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Introduzione
Scopo precipuo del presente lavoro è approntare una disamina il più
possibile puntuale sull‟iniziativa economica privata, avendo riguardo,
dapprima, al nuovo assetto configurato dalla Carta dei Diritti
Fondamentali e, successivamente, al marchio comunitario.
Il primo capitolo è interamente dedicato agli aspetti salienti
dell‟iniziativa economica privata, sia dal punto di vista del diritto
interno che di quello comunitario. Con il primo paragrafo si ripercorre
l‟evoluzione storica della suddetta libertà, la quale procede a pari
passo con quella del diritto di proprietà. L‟una e l‟altro si sono, infatti,
strettamente legati nel corso di un graduale processo che, muovendo
dalla loro originaria indistinzione, è giunto poi ad una progressiva
differenziazione degli stessi. Con il tempo si è, infatti, evidenziata una
configurazione totalmente autonoma dei due momenti fondamentali
della vita economica, quello della proprietà e quello dell‟impresa,
anche sotto il profilo strutturale, il che traspare con chiarezza
nell'esperienza costituzionale europea, ove sovente si rinvengono
numerosi esempi di discipline giuridiche che trattano distintamente
l'iniziativa e la proprietà dei privati.
Il secondo paragrafo è incentrato sulla tutela internazionale
dell‟iniziativa economica privata, la cui tappa fondamentale è
costituita dall‟entrata in vigore, nel 1976, di un importantissimo
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strumento: il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e
culturali con il quale Gli Stati che hanno proceduto a ratifica
s'impegnano a rispettarlo e presentano periodicamente al Consiglio
economico e sociale rapporti sulle misure da essi adottate e sui
progressi registrati nella promozione del rispetto di tali diritti. Ci si
sofferma, quindi, sulle previsioni della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che ha
predisposto un originale sistema di tutela internazionale dei diritti
dell'uomo ed istituito diversi organi di controllo, insediati a Strasburgo
e poi sostituiti, il 1° novembre 1998, da un'unica Corte europea dei
diritti dell'uomo. Particolare attenzione viene rivolta, infine,
all‟Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade
Organization, WTO), una delle più importanti istituzioni
internazionali che si pone come organismo di “governo” del
commercio mondiale e che ha assunto, nell'ambito della
regolamentazione dello stesso, il ruolo precedentemente detenuto dal
GATT, recependone gli accordi.
Con riguardo all‟ordinamento italiano, il terzo paragrafo è incentrato
sull‟analisi dell‟art. 41 Cost., e sulle maggiori problematiche da esso
scaturenti. La suddetta disposizione costituzionale dal contenuto
normativo tutt‟altro che univoco ha, infatti, originato un dibattito
sviluppatosi fino ad oggi in modo ampio ed articolato.
Quasi contemporaneamente alla approvazione dell‟art. 41 della
Costituzione ha avuto inizio la gestazione dei trattati istitutivi delle
comunità europee, che ha ruotato intorno alla costruzione di un
mercato comune e alla formazione di una normativa sovranazionale
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della concorrenza, la quale, con il Trattato di Maastricht del 1992, è
stata assurta a vero e proprio principio informatore dell‟ordinamento
comunitario. Il quarto paragrafo è dedicato, dunque, alla disciplina
comunitaria della concorrenza, con la quale si sono privilegiati i
controlli sul mercato rispetto ai controlli sulla singola impresa,
sebbene ciò non abbia comportato affatto un liberismo privo di freni,
essendo la disciplina della concorrenza strumentale e non assoluta. Il
cammino parallelo che hanno a lungo percorso la disciplina della
libertà di iniziativa economica, nell‟ordinamento interno, e quella
della tutela del mercato, nell‟ordinamento comunitario, si è, ad un
certo punto, venuto ad incrociare con la previsione contenuta nell‟art.
1 della legge n. 287 del 1990, che, nell‟intento di conseguire
l‟integrazione tra due distinti sistemi di tutela della concorrenza, ha
fissato un canone ermeneutico generale. Esso, se da una parte realizza
un “rinvio in bianco” all‟ordinamento comunitario, dall‟altra porta
all‟emersione di una potenziale “conflittualità” del rapporto tra norma
fondamentale dell‟ordinamento interno e disciplina comunitaria della
concorrenza, conflittualità confermata, peraltro, da recenti
orientamenti della Corte di giustizia.
