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1. INTRODUZIONE
La rimozione dei componenti solforati delle correnti liquide e gassose rappresen-
ta una necessità in molti settori dell‘industria degli idrocarburi a causa
dell‘avvelenamento di catalizzatori e/o della possibile corrosione di parti metalliche. I-
noltre, l‘introduzione di norme più severe sui carburanti e la crescente attenzione per i
problemi ambientali, insieme alla necessità di processare gas naturale e greggi con un
contenuto di zolfo sempre più elevato, hanno fatto del recupero dello zolfo una delle
questioni centrali nel campo della riduzione delle emissioni.
Ogni realtà industriale che processa prodotti contenenti zolfo, fa compiere a
quest‘ultimo un percorso che spesso è denominato ciclo dello zolfo in cui, partendo dall‘HC
nel quale é contenuto in origine, lo zolfo segue un percorso che lo porta ad essere sepa-
rato dalla matrice idrocarburica per essere immagazzinato e concentrato e successiva-
mente smaltito in una forma chimica che solitamente differisce da quella originariamente
trattata [1].
1.1. La prima industrializzazione e il tema ambientale.
Nell‘immaginario collettivo si pensa che, dalla nascita del progresso industriale fi-
no agli anni ‘60, i processi industriali abbiano prodotto drammatici livelli di inquinamen-
to disinteressandosi degli effetti ambientali.
Ciò è parzialmente vero e, sostanzialmente, possiamo dire che i fattori principali
che hanno contribuito a tale scempio sono stati:
L‘incompleta conoscenza delle emissioni e del loro effetto sulla salute e verso
l‘ambiente;
La quasi mancanza di regolamentazioni legislative che limitassero tali inquinanti;
La voglia di progresso e l‘entusiasmo di una crescita continua e inarrestabile.
Tuttavia, non tutti sanno che la prima legge sull‘ambiente nasce, già, quasi agli al-
bori dei primi processi industriali.
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Uno tra i primi veri processi industriali fu il processo Leblanc, nato nel 1787, per
la produzione di soda (Na2CO3) a partire dal cloruro di sodio, acido solforico, carbonato
di calcio e carbone.
Tale processo, produceva una enorme quantità di rifiuti altamente inquinanti
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che
rendevano drammatiche le condizioni di vita delle popolazioni vicine.
Nel 1862 (circa 70 anni dopo la nascita del processo Leblanc) fu approvata la
prima importante legge contro l'inquinamento atmosferico - l'Alkali Act - che impone-
va agli industriali di diminuire di almeno il 95% le emissioni di HCl nel processo di fab-
bricazione del carbonato sodico .
L‘introduzione di questa legge a tutela ambientale costrinse gli industriali a trova-
re rimedi per l‘abbattimento delle emissioni inquinanti, spingendo, quindi, gli scienziati
del tempo a ricercare applicazioni economicamente vantaggiose che permettessero di ri-
ciclare i rifiuti del processo Leblanc ottenendo nuovi prodotti commerciabili e ad alto
valore aggiunto.
Ci troviamo così di fronte ad uno dei primi esempi di innovazione tecnica provo-
cata da una legge "ecologica" e di utilizzazione, come "materie prime seconde" (come diremmo
oggi), di residui di una lavorazione industriale.
L‘acido cloridrico prodotto, veniva, quindi, disciolto in acqua formando una so-
luzione acida che poteva essere venduta ed utilizzata negli impianti di produzione di
cloro gassoso per ossidazione di HCl.
Questa fu una delle prime volte in cui venne concretizzata la teoria secondo cui
"la difesa dell'ambiente paga".
Il solfuro di calcio, invece, veniva lasciato in discariche a cielo aperto, che produ-
cevano grandi quantità di inquinamento atmosferico dovuto alle esalazioni di idrogeno
solforato.
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I principali rifiuti erano: acido cloridrico gassoso e fanghi di solfuro di calcio. Per ogni tonnellata di Na
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CO
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prodotta venivano utilizzate sei tonnellate di materie prime, producendo tredici tonnellate di rifiuti.
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Pertanto, occorreva trovare un modo per recuperare lo zolfo impiegato nel pro-
cesso Leblanc [12, 17].
1.2. La nascita del processo Claus.
Lo zolfo era allora una costosa materia prima importata dalla Sicilia; esso rappre-
sentava causa di continue liti sui rifornimenti e sui prezzi, con il governo delle Due Sici-
lie prima e italiano poi, e con i relativi concessionari. Per rompere il monopolio siciliano
dello zolfo, gli inglesi, a partire dal 1839, avevano cominciato a produrre acido solforico
utilizzando le piriti di cui si erano scoperti grandi giacimenti in Spagna, ma anche così lo
zolfo restava una materia costosa.
Sempre secondo il principio che "la difesa dell'ambiente paga", alcuni imprenditori
inglesi cominciarono a trattare le scorie di solfuro di calcio con un processo che consen-
tiva di ottenere, da una parte idrogeno solforato e poi, per ossidazione di una parte di
questo, anidride solforosa. Dalla reazione fra i due si otteneva zolfo molto puro che po-
teva essere rimesso in ciclo. Il processo fu realizzato e perfezionato da A. Chance e C.F.
Claus nel 1882.
