5
INTRODUZIONE
Nel 1920, Robert de Traz, direttore de la Revue de Genève, si reca da Freud, in occasione della
prima traduzione di un testo di quest‟ultimo in lingua francese. De Traz rievoca un momento del
suo incontro con Freud: “Je lui raconte que des écrivains français en nombre grandissante
s‟intéressent à ses découvertes. Il s‟en amuse tout d‟abord: „Vraiment? Mais je suis si peu traduit en
français! Alors vous dite, les milieux littéraires?‟ L‟idée lui plaît…”
1
.
La psicanalisi incontra in Francia numerose resistenze nell‟ambiente medico; nel momento della
sua affermazione, la divulgazione del pensiero di Freud nella cultura francese dovrà senz‟altro
molto agli intellettuali, agli artisti e, appunto, agli ambienti letterari.
Come nota Elisabeth Roudinesco, nel suo bel libro La bataille de cent ans, fra gli scrittori (fra cui
Cendrars, Breton, Rolland, Jouve, ma l‟elenco potrebbe allungarsi) ci sarà pressoché una “gara”
nello stabilire chi sia stato il primo a conoscere le tesi freudiane, a comprenderne il reale contenuto
nonché la fondamentale importanza. L‟entusiasmo mostrato dai letterati francesi è una questione di
non poco conto, considerato che negli stessi anni molti psicologi e psichiatri loro conterranei
mostrano una certa diffidenza nei confronti della psicanalisi, rifiutandone soprattutto i caratteri più
innovativi. Nel momento in cui alcuni di essi tentano una divulgazione delle teorie freudiane,
tendono a travisarne gli elementi principali.
É nota la grande attenzione dedicata dal Surrealismo alla psicanalisi, espressa chiaramente fin dal
primo Manifesto del Surrealismo (del 1924). Tuttavia tale interesse non è reciproco: Freud,
ricevendo da André Breton una copia della sua ultima opera, Vases communicants, risponderà
all‟autore con una lettera che testimonia la sua completa incomprensione nei confronti dell‟arte e
della letteratura surrealista. Il padre della psicanalisi scrive: “Bien que je reçoive tant de témoignage
de l‟intérêt que vous et vos amis portez à mes recherches, moi-même je ne suis pas en état de me
rendre clair ce qu‟est e ce que veut le surréalisme. Peut-être ne suis-je en rien fait pour le
comprendre, moi qui suis si éloigné de l‟art.”
Freud esprime in diverse occasioni le sue perplessità nei confronti del Surrealismo. Eppure la
giustificazione che adduce nella lettera qui sopra citata, la sua pretesa di essere “lontano dall‟arte”,
sembra quanto mai fragile. Lo psichiatra viennese ha dimostrato in molte sue opere un vivo
interesse per la letteratura. Per non fare che un esempio, nel suo saggio sulla Gradiva di Jansen (del
1906), sostiene che alcuni scrittori sono stati degli autentici anticipatori delle scoperte della
psicanalisi:
1
Robert de Traz: Visite à Freud - Les nouvelles littéraires - 24-3-1923
6
Si dice in genere che il poeta deve evitare i contatti con la psichiatria e lasciare ai medici il
compito di descrivere gli stati mentali patologici. Ma in realtà nessun vero poeta ha mai rispettato
questa prescrizione. La descrizione della vita interiore dell‟uomo è proprio il suo campo specifico
ed egli è sempre stato il precursore della scienza e anche della psicologia scientifica.
2
Scorrendo il corpus freudiano saltano all‟occhio anche altri saggi sull‟arte e sulla letteratura; basti
pensare a Personaggi psicopatici sulla scena (1905), Il poeta e la fantasia (1907), Il Mosè d
Michelangelo (1913), Dostoevskij e il parricidio (1927), per non citarne che alcuni. Inoltre
riferimenti ad opere d‟arte e testi letterari ricorrono in svariate opere del padre della psicanalisi.
