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Introduzione
In questo lavoro, che conclude il mio percorso di studi, ho scelto di parlare
dell‟influenza aviaria. L‟argomento mi ha interessato in modo particolare perché la mia
famiglia lavora in ambito sanitario e così mi capitava spesso di sentire i loro commenti.
Mio padre, medico di base, nel periodo in cui la maggior parte degli italiani non
mangiava più il pollo, andava contro tendenza e lo comprava nei supermercati. Mia
madre, farmacista, acquistava per tutti noi farmaci svizzeri per proteggerci da una
pandemia. In cucina trovavo giornali specialistici che trattavano l‟argomento. I mass
media italiani trasmettevano immagini allarmanti sul virus e la televisione svizzera
veicolava altre opinioni. Infine sul treno mentre venivo a Milano, ascoltavo le voci dei
pendolari che si scambiavano informazioni sull‟influenza aviaria. Tutti questi input mi
hanno portato a chiedere che cos‟era questo allarme, se era reale e imminente.
Paradossalmente, per iniziare il mio lavoro, ho ripreso in mano i libri del mio percorso
precedente di studi; quella parte di me che mi aveva portato ad abbandonare il corso di
chimica e tecnologie farmaceutiche, si è riscattata aiutandomi nella ricerca. Il primo
capitolo è l‟indagine dell‟influenza aviaria dal punto di vista sanitario; quest‟ottica mi
ha permesso di fotografare il problema in un complesso molto ampio. Il virus H5N1 è
un‟ultima mutazione di un virus che ha già causato altre pandemie in passato, e i
virologi lo temono perché potrebbe modificarsi acquisendo caratteristiche pericolose per
gli esseri umani. Il dato allarmante è che le pandemie si manifestano ciclicamente e
quindi ci sono buone probabilità che ne arrivi una tra non molto tempo, ma l‟H5N1 è
solo un possibile candidato. La comunicazione dell‟arrivo dell‟influenza aviaria ha
creato molto allarme tra la popolazione italiana; la diminuzione del consumo di pollame
è uno specchio della reazione della società. La mia indagine dimostra che fino ad ora
non ci sono stati pericoli per il nostro paese, allora, perché in Italia la comunicazione
dell‟influenza aviaria ha assunto toni così allarmistici? Se è previsto l‟arrivo di una
pandemia, qual‟ è la struttura con le competenze di veicolare i messaggi adatti alla
situazione di crisi? Queste sono le domande che mi hanno guidata nello strutturare la
mia ricerca. Il mio obiettivo è stato quello di dimostrare che il pluralismo
dell‟informazione è un fenomeno che può alterare la percezione dei rischi; in un mondo
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che sembra essere più complesso da un lato e più soggetto a catastrofi dall‟altro, è
necessario che alcune persone si occupino di comunicare le crisi. Il crisis management
della comunicazione è la disciplina che cerca di strutturare i messaggi nel modo
migliore durante le emergenze. La società sarà sempre soggetta a rischi nuovi e diversi;
questa affermazione non deve essere una scusante per giustificare l‟inefficienza della
società, perché è possibile studiare delle soluzioni per diminuirne la vulnerabilità. Il
bisogno di informazioni e la gestione della comunicazione sono alcuni dei fattori che
determinano le reazioni della popolazione. Per questo motivo è importante creare una
struttura che sia riconosciuta dalla società e abbia la fiducia della popolazione.
L‟influenza aviaria è una della tante comunicazioni di crisi degli ultimi anni; anche in
questi giorni, alla conclusione della mia analisi mi è capitato di sentire notizie alla radio
e in televisione. Rimane tuttavia il punto di partenza per poter sviluppare un pensiero
che porti a considerare la comunicazione come un mezzo a servizio della società.
