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Introduzione
“Amo Nievo perché l’ho riletto tante volte divertendomi come la prima.”
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Così Italo Calvino spiegava il suo amore per Ippolito Nievo in una lettera datata
1980, un amore destinato ad accompagnarlo fino all’età matura tanto che Le
Confessioni d’un italiano rimarranno sua costante fonte di ispirazione e
orientamento letterario. L’intento di questo mio studio è mettere in luce
dapprima un Calvino lettore, come lo sono tanti di noi, che si perde nei romanzi
avventurosi e successivamente li proietta quasi inconsapevolmente sui propri.
Forse è proprio la sua insanabile sete di cultura e sapere a renderlo uno
scrittore poliedrico alla continua ricerca di stili narrativi da sperimentare,
Calvino dimostra così di essere né un neorealista né un ermetico ma
semplicemente se stesso.
È ancora un adolescente quando legge il romanzo di Nievo ed inizia a
fantasticare sulle mille avventure di Carlino e Pisana nel castello di Fratta, che
tanto ricordano gli inseguimenti dei paladini dell’Orlando Furioso. Se quella per
Ariosto diverrà una vera e propria passione più volte dichiarata e sancita
definitivamente con la pubblicazione de L’Orlando Furioso raccontato da Italo
Calvino (1970), il nome di Nievo rimane a lungo celato tra le pagine delle sue
lettere. Per questo motivo l’obiettivo del mio lavoro è rintracciare le influenze
neviane nella narrativa calviniana, concentrandomi sullo studio approfondito
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Italo Calvino, Lettere 1940-1985, cit., pp. 1528-1529
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dei romanzi Il sentiero dei nidi di ragno, Il visconte dimezzato e Il barone
rampante.
Prima di addentrarci nel confronto tra i due autori, è opportuno capire come la
lettura dei classici abbia influenzato non solo la vita di Calvino ma anche il suo
modo di scrivere e immaginare i romanzi. Il primo capitolo verte sull’attività
editoriale svolta presso Einaudi, che copre tutto l’arco della vita di Calvino e lo
vede sempre impegnato nella stesura di introduzioni ai classici della narrativa
internazionale. Inizialmente l’autore sarà influenzato quasi incoscientemente
dalle letture, iniziando a proiettarle sui personaggi e sulle atmosfere dei suoi
romanzi. Solo in età matura capirà la grande importanza della letteratura come
mezzo di educazione per le masse, la sua attività editoriale diverrà col tempo
un modo per proporre al pubblico letture intertestuali al fine di diffondere la
cultura. Dunque se parliamo della narrativa calviniana non possiamo
dimenticare il dialogo con i modelli passati, fulcro della produzione saggistica
degli anni Ottanta che darà alla luce il prezioso volume Perché leggere i classici.
Accanto all’analisi delle influenze neviane nei romanzi, è opportuno notare
come entrambi gli autori si assomiglino sotto il profilo biografico. Calvino e
Nievo vivono in un paese diviso dalla guerra e dai moti rivoluzionari, entrambi
lottano per una patria libera, unita e indipendente. In tale contesto l’utilizzo
della satira e, più in generale della comicità, è pratica comune ad entrambi.
Questa diventa la chiave di lettura dei loro romanzi, spesso volta a sminuire
situazioni fatali o trovare il giusto modo per trattare argomenti scomodi e
polemici per l’epoca.
Contestualizzando la loro produzione letteraria possono essere definiti veri e
propri scrittori rivoluzionari per la propria epoca: Nievo darà vita ad un romanzo
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laico e attento al ruolo della donna nella società ottocentesca ancora ricca di
bigottismo e ipocrisie; Calvino, invece, attraverso la fantasia, ai mondi paralleli
creati e ad una spiccata indipendenza ideologica diverrà un autore autonomo
privo di vincoli letterari e politici.
Il primo ad individuare l’intertestualità di Calvino parlando di “sapore
ariostesco”
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fu Cesare Pavese, che nel Sentiero dei nidi di ragno rintracciò un
gusto moderno dell’avventura ben più simile a Nievo che all’ Ariosto. Lo spiega
dopo la lettura del romanzo dove il protagonista Pin si perde nelle sue
avventure dimenticando spesso la crudeltà del conflitto storico che lo circonda.