Tale processo prese il nome di ―processo Claus” dall‘ideatore del particolare tipo di
forno impiegato e, oltre agli ovvi e indubbi vantaggi economici e ambientali dei produt-
tori di carbonato sodico, produsse uno stravolgimento dei mercati e delle economie
mondiali, colpendo duramente le istituzioni monopoliste del mercato dello zolfo.
Nonostante ciò, tale situazione di benessere non riuscì a durare molto in quanto,
con la scoperta di un nuovo processo maggiormente performante ed economicamente
vantaggioso per la produzione di carbonato sodico (il processo ―Solvay‖), tutti i produt-
tori con tecnologia Leblanc dovettero gradualmente cessare le attività produttive, non
riuscendo a traguardare le stesse prestazioni del nuovo sistema[12].
Ne seguì che il processo Claus venne abbandonato e parzialmente dimenticato
per diversi anni (visto che non trovava più nessuna applicazione in nessuna attività indu-
striale), mentre i produttori di zolfo da miniera si riappropriarono nuovamente del mer-
cato.
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Con la nascita delle prime raffinerie petrolifere il problema ambientale dovuto al-
le emissioni di SOx fu gradualmente tamponato riducendo sempre più il contenuto di
zolfo nei combustibili prodotti.
Le tecnologie di hydrotreating permettevano di ridurre ad H2S tutte le specie solfo-
rate presenti nei combustibili prodotti. L‘H2S prodotto veniva quindi bruciato in un in-
ceneritore formando SOx. In questo modo, piuttosto che diffondere in tutte le città del
pianeta le emissioni di SOx prodotte dalle automobili e da tutti gli utilizzatori dei combu-
stibili, tali emissioni erano localizzate e concentrate esclusivamente nelle zone circostanti
gli stabilimenti industriali.
Dal dopoguerra in poi, vennero emanate leggi sempre più restrittive sul contenu-
to di zolfo nei combustibili e le quantità prodotte di H2S (e quindi di SOx) da ogni raffi-
neria erano talmente tante da non potere più ipotizzare di emetterle in atmosfera.
Ed ecco quindi che l‘antica tecnologia del processo Claus fu riproposta ed adatta-
ta per convertire l‘H2S prodotto a zolfo elementare.
Questa svolta permise un abbattimento delle emissioni di SOx mondiale di pro-
porzioni mai viste prima, nonché pose fine definitivamente al mercato dello zolfo da
miniera
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. Gli effetti benèfici di tutto ciò poterono vedersi già dai primi mesi successivi
all‘adozione di impianti Claus nelle raffinerie, evidenziando un calo vertiginoso dello svi-
luppo di piogge acide nei territori limitrofi.
La produzione di zolfo da parte delle raffinerie petrolifere, ovviamente, non era
(e non lo è tutt‘oggi!) un business altamente vantaggioso per le stesse
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, ma i ricavi dalla
vendita dello zolfo di ottima qualità potevano compensare i costi energetici della sua
produzione.
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In realtà il mercato dello zolfo da miniera italiano era già in crisi da un pezzo a causa di nuove tecnologie di
estrazione (metodo Frasch) applicate nelle miniere degli Stati Uniti e inapplicabili in quelle italiane, inoltre la
liberazione del mercato e varie leggi dapprima garantiste e poi distruttive lenivano costantemente la solidità
delle produzioni italiane.
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Con il processo Claus si ottenevano enormi quantitativi di zolfo elementare. L’aumento notevole dell’offerta
produsse inevitabilmente un calo sostanzioso del prezzo di vendita.
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La vera natura della nascita (o meglio della rinascita) degli impianti di conversione
Claus, era dunque l‘adeguamento ad una serie di leggi nazionali imposte al fine di per-
mettere il proseguo dell‘intera attività produttiva.
L‘analogia con gli effetti della Alkali Act del 1862 ci fa vedere come un processo
produttivo talmente interessante e studiato da un punto di vista scientifico sia stato sem-
pre in realtà utilizzato principalmente ai fini ambientalistici piuttosto che ai fini produtti-
vi e di business.
Questo aspetto evidenzia come la nascita del processo Claus aprì le porte verso la
futura coscienza ambientale.
1.3. Scopo della Tesi
Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare gli aspetti tecnici e scientifici di fun-
zionamento della tappa finale del ciclo dello zolfo, basandosi sull‘osservazione di una realtà
concreta esistente all‘interno della raffineria ExxonMobil di Augusta (SR), inserendosi
all‘interno di un progetto di studio delle possibilità di ottimizzazione e miglioramento
dell‘efficienza dell‘unità di recupero zolfo.
Verranno verificate l‘influenza delle condizioni operative e delle metodologie di
monitoring del processo di conversione, valutando e valorizzando le potenzialità e le pos-
sibilità di ottimizzazione, allo scopo di ottenere un incremento massimo dell‘efficienza
degli impianti esistenti alla luce delle nuove conoscenze e tecnologie che si sono svilup-
pate fino ad oggi.
L‘intera attenzione verrà riversata sull‘ottimizzazione della tecnologia esistente
all‘interno del sito; tuttavia verranno anche illustrate e studiate (a titolo conoscitivo) le
best available technology (BAT) riguardanti la conversione di H2S a zolfo nonché delle varie
tipologie di trattamento del gas di coda prima dell‘emissione in atmosfera.