiale e riferimenti bibliografici. A tutte queste persone
e istituzioni vanno i miei più sentiti ringraziamenti.
Passiamo ora ad illustrare sommariamente il contenuto del mio lavoro : nel primo capitolo
abbiamo analizzato i principali fenomeni la cui evoluzione ha determinato lo stato attuale del sistema
trasportistico. Globalizzazione, delocalizzazione industriale, “rivoluzione dei trasporti”, carenza e
costo dello spazio, sono alcuni degli argomenti trattati.
Nel secondo capitolo abbiamo considerato le diverse esternalità generate dai flussi
trasportistici (congestione, inquinamento atmosferico, incidenti etc.) e alcuni strumenti per ridurle
(pianificazione economica territoriale, tecnologia etc.). La chiusura del capitolo è dedicata alle
conseguenze economiche e territoriali derivanti dalla delocalizzazione dell’industria di base.
10
Il terzo capitolo affronta la tematica interportuale dal punto di vista giuridico, analizzando i
principali provvedimenti legislativi a riguardo e come questi possano contribuire allo sviluppo
sostenibile del sistema trasportistico.
Nel quarto capitolo sono trattate le attività svolte e i servizi logistici offerti presso le strutture
interportuali, sempre secondo un’ottica pianificatoria e razionalizzatrice. L’aspetto qualificante
dell’interporto rispetto all’inland terminal, si dirà, consiste nella gamma di servizi ad alto valore
aggiunto e nelle attività che si svolgono nei primi e non nei secondi.
Il capitolo quinto passa in rassegna gli interporti italiani : caratteristiche tecniche,
localizzazione, collegamenti, politiche di integrazione in un sistema trasportistico reticolare, sono
alcuni degli aspetti considerati relativamente ad ogni struttura.
Il capitolo sesto è un approfondimento monografico sull’interporto Quadrante Europa di
Verona, la cui importanza nei traffici in importazione e in esportazione da e per il centro Europa è
notevole.
Il capitolo settimo tratta del distripark. Per tale struttura, centro nodale di importanza vitale
per la moderna distribuzione su scala sovranazionale, la carenza di materiale a riguardo che potesse
considerarsi di autentico valore scientifico, non si è potuto far altro che cercare un primo approccio
sistematico e teorizzante.
Infine, il capitolo ottavo chiude il lavoro considerando come le strutture analizzate si
inseriscono nel contesto delle infrastrutture trasportistiche europee ed italiane, considerando i progetti
per future realizzazioni in vista di un sistema transeuropeo della rete trasportistica.
Diffusione di sistemi di comunicazione informatica tra imprese, integrazioni gestionali e
cooperazione tra imprenditori, sono alcuni degli aspetti che, nelle ultime pagine, si considerano
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efficaci per promuovere un ulteriore sviluppo dell’intero sistema trasportistico che sia compatibile
con l’equilibrio economico e ambientale delle aree che attraversa.
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1. CENNI STORICO-EVOLUTIVI
1.1. IL RUOLO DEI TRAFFICI COMMERCIALI E DEI PORTI NELLA STORIA
Una delle più antiche attività dell’uomo è forse il commercio. E’ infatti la necessità dei membri
delle popolazioni primitive di incontrarsi e scambiarsi, quando ancora non era stato coniato alcun tipo
di moneta, i prodotti di cui disponevano e quelli di cui avevano bisogno, che ha permesso
l’evoluzione di tutto il genere umano.
L’incontro con altre persone che vivono in luoghi diversi, ha determinato, in concomitanza
con altri fattori, quali la necessità di una comune difesa, la possibilità di sfruttare favorevoli risorse del
suolo, e altri fattori agglomeranti, la nascita prima dei mercati (intesi semplicemente come punto nello
spazio dove domanda e offerta si incontrano) e poi dei villaggi, quindi delle città e, in generale,
l’intera evoluzione del processo di sviluppo dell’umanità.
Non appena il progresso tecnologico e la conoscenza lo hanno permesso, l’uomo ha iniziato
a solcare i mari, prima ancora di spostarsi per lunghi tragitti terrestri, tutto considerato, più rischiosi e
incerti.
In conseguenza all’uso del mare come fattore di sviluppo della società a cui si appartiene,
nascono i primi porti, spesso “naturali”, poiché costituiti da insenature sotto costa create
gratuitamente dalla natura, senza bisogno di alcun intervento infrastrutturante da parte dell’uomo.