Orlando e Carlino vivono allo stesso modo, concentrando tutte le loro energie
nell’inseguimento della donna amata piuttosto che nel dovere civile.
L’affermazione di Pavese gioca un ruolo fondamentale nelle testimonianze
esplicite che riportano l’influenza neviana nella narrativa di Italo Calvino. Sarà
lo stesso autore nella nota introduttiva al Sentiero a confermare l’ipotesi di
Pavese, mostrando per la prima volta l’ammirazione per il garibaldino. Lo
scambio di opinioni tra i due autori risale al 1947, ma la critica tacerà
sull’influenza di Nievo nella produzione di Calvino.
Data la grande importanza delle lettere e delle introduzioni ai testi calviniani, è
stato opportuno dedicare due capitoli dello studio all’analisi delle
testimonianze esplicite ed implicite. Tra le prime ritroviamo testi scritti dello
stesso Calvino in cui si dichiara la grande ammirazione per Nievo. Da questi
possiamo notare come i due autori siano legati a temi comuni quali l’avventura,
la fanciullezza e l’uso del registro comico. Proseguendo l’analisi giungiamo alle
testimonianze implicite, analizzeremo il romanzo d’esordio de Il sentiero dei
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Cesare Pavese, Il sentiero dei nidi di ragno, in «L’Unità», Roma, 26 Ottobre 1947
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nidi di ragno, in cui rivive il protagonista bambino simile a Carlino e Cugino un
omaggio allo Spaccafumo di Nievo; e il Visconte dimezzato, primo capitolo della
trilogia I Nostri Antenati nel quale rivivono le atmosfere neviane. Calvino
renderà note le analogie con le Confessioni d’un italiano solo nel 1985 in
un’intervista a Maria Corti rilasciata pochi mesi prima della morte e che assume
un grande valore ai fini dello studio. È lo stesso Calvino a dichiarare l’influenza
di Carlino Altoviti nel narratore del Visconte dimezzato e come il castello
fatiscente di Medardo ricordi quello di Fratta. Sono dettagli che forse,
all’indomani della pubblicazione del romanzo, non sfuggirono ai lettori più
attenti. In ogni modo Calvino volle svelarli solo alla fine del suo percorso,
lasciando in regalo al pubblico la libertà di guardare i suoi romanzi con occhi
diversi.
Ulteriore fonte di ispirazione per Calvino sembra essere l’operetta satirica Il
Barone di Nicastro, pubblicata da Nievo nel 1860, in cui il protagonista Camillo
dimostra di avere ben più di un’affinità con il Visconte Medardo. La più
lampante è la simbologia che ruota attorno al numero due presente in entrambi
i romanzi. A tal proposito dedicheremo il paragrafo finale del terzo capitolo
proprio ad un’analisi dei due testi, facendo riferimento ai temi e alla trama.
Le presenze neviane più lampanti vivono all’interno del Barone rampante,
romanzo pubblicato da Einaudi nel 1957. Saranno gli stessi amici intellettuali
dello scrittore ad azzardare confronti con i personaggi di nievo all’indomani
della pubblicazione, il tutto è testimoniato dagli scambi epistolari. Il quarto ed
ultimo capitolo inizia proprio da queste testimonianze per poi affrontare il
bisogno comune ai due autori di scrivere un libro al fine di educare le masse.
Entrambi si ritrovano a vivere epoche storiche di passaggio: Nievo spera
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nell’Unità italiana e Calvino in un’evoluzione dell’Italia e del Partito Comunista.
Per questo nelle pagine dei romanzi riecheggiano le ideologie civili, politiche e
lezioni filosofiche al fine di migliorare intellettualmente il pubblico.
Il nucleo principale del confronto verte sulle affinità tra i protagonisti dei
romanzi, le atmosfere e i modelli d’ispirazione. Alcune di esse erano già state
enunciate dalla Professoressa Patrizia Zambon nel saggio “Un settecento
d’autore: l’immaginazione da Nievo a Calvino”. Un testo prezioso ai fini dello
studio, permettendomi di orientarmi e muovere i primi passi nell’universo
Nievo-Calvino.
Al principio l’idea era quella di avvicinare le protagoniste dei romanzi: la Pisana
e Viola, entrambe donne capricciose e dal carattere mutevole ma capaci di
grandi gesti d’amore. Da questo ne è scaturito non solo un attento confronto
del loro profilo caratteriale, ma anche un’analisi dei due protagonisti maschili.
