riusciti a inattivare l’idrogenasi “uptake” mutagenizzandola; sono inoltre in corso
esperimenti volti ad incrementare l’espressione delle nitrogenasi.
Le subunità catalitiche dell’idrogenasi, codificate dai geni hupS e hupL, sono state
amplificate mediante PCR sia singolarmente che in associazione e successivamente
clonate. Al loro interno è stata inserita una cassetta genica codificante per la resistenza
alla kanamicina, dopo averla escissa da un altro plasmide. I frammenti genici codificanti
per le subunità catalitiche con all’interno la cassetta genica sono stati poi subclonati in
due tipi di vettori per la trasformazione. Due ceppi di R. palustris sono stati trasformati
mediante elettroporazione con plasmide pGEM o coniugazione extraparentale con un
opportuno vettore suicida. Grazie al sequenziamento è stata poi controllata l’avvenuta
inserzione.
Parallelamente si stanno costruendo delle librerie dell’intero genoma dei ceppi con
fosmidi e plasmidi pUC18 per isolare i geni delle nitrogenasi, non essendo stato
possibile clonare questi geni per PCR data l’elevata variabilità di sequenza e la scarsità
delle sequenze depositate. Dopo sequenziamento di vari frammenti genici e di parte del
gene ribosomiale 16S si è infatti vista una variabilità di sequenza di circa il 3% rispetto
alle sequenze depositate. Si è prodotta anche una sonda codificante per parte del gene
nifE per lo screening delle librerie.
Passaggi successivi saranno l’individuazione dei geni per le nitrogenasi, la loro
overespressione e la creazione di doppi mutanti per l’inattivazione di entrambe le
subunità catalitiche dell’idrogenasi.
Abstract
Hydrogen (H2) is the fuel of the future mainly due to its high conversion efficiency,
recyclability and non-polluting nature. Biological hydrogen production processes are
found to be more environment friendly and less energy intensive as compared to
thermochemical and electrochemical processes. They are mostly controlled by either
photosyntetic or fermentative organisms. There is also a hybrid system using
photosyntetic and fermentative bacteria. The combination of both kinds of bacteria not
only reduces the light energy demand of photosynthetic bacteria but also increases
hydrogen production.
Rhodopseudomonas palustris is the most metabolically versatile phototrophic
bacterium, which is able to produce H2. R. palustris can also degrade organic
compounds including toxic molecules. This makes it a very interesting microorganism
in bioremediation of many types of waste.
Its nitrogenase enzyme normally reduces N2 to ammonia, but can also evolve
hydrogen, particularly in the absence of N2. Several forms of the enzyme are known,
distinguished primarly by the metal content. On the other hand, in R. palustris an uptake
hydrogenase plays the physiological role to recapture the hydrogen produced by
nitrogenase.
The purpose of this thesis is to develop mutated stains of R. palustris in order to
increase the rate of H2 production.
Hydrogenase has a functional core consisting of a small and a large catalytic
subunit, encoding by hupS and hupL. To obtain a mutant strain unable to perform H2
recycling, we disrupted hupS and hupL genes. For this purpose, we first isolated the
genes by PCR, then cloned them in suitable vectors. These genes were inactivated by
inserting a kanamicine resistance cassette in their reading frames and by subsequent
chromosomal gene replacement. The resulting R. palustris mutant actually carried the
genomic interposon, as confirmed by sequencing.
At the same time we are constructing a library of the R. palustris genome of in order
to identify the nitrogenase gene.
As a future prospect we are planning to produce a double mutant for the hup genes
and overexpress the nitrogenase gene.
1
1. Introduzione
1.1. Idrogeno come vettore energetico per il futuro
I combustibili fossili quali petrolio, carbone e gas naturale, originatisi in milioni di
anni dalla biomassa vegetale, soddisfano attualmente la prevalenza (circa il 90%) delle
richieste energetiche mondiali (Das et al., 2001). Tuttavia il rapido consumo di tali
risorse provoca sia il rilascio di quantitativi sempre crescenti di biossido di carbonio
(CO2) nell’atmosfera, ritenuto la principale causa dell’innalzamento termico terrestre e
del conseguente mutamento climatico del pianeta, sia la diminuzione della disponibilità
delle risorse energetiche nel tempo. Per questi motivi lo sviluppo di sistemi di
produzione di energia rinnovabile e pulita - come l’energia solare, eolica o
termoelettrica - al fine di supplire o sostituire definitivamente i combustibili fossili, sta
diventando un tema centrale (Das et al., 2001). Difatti, attualmente, circa l’85%
dell’energia mondiale deriva da risorse fossili, il 7% da energia nucleare e solo l’8% da
fonti rinnovabili (Das et al., 2001). La più abbondante tra le svariate fonti di energia
rinnovabile è, ad oggi, l’energia solare, tuttavia l’efficienza di conversione di
quest’ultima in energia prontamente disponibile risulta agli effetti molto limitata e ciò è
principalmente dovuto al fatto che l’energia solare deve essere fissata e poi
immagazzinata prima di poter essere utilizzata nelle applicazioni industriali. Il concetto
di immagazzinamento vale in generale per le varie fonti di energia rinnovabile. In
questo contesto l’idrogeno molecolare (H2) è considerato un interessante alternativa
nell’economia energetica quale carburante non dannoso per l’ambiente. L’idrogeno,
infatti, è un carburante pulito, non dà origine a CO2 ed è utilizzabile nelle celle a
2
combustibile dove viene efficientemente convertito in elettricità “pulita”, ossia con la
sola produzione di acqua (H2O) come prodotto di scarto.