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Parte prima
L’influenza aviaria
Definizione di influenza
L'influenza è una patologia virale che colpisce per lo più l'apparato respiratorio
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; è
causata dai virus dell'influenza di tipo A, B e C. Compare di solito durante i mesi
invernali e si caratterizza per improvvise epidemie in diverse aree geografiche, che
durano da 6 a 8 settimane. Ancora oggi la malattia colpisce ogni anno una grande
percentuale della popolazione. La sua vitalità (patogenicità) deriva dal fatto che il virus
può mutare velocemente, producendo spesso nuovi ceppi, nei confronti dei quali l'uomo
non è immune. L'influenza può essere considerata un'infezione respiratoria acuta, anche
se si differenzia dal raffreddore comune per il suo esordio improvviso e per
l'interessamento di tutto l'organismo. Il paziente colpito dall'influenza all'inizio lamenta
dolori articolari alle gambe, alle braccia e alla schiena, avverte cefalea e brividi, febbre
e affaticamento. Inoltre, possono comparire sintomi acuti a carico dell'apparato
respiratorio, come la tosse. La sintomatologia respiratoria acuta dura da 5 a 7 giorni ma
tosse e debolezza possono persistere anche per 2 settimane. La trasmissione virale
avviene attraverso piccole gocce d'acqua o particelle nebulizzate che sono diffuse con la
tosse e gli starnuti. La malattia ha un periodo d‟incubazione che varia tra le 18 e le 72
ore. Durante questo periodo la persona contagiata, anche in assenza di sintomi, può
diffondere il virus ad altri soggetti e mantiene questa capacità per alcuni giorni dopo
l'esordio dei sintomi. Una volta penetrato nell'organismo, il virus attacca le cellule di
rivestimento delle vie aeree superiori e inferiori. Entro poche ore dal contagio, inizia la
moltiplicazione del virus (replicazione) cui segue la liberazione di nuove particelle
virali che contaminano progressivamente tutto l'apparato respiratorio. Le cellule
epiteliali infettate dell'apparato respiratorio muoiono e il sistema immunitario rilascia
sostanze che determinano la comparsa dei sintomi generali. L‟influenza, questa malattia
con la quale abbiamo spesso a che fare tutti gli anni, è con le altre malattie infettive il
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In particolare, la parte medica fa riferimento ai seguenti volumi: Thomas D. Brock ,Michael D. Madigan
,John M. Martino, Jack Parker, Microbiologia,CittàStudiEdizioni 2003; M. La Placa, Principi di
Microbiologia Medica, Esculapio; Richard E. Reese ,M.D.R. Gordon Douglas, Manuale Pratico di
Malattie Infettive A.G.E 1994
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peggior killer dell‟umanità. Oggi più di 39 milioni di persone sono HiV positive e nel
2004 ben 2,9 milioni di persone sono morte di Aids, portando il totale di morti per
questa malattia a 25 milioni. La tubercolosi nel 2003 ha infettato 8,8 milioni di persone
e tra queste 2 milioni sono morte. Ogni anno la malaria causa più di un milione di
decessi. Di fronte a più di 1500 microbi conosciuti come causa di malattia, l‟influenza
rimane la regina in termini di mortalità con 1-1,5 milioni di persone in tutto il mondo
ogni anno
2
.
I virus influenzali
I virus possono essere definiti come parassiti rappresentati da organizzazioni biologiche
sub-cellulare, formate da una o poche molecole di DNA o RNA che a loro volta sono
racchiuse in un contenitore proteico. Il contenitore proteico ha lo scopo di proteggere le
molecole informazionali (che costituiscono il genoma del virus) e di mediarne la
penetrazione nelle cellule bersaglio. Solo dopo l‟introduzione all‟interno della cellula
bersaglio e liberate dal contenitore proteico, le molecole informazionali sono in grado di
imporre ai sistemi la loro replicazione. In natura esistono molti tipi di virus e le diverse
famiglie sono distinte a seconda del tipo di acido nucleico, dimensione, struttura e
replicazione.
I virus influenzali appartengono alla famiglia degli Orthomyxovirus e sono di tre tipi:
A, B e C:
Il virus di tipo A è il più frequente ed è la causa delle epidemie e delle pandemie più
gravi; può contagiare, oltre agli uomini, anche alcuni animali come maiali, cavalli, molti
tipi di uccelli. I virus influenzali di tipo A possono essere suddivisi in 15 sottotipi.
Mentre tutti i sottotipi possono circolare fra gli uccelli, è noto che solo tre sottotipi di
antigene H (H1, H2 e H3) e due sottotipi di antigene N ( N1 e N2) circolano, o hanno
circolato, anche nell‟uomo. Un antigene è una molecola capace di interagire con
componenti specifici del sistema immunitario. Il virus influenzale che infetta gli uccelli
è chiamato “ virus dell‟influenza aviaria”. Gli uccelli sono considerati l‟ospite naturale
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Questi dati sono un‟affermazione di Michael Osterholm, direttore del Centro per la ricerca e la gestione
delle malattie infettive, da Foreign Affaire Luglio, Agosto 2005
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del virus influenzale perché tutti i sottotipi conosciuti di virus si sono diffusi tra gli
uccelli selvatici.
Il virus di tipo B contagia prevalentemente l'uomo. Anche le infezioni di tipo B possono
raggiungere livelli epidemici, ma provocano malattie in genere meno gravi rispetto a
quelle causate dal virus di tipo A.
