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Introduzione
Con la presente trattazione ho voluto affrontare il tema del rapporto
tra il reato di “infedeltà patrimoniale” previsto dall’ art. 2634 c.c. ,
inserito nel capo IV, del titolo XI, e la fattispecie di reato prevista
dall’ art. 646 c.p. , l’ appropriazione indebita. Con l’ introduzione
della prima - ad opera del d.lgs. n. 61 del 2002, di riforma del diritto
penale societario - si è tentato di colmare storiche lacune dell’
intervento penale, che venivano affrontate precedentemente, nell’
ambito dei fenomeni cosiddetti di “distrazione di fondi sociali”,
proprio con l’ utilizzo della fattispecie di reato comune, seppur
attraverso molte critiche.
Ho ritenuto opportuno affrontare in primis, i problemi tecnici relativi
alle condotte sussumibili all’ interno del reato di appropriazione
indebita, questioni affrontate ai fini di poter ricondurre all’ interno del
reato condotte distrattive di fondi sociali. Proseguo introducendo
brevemente la riforma del diritto penale societario, le critiche mosse e
5
le novità che l’ hanno riguardata, arrivando poi al cuore della tesi
rappresentato dalla parte relativa al “nuovo” reato societario di cui all’
art. 2634 c.c. Con l’ aiuto della giurisprudenza affronto le tematiche
relative al rapporto tra i due reati in questione, e le principali teorie
elaborate in merito, infine, spunti di riflessione per la comprensione
del ruolo ricoperto oggi dalle due figure. L’ ultima parte è dedicata
alla comparazione tra il reato societario italiano e quello spagnolo di
“administración desleal” , con il fine di considerare quelle che sono le
dinamiche che hanno riguardato la nascita della fattispecie e i rapporti
con il reato di “appropriación indebita”, questioni significative per una
maggior comprensione dei temi da un diverso punto di vista.
C a p i t o l o 1
IL PROBLEMA DELLA COMPATIBILITÀ IN ASTRATTO TRA
“DISTRAZIONE” E “APPROPRIAZIONE”
Fin dalla entrata in vigore del codice del ’30 ci si chiese se nel
concetto di “appropriazione” potesse rientrare ogni forma di condotta
distrattiva, o “distrazione”, da intendersi quale uso per finalità
diverse da quelle consentite o previste, ovvero se la “distrazione” e l’
“appropriazione”avessero una autonomia concettuale e quindi la
prima, in quanto non espressamente contemplata dall’art. 646 c. p.
1
,
non integrasse reato
2
.
Secondo una nozione diffusa, costituisce “distrazione” ogni abuso
funzionale del possesso, ossia ogni diversione dai fini consentiti
3
, ma il
problema è: esiste una accezione unitaria di tale condotta, valevole per
1
(Appropriazione indebita) Chiunque, per procuarare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si
appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito a
querela della persona offesa con la reclusione fino a treanni (…)
2
Studi sul tema sono stati condotti, tra gli altri, da Petrocelli B., “L’ appropriazione indebita, Napoli,
Pisapia G. D., “Appropriazione indebita”, in NssDI, Torino, I, 789.
3
Mangano P. “Finanziamento bancario e appropriazione indebita”, 1994 in Fa, pag. 968 s.
6
tutto il diritto penale, oppure per ogni fattispecie quella nozione
presenta delle sfumature?
La risposta è nel primo senso esposto, se si parte dal presupposto che la