La cella a combustibile e' un generatore elettrochimico in cui entrano un
combustibile (tipicamente idrogeno) ed un ossidante (ossigeno o aria) e da cui si
ricavano corrente elettrica continua, acqua e calore. Tali celle sono simili alle batterie
(Fig. 1) e, quindi, sono formate essenzialmente da due elettrodi, catodo ed anodo, e da
un elettrolito che permette la migrazione degli ioni.
Figura 1: Cella a combustibile.
La cella a combustibile è simile ad una batteria con un catodo e un anodo a cui sono associati,
rispettivamente, l’ossigeno (O2) e idrogeno (H2). Da esso si ricava corrente elettrica continua con la
produzione quali unici scarti, acqua e calore, da qui la denominazione di sorgente di “energia pulita”.
Diversamente dalle batterie comuni, nella cella a combustibile la materia attiva
viene continuamente rinnovata e, quindi, la corrente elettrica continua può essere
erogata indefinitamente se viene mantenuta l'alimentazione di combustibile e di gas
ossidanti. Quali combustibili possono essere usati, oltre all'idrogeno, anche il metano e
il metanolo; da questi l'idrogeno deve essere estratto con un particolare procedimento.
Ad oggi, vengono prodotte circa 45 milioni di tonnellate/anno di idrogeno, il 90%
delle quali da base combustibile fossile (petrolio, carbone, gas naturale). Nei maggiori
2 2
3
utilizzatori di idrogeno si identificano le industrie dei fertilizzanti e quelle petrolifere
(Chiaramonti et al., 2006).
Anche ammettendo che la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili (escludendo
quindi le sorgenti fossili e nucleari) possa non diventare economicamente competitiva
nell’immediato, resta il fatto che produrre idrogeno in condizioni controllate
(eventualmente accompagnando il processo a sistemi di sequestro della CO2)
permetterebbe una diminuzione dell’emissione di sostanze inquinanti soprattutto nelle
zone ad elevata urbanizzazione, caratterizzate da un elevata circolazione di veicoli da
autotrazione. Questo contribuirebbe al raggiungimento dei limiti imposti dal protocollo
di Kyoto1 oltre, naturalmente, a rendere più respirabile l’aria delle nostre città
(Chiaramonti et al., 2006).
Quindi l’idrogeno si ottiene da svariate fonti di energia, anche rinnovabili, attraverso
procedimenti sia di natura industriale che biologica. A causa di tale versatilità,
l’idrogeno è ora considerato la fonte principale di energia pulita rinnovabile per il
futuro. Già nel prossimo decennio l’idrogeno potrebbe, infatti, diventare una risorsa
energetica determinante, in primis nel settore dei trasporti e, in seguito, nella
generazione di energia decentrata.
1.2. Attuali metodi di produzione dell’idrogeno
Tra i vari metodi oggi utilizzati per la produzione di idrogeno se ne elencano di
industriali come: le reazioni di “reforming” del gas naturale ad alte temperature, la
gassificazione del carbone, l’elettrolisi dell’acqua, la gassificazione della biomassa e la
1
Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle
emissioni di elementi inquinanti: biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano,
ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo in una misura non inferiore al
5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990, considerato come anno base, nel periodo
2008-2012.
4
pirolisi (Chiaramonti et al., 2006). Tali processi sfruttano quali fonti di energia
principalmente i combustibili fossili e, talvolta l’energia idroelettrica. Ne consegue che
essi, quindi, risultano energeticamente molto dispendiosi e non sempre totalmente privi
di, seppur ridotte, emissioni gassose inquinanti (Chiaramonti et al., 2006; Das et al.,
2001; Nath et al., 2004).
In particolar modo, i metodi che utilizzano le risorse fossili e che danno il 50% della
produzione mondiale di H2, pur comportando un’efficienza del processo di produzione
accettabile (65-85% di media, ma in qualche caso si supera il 90%), hanno il principale
svantaggio della non rinnovabilità della materia prima (il metano) e della produzione di
CO2 (19%) (Chiaramonti et al., 2006). Per quanto riguarda la gassificazione del carbone
il combustibile fossile è, invece, facilmente reperibile e abbondante in tutte le parti del
mondo e per questo continua a svolgere un importante ruolo nella produzione di
energia.
