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effettivamente applicabile sia ad un reattore che alla risorsa rinnovabile, il secondo invece
si.
Si è quindi studiato l’applicazione dello schema a gravità,schema di natura semi-batch, alla
risorsa rinnovabile, e si è confrontato il solare termolitico con il solare termodinamico
cercando di dimostrare la nostra tesi. L’applicazione del secondo schema ad un reattore
nucleare ci ha però costretto ad un approfondimento legato alla necessità di ottenere uno
schema continuo. Il passaggio ad uno schema continuo ci ha costretto a studiare le
cinetiche anisoterme di reazione e a realizzare dei programmi che ci permettessero di
capire quale fosse l’effettiva capacità produttiva dell’impianto. Nel far questo non si è
potuto fare a meno di affrontare anche il problema termotecnico che come detto nel caso
dei solidi è particolarmente gravoso, problema come leggerete superato grazie all’utilizzo
del principio dello scambio contattivo.
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CAPITOLO 1
Introduzione
1.1-Prefazione
Muoversi, comunicare, lavorare, divertirsi, in una parola vivere il mondo beneficiando delle
conquiste del nostro sviluppo senza per questo depauperalo delle sue risorse ed impedire alla
nostra progenie di usufruire degli stessi privilegi: ecco la sfida che la nostra società si sta preparando
ad affrontare. Ma è il nostro sviluppo veramente sostenibile? E’ possibile realizzare anche il più
semplice dei nostri gesti senza lasciarne traccia sull’universo? L’esperienza, la termodinamica
sembrano suggerirci il contrario, ogni nostro gesto è accompagnato da fenomeni dissipativi che
ineluttabilmente aumentano l’entropia universale. Se però restringessimo il nostro universo alla
terra e considerassimo la presenza di “un’azione compensatrice” scopriremmo anche i fenomeni
irreversibili possano essere invertiti. Ma per realizzare la nostra “azione compensatrice” avremmo
bisogno di una fonte di energia che dovrebbe esterna al nostro universo-terra o che quant’anche
fosse interna produca su di esso un impatto trascurabile. Una fonte esterna pressoché inesauribile
di energia che ci permetterebbe di compensare gli effetti del nostro sviluppo, del nostro stile di vita
è il sole. Lo sfruttamento ad alta efficienza dell’energia nucleare ci permetterebbe di raggiungere
gli stessi obiettivi, lasciando però un certo quantitativo di scorie i cui volumi sono, però,
relativamente piccoli. Possiamo pensare , con questa energia, di realizzare cicli chiusi in cui,
malgrado l’esistenza di fenomeni dissipativi, sia possibile sfruttare le risorse della nostra terra senza
depauperarle, rigenerandole attraverso l’energia che il sole ci trasmette direttamene (energia
radiante) o indirettamente (energia eolica, delle maree, biomasse) e tramite l’energia nucleare.
Trovata la fonte energetica, bisogna cercare il vettore. Si potrebbe pensare all’energia elettrica ma il
suo uso è limitato dalla difficoltà di potenziamento della rete elettrica e dalla difficoltà di accumulo.
Il nuovo vettore energetico deve poter essere facilmente accumulato, permettendoci di superare i
limiti legati alla discontinuità ed aleatorietà delle fonti rinnovabili e facilmente trasportato in modo
da poter costruire le centrali nucleari in posti remoti rispetto a quelli in cui viviamo. L’unico vettore
che permette di risolvere le nostre esigenze e quelle di un domani ormai prossimo è l’idrogeno.
Idrogeno che è per elezione il vettore dei cicli chiusi: nasce dall’acqua da cui può venir estratto,
accumula energia, la cede ossidandosi dove e quando se ne ha bisogno e ritorna ad essere acqua
senza lasciare traccia nel nostro universo. L'idrogeno è tra gli elementi quello più leggero e
abbondante . E’ tuttavia assai raro sulla Terra non legato, a causa della sua estrema volatilità.