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Il porto si evolve nel tempo, è costruito artificialmente, diviene fattore localizzativo1 per la
nascita delle città moderne, oggetto in discussione di sanguinose guerre, tuttavia è sempre presente e
con importanza maggiore nella vita economica della società.
La funzione primaria di un porto rimane sostanzialmente la stessa nel corso dei secoli :
permette lo sbarco e l’imbarco delle merci trasportate via mare dalle navi.
Con lo sviluppo dei traffici commerciali e la crescita delle città intorno al nucleo porto,
quest’ultimo viene ad assumere sempre maggiore importanza e una pluralità di funzioni che vanno
oltre la funzione primaria di cui sopra.
Il porto diventa, con la crescita dei flussi commerciali, il crocevia per le numerose attività
legate al trasporto in generale (via mare ma anche via terra) : mercanti, assicuratori, banchieri, forza
lavoro, sono alcune delle figure che si possono rinvenire nelle immediate vicinanze delle banchine.
Poco sopra abbiamo definito la funzione primaria di un porto. Dobbiamo ora aggiungere che
tale funzione è quasi esclusivamente in una posizione servente2 nei confronti dell’aggregato che gli sta
intorno. Ciò almeno fino a quando le moderne tecnologie non permettono una gestione decisamente
più economica dell’intero ciclo trasportistico, che convenzionalmente si indica come “rivoluzione dei
trasporti”, sviluppatasi a partire dagli anni ’50 del nostro secolo.
1
Si parla di fattore localizzativo quando, nell’ambito di uno spazio territoriale, è possibile rinvenire determinate
caratteristiche (fisico - morfologiche, economiche etc.) atte a indurre uno sviluppo accentuato e competitivo dello
spazio stesso.
2
Servente nel senso che quanto transita per il porto è quasi esclusivamente destinato alla comunità che gli vive a
ridosso.
14
1.2. DEFINIZIONE E FUNZIONE DI UN PORTO
Un porto può essere definito come un’area nell’ambito della quale le navi sono caricate e
scaricate. Solitamente tale area include anche lo specchio acqueo (rada) dove le stesse navi
attendono di poter approdare fisicamente alle banchine dove poi verranno compiute le operazioni
tipiche del ciclo trasportistico. Il porto inoltre, spesso, si interfaccia con altre forme di trasporto,
diverse da quello marittimo, come quella per via ferroviaria o stradale. Per garantire l’effettivo
funzionamento dell’interfaccia di cui sopra, all’interno del porto sono anche forniti i servizi e le
infrastrutture necessarie3.
La disponibilità di un approdo marittimo o fluviale, comunque configurato, è sicuramente uno
dei maggiori vantaggi competitivi4 di cui una società possa disporre per svilupparsi e crescere
economicamente.
Il porto viene così ad assumere un ruolo molto importante per lo sviluppo economico e
culturale di una società, poiché là giungono beni, persone, conoscenze da paesi e realtà più o meno
lontane.
Limitandoci alla considerazione dell’aspetto economico, che è quello che ci interessa
maggiormente, il porto ha avuto, in epoche diverse, funzioni e caratteristiche diverse. Pensiamo di
3
All’interno di un’area portuale si trovano spazi destinati ad accogliere le merci scaricate in attesa dell’inoltro al
destinatario, posteggi per i camion, uffici doganali, filiali di agenzie marittime e quant’altro necessario al traffico
merci.
4
Il vantaggio competitivo si configura nel momento in cui un soggetto dispone di un qualche elemento, materiale
o immateriale che in qualche modo lo avvantaggia nella conduzione del proprio business rispetto ai concorrenti
diretti ma anche potenziali.
15
poter individuare le seguenti : porto-città, porto-emporio, elemento della catena trasportistica
integrata.
Analizziamo ora uno per uno i punti di questa classificazione, che, come tale, ha un valore
puramente semplificativo.
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1.2.1. IL PORTO-CITTA’
Con questa espressione vogliamo riferirci al fatto che nell’antichità e comunque fino a quando
le città non raggiunsero un certo grado di evoluzione, grazie alla tecnologia e allo sviluppo
demografico, e le possibilità e le necessità di spostarsi nello spazio erano scarse, non difficilmente il
porto e la città erano un tutt’uno. Ivi si svolgono tutte le attività economiche e non della nuova entità
territoriale, certamente ancora embrionale.
Tutte le attività urbane si svolgono nelle immediate vicinanze dell’approdo : così dove le
merci sono sbarcate e sdoganate è possibile acqistarle e venderle, sia per i mercanti sia per i
cittadini, sia per coloro che provengono dalle campagne non ancora interessate dall’urbanesimo.