Il virus di tipo C può causare malattie di lieve entità, dà un‟infezione generalmente
asintomatica o simile al raffreddore comune.
Alla base della epidemiologia dell'influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus
influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che
permettono loro di aggirare la barriera costituita dall‟immunità presente nella
popolazione che in passato ha subito altra infezione virale. I cambiamenti possono
avvenire secondo due meccanismi distinti rispettivamente chiamati deriva antigenica
(antigenc drift) e spostamento antigenico (antigenic shift). Il primo meccanismo è una
graduale modifica della sequenza degli amminoacidi che compongono le proteine in
grado di stimolare una risposta immune. Questo fenomeno riguarda sia i virus A, sia i B
(ma negli A avviene in modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie
stagionali. Infatti le nuove varianti diventano sufficientemente irriconoscibili agli
anticorpi nella maggior parte delle popolazione, così da rendere un ampio numero di
individui suscettibile al nuovo ceppo.
Lo spostamento antigenico invece riguarda solo i virus influenzali di tipo A e consiste
nella comparsa nell'uomo di un nuovo ceppo virale con una proteina di superficie (HA
e/o NA) appartenente a un sottotipo diverso da quelli comunemente circolanti
nell'uomo. Gli shift antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali
(aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all'uomo (l'esempio
più recente è quello verificatosi ad Hong Kong nel 1997). Quindi la fonte dei nuovi
sottotipi sono sempre virus animali. Questi animali costituiscono, infatti, un serbatoio e
un crogiuolo evolutivo da cui scaturiscono regolarmente virus potenzialmente capaci di
infettare l‟uomo. Poiché la popolazione non ha mai incontrato prima questi antigeni, in
determinate circostanze questi cambiamenti di maggiore entità possono provocare
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un‟infezione improvvisa e invasiva in tutti i gruppi di età, su scala mondiale, che prende
il nome di “ pandemia”.
Le pandemie del passato
Nel corso della storia si sono verificate diversi tipi di pandemie diverse tra loro per
intensità, durata e danni agli esseri umani.
Nel 412 D.C. Ippocrate descrisse un‟epidemia di tosse e polmonite scatenatasi nella
Grecia settentrionale. Per il momento è impossibile verificare se in quel caso si trattasse
davvero di influenza, ma le epidemie di febbri acute che sono state descritte nel corso
degli ultimi cinque secoli erano di natura influenzale. Vi sarebbero state pandemie
influenzali negli anni 1510,1557,1729-1733,1781-1782,1829-1833,1889-1890 e 1900.
Una delle più gravi sembra essere stata quella del 1781-1782 che avrebbe colpito i due
terzi della popolazione di Roma e gran parte dell‟Inghilterra, arrivando a propagarsi fino
all‟America settentrionale e meridionale.
Nel secolo scorso nel mondo si sono diffuse altre terribili pandemie:
- Nel 1918-1919 la “Spagnola” da virus A(H1N1) causò il più alto numero di
morti: da 20 a 50 milioni di persone. Quasi la metà di queste erano giovani
adulti sani
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.
- “Asiatica” 1957-1958 da virus A(H2N2) causò circa 70.000 morti negli Stati
Uniti. Dalla prima identificazione avvenuta in Cina, alla fine del febbraio 1957,
il virus si diffuse negli Stati Unti nel giugno 1957.
- “Hong Kong” 1968-1969 da virus A(H3N2) causò 34.000 negli Stati Uniti. Il
virus è ancora oggi in circolazione, provocando epidemie stagionali per le quali
è possibile una prevenzione con un vaccino.
Dall‟ultima pandemia del 1968 (Hong Kong) sono trascorsi 37 anni, e gli intervalli di
tempo intercorsi tra le precedenti pandemie hanno oscillato tra 11 e 42 anni, quindi la
possibilità che si presenti in tempi non troppo lunghi è concreta.
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Lettera circolare n 147 di Federfarma ,Varese 19 settembre 2005
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Caratteristiche dell’influenza aviaria
L'influenza aviaria (nota anche come peste aviaria) è una malattia infettiva contagiosa
altamente diffusiva, che colpisce diverse specie di uccelli selvatici e domestici. L‟Oie,
Organizzazione mondiale della sanità animale, ha recentemente definito
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l‟influenza
aviaria come “L‟infezione che colpisce i polli causata da qualsiasi virus dell‟influenza
di tipo A che ha un indice di patogenicità intravenosa in polli di 6 settimane maggiore di
1.2 o qualsiasi virus dell‟influenza di tipo A appartenente ai sottotipi H5 e H7”.