Si trova solo in tracce nelle emanazioni vulcaniche, nelle fumarole e, a volte, nelle sorgenti
petrolifere. E’ invece molto diffuso sotto forma di composti (acqua, idrocarburi, sostanze
minerali, organismi animali e vegetali) . Per poterne disporre in quantità industrialmente
sfruttabili occorre pertanto estrarlo da composti che lo contengono in abbondanza utilizzando una
fonte di energia esterna. Per questo motivo l‘idrogeno, al pari dell‘elettricità, deve essere
considerato un vettore energetico, piuttosto che una fonte energetica primaria. L'interesse per
il suo impiego come combustibile, tanto per applicazioni industriali quanto per l‘autotrazione,
deriva dal fatto che l'inquinamento prodotto dall‘idrogeno è quasi nullo. Se usato in sistemi a
combustione produce, infatti, soltanto vapore acqueo e tracce di ossidi di azoto; mentre
produce solo vapore acqueo se utilizzato in sistemi elettrochimici (celle a combustibile). La filiera
dell’idrogeno che va dalla produzione, allo stoccaggio fino al suo utilizzo presenta però ostacoli
tecnologici che, per essere superati, richiedono sforzi di ricerca ed economici non indifferenti.
4
Ognuna delle tre fasi non è oggi commercialmente disponibile e in particolare la prima rappresenta
la più grande sfida che attende le nostre generazioni. Il problema è che se la fonte di energia
sfruttata è di origine fossile il pur nobile ciclo chiuso dell’idrogeno viene viziato all’origine in quanto
l’energia primaria deriva da risorse non rinnovabili la cui ossidazione determina una grossa
produzione di anidride carbonica. E’pur vero però che si passa da un inquinamento delocalizzato a
uno centralizzato in cui tale produzione può essere mitigata o addirittura eliminata tramite il
sequestro della CO₂. Sappiamo dunque da dove partire (energia rinnovabile o nucleare) e dove
vogliamo arrivare (idrogeno), rimane il fondamentale problema del come, come produrre
l’idrogeno?In questa tesi si vuole rispondere a questo quesito attraverso la strada della termolisi.
1.2-Metodi di produzione idrogeno alternativi alla termolisi
1.2.1-Metodi tradizionali
L’idrogeno non esiste libero sulla terra e quindi deve essere prodotto. Ci sono due principali modi di
produrre l’idrogeno: la scissione dell’acqua e l’estrazione dagli idrocarburi. Quest’ultimo metodo
rappresenta attualmente la principale fonte di produzione dell’idrogeno: circa il 96% di tutto
l’idrogeno prodotto proviene da combustibili fossili, tramite “steam reforming” o “thermal craking”
del gas naturale, “steam gasification” del carbone o tramite ossidazione e “craking” di oli pesanti. Il
restante 4% dell’idrogeno è prodotto per scissione dell’acqua tramite elettrolisi a bassa
temperatura. L’elettrolisi dell’acqua è energeticamente conveniente in quanto circa l’80%
dell’energia elettrica utilizzata per la reazione è convertita in idrogeno. Considerando però che
l’efficienza di conversione del calore in elettricità nei moderni impianti a turbine è del 30-45%, la
resa di trasformazione del calore in idrogeno tramite elettrolisi risulta solo del 24-36%.
1.2.2-Elettrolisi ad alta temperatura
Per ridurre la barriera energetica agli elettrodi e diminuire la sovratensione di cella è stato proposto
di utilizzare, al posto dell’acqua liquida, vapore ad alta temperatura (800-1000°C). In tale metodo
denominato “High Temperature Electrolysis (HTE)” parte dell’energia necessaria alla scissione può
essere fornita termicamente e questo porta ad un aumento dell’efficienza di conversione. L’HTE è
basata principalmente sulla tecnologia delle celle a combustibile a ossidi solidi “Solid Oxide Fuel Cell
(SOFC)” laddove mentre le SOFC consumano idrogeno ed ossigeno per produrre elettricità l’HTE
consuma elettricità, calore e acqua (allo stato vapore) per produrre idrogeno ed ossigeno. Il
potenziale di cella richiesto per l’HTE è di circa 0.9 V, circa il 50% in meno di quello richiesto
nell’elettrolisi a bassa temperatura. I processi elettrodici inoltre avvengono più velocemente in
quanto sono più alte le correnti di scambio.I problemi sono legati alla corrosione degli elettrodi che
portano alla degradazione della cella elettrochimica con perdite di efficienza anche del 45% .