Il processo di elettrolisi, viceversa, copre un mercato di nicchia atto a soddisfare
fabbisogni di H2 ad elevata purezza. Questo è, inoltre, l’unico processo che permette la
produzione di idrogeno a partire dall’H2O utilizzando energia elettrica. La validità
economica di tale processo è tuttavia condizionata dalla possibilità di ottenere energia
elettrica a basso costo, poiché l’80% del costo dell’idrogeno è imputabile al costo
dell’elettricità (Nath et al., 2004). Infine anche il vantaggio ambientale risulta essere
minimo poiché l’aumentata richiesta di energia elettrica porterebbe a un significativo
incremento delle emissioni di gas serra.
Sia la gassificazione della biomassa che la pirolisi (produzione di idrogeno da alcoli)
permettono la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili per via termochimica anche
se è ancora la gassificazione il percorso più studiato. Quest’ultimo processo porta alla
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conversione di un combustibile solido in un gas a basso o medio potere calorifico
seguita da una gassificazione del carbone (Nath et al., 2004).
1.3. Idrogeno biologico
1.3.1. Metodi di produzione dell’H2 biologico
La produzione di idrogeno mediante processi cosiddetti biologici o biotecnologici,
al contrario delle tecniche termochimiche o elettrochimiche, è un processo che avviene
a pressione e temperatura ambiente, quindi, è energeticamente meno dispendioso. Esso
sfrutta, inoltre, fonti di energia rinnovabili, non inquinanti e a basso impatto ambientale.
Queste tecniche ad oggi risultano particolarmente indicate nella produzione di energia
decentrata, generata in appositi siti in piccola scala installati in prossimità dei centri di
raccolta delle biomasse di scarto, evitando così ulteriori dispendi energetici dati
dall’immagazzinamento e dal trasporto (Das et al., 2001). Perciò la produzione di
idrogeno è facilmente ricollegabile alla degradazione dei rifiuti industriali poiché essi
presentano un alto contenuto di materiale organico degradabile e di acqua (Angenent et
al., 2004). Tali considerazioni comportano che l’aspettativa generale imputi ai processi
biologici un ruolo sostanziale nella produzione di risorse rinnovabili come l’idrogeno
(Tab. 1).
I processi biologici di produzione dell’idrogeno sono i seguenti:
• fermentazione al buio di substrati organici condotta da batteri
chemioeterotrofi in anaerobiosi;
• biofotolisi dell’acqua tramite l’impiego di microrganismi fotoautotrofi
come microalghe e cianobatteri;
• fotofermentazione di composti organici a basso peso molecolare
effettuata da batteri fotoeterotrofi come i batteri rossi non sulfurei;
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• sistemi misti che utilizzano una prima fase di fermentazione, condotta da
batteri eterotrofi anaerobi, ed una fase successiva con batteri fotosintetici
anossigenici, che utilizzano gli acidi prodotti nella fase precedente.
Tabella 1: Tassi di sintesi di idrogeno dei vari sistemi biologici
Sistema di produzione Tasso di sintesi (mmoli H2 g-1 h-1)
Biofotolisi (microalghe) 0,3 - 2,0
Biofotolisi (cianobatteri) 1,5 – 2,0
Fotofermentazione 2,0 – 7,0
Fermentazione al buio 7,0 – 30,0
1.3.1.1. Produzione di idrogeno da fermentazione con
batteri chemioeterotrofi
Il processo detto di “fermentazione al buio” è un fenomeno che si svolge in
condizioni di anaerobiosi. I batteri coinvolti crescono su substrati organici (crescita
eterotrofa), che vengono ossidati e degradati per ottenere metaboliti per la crescita. Gli
elettroni generati durante queste reazioni ossidative in condizioni anaerobie vengono
ceduti ad accettori di elettroni quali gli ioni nitrato, solfato o protoni liberi, con la
conseguente produzione rispettivamente di azoto molecolare (N2), acido solforico (H2S)
e H2 (Nath et al., 2004). La capacità di taluni microrganismi di ridurre accettori diversi
dall’O2 richiede la presenza di un complesso di specifici enzimi che, nel caso dei batteri
H2-produttori, viene detto idrogenasi. Anche se molti composti organici consentono la
produzione di idrogeno durante la fermentazione al buio, le stime di conversione
generalmente si basano sulla trasformazione degli zuccheri esosi, secondo la reazione:
C6H12O6 + 4H2O → 2CH3COO- + 2HCO3- + 4H+ + 4H2 (∆G’0 = -206 kJ.mol-1).