Nel quinto paragrafo il tema dell‟iniziativa economica privata viene
analizzato alla luce del fenomeno migratorio e delle problematiche ad
esso connesse. L‟immigrazione ha, infatti, assunto carattere politico e
culturale, oltre che economico, investendo in pieno la questione dei
diritti sociali e dei diritti politici, e sottoponendo le strutture dei
diversi sistemi nazionali a gravi tensioni. Strettamente legata al
fenomeno migratorio è la tutela dei diritti sociali, primo fra tutti, il
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diritto al lavoro, che nell‟esperienza europea, all‟interno del processo
di coordinamento aperto dalle politiche dell‟occupazione degli Stati
membri, sembra soccombere di fronte alle logiche di mercato. Altro
aspetto connesso ai flussi migratori è quello della libertà di
circolazione, a sua volta precipitato della libera iniziativa economica.
Si analizzano quindi le tappe più rilevanti del cammino che
dall‟istituzione, nel 1957, della la Comunità europea, ha condotto alla
creazione del Mercato Unico.
Il sesto paragrafo pone in evidenza il legame esistente tra libertà
economiche e diritti fondamentali. Tradizionalmente le libertà
economiche sono state ritenute legate alle esigenze dell‟integrazione
del mercato europeo, cioè funzionalizzate ad esso. Tuttavia, una delle
linee evolutive dell‟ordinamento comunitario è quella
dell‟affermazione della tutela dei diritti fondamentali della persona
quale finalità primaria, in relazione alla quale i principi della
concorrenza e del libero mercato paiono rilevare, non in sé, ma quali
strumenti idonei per il raggiungimento del fine. L‟Unione europea si è
fatta così portatrice dell'idea di assicurare, nella libertà del mercato,
una promozione delle normative sociali nazionali. Un„aspirazione alla
protezione sociale che ha trovato vie e sperimentato dinamiche diverse
nel tempo, ma che ha sempre teso a bilanciare libertà economiche e
diritti sociali, efficienza del mercato e solidarietà.
Attraverso il settimo paragrafo si approfondiscono le tematiche che
legano l‟iniziativa economica alla libertà di stabilimento, che
solitamente riferita alle persone fisiche, si estende anche alle persone
giuridiche. Tuttavia, in un primo momento, alla libertà di stabilimento
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delle società è stata data interpretazione e attuazione in misura
decisamente più limitata di quanto sia avvenuto per la corrispondente
libertà di stabilimento riconosciuta alle persone fisiche, giacchè
l'esistenza stessa di una società dipende dalla legge nazionale dello
stato di costituzione ed è questo il maggior ostacolo che si frappone
alla piena attuazione della libertà di stabilimento delle società. Essa
può essere esercitata secondo due diverse modalità, delle quali di
procede alla trattazione, soffermandosi sui punti più critici e sulle
principali problematiche.
Il secondo capitolo dell‟elaborato è destinato all‟analisi dell‟iniziativa
economica nella Carta dei Diritti fondamentali. Il primo paragrafo è
incentrato su una serie di considerazioni preliminari circa l‟incontro e
lo scontro tra l‟Europa dei mercati e l‟Europa dei diritti. Negli ultimi
anni è, infatti, emersa la volontà sempre più ferma del legislatore
comunitario di contro-bilanciare il principio fondativo originario della
creazione di un grande mercato libero e concorrenziale, con altri
valori/obiettivi quali la protezione sociale, la parità, la solidarietà,
l‟occupazione ed il progresso sociale. In questo senso, la Carta dei
diritti fondamentali riveste un‟importanza capitale per l‟evoluzione
dell‟Unione europea, giacchè racchiude in un unico testo, per la prima
volta dalla creazione della Comunità economica europea nel 1957,
l‟insieme dei diritti sociali, economici, civili e politici di tutti i
cittadini europei. L‟ambizione sovra statuale di tale Carta costituisce
l‟ulteriore sintomo di un vasto processo di deregulation delle
costituzioni nazionali anche in materia di diritti fondamentali. In tale
contesto ancora fluido non appare singolare che la Carta sia non
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obbligatoria, appartenente cioè al soft law delle nuove Carte
costituzionali; una volta acquisita piena forza giuridica cogente,
tuttavia, i diritti sociali fondamentali potranno svolgere un ruolo
ancora più pregnante e orientare la fissazione in termini precisi dei
punti di contemperamento tra le istanze sociali ed economiche.