Inoltre, tutte le attività facenti parte di quello che, con parole moderne, si definisce indotto, sono
svolte all’interno dell’area portuale : assicurazione delle merci, finanziamento della reperimento degli
equipaggi (ricordiamo la commenda di mare5).
Se a ciò si aggiunge l’estrema esiguità degli insediamenti abitativi, la scarsità delle attività
industriali e commerciali, la limitata estensione delle aree di mercato e di fornitura, la necessaria
compattezza dell’insediamento nel suo complesso per ragioni difensive, ecco che non è difficile
comprendere che porto e città costituiscono in pratica un tutt’uno, un’unica entità territoriale indistinta
nei suoi confini interni, spesso ben definita in quelli esterni : il mare da una parte e possenti mura
5
La commenda di mare (o societas maris) è stipulata tra un capitalista (socius stans o creditore) che fornisce un
certo capitale ed un capitano di mare (socius tractans o debitore) che si impegna ad usarlo per comperare merci in
qualche porto e rivenderle altrove, rimborsando il socio al ritorno e dividendo con lui i profitti ottenuti nella
seguente proporzione : ¾ al capitale e ¼ al lavoro (G. Felloni, Profilo di storia economica dell’Europa, G.
Giappichelli editore - Torino, 1993.
17
dall’altra, per esempio. Porto e città si identificano in un locus conclusus, autonomo e dotato di
capacità autopropulsiva.6
6
Il sistema porto-città detiene tutte le conoscenze necessarie alla sua evoluzione perché pressoché inesistenti
sono i commerci terrestri.
18
1.2.2. IL PORTO-EMPORIO
Con il progressivo sviluppo dei traffici e della dimensione delle città, che sorpassano ormai i
confini disegnati dalle cinte murarie, si assiste alla delocalizzazione di tutte quelle attività che non sono
strettamente legate alla manipolazione delle merci.
Il porto viene ad assumere la funzione di crocevia per le merci imbarcate e sbarcate, mentre
assicurazioni, finanziamenti, prezzi dei beni vengono accordati in altri luoghi, all’interno del
diversificato tessuto urbano, le nuove Borse merci.7
Ciò che continua ad essere svolto all’interno dell’insediamento portuale vero e proprio è lo
sdoganamento e la commercializzazione dei beni provenienti da oltremare. Molta parte dei prodotti
necessari alla cittadinanza, anche i semplicissimi beni di consumo possono essere acquistati in porto8.
A questo è permesso essere luogo fisico di scambio poiché le pressioni insediative sul suolo
portuale sono ancora piuttosto scarse : l’industria moderna sta nascendo e il commercio non ha
ancora raggiunto le dimensioni che oggi conosciamo. Anche se con intensità sempre decrescente con
il passare del tempo, il porto possiede questa caratteristica fino ai primissimi anni ’50 del nostro
secolo, cioè fino a quando la “rivoluzione dei trasporti” stravolge completamente funzione e ruolo del
porto, imponendo un ripensamento delle tecniche di gestione sino ad allora utilizzate.
7
Ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che la dimensione della città è cresciuta, uscendo dai confini dell’area
portuale strettamente intesa. Così vengono allontanate dalle banchine quelle attività che, con una terminologia
moderna, potremmo definire come “servizi al carico”.
8
Ricordiamo, a questo proposito, la destinazione d’uso assegnata alla Darsena di Genova.
19
1.2.3. IL PORTO COME ELEMENTO DELLA CATENA TRASPORTISTICA
INTEGRATA
A seguito della “rivoluzione” dei trasporti e in modo più specifico, dell’unitizzazione dei
carichi, il porto perde la funzione di emporio. Ciò è la necessaria conseguenza dell’impressionante
sviluppo dell’entità dei flussi commerciali e delle nuove tecnologie impiegate nella gestione dei
trasporti.
Il primo elemento che ci pare rilevante è proprio l’aumento delle quantità dei beni trasportati
in senso stretto, parlando di tonnellaggio, a prescindere dall’unitizzazione e dalle nuove tecniche e
tecnologie impiegate.
A partire dagli anni ’50 del nostro secolo i flussi commerciali sono in vorticosa crescita, con
tassi davvero stupefacenti, in calo soltanto in questi ultimi anni. Il volume dei beni trasportati via
mare, nel 1953 è stato di 635 milioni di tonnellate , mentre nel 1995 è stato di 4.678 milioni di
tonnellate.9
Lo sviluppo è notevole e la conseguenza primaria è che il porto diventa un’area soggetta a
forti pressioni insediative, dove il costo del suolo aumenta in modo esponenziale. Il porto, oltre a
generare ricchezza, produce diseconomie di vario genere.