Sembrerebbe piuttosto che Freud sia a disagio di fronte ai prodotti delle avanguardie, con le loro
rotture sistematiche rispetto alle forme della tradizione. Lo psichiatra viennese cita in diverse
occasioni, oltre a testi della tradizione letteraria, opere di autori a lui contemporanei (con alcuni dei
quali intrattiene anche un carteggio; fra i francesi citeremo Romain Rolland). Facendo ricorso ad
una distinzione, proposta da Vittorio Spinazzola
3
, tra letteratura “sperimentale” e letteratura
“istituzionale”, si direbbe che Freud si trovi pienamente a suo agio solo con la seconda.
In Francia la prima traduzione di alcuni dei testi fondamentali della psicanalisi e la loro proposta
al pubblico saranno strettamente legate ad una realtà della letteratura “istituzionale” quale la
Nouvelle Revue Française. L‟interesse mostrato dal direttore di questa rivista, Jacques Riviére e dai
suoi collaboratori è testimoniato anche da alcuni articoli apparsi sul periodico, che accompagnano le
pubblicazioni dei testi in traduzione.
Robert de Traz riferisce dell‟interesse di Freud nei confronti di questa via di diffusione delle
scoperte della psicanalisi, rappresentata e dalle esperienze letterarie estranee all‟avanguardia. Può
essere questa la “via” attraverso la quale il pensiero psicanalitico può affermarsi in Francia?
Senz‟altro l‟attenzione degli autori della NRF si mostra priva di quelle resistenze incontrate in
ambito medico, nonché di quelle deformazioni operate dai primi psicanalisti francesi e dallo stesso
movimento surrealista.
Resterebbe tuttavia da stabilire se davvero gli autori della Nouvelle Revue Française
comprendano a fondo il messaggio freudiano ed in che modo si inserisca il loro contributo
nell‟ambito della diffusione della psicanalisi in Francia.
Nel corso di questa tesi ci siamo proposti di rispondere a questi interrogativi, occupandoci in
particolare del periodo che precede il 1926, anno in cui la diffusione del pensiero freudiano in
Francia avrà una decisa svolta, con la fondazione della Société Psychanalytique de Paris.
2
Sigmund Freud: Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jansen, in Sigmund Freud: Opere, vol.5: Il motto di
spirito e altri scritti; 1905-1908 - Torino, Bollati Boringhieri, 1989
3
Vittorio Spinazzola: La modernità letteraria - Milano, Il saggiatore, 2001
7
Influenza di Freud nella letteratura francese: la
Nouvelle Revue Française
8
9
CAPITOLO I - L’affermazione della psicanalisi in Francia: 1895 - 1926
Storia di un percorso accidentato
“Il n'y a pas de psychanalyse française, mais une
situation française de la psychanalyse, aussi
spécifique que celles des autres pays. La théorie
comme la pensée n'ont ni frontières ni patrie, mais les
conditions dans lesquelles elles s'exercent sont
toujours nationales et linguistiques.”
Elisabeth Roudinesco: “La bataille de cent ans”, op.
cit.
Introduzione
In questo capitolo ci proponiamo di analizzare le fasi della difficile affermazione della psicanalisi
in suolo francese. Come data “simbolo” dell‟affermazione definitiva della dottrina psicanalitica in
Francia, si è scelto di considerare il 1926, data della creazione della prima organizzazione ufficiale
della psicanalisi in Francia: la Société Psychanalytique de Paris (SPP), che farà parte
dell‟International Psychoanalytical Association (IPA), organo con cui Freud lega a sé le varie
associazioni psicanalitiche nazionali.
Il processo di diffusione del pensiero freudiano interessa tutto il mondo intellettuale francese; ad
essere coinvolti non saranno solo medici, psichiatri e psicologi, ma anche letterati e filosofi, la
stampa e l‟opinione pubblica. Come vedremo, il ruolo avuto dal mondo medico sarà contraddittorio,
sia per quanto riguarda i suoi rappresentanti più legati alla tradizione psichiatrica francese, sia per
gli stessi psicanalisti che fonderanno la SPP.
Esamineremo il ruolo assunto dai letterati e dagli artisti dell‟avanguardia surrealista, così come
quello dei letterati più legati alla tradizione, in questo difficile percorso che porta alla divulgazione
del pensiero psicanalitico in Francia.