L‟inserimento nel Trattato costituzionale europeo della Carta dei
diritti fondamentali dell‟Unione rappresenta, per questo motivo, un
dato di estremo rilievo: con l‟entrata in vigore del Trattato, la Carta
acquisterà, infatti, valore giuridico vincolante e potrà dispiegare
ulteriori effetti rispetto a quelli già riconosciuti al momento del suo
varo.
Sull‟esame del contenuto, del valore e dei limiti della Carta dei Diritti
Fondamentali, altrimenti nota come Carta di Nizza, è imperniato il
secondo paragrafo. Vengono tratteggiate, prima di tutto, le tappe che
hanno condotto all‟elaborazione della Carta da parte della
Convenzione dell‟Unione europea a partire dal 1999, passando per la
solenne proclamazione nel 2000 e giungendo alla nuova
proclamazione nel 2007. Ci si sofferma, quindi, sulla firma, nel
dicembre 2007, del trattato di Lisbona il quale garantisce
l‟applicazione della Carta dei diritti fondamentali, dotando l‟Unione
europea di un insieme di diritti civili, politici, economici e sociali, che
saranno giuridicamente vincolanti non solo per l‟Unione e le sue
istituzioni, ma anche per gli Stati membri nell‟ambito
dell‟applicazione del diritto dell‟UE. La più importante innovazione
introdotta dalla Carta dei diritti fondamentali è costituita dall‟implicito
riconoscimento dell‟indivisibilità dei diritti della persona. Essa, infatti,
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non distingue tra diritti civili e politici da un lato e diritti sociali
dall‟altro, ma raggruppa i diritti in Capi, retti ciascuno da un principio
fondamentale: la dignità della persona umana; la libertà;
l‟uguaglianza; la solidarietà; la cittadinanza; la giustizia. Essendo
“fondamentale” il principio che regge i diritti sanciti nel relativo capo,
la qualità di “fondamentale” si trasmette dal principio ai diritti. Per
questa via, oltre a superare la “divisione”, e con essa la gerarchia tra
generazioni di diritti, la Carta supera anche quella riduzione dei diritti
fondamentali ai soli diritti universalistici ed eguali. Si prosegue
l‟analisi ponendo in rilievo i principali limiti contenuti nella Carta,
nonché l‟indubbio valore della stessa.
Con il terzo paragrafo, partendo dal riconoscimento della libertà
d‟impresa da parte dell‟art. 16 della Carta di Nizza, si esamina la
disciplina comunitaria in materia. La Carta, infatti, riconosce, ma non
costituisce siffatta libertà, la quale era già presente nel Trattato di
Roma entrato in vigore il 1° gennaio 1959. Nei tempi duri del
dopoguerra la priorità assoluta per l'Europa era, infatti, garantire la
prosperità economica del continente mediante la creazione di un
mercato comune. Con il miglioramento delle condizioni di vita, l'UE
si è, invece, sempre più impegnata a migliorare i diritti sociali,
attribuendo maggiore importanza alla promozione della democrazia,
dei diritti umani e della società civile, nonché alla lotta contro le
discriminazioni. Si è così realizzato un netto sbilanciamento tra i
diritti civili e politici, da una parte, e i diritti economici, sociali e
culturali dall‟altra: mentre i primi sono stati, infatti, pienamente
riconosciuti e tutelati, i secondi, nonostante il riconoscimento da parte
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del Patto Internazionale sui Diritti Economici e Sociali del 1976,
hanno sofferto di una rilevante carenza di tutela. Soltanto con la Carta
di Nizza, i suddetti diritti hanno trovato un riconoscimento pieno, in
quanto equiparati agli altri diritti fondamentali. La Carta congloba,
infatti, in unico testo tutti i diritti degli individui ponendo, quindi, in
atto il principio dell'indivisibilità dei diritti fondamentali.
