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INTRODUZIONE
Lo studio è dedicato alle strutture intelaiate tamponate ed in particolare, alla valutazione
dell’influenza delle tamponature nella risposta dinamica di edifici in conglomerato cementizio
armato. In questo contesto, vengono richiamati gli aspetti principali della problematica
discutendo sul ruolo che le tamponature (anche quelle cosiddette non strutturali) assumono
sia nella risposta sismica dell’edificio in fase elastica che nella definizione del danneggiamento
degli elementi strutturali circostanti in fase di comportamento non lineare.
In merito al primo aspetto, che sarà poi il tema principale del lavoro, si discute principalmente
sull’incidenza del contributo irrigidente associato alla tamponatura nei confronti dei periodi di
vibrazione e delle deformate modali del sistema. Queste ultime in particolare, giocano un ruolo
fondamentale nel collegare tra loro il campo di funzionamento lineare con quello non lineare
della struttura, essendo la variazione della curvatura modale messa alla base di valutazioni
inerenti la posizione del danno a valle di eventi sismici. Nel prosieguo del lavoro quindi,
vengono illustrati i principali fenomeni associati al ruolo che i pannelli murari di
tompagnamento assumono nella definizione del danneggiamento della cornice strutturale. Si
sono pertanto presentate e brevemente commentate problematiche quali: il collasso del
pannello fuori del piano, il meccanismo di piano soffice, gli effetti dell’irregolarità in pianta
della disposizione dei pannelli, la plasticizzazione dei pilastri a causa dell’azione tagliante
trasmessa dalla tamponatura, la rottura localizzata e fragile di elementi portanti causata dalla
presenza di particolari tipi di aperture nelle tamponature ed infine l’impatto socio‐economico
legato al loro danneggiamento.
Richiamati quindi gli aspetti principali della problematica, viene illustrata l’evoluzione del
quadro normativo nazionale dal R.D. 193 (1909), promulgato dopo il disastroso terremoto di
Messina, fino ad oggi, con le NTC 2008 entrate in vigore dopo il terremoto dell’Aquila 2009, e
con un rapido cenno anche alle bozze delle NTC 2017 che a breve entreranno in vigore.
Si è quindi discusso come nel passaggio da una norma all’altra, a valle delle dure lezioni
impartite da diversi eventi sismici, si sia man mano compresa l’importanza di aspetti come
quello di limitare i danni alle parti non strutturali, verificare la loro resistenza, oltre che la
necessità di portare debitamente in conto il fenomeno di interazione con gli elementi
strutturali circostanti.
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All’analisi dei codici normativi strutturali italiani è seguita la discussione, inerente gli stessi
aspetti, delle indicazioni afferenti l’Eurocodice 8 e le FEMA 356. La parte introduttiva del lavoro
si conclude poi presentando i vari tipi di tamponatura diffusi in Italia e mettendo in evidenza
come il loro dimensionamento, fin dall’inizio del loro impiego, sia sempre stato finalizzato al
conseguimento delle prestazioni di isolamento termico ed acustico, peraltro sempre più
stringenti, come illustrato nella descrizione dell’evoluzione dell’impianto normativo di
riferimento.