In questo primo capitolo, per molte delle informazioni riportate, si è fatto riferimento al testo di
Elisabeth Roudinesco: La bataille de cent ans - Histoire de la psychanalyse en France, opera
precisa e riccamente documentata.
1 - La penetrazione della psicanalisi nella medicina francese - Storia di un compromesso
1.1 - Le prime “ambasciate”
Nel giugno del 1907 Carl Gustav Jung scrive una lettera a Sigmund Freud, esprimendo la propria
intenzione di recarsi a Parigi, allo scopo di interrogare Pierre Janet sulla psicanalisi. Nella sua
10
risposta, Freud mostra una certa apprensione riguardo a questo viaggio, quando scrive: “Je vous
souhaite un complexe parisien intéressant mais aussi je n'aimerais pas savoir le complexe viennois
refoulé par l'autre. L'obstacle chez les français est sans doute de nature essentiellement nationale;
l'importation vers la France a toujours posé des difficultés. Janet est une fine intelligence, mais il est
parti sans la sexualité et ne peut a présent plus avancer; nous savons qu'en science il n'y a pas de
retour en arrière. Mais vous entendrez certainement beaucoup de belles choses.”
4
Freud è preoccupato della possibilità che a Parigi il proprio pensiero venga rifiutato in nome di
una scuola di studi psicologici e psichiatrici affermata, di cui Janet è l‟esponente di punta, una
scuola chiusa verso l‟esterno e che non ha mancato di mostrare le proprie perplessità nei confronti
della teoria freudiana della sessualità.
Di ritorno da Parigi, Jung è deluso dall‟incontro coi francesi, come leggiamo nella lettera che
scrive a Freud: “Mes expériences sont pauvres. J'ai parlé a Janet et suis très déçu. Il n'a que des
connaissances tout a fait primitives de la démence précoce. Aux choses plus récentes, vous inclus, il
ne comprend rien du tout […] Ces gens ont 50 ans de retard! […] Il n‟est donc pas question de
complexe parisien.
5
” Jung constata il grande ritardo francese, una completa ignoranza nei confronti
delle nuove scoperte in ambito psichiatrico e dei risultati degli studi condotti a Vienna e a Zurigo.
Addirittura nota dei passi indietro nello studio dell‟isteria, rispetto a com‟era praticato ventidue anni
prima, ai tempi dell‟esperienza francese di Freud.
Il padre della psicanalisi trascorse infatti in gioventù un periodo di studi alla Salpêtrière, tra il
1885 e il 1886, seguendo il pionieristico lavoro di Charcot sull‟isteria. Egli riconosce il debito nei
confronti di quanto ha appreso. In Francia si guarderà invece sempre con sospetto alle influenze
della dottrina freudiana e l‟affermazione della psicanalisi dovrà atraversare un percorso piuttosto
accidentato. Il viaggio di Jung nel 1907 costituisce il tentativo di una prima “ambasciata”, ma per
l‟ingresso ufficiale della psicanalisi in Francia, bisognerà aspettare ancora diversi anni.
La prima fase dell‟introduzione della psicanalisi in Francia si svolge tra il 1895 e il 1914, in un
periodo di espansione della psicanalisi che coinvolge buona parte dei Paesi europei e gli Stati Uniti.
A Vienna la prima società psicoanalitica ufficiale, con Freud come primo presidente venne fondata
nel 1907. Segue la fondazione delle società psicanalitiche di Zurigo (1907), Berlino (1908), New
York (1911), Budapest e Londra (1913); l‟associazione internazionale IPA viene fondata nel 1910,
per volere di Freud. In Francia, la fondazione della prima società psicanalitica, la SPP, si ha solo nel
1926, un anno dopo la fondazione della Società Psicanalitica Italiana, fondata a Teramo nel 1925 e
4
Correspondance Freud/Jung - Gallimard - Paris, 1975
5
Ibid.
11
comunque dopo la fondazione di un gran numero di altre istituzioni e riviste legati alla psicanalisi
nel resto del mondo.