Il problema del difficile bilanciamento tra diritti sociali e libertà
economiche anche alla luce della Carta di Nizza, è argomento del
quarto paragrafo, ove si analizzano due recenti casi, il Laval ed il
Viking, da poco giunti a decisione da parte della Corte di Giustizia
europea e che hanno suscitato enorme interesse proprio per
l‟importanza delle questioni proposte in ordine al conflitto tra un
diritto sociale fondamentale, il diritto di azione collettiva, e le libertà
di circolazione come libera prestazione di servizi e libertà di
stabilimento. La valorizzazione in via interpretativa della Carta dei
diritti fondamentali, mediata dalle tradizioni costituzionali comuni,
porta l‟indubbio vantaggio di dare luogo ad una modificazione degli
equilibri interni al diritto comunitario: le libertà economiche
subiscono il bilanciamento con i diritti sociali, con i quali devono
necessariamente conciliarsi. Ma il vantaggio derivante dal
bilanciamento tra diritti sociali e libertà economiche, è
controbilanciato dalla circostanza che questo bilanciamento avviene
nell‟ambito di un sistema normativo che non riconosce la priorità dei
diritti sociali fondamentali, e che, al massimo, consente ai diritti
sociali di porre limiti, proporzionati e giustificati da ragioni imperative
d‟interesse generale, alle libertà economiche.
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La rilevanza comunitaria del conflitto tra diritti sociali e libertà
economiche non riguarda il solo caso delle prestazioni transnazionali
di servizi, e non riguarda solo lo sciopero e la contrattazione
collettiva, avendo invece portata generale. Per questo motivo, ci si
interroga, nel quinto paragrafo, sul possibile riconoscimento, da parte
del diritto comunitario, di limiti all‟esercizio dei diritti fondamentali,
in vista della necessità di mantenere la competitività dell‟economia
della Comunità. Va in proposito osservato che se da una parte, casi
come il Laval ed il Viking sembrano porci di fronte alla dura realtà di
blocchi di interessi contrapposti, la cui conciliazione porta con sé il
grave rischio di vedere eroso il contenuto di diritti fondamentali
individuali e collettivi dalla necessità di lasciare aperto uno spazio di
competizione nel quale il dumping sociale possa giocare il ruolo di
strumento indispensabile di crescita economica, dall‟altra parte, dopo
il Trattato di Lisbona appare altrettanto legittima una configurazione
più ottimistica del futuro per i diritti fondamentali. La Carta è, infatti,
documento che proietta l‟UE al di là della sola logica del mercato,
costituendo il necessario fondamento della legittimità dell‟Unione.
Il terzo capitolo della tesi è riservato al marchio comunitario ed ai
legami tra lo stesso e l‟iniziativa economica. Per il settore della
proprietà industriale, infatti, nell‟ambito della disciplina comunitaria,
la funzione del marchio e la sua circolazione nel mercato presentano
aspetti particolarmente delicati che, a seguito del costante
ampliamento dei mercati, danno luogo a problematiche sempre più
complesse. Nel primo paragrafo si illustrano i rapporti tra marchio
comunitario e libera circolazione. Il marchio CE, acronimo di
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Conformité Européenne è, infatti, un marchio di conformità che
consente la libera circolazione del prodotto nell'ambito dell' Unione
europea, vietando ogni forma di restrizione al suo commercio da parte
degli Stati Membri. Il marchio comunitario, la cui realizzazione non
esclude la permanenza dei marchi nazionali e la rilevanza delle
convenzioni internazionali che regolano la loro registrazione nei
diversi Stati, ha carattere unitario e produce, di regola, gli stessi effetti
in tutta la Comunità. Nel secondo paragrafo, l‟attenzione è concentrata
sull‟evoluzione normativa e sui caratteri del marchio CE. Si
esaminano, dunque, dapprima, i principali strumenti giuridici a livello
europeo finalizzati al contemperamento del principio di territorialità,
caratteristico del diritto di marchio, e quello di libera circolazione
delle merci e dei servizi all‟interno del territorio del Mercato Comune.
Si prosegue poi con la descrizione dei caratteri di unitarietà,
autonomia ed accessibilità che contraddistinguono il marchio in
esame. Nel terzo paragrafo viene analizzata la procedura di
registrazione del marchio CE, la quale ha il vantaggio di offrire una
protezione unitaria in tutti i paesi dell'Unione europea. Mentre il
marchio nazionale assicura una protezione circoscritta al mercato di
un unico paese, Il marchio comunitario offre una protezione estesa a
tutto il mercato costituito dall'Unione europea. Il marchio
internazionale risponde, invece, alle esigenze di quanti desiderano
tutelarsi anche in paesi che non appartengono all'Unione europea. Il
quarto ed ultimo paragrafo, dopo aver enumerato i diversi e possibili
utilizzi del marchio comunitario, descrive i diritti che scaturiscono dal