L’attenzione si è quindi concentrata sulla tipologia costruttiva maggiormente diffusa sul
territorio nazionale, ovvero su pannelli murari costituiti da una muratura in blocchi,
principalmente in laterizio forato, realizzati in aderenza al telaio dopo il suo indurimento, senza
connettori né giunti. Circoscrivendo lo studio alla valutazione del contributo irrigidente
associato alla tamponatura, si sono poi individuate nel modello di riferimento e nelle
caratteristiche meccaniche dei materiali del pannello, i due aspetti principali da trattare con
maggior dettaglio. Si presentano quindi le varie tecniche di modellazione numerica della
parete muraria oggi disponibili, rivolgendo particolare riguardo alla macro‐modellazione, la
quale, senza dubbio rappresenta la sfera di maggior interesse nella prassi progettuale
individuando nella schematizzazione della tamponatura a singolo puntone equivalente o a
multi‐puntone gli approcci più utilizzati. In questo contesto viene presentata e commentata
una vasta analisi bibliografica passando in rassegna diversi contributi disponibili in letteratura
inerenti varie proposte di puntone equivalente ed il loro confronto con i valori di rigidezza
valutati sperimentalmente. Dopo aver illustrato le principali differenze tra un approccio con
Single‐Strut rispetto ad uno basato su Multi‐Struts, sono presentati e brevemente discussi i
principali legami forza spostamento inerenti il puntone equivalente sia per carichi monotoni
che ciclici, per poi chiudere l’analisi bibliografica inerente l’aspetto della modellazione,
discutendo in merito all’influenza di aspetti quali le dimensioni e le posizioni delle aperture nei
confronti della rigidezza del pannello tamponato.
In merito alla caratterizzazione dei materiali, vengono presentati una serie di risultati
sperimentali in cui viene messa in luce l’importanza della corretta valutazione delle
caratteristiche meccaniche della tamponatura, specie del modulo di Young, ai fini di una stima
efficace della sua rigidezza, cosa non ottenibile riferendosi alle formulazioni di norma. Definito
a questo punto il quadro generale di riferimento, si è cercato di finalizzare tutto quanto
appreso dai diversi contributi in letteratura nell’ultimo capitolo della tesi.
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In particolare, dopo una prima parte introduttiva in cui si chiarisce il concetto di Model
Updating, si evidenziano i principali fattori che influenzano i valori delle frequenze proprie di
vibrazione del sistema. Tali aspetti, insieme ad un caso di studio di Model Updating relativo ad
un edificio in c.a. tamponato in scala reale, rappresenteranno le linee guida per le analisi
discusse successivamente. Sulla falsariga della necessità di approntare uno “schema” di
tamponatura tale da cogliere in modo adeguato il contributo irrigidente del pannello murario
anche in fase di esercizio, ovvero per bassi livelli di sollecitazione, si propone e discute un
modello di pannello consistente in un elemento bidimensionale di tipo shell, connesso in modo
opportuno agli elementi circostanti. Per testare la sua affidabilità, si sono poi confrontati i
valori di rigidezza ottenuti numericamente, con quelli afferenti uno studio disponibile in
letteratura e ricavati sperimentalmente tramite prove cicliche su campioni di telai tamponati
ad unico piano ed unica campata. Una volta acclarata la buona capacità del suddetto modello
nell’approssimare situazioni reali, sulla base della volontà di fornire all’analista uno strumento
operativo di più immediato utilizzo e peraltro ai più già noto, si è proceduto a tarare sugli stessi
portali, un’espressione del rapporto larghezza/altezza (w/d) della sezione di un puntone
equivalente tale da approssimare con ragionevole accuratezza la rigidezza del pannello
murario per bassi livelli di deformazione, ovvero in fase di comportamento a taglio. Operando
in questo modo, si è voluto fornire un contributo diverso ed innovativo rispetto alla pletora di
proposte bibliografiche, impegnate a stimare le grandezze caratteristiche delle biella
equivalente proiettandosi essenzialmente in fase di fessurazione o di rottura del pannello
murario. Per un’ulteriore validazione dei due modelli proposti, si è poi misurata la loro capacità
di stimare con ragionevole approssimazione i valori delle frequenze proprie di vibrazione di un
edificio in c.a tamponato in scala 1/2, confrontando i valori sperimentali delle frequenze
ottenute dagli autori del contributo bibliografico, con quelli ottenuti dall’analisi modale
condotta con entrambi i modelli proposti. Dopo aver messo in luce le potenzialità in campo
lineare dei modelli approntati, si accenna ad un loro possibile impiego, dopo qualche modifica,
anche in campo non lineare.