Le teorie psicanalitiche incontrano generalmente nei Paesi in cui si diffondono resistenze di vario
genere, soprattutto per quanto riguarda la concezione della sessualità. Le resistenze a cui il pensiero
freudiano va incontro nel corso dell‟affermazione in Francia sono tuttavia di una natura particolare;
se è vero che le difficoltà maggiori si concentrino attorno ai soliti temi, queste assumono dei
connotati diversi e del tutto originali. Il modello psichiatrico francese è ancorato ad un sapere
differente, legato ad una filosofia positivista, fondata sul primato della coscienza e poco permeabile
all‟idea di un inconscio “dinamico”.
Gli psichiatri francesi, nonostante una facciata progressista, ereditano dalla propria tradizione una
struttura gerarchizzata, autoritaria e dogmatica. Essi difendono l‟idea che la natura “latina” sia
garante di una comprensione “naturale”, chiara e razionale della psicologia umana, di contro
all‟oscurità di un pensiero germanico, giudicato troppo artificioso. L‟introduzione della psicanalisi
in Francia dovrà tenere conto di questa situazione di partenza e dovrà ricorrere di volta in volta a
delle mediazioni per giungere ad una affermazione sul suolo francese: in primo luogo la mediazione
geografica della Svizzera, ma soprattutto una mediazione di ideali che porterà all‟elaborazione di
teorie di compromesso rispetto agli ideali francesi di “latinità”.
In Svizzera l‟eziologia sessuale freudiana andrà incontro ad un netto rifiuto, per lo più in nome
della morale calvinista; tuttavia c‟è una grande differenza tra il rifiuto svizzero della libido e quello
francese. A Zurigo come a Ginevra vengono mantenute nozioni anteriori alla psicanalisi, come
quella di ereditarietà e di cause organiche delle malattie mentali. Di contro il sapere psichiatrico è
meno autoritario e il discorso psicologico è più flessibile; viene riconosciuta l‟idea di una struttura
di linguaggio della psicosi. Il rifiuto della sessualità deriva meno da un disconoscimento che da una
fobia del potenziale sovversivo che le viene riconosciuto. In Francia lo stesso rifiuto assume dei
connotati dottrinali, nell‟ambito di una psicologia che cerca di liberarsi della filosofia
appoggiandosi sulla medicina, conservando il dominio della coscienza cartesiana rispetto alla
comprensione della psiche. La resistenza alla psicanalisi è rafforzata dall‟esistenza di dottrine
solidamente affermate, al tempo stesso permeabili e refrattarie nei confronti delle prospettive aperte
dalle scoperte compiute all‟estero. Per questo la psicanalisi preferirà impiegare come tramite la
Svizzera, per la creazione di una soluzione di compromesso tra la psicanalisi praticata a Vienna e la
psichiatria francese.
Verso la fine del 1908, lo psichiatra Alfred Binet chiede a Jung un articolo finalizzato a presentare
al pubblico francese la dottrina freudiana dell‟interpretazione dei sogni. Poco dopo aver ricevuto la
richiesta, Jung scrive a Freud: “J‟ai déjà fabriqué une petite chose pour Binet, ce n‟est naturellement
12
que de l‟orientation superficielle, mais écrit de telle façon qu‟un français aussi puisse comprendre,
pour autant qu‟il le veuille. Malheureusement, seuls les psychologues auront la chose entre les
mains.” La preoccupazione dello psicanalista svizzero è quindi di fare qualcosa che possa essere
compreso anche da un francese; per riuscire in questo intento, Jung opera un compromesso con le
teorie freudiane. L‟articolo, apparso nel 1909 nel periodico L’année psychologique mostra in cosa
risieda la natura di tale compromesso: l‟analisi dei sogni viene svolta secondo il metodo freudiano,
ma viene taciuto il rapporto tra i sogni e la sessualità; la rimozione viene analizzata lasciando da
parte il contenuto sessuale di questo meccanismo psichico.