Recentemente è stato proposto di alimentare la cella con miscele di vapore ed anidride carbonica
per produrre syngas (una miscela di idrogeno e monossido di carbonio) che può essere usata
direttamente o liquefatta con metodi chimici per produrre idrocarburi liquidi tramite il metodo
Fisher-Tropsch. I primi studi hanno mostrato efficienze del 43-48%
1.3-Scissione termochimica dell’acqua
La scissione termochimica dell’acqua non è altro che la conversione di acqua in idrogeno ed
ossigeno attraverso una serie di reazioni che nel complesso saranno endotermiche, avranno cioè
bisogno di calore. Gli studi del DOE (Department of Energy of USA) commisionati negli anni ‘70alla
Genera Atomics, al Sandia National Laboraties e all’Università del Kentucky identificarono 155
5
processi possibili, dei quaIi, dopo l’analisi preliminare, ne sono stati selezionati 11, ritenuti termo
dinamicamente ed energeticamente più adatti ad essere sfruttati impiegando il calore
termonucleare. In seguito riporteremo tali cicli termochimici classificandoli a seconda del numero
di “steps” che prevedono e dell’eventuale presenza di fasi elettrochimiche (cicli termochimici
ibridi). Si può dimostrare che il numero di steps è inversamente proporzionale alla massima
temperatura richiesta dal ciclo termochimico.
1.3.1-Ciclo one-step o ciclo diretto
Il ciclo one-step non può essere che la semplice scissione dell’acqua nei sui
componenti senza altre reazioni intermedie. Si vede come in condizioni standard le variazioni di
entalpia e di energia libera nello splitting diretto dell’acqua sono rispettivamente :286 Kj/mol e 237
Kj/mol. Solo al disopra dei 4400°C il ∆G diventa negativo. Riportiamo in basso due grafici relativi
all’analisi termodinamica della reazione in diverse condizioni di pressione e temperatura
D
Dall’analisi del grafico si deduce che la reazione è altamente endotermica;in condizione di pressione
atmosferica e temperature al di sotto dei 2200 K non si ha praticamente formazione di idrogeno,
pertanto per ottenere risultati industrialmente interessanti, occorre spostarsi verso temperature
più alte, tra 2300-3000 K, per le quali si ottiene una frazione di massa di H₂ nei prodotti di
decomposizione variabili fra il 2 e 5%
6
Anche la pressione ha la sua influenza: variando opportunamente la pressione si può ottenere una
frazione di massa dell’H₂ tra il 2-3% per pressioni inferiori a quelle ambientali e per temperature
comprese tra 1900 e 2200 K. Se si dovesse pensare ad un ciclo di produzione di idrogeno, basato
sulla dissociazione termica dell’acqua, sarebbe un ciclo concettualmente molto semplice, perché
basato su un’unica reazione e perché richiederebbe solo un input energetico (calore ad alta
temperatura) e di massa (acqua)
7
Il ciclo presenterebbe però diversi problemi insormontabili:
-2300 K (se non 4000 K) è una temperatura insostenibile o comunque proibitiva per tutte le
tecnologie e i materiali attualmente a disposizione.
-La separazione di H₂ e O₂ deve essere realizzata ad alta temperatura per evitare la
ricombinazione di tali elementi in acqua.
-La miscela di H₂/O₂ è altamente eplosiva: l’idrogeno è un gas molto infiammabile, basti
pensare all’ampio intervallo di infiammabilità della miscela idrogeno-aria, il limite inferiore e suriore
di infiammabilità sono compresi tra il 4 eil 75%.
Di seguito sono riportati i dati riguardanti i rendimenti teorici del ciclo ( il rendimento con i
recupero di calore è stato valuto non considerando questioni termotecniche) e una serie di voti (che
vanno da zero a 10) che mettono in luce aspetti tutt’affatto secondari dei cicli che possono incidere
sulla loro applicabilità. Per “elettrolisi” si intende la presenza o meno di step elettrolitici che sono
considerati negativamente perché rappresentano un punto critico del processo dal punto di vista
energetico . Essi consumano energia elettrica che viene prodotta con rendimenti che vanno dal 30-
45% e in alcuni progetti viene prelevata dalla rete causando quindi emissione di gas serra.