Nell’ultima parte del lavoro, si illustra una procedura inversa per stimare il valore del modulo
elastico equivalente del pannello murario costituente la tamponatura partendo da valori di
frequenze stimate sia con il software di calcolo strutturale agli elementi finiti SAP2000 che con
formulazioni approssimate disponibili in letteratura.
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1.2. Influenza della tamponatura sul comportamento dinamico dell’edificio in fase
elastica
I parametri che descrivono in maniera compiuta e sintetica la risposta dinamica di una
struttura sono essenzialmente i periodi propri di vibrazione, i coefficienti di smorzamento
viscoso equivalente e le deformate modali.
In un’analisi modale, si è soliti associare a ciascun modo di vibrare un oscillatore elementare
smorzato (vibrazione libere smorzate); in questo contesto, è noto dalla dinamica delle
strutture, che il periodo dipende dalla massa equivalente, dalla rigidezza equivalente e dal
coefficiente di smorzamento viscoso equivalente. In precedenza, si è già accennato che la
presenza delle tamponature aumenta la capacità di dissipare energia della struttura. Tale
aspetto tuttavia, essendo le strutture dei sistemi visco‐elastici, assume un’importanza
decisamente maggiore in campo non lineare (forze agenti di entità significativa) rispetto a
quanto invece può verificarsi in fase elastica dove la struttura viene classificata come sistema
ad attrito debole, con un’influenza del coefficiente di smorzamento viscoso equivalente nei
confronti del valore del periodo decisamente minore rispetto a massa e rigidezza.
Posto peraltro l’obbligo, da parte delle norme, di portare in conto in fase di analisi la massa
di tutti gli elementi costituenti la struttura non resta che capire come la rigidezza degli
elementi non strutturali, ed in particolare delle tamponature, influenzi i valori dei periodi
naturali di oscillazione del sistema.
In tal senso vale la pena osservare che la maggior parte codici normativi a livello internazionale
propone relazioni semplificate per la valutazione del periodo elastico delle strutture in
funzione di diversi parametri : altezza (Al‐Nimry et al., 2014; Ditommaso et al., 2013; Ricci et
al., 2011; Gallipoli et al., 2010; Michel et al., 2010; Verderame et al., 2010, 2007; Guler et al.,
2008; Crowley et al., 2004), numero di piani (Vidal et al., 2014; Michel et al., 2010; Oliveira et
al., 2010) e, in alcuni casi, dell’estensione in pianta (Lee et al., 2000). Tuttavia, gran parte di
tali relazioni sono state concepite secondo moderni criteri di progettazione sismica, e spesso
quindi, forniscono valutazioni molto distanti da quello che può esser lo status quo di un
edificio esistente. Tale aspetto sembra essere confermato dai risultati di diverse campagne
numeriche e sperimentali condotte su strutture in cemento armato in diverse parti del mondo.
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In particolare, come evidenziato da Nigro et al (2015), nelle campagne di identificazione
dinamica consistenti in misurazioni velocimetriche della durata di 10 minuti condotte in testa
ed alla base di diversi edifici esistenti in Basilicata, sussistono delle differenze marcate tra i
valori dei periodi suggeriti dalle NTC 2008 ed i valori sperimentali misurati in situ, evidenziando
come la relazione di norma tenda a sovrastimare, sistematicamente, i valori dei periodi di
oscillazione delle strutture reali.
Il suddetto confronto viene esteso dagli stessi autori anche nei confronti di modelli di strutture
agli elementi finiti approntati tramite il software SAP 2000, al fine di condurre un’estesa
campagna di simulazioni numeriche in riferimento a diverse tipologie di strutture in c.a.