Jung sceglie la via della mediazione, ricorrendo ad una sistematica attenuazione dei contenuti
delle teorie freudiane; il suo atteggiamento dimostra la preoccupazione di come possa essere
ricevuta la psicanalisi in Francia. Si può però anche notare come questi primi contatti tra la Francia
e la psicanalisi hanno avuto come tramite Jung, in un periodo in cui si stanno accendendo le prime
discordie sulle questioni affrontate da Freud e le prime fratture all‟interno del movimento
psicanalitico. Jung opera in una situazione come quella svizzera, in cui l‟affermazione della
psicanalisi ha già elaborato alcune soluzioni di compromesso, seguendo una linea autonoma rispetto
a Vienna. Freud è contrario al raggiungimento di simili compromessi: questa sarà una delle cause
che porteranno a delle divergenze e poi alla rottura con Jung nel 1914. Per quanto riguarda la
Francia, nel 1923, il padre della psicanalisi scriverà una lettera a Laforgue stigmatizzando il
tentativo degli psicanalisti francesi di giungere ad un compromesso con il pubblico (ma su questo
punto ritorneremo più avanti).
Dopo la pubblicazione dell‟articolo di Jung, nel 1912 il periodico francese L’Année psychologique
decide di indirizzarsi ad Alphonse Maeder (di nuovo uno svizzero, già assistente di Jung a Zurigo)
per ottenere un ulteriore resoconto sulla posizione viennese. L‟articolo di Maeder è sintomatico
dell‟atteggiamento prudente degli psicanalisti nei confronti della Francia; anzi, il loro
comportamento è forse eccessivo in questo senso. Nell‟articolo si sprecano elogi verso la tradizione
psichiatrica francese; la Francia è il “pays le mieux préparé” ad accogliere la psicanalisi. Prosegue
riconoscendo le affinità tra l‟inconscio dinamico di Freud e quello statico di Janet, senza prendere
parte per l‟una o per l‟altra dottrina e senza fare cenno all‟antagonismo tra queste due posizioni. Ma
l‟aspetto più sintomatico dell‟atteggiamento di Maeder resta il fatto che tutto l‟articolo non contiene
nessuna allusione alla sessualità e nessun riferimento al concetto di libido. Vi è un unico riferimento
al carattere sessuale della rimozione, ma in termini piuttosto ambigui. Freud viene presentato quasi
come un continuatore della scuola francese; un possibile innovatore, ma solo all‟interno di questa
linea di tradizione.
13
1.2 - La situazione francese: premesse all’affermazione della psicanalisi
Tra il 1895 e il 1914, l‟interesse per la psicologia in Francia cresce notevolmente. Nel 1876
Théodule Ribot fonda, con Hippolyte Trine e Paul Janet (zio di Pierre) La Revue philosophique de
France et de l’étranger. Nel 1885 i suoi membri, su iniziativa di Charcot, si ritrovano in una Société
de psychologie physiologique che organizza nel 1889 a Parigi un primo congresso su questo tema. È
solo a partire da questo momento che in Francia si va affermando un‟autonomia della psicologia
rispetto alla filosofia, avvicinando la dottrina alla fisiologia e alla medicina, conferendole dei nuovi
tratti di scientificità.
L‟eredità di Charcot si esprime soprattutto attraverso due suoi allievi, Alfred Binet e Pierre Janet.
Entrambi, a fianco di Théodule Ribot e Henri Bergson, preparano il terreno per la penetrazione
della psicanalisi in Francia (in alcuni di questi casi, si può dire, loro malgrado). Gli studi condotti in
ambito psichiatrico e filosofico in Francia rendono infatti più familiari ai francesi concetti come
l‟automatismo psichico, l‟inconscio, lo sdoppiamento della personalità e via dicendo; concetti che
saranno ripresi, anche se con nuove valenze da Freud. Binet, Ribot e Janet contribuiscono a far
conoscere le teorie freudiane anche in un modo più indiretto, nel momento stesso in cui le criticano:
per criticarlo, è necessario riconoscere l‟oggetto denigrato. Le stesse persone che criticano la
psicanalisi devono prima spiegare, ad un pubblico francese che ancora non la conosce, in cosa
consista, di quali istanze si faccia portatrice. Questa tendenza innesca un processo che sarà costante
per tutta la storia della psicanalisi in Francia prima del 1914, quando essa inizierà ad essere
effettivamente riconosciuta.