CICLO Ciclo Diretto
η senza recuper di calore 0,42
η con recupero di calore 0,68
Voti
Numero Reazioni 10
Numero Separazioni 7,5
Temperatura massima 0
Rendimeto 6
Soldi trasporati 10
Tossicità 10
Elettrolisi 10
Potenzo di picco 2,8
Corrosione 10
8
1.3.2-Cicli two-steps
Come già detto la temperatura massima richiesta dal ciclo può essere ridotta aumentando il
numero di steps della reazione. In particolare esiste una particolare classe di processi termolitici
two-steps, basati sugli ossidi metallici, che ci permettono di avere temperature inferiori a quella
della scissione diretta ma comunque superiori ai 1100°C. Queste temperature pur essendo troppo
elevate per un reattore nucleare sono perfettamente raggiungibili da un sistema solare a
concentrazione. La semplicità dei cicli poi (sono solo due reazioni) ben si adatta alle esigenze di un
impianto a concentrazione. Riportiamo i 3 cicli two-step non elettrochimici che fanno parte degli
11 cicli selezionati.
CICLO Nickel Ferrite ZnO/Zn Fe₃O₄/FeO
η senza recuper di calore 0,7 0,3 0,42
η con recupero di calore 0,97 0,7 0,84
Voti
Numero Reazioni 10 10 10
Numero Separazioni 10 10 10
Temperatura massima 0,9 0,00 2,3
Rendimeto 10 4,3 6
Soldi trasporati 10 6 6
Tossicità 0,6 2,1 0,2
Elettrolisi 10 10 10
Potenzo di picco 4,6 2 2,6
Corrosione 10 10 10
9
1.3.3-Cicli multi-steps
Come detto prima è impossibile avere cicli con 2 steps aventi temperature inferiori ai 1000°C, per
questo alla ricerca di cicli compatibili con la fonte nucleare sono stati proposti innumerevoli cicli
multi-steps. Proponiamo qui i quattro selezionati dal DOE. Come si può notare le temperature dei
cicli sotto riportati sono applicabili ai reattori a gas di quarta generazione
CICLO S-I cycle UT-3 US Clhorine Ispra-mark-9
η senza recuper di calore 0,32 0,45 0,25 0,28
η con recupero di calore 0,65 0,69 0,99 0,99
Voti Voti
Numero Reazioni 6,7 3,3 6,7 6,7
Numero Separazioni 2,5 2,5 2,5 5
Temperatura massima 2,4 0,9 2,10 3,3
Rendimeto 4,6 6,4 3,6 4
Soldi trasporati 10 2 10 4
Tossicità 0,6 0,0001 3*10^(-6) 5*10^(-8)
Elettrolisi 10 10 10 10
Potenzo di picco 3,3 2 3,9 2,2
Corrosione 0,001 0,002 0,04 0,001
10
Tra i numerosi cicli termochimici multi-steps proposti quello denominato zolfo-iodio (ciclo S-I dalle
iniziali dei due elementi chimici) è stato largamente studiato. Sviluppato originariamente dalla
General Atomics (GA) agli inizi degli anni ’80 è anche conosciuto come ciclo GA. Dopo una
interruzione nelle attività di ricerca e sviluppo, la GA ha recentemente iniziato una serie di studi per
migliorare il ciclo .Esso è basato sulla decomposizione termica dell’acido solforico (H2SO4) per dare
ossigeno ed anidride solforosa, e dell’acido iodidrico (HI), per dare idrogeno ed iodio. La prima
avviene intorno agli 800-850°C mentre quella dell’acido iodidrico avviene a temperature inferiori
(550°C). L’anidride solforosa e lo iodio sono poi ricombinati nella reazione di Bunsen per rigenerare
gli acidi di partenza. La reazione di Bunsen è una reazione spontanea ed esotermica che avviene già
a temperatura ambiente. Per aumentare la velocità di reazione questa è però condotta a
temperature comprese tra 80 e 120°C. Al fine di separare gli acidi si ricorre all’uso di un eccesso,
rispetto alle quantità necessarie stechiometricamente, di iodio e di acqua. In tal modo l’acido
iodidrico e lo iodio segregano formando una fase più densa, detta soluzione iodidrica, che contiene
anche parte dell’acqua con un rapporto stechiometrico HI:H2O:I2 pari a 1:5:4. L’acido solforico
stratifica sulla soluzione iodidrica sciolto in acqua con un rapporto stechiometrico compreso tra 1:4
e 1:6. Le due fasi possono essere separate per decantazione e processate per produrre idrogeno ed
ossigeno. Il principale svantaggio del ciclo è legato proprio al metodo di separazione degli acidi.