progettate a soli carichi verticali. Al fine di dimostrare l’influenza delle tamponatura sul
comportamento reale dell’edificio sia in termini di rigidezza che di resistenza, si è fatto variare
il numero di piani della struttura implementata nel modello di calcolo da due a cinque
modificando inoltre la distribuzione delle tamponature all’interno del telaio spaziale. I pannelli
di tompagnamento sono stati portati in conto con il “classico” schema di puntone equivalente
alla cui sezione trasversale è stata assegnata un’area totale d eterminata moltiplicando lo
spessore del pannello per una larghezza equivalente , calcolata mediante la relazione di
Mainstone R.J., (1974). Ad eccezione dei modelli a telaio “nudo” (Bare Frame), si è osservato
come la relazione delle NTC 2008 sovrastimi sistematicamente il periodo fondamentale di
vibrazione ottenuto a valle di un’analisi modale condotta con il programma di calcolo.
In tal senso, prima di procedere oltre, in merito a quest’ultimo aspetto inerente la
modellazione dei pannelli di tamponatura, preme mettere in risalto un concetto ritenuto
fondamentale a giudizio dello scrivente in quanto, oggetto principale del lavoro di tesi. Nel
capitolo 3, ed in maniera decisamente maggiore nel capitolo 4, si avrà modo di mettere in
evidenza più volte che il modello di puntone con larghezza equivalente della sezione stimata
mediante l’espressione di Mainstone, sottostima in maniera piuttosto importante, già in fase
fessurativa, il reale contributo irrigidente del pannello determinato per via sperimentale. Tale
modellazione quindi, si è dimostrata essere completamente inaffidabile a rappresentare il
contributo irrigidente in fase elastica, in quanto porta a delle sottostime troppo elevate dei
valori di frequenza di vibrazione del sistema (si veda esempio svolto di struttura in c.a in scala
1/2 svolto nel capitolo 4).
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In realtà, è bene evidenziare fin d’ora, che il comportamento del pannello di tamponatura a
bassi livelli di deformazione (quelli investigati in una campagna di identificazione dinamica) sia
ben diverso da quello di puntone equivalente. Quest’ultimo infatti rappresenterebbe il
meccanismo di trasferimento delle tensioni valle del distacco del pannello murario dalla
cornice strutturale adiacente, tuttavia, per bassi livelli di sollecitazione, la tamponatura
esibisce un comportamento a taglio del pannello. Si è peraltro discusso sulla difficoltà di tarare
un modello siffatto nelle pratiche applicazioni e sulla comodità di calcolo associata al puntone
equivalente soprattutto in ottica di “riutilizzo” del modello per realizzare analisi non lineari.
Per quanto detto quindi, in riferimento a dei dati sperimentali disponibili in letteratura, si è
riusciti a definire un modello accurato alla meso‐scala di pannello a taglio dal quale poi, verrà
estratta un’espressione del rapporto larghezza/lunghezza (w/d) del puntone equivalente che
si dimostrerà essere adeguata a cogliere il contributo in rigidezza del pannello murario in fase
elastica.
Riprendendo le fila del discorso dopo questa breve ma necessaria considerazione, si può
notare dalla Fig. 1.1, come la sovrastima del periodo proprio di vibrazione possa comportare
l’adozione di un’accelerazione spettrale significativamente inferiore a quella reale.
Come ripreso in sede di commento dell’approccio normativo nel capitolo 2, a parere di chi
scrive, tale approccio potrebbe essere considerato coerente allo SLU, data la necessità di
dover tener conto dell’incremento del periodo a seguito delle plasticizzazioni della struttura.
Al contrario, allo SLE, tale approccio si potrebbe rivelare a svantaggio di sicurezza a causa di
una sottostima delle azioni sulla struttura (Fig. 1.2), in quanto a tale livello prestazionale, per
definizione stessa di stato limite di esercizio, l’edificio non deve subire danneggiamenti tali da
provocare riduzioni significative di rigidezza.
Figura 1.1 ‐ Spettro di risposta allo Stato Limite Ultimo (a) e spettro di risposta allo Stato Limite di Danno (b) (da Nigro et al.,
2015)
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Figura 1.2 ‐ Diminuzione del periodo fondamentale di un telaio tamponato rispetto ad un telaio nudo e conseguente
possibile incremento delle forze inerziali assorbite.