Carlino e Cosimo amano e soffrono similmente nel rapporto con le donne,
lasciandosi andare ad eccessi di gelosia, un sentimento che dona grande
attualità al romanzo neviano. Calvino ad un secolo di distanza recupera la
mirabile modernità di Pisana proiettandola sulla marchesa d’Ondariva, come se
volesse creare una portavoce dell’emancipazione femminile che l’Italia avrebbe
conosciuto negli stessi anni.
Infine da una lettura del Barone di Nicastro è possibile notare una certa affinità
con la storia di Cosimo. Lo studio si conclude con il confronto tra i due
personaggi, entrambi intenti allo studio della filosofia sospesi l’uno sulla scala
della libreria, l’altro sugli alberi. È stato meraviglioso notare l’uso comune
dell’escamotage del viaggio in mongolfiera, seppur utilizzata in situazioni
diverse.
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L’elaborato nasce dall’intento di mettere in luce una particolarità della
narrativa calviniana ancora sconosciuta ai più, avvicinando i profili biografici di
Nievo e di Calvino e le loro opere scritte. Ad oggi sono pochi gli studi condotti
sulle affinità tra i due autori, tra questi citiamo il volume più recente Presenza
di Nievo nel Novecento, edito da Franco Cesati Editore nel 2019
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. Nonostante
le poche testimonianze riguardo i personaggi e i temi comuni, non vi sono
volumi che confrontino i testi dei romanzi e mettano in chiara evidenza le
analogie tra Viola e Pisana, Medardo e Camillo, Carlino e Cosimo e tutto il
microcosmo che ruota attorno a loro.
Italo Calvino, da instancabile lettore, nei suoi romanzi mescola la vita vissuta
con la fantasia. Crea i suoi personaggi ispirandosi talvolta alla realtà, talvolta ai
grandi protagonisti della letteratura mondiale. Che sulla propria scrivania siano
passati romanzi di ogni genere lo conferma la lettera del 1980, ritenuta una
vera e propria dichiarazione d’amore alla letteratura:
“Amo soprattutto Stendhal perché solo in lui tensione morale individuale, tensione
storica, slancio della vita sono una cosa sola, lineare tensione romanzesca. Amo Puškin
perché è limpidezza, ironia e serietà. Amo Hemingway perché è matter of fact,
understatement, volontà di felicità, tristezza. Amo Stevenson perché pare che voli.
Amo Čechov perché non va più in là di dove va. Amo Conrad perché naviga l’abisso e
non ci affonda. Amo Tolstoj perché alle volte mi pare d’essere lì lì per capire come fa e
invece niente. Amo Manzoni perché fino a poco fa l’odiavo. Amo Chesterton perché
voleva essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton comunista. Amo
Flaubert perché dopo di lui non si può più pensare di fare come lui. Amo Poe dello
Scarabeo d’Oro. Amo Twain di Huckleberry Finn. Amo Kipling dei Libri della Giungla.
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AAVV, Presenza di Nievo nel Novecento, Atti del seminario di studi in ricordo di Sergio
Romagnoli, Firenze, 8-9 febbraio 2018, a cura di Roberta Turchi, Franco Cesati Editore, 2019
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Amo Nievo perché l’ho riletto tante volte divertendomi come la prima. Amo Jane
Austen perché non la leggo mai ma sono contento che ci sia. Amo Gogol’ perché
deforma con nettezza, cattiveria e misura. Amo Dostoevskij perché deforma con
coerenza, furore e senza misura. Amo Balzac perché è visionario. Amo Kafka perché è
realista. Amo Maupassant perché è superficiale. Amo la Mansfield perché è
intelligente. Amo Fitzgerald perché è insoddisfatto. Amo Radiguet perché la giovinezza
non torna più. Amo Svevo perché bisognerà pur invecchiare. Amo…”
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Tra la costellazione di autori citati compare il nome di Nievo, caro a Calvino
dalla giovinezza e che, come abbiamo detto, diventerà uno dei modelli più
importanti fino alla produzione matura.
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Italo Calvino, Saggi 1945-1985, Mondadori, Milano, 2003, pp. 1528-1529