La psicologia francese tende a volersi smarcare dalla tradizione filosofica e a rivendicare
l‟appartenenza al campo medico e normativo, sottolineando la valenza terapeutica del proprio
lavoro. Nel campo della psicologia una posizione potremmo dire di “élite” si concentra attorno al
culto della nozione di intelligenza. Gli psicologi francesi sono prima di tutto letterati, intellettuali,
accademici, medici, giuristi e filosofi; essi hanno una concezione molto dottrinale del proprio
lavoro, che considerano al servizio di una nazione che si considera come l‟élite di tutte le altre
nazioni. Nel campo di questo interesse per l‟intelligenza, la psichiatria francese si preoccupa di
definire una normalità ben distinguibile da una follia. Gli ideali nazionali, la concezione di una
anormalità, della malattia mentale che rappresenta una degenerazione dell‟intelligenza, una
coscienza giudicante ben presente, sono le caratteristiche che presiedono alla formazione di un
“inconscient à la française”, radicato nella concezione della psiche umana presso la scuola
psicologica e psichiatrica francese. Sarà con questa realtà che dovranno confrontarsi le teorie
freudiane.
14
Come abbiamo accennato, una figura importante nella preparazione del terreno francese alla
psicanalisi è quella del filosofo Henri Bergson, iniziatore di un modo di introspezione che procede
parallelamente alla psicanalisi; in una conferenza del 1901 è il primo a fare allusione
all‟Interpretazione dei sogni di Freud. È tramite la nozione di “élan vital” che si può operare una
fusione tra freudismo, junghismo e bergsonismo. Con Bergson la riflessione filosofica riprende
peso rispetto alla psicologia, procedendo di pari passo con l‟oblio del lavoro di Charcot che in
Francia segue la sua scomparsa, avvenuta nel 1893.
Bergson elabora una filosofia che ha parecchi punti di contatto con la psicologia, posizione non
indifferente al rapporto intellettuale ed amicale che egli intrattiene con Pierre Janet, entrambi
professori al Collège de France; non si può negare che i due pensatori abbiano in qualche modo
influenzato l‟uno l‟opera dell‟altro. Questi due autori sono rappresentativi del mondo intellettuale
francese della prima metà del secolo: sia la psicologia di Janet che la filosofia di Bergson
rappresentano un momento tipicamente francese del nuovo spirito scientifico. Le dottrine di
entrambi liberano lo studio dell‟individuo dalle incrostazioni del passato, verso una concezione
dinamica del sapere psichiatrico.
La riflessione di Bergson si fonda su di un metodo elaborato per la comprensione del reale. L‟io
bergsoniano è un‟entità divisa: un vero “io” si definisce a partire dalla differenza tra la parte
profonda dell‟io e la sua manifestazione superficiale, un falso “io”. Il dramma umano risiede nella
difficoltà di distinguere tra queste due entità, somigliando il falso io a quello vero. L‟io superficiale
è un io sociale, razionale, luogo di automatismi e comunicazioni e suggerisce una durata artificiosa,
mentre l‟io profondo, identico alla durata reale, è anonimo e non può essere comunicato. Il
superficiale può raggiungere il profondo solo tramite l‟atto libero, la memoria e l‟ “élan vital”, che
conducono ad un‟unità ritrovata. Bergson elabora una teoria del mondo psichico che ammette il
punto di vista di un inconscio non psicologico.
L‟elaborazione che Bergson porta avanti di una psico-filosofia della memoria non è in realtà
particolarmente debitrice delle teorie freudiane; ben più determinante nel lavoro bergsoniano sarà
l‟influsso della relatività ristretta di Einstein. L‟opera einsteiniana attirerà l‟attenzione del filosofo
francese, che aveva dedicato gran parte della propria riflessione alla nozione, soggettiva e oggettiva
di durata; egli cercherà di conciliare le proprie teorie con la nuova nozione di durata che emerge dal
lavoro di Einstein.
Un‟altra figura che si confronta col pensiero freudiano è quella di Théodule Ribot. Egli è
l‟iniziatore di una scienza dell‟animo umano “alla francese”, che trova le sue origini nella filosofia
(in particolare nell‟opera di Hyppolite Taine) e che proseguirà con Pierre Janet. Nel 1914, in un