Infatti per poter ottenere gli acidi liberi occorre far evaporare l’acqua e lo iodio in eccesso e questo
processo assorbe una gran quantità di calore. Particolarmente energivora risulta la purificazione
dell’ HI dalla fase iodidrica. La distillazione frazionata e successivamente quella estrattiva sono state
proposte per la separazione dell’HI. Successivamente Roth introdusse la distillazione reattiva
mentre più recentemente è stata proposta l’elettrodialisi che pare particolarmente interessante nel
ridurre il costo energetico della purificazione della fase iodidrica rendendo il ciclo energeticamente
e tecnologicamente vantaggioso. Sempre al fine di diminuire il costo energetico della reazione sono
stati sviluppati dei metodi che prevedono l’uso di metalli di transizione come agenti di riciclo. Sato
propose un ciclo termochimico che utilizzava il nichel metallico. Per reazione con gli acidi si
formavano il solfato e lo ioduro di nichel che venivano separati per cristallizzazione frazionata.
Sviluppando i lavori del gruppo giapponese, all’interno dei laboratori ENEA della Casaccia, è stato
messo a punto un metodo che consente di trasformare la fase iodidrica in una soluzione acquosa di
iodio e ioduro di nichel. In tal modo la distillazione della fase iodidrica è sostituita da una semplice
evaporazione riducendo quindi i costi e i tempi della purificazione . Il ciclo, sviluppato
11
originariamente per essere alimentato con energia solare concentrata, può essere facilmente
modificato per poter utilizzare energia termica prodotta da reattori nucleari di IV generazione.
1.3.4-Cicli ibridi
Una ulteriore possibilità di produrre idrogeno è offerta dai cicli termochimici ibridi che, al fine di
diminuire la tensione di cella dell’elettrolizzatore, combinano reazioni ad alta temperatura con
processi elettrochimici. Il primo di questi cicli fu sviluppato dalla Westinghouse . Così come accade
nel ciclo GA l’acido solforico è decomposto ad alta temperatura in ossigeno ed anidride solforosa.
L’anidride solforosa è raccolta e solubilizzata in acqua. La soluzione è quindi sottoposta ad elettrolisi
a bassa temperatura per rigenerare al catodo l’acido solforico e sviluppare all’anodo idrogeno. La
tensione di cella necessaria si riduce a poche centinaia di millivolt (0.17-0.20V). Il ciclo
Westinghouse è anche conosciuto come ciclo zolfo ibrido “Hybrid sulphur (Hy-S)”.
CICLO Westinghouse Ipra-Mark-13 Hallett Air
η senza recuper di calore 0,39 0,4 0,25
η con recupero di calore 0,98 0,71 0,99
Voti
Numero Reazioni 10 6,7 10
Numero Separazioni 5 2,5 2,5
Temperatura massima 3,5 3,5 3,50
Rendimeto 5,6 5,7 4
Soldi trasporati 10 10 10
Tossicità 0,4 0,006 0,1
Elettrolisi 6,7 4,2 1,3
Potenzo di picco 4,4 3,3 9,5
Corrosione 0,015 0,0002 0,2
12
1.4-Produzione di idrogeno da solare termochimico
I sistemi solari per la produzione di calore ad alta temperatura possono essere raggruppati
concettualmente in due grandi categorie rispetto al modo di raccogliere e concentrare la radiazione
solare: centrali a fuoco puntiforme e centrali a fuoco lineare.
Nelle centrali a fuoco puntiforme i raggi solari vengono raccolti da superfici riflettenti che li
concentrano tutti idealmente in un solo punto (in pratica in una piccola superficie) così da realizzare
elevati valori della densità d’energia. In tal modo è possibile ottenere sulla superficie di raccolta
calore con valori di temperatura tanto alti da poter alimentare un termolitico per la conversione del
calore in idrogeno. Fanno parte di questa categoria gli impianti a specchi piani con ricevitore
centrale a torre (CRS = Central Receiver Systems) e quelli a specchi parabolici a fuoco puntiforme
(DCS = Distributed Collector Systems). Entrambi questi sistemi funzionano mediante dispositivi
elettromeccanici per l’inseguimento della posizione apparente del sole su due assi in modo da
mantenere gli specchi in posizione ortogonale ai raggi solari nell’intero corso della giornata.Il
ricevitore centrale o la torre di potenza è usato attraverso un gruppo di eliolostati, dei grandi
specchi con un sistema autonomo di movimentazione e una superficie captante di fra i 20 e i 50 mq,
che concentrano la radiazione nel ricevitore. Attraverso questa tecnologia sono raggiungibili
altissime temperature, anche più di 2000°C.