Con lo sviluppo dell’intermodalità10 e delle tecniche di gestione integrata della catena
trasportistica, argomenti che troveranno ampia trattazione in seguito, il porto diventa un elemento
9
Per l’anno 1953 la fonte è U. Marchese, Aspetti evolutivi dell’economia marittima e portuale, Bozzi, Genova 1985.
Per l’anno 1995 la fonte è Renato Midoro, Appunti di economia e gestione delle imprese di trasporto via mare I,
Dipartimento di Tecnica ed economia delle aziende - Sez. ITEC., Università di Genova, 1996
10
Secondo la definizione della convenzione Internazionale dell’O.N.U., Ginevra maggio 1980, un trasporto è
intermodale o multimodale quando un solo soggetto economico assume il compito di organizzare più operazioni
20
cruciale ma non unico per lo sviluppo ulteriore dei traffici in un’ottica di sostenibilità dello sviluppo
stesso : nascono gli stabilimenti industriali per la trasformazione delle materie prime, i collegamenti
diretti con la ferrovia e con l’autostrada, i terminal contenitori situati nel retroterra portuale, sempre
più lontani dal waterfront, gli interporti scoprono finalmente la loro necessità11, mentre nuove
tendenze e concetti di gestione vengono alla luce, come i moderni distriparks testimoniano.
successive di trasferimento e trasbordo in un ciclo complesso di trasporto, con il ricorso a modi di trasporto
diversi : ciò sia che le singole operazioni di trasferimento, trasbordo, caricazione, scaricazione vengano svolte
direttamente da questo soggetto sia che il soggetto in questione affidi ad altri l’esecuzione delle singole
operazioni stesse.
11
La nascita istituzionale dell’interporto avviene con la Legge n°240 del 4 agosto 1990 - “Intervento dello stato
per la realizzazione di interporti finalizzati all’intermodalità”, tuttavia soltanto quando le pressioni insediative sulle
aree portuali si fanno maggiori e insopportabili, si comincia ad utilizzare tale tipo di infrastruttura,
precedentemente considerato inutile per il fatto che i servizi che al suo interno potevano svolgersi erano meglio
forniti
all’interno delle aree portuali vere e proprie.
21
1.3. I COMMERCI MARITTIMI NEL NOSTRO SECOLO
Se il secolo scorso è definito da molti, e non a torto, il secolo delle scoperte scientifiche, i
cento anni che si stanno concludendo sono sicuramente il periodo in cui i traffici commerciali sono
fioriti e hanno incrementato la loro entità ad una velocità davvero stupefacente.
I dati forniti dalle Nazioni Unite ci dicono che nel 1929, le merci trasportate via mare
assommavano a 470 milioni di tonnellate, con una prevalenza dei carichi liquidi rispetto ai carichi
solidi. Ciò è testimoniato dal fatto che il naviglio destinato ai carichi liquidi, tra il 1913-14 e il 1929
vedeva il suo tonnellaggio passare da 1,3-1,4 a 7 milioni di t.s.l.12, mentre, sempre nello stesso
periodo, secondo i dati del Lloyd’s Register of Shipping, il tonnellaggio di navi destinate al trasporto
di carichi solidi di qualunque tipo aumentava di circa 21 milioni di t.s.l., passando da 47 a 68,1.
L’aumento del tonnellaggio di stazza lorda della flotta mondiale altro non è che una
conseguenza dell’aumento della produzione manifatturiera, infatti si deve ricordare che la domanda
di servizi di trasporto marittimo è funzione derivata della produzione, nel senso che l’offerta di stiva è
performata solo in seguito alla manifestazione di una variazione della domanda, e ben difficilmente
accade il contrario.
Nel periodo che precede la prima guerra mondiale, l’espansione della produzione e del
commercio mondiale erano stati notevolmente marcati. Fatta uguale a 100 la media annua del
periodo 1891-1895, nel 1913 la produzione manifatturiera raggiunge quota 234, il commercio di
prodotti manufatti 218 e il commercio di materie prime 195.
12
La stazza lorda rappresenta il volume di tutti gli spazi chiusi o chiudibili situati sopra o sotto il ponte principale.
Nel computo della stazza lorda vengono però esclusi taluni volumi ubicati sopra il ponte principale ed adibiti a
particolari servizi della nave o ad esclusivo uso dell’equipaggio.