L‟influenza aviaria è quindi un‟infezione dei volatili causata da virus influenzali di tipo
A. Gli uccelli sono una specie importante, poiché tutti i sottotipi conosciuti dal virus
influenzale A, dall‟H1 all‟H16, sono in grado di infettare gli uccelli, che sono
considerati l‟ospite del virus influenzale A. La maggior parte dei virus influenzali aviari
varia sia in relazione al ceppo virale che al volatile. La malattia, infatti, può essere di
due tipi:
1) Influenza Aviaria a Bassa Patogenicità (LPAI, acronimo inglese di Low Pathogenic
Avian Influenza) se determina sintomi lievi come arruffamento delle piume e
diminuzione delle uova nelle galline.
2) Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità ( HPAI acronimo inglese di High Pathogenic
Avian Influenza ) perché colpisce gli uccelli domestici e ne provoca la morte con una
media del 75% del pollame.
L‟aspetto preoccupante delle infezioni causate da virus LPAI negli uccelli domestici è
legato alla possibilità che col tempo il virus possa mutare trasformandosi da virus a
bassa patogenicità ad alta patogenicità con conseguenze devastanti per le popolazioni
animali. I virus aviari per essere in grado di trasmettersi con efficienza all‟uomo,
devono prima acquisire la capacità di infettare le cellule umane, evento che può
avvenire per mutazione o per ricombinazione con virus influenzali tipicamente umani
(evenienze estremamente rare). L‟influenza aviaria è presente in Europa da molto
tempo: epidemie di influenza ad alta patogenicità da H5N1 si sono registrate in Scozia
nel 1959; anche in Italia si sono manifestati, negli ultimi anni, focolai di influenza
aviaria nei polli; si tratta però di focolai causati da virus a bassa patogenicità H5N2 e
H7N1.
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Fonte:www.oevr.it
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La situazione attuale
Secondo i dati epidemiologici storici, le pandemie influenzali si verificano tre o quattro
volte nel corso di un secolo, in coincidenza con la comparsa di nuovi sottotipi virali in
grado di trasmettersi da persona a persona. La ciclicità delle pandemie è un primo dato
che crea allarme all‟interno del mondo scientifico. Secondo l‟OMS dalla fine del 2003 il
mondo si sta avvicinando ad un‟altra pandemia influenzale, più che in qualsiasi altro
momento dal 1968. Dai risultati di un sondaggio condotto tra esperti virologi ed
epidemiologi, riunitesi a Settembre alla seconda conferenza europea sull‟influenza,
quasi tutti si aspettano un‟epidemia globale entro i prossimi 3-5 anni, e solo in pochi si
sentono di escludere che possa verificarsi a breve. Un altro problema è che le pandemie
si verificano in modo imprevedibile, gli scienziati non sono in grado di stabilire né
quando si verificherà la prossima né quale ceppo virale la provocherà: una frase
esplicativa è stata pronunciata a questo proposito da Robert G. Webster, virologo
americano del St. Jude Children‟s Research Hospital di Memphis (unanimamente
riconosciuto come il maggior esperto mondiale di epidemie influenzali) “ E‟ come per i
terremoti o gli uragani” ovvero non si possono prevedere gli effetti di una prossima
pandemia, non è possibile sapere esattamente quando colpirà e quali saranno i suoi
effetti. Sempre secondo il Dott Robert G. Webster: “circola da qualche anno un
candidato autorevole all‟innesco della prossima pandemia, ed è il virus H5N1. Il
peggiore che abbia mai visto
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”.
Quel che si sa sul conto di questo virus autorizza l‟appellativo di nasty beast: una brutta
bestia, un ceppo ad alta patogenicità che si diffonde molto rapidamente negli
allevamenti e negli stormi di uccelli, provocando una malattia che si rivela letale in
quasi il 100 per cento dei casi nel giro di 28 ore. Che non uccide solo volatili
d‟allevamento o migratori, ma anche mammiferi e persino tigri e leopardi; e che in
alcuni ha infettato anche degli esseri umani. Questo virus, per concludere, ha due delle
tre caratteristiche dei virus che hanno generato le precedenti pandemie: la capacità di
infettare gli umani e di produrre quadri clinici gravi. Per il momento manca al virus la
possibilità di passare con facilità da uomo a uomo; al momento, infatti, la modalità
principale di contagio è il contatto stretto fra uomini e polli infetti.
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Dall‟articolo pubblicato su Scienze dicembre 2005 intitolato : “Prepararsi alla pandemia, fino a che
punto siamo pronti ad affrontarla?” pag 52