13
Parabolic dish è il nome dato ai concentratori parabolici a forma di piatti che permettono di
concentrare la luce solare in un receiver situato nel suo punto focale. Le temperature raggiungibili
nel fuoco del ricevitore sono all’incirca pari ai 800-1000°C. L’alta efficienza ottica, le basse perdite di
calore e la loro modularità rende questi sistemi di concentrazione molto promettenti
Nelle centrali a fuoco lineare i raggi solari vengono raccolti da una superficie semicilindrica a sezione
parabolica (detta anche paraboloide lineare) e convogliati lungo la linea che, in questo caso,
rappresenta il fuoco. Il termine anglosassone di parabolic trough rende immediatamente l’idea della
geometria di tali dispositivi in quanto trough può essere tradotto in truogolo, oggetto al quale gli
specchi assomigliano. In questo caso i semicilindri, che possono avere anche lunghezze di centinaia
di metri, sono allineati con l’asse principale posto lungo la direttrice est-ovest e fissati in tale
posizione sul terreno. L’inseguimento della posizione del sole avviene solo sull’asse verticale. Le
temperature raggiungibili tramite questi apparati si aggira sui 400-600°C, temperature queste
troppo basse per la produzione termochimica dell’idrogeno.
14
1.5-Esempi di applicazione del solare termochimico
Riportiamo in seguito alcuni di esempi di applicazione dei cicli termo litici al solare a concentrazione
nel mondo:
1.5.1-Svizzera
Un primo esempio di applicazione dei cicli di
water splitting ai parbolic dish ci è offerto da
Aldo Steiner che insegna presso l’ETH di Zurigo e
che a capo del Solar Technology Laboraty al Paul
Scherre Institute. Steiner sta cercando di
applicare un ciclo di water-splitting a due steps,
il ciclo ZnO/Zn.Nella prima reazione endotermica
ZnO è ridotto in Zn e O a 2000°C in un cavity-
receiver rotante.L’ossido di zinco nel cavity-receiver per effetto centrifugo si pone sulle pareti del
cavity-recever svolgendo nel contento il ruolo di assorbitore delle radiazioni, di isolante termico e
naturalmente di reagente chimico. Nel secondo esotermico step lo zinco viene idrolizzato con acqua
per generare idrogeno e ZnO, quest’ultimo verrà reimmesso nel reattore solare. Quel’ultima
reazione avviene disperdendo lo zinco in un flusso di aerosol e in seno allo stesso aerosol avviene la
reazione che porta alla formazione di idrogeno. Siccome le particelle di solidi che evolvono nel ciclo
hanno una superficie specifica molto elevata sia la cinetica della reazione sia coefficienti di
scambio termico sono molto alti.
1.5.2-Stati uniti
Presso il Florida Solar Energy Center, un gruppo di ricercatori (Huang, Odebiyi, Muradov, Raissi)
hanno messo appunto un nuovo ciclo di watersplitting col fine di appliccarlo alla fonte solare.Il ciclo
è una modifica del ben noto ciclo ibrido Westinghouse nel quale lo step elettrochimico è sostituito
da uno step fotocatalitico. In particolare il nuovo ciclo è in grado di utilizzare la porzione infrarossa
dello spettro solare per lo step ad alta temperatura mentre la porzione ultravioletta e quella visibile
è utilizzata nello step fotocatalitico. Lo step fotoelettrolitico non avendo bisogno di luce concentrata
può sfruttare tutta la radiazione solare, non solo quella diretta, e grazie alla basse temperature di
reazione è esente dalla perdite di calore caratteristiche degli step termochimici. Entrambi questi
fattori promuovono l’efficienza di conversione del ciclo.