Le deformate modali costituiscono insieme ai periodi di vibrazione, i parametri più significativi
nel processo di caratterizzazione dinamica della struttura.
La variazione della curvatura modale riferita al modo fondamentale, si è dimostrata essere
uno dei parametri più strettamente connessi con la posizione del danno strutturale e quindi
tra quelli più adatti ad essere utilizzati per descrivere la variazione di frequenza durante
l’eccitazione sismica (Ponzo et al, 2011; Ditommaso et al, 2015). Quanto detto quindi, è
sufficiente a capire l’importanza di una corretta valutazione delle deformate dell’edificio
specialmente quella associata al primo modo di vibrare.
In assenza della possibilità di operare una campagna di identificazione dinamica, l’accuratezza
del modello di calcolo diventa l’unica fonte dalla quale poi sviluppare considerazioni inerenti
il comportamento dell’edificio analizzato, pertanto, la sua capacità di riprodurre al meglio il
modo di comportarsi del fabbricato diventa il discriminante fondamentale tra una stima
attendibile o errata del fenomeno che si vuole analizzare.
In questo contesto, si pensi alla fase di calcolo inerente la progettazione di un intervento di
miglioramento/adeguamento di una struttura esistente in c.a.
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A tal fine, si ammetta che il progettista voglia ricorrere ad un’analisi statica non lineare
(pushover) in modo da stimare la curva di capacità dell’edificio sia in fase di pre‐intervento
c h e d i p o s t ‐ i n t e r v e n t o p e r p o i c o n f r o n t a r l a c o n l a d o m a n d a e d i panare infine tutte le
considerazioni del caso. È noto che le NTC08 forniscono la possibilità di adottare come forma
delle forze “spingenti” la struttura, quelle proporzionali alla forma del modo di vibrare se il
modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non
inferiore al 75%. Naturalmente all’ingegnere strutturista è noto che in fase di danneggiamento
strutturale, le deformate modali cambiano rispetto a quelle esibite dalla struttura in fase di
comportamento lineare, quindi, è evidente che “spingere” la struttura con una distribuzione
di forze determinate in fase elastica presupponga un’approssimazione (insita in
nell’applicazione più comune
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dell’analisi pushover) più o meno elevata a seconda dei casi.
Quando il livello di plasticizzazione attesa nella struttura è elevato, la ridistribuzione delle
forze in seguito al danneggiamento delle membrature può portare ad una ripartizione della
domanda notevolmente diversa da quella derivante da una analisi lineare. Tuttavia, mentre
nella progettazione di nuove strutture, le prescrizioni di gerarchia e di dettagli costruttivi
garantiscono comunque il raggiungimento della capacità dissipativa implicitamente imposta
al momento della scelta del fattore di struttura, in una struttura esistente ciò non è sempre
vero e dipende essenzialmente da come la struttura si danneggia durante l’azione sismica. In
tal senso si può brevemente affermare che strutture esistenti in cui i rapporti D/C derivanti da
un’analisi lineare sono omogenei (Fig.1.4), il modus operandi sopra discusso può essere
ritenuto valido anche per livelli di plasticizzazione elevati in quanto la forma dell’inviluppo
degli spostamenti a collasso conserva una forma non troppo diversa dalla corrispondente in
fase elastica.
L’approccio resta valido, anche se con un livello di approssimazione maggiore se paragonato
coi i risultati ottenibili con un’analisi dinamica non lineare, nel caso in cui i rapporti D/C siano
sbilanciati verso il lato flessibile del fabbricato; in questo caso la forma dell’inviluppo degli
spostamenti a collasso è alquanto diversa dalla corrispondente al limite elastico senza tuttavia
intrecciarsi tra loro (Fig.1.5).
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Il problema può essere limitato fortemente ricorrendo ad un’analisi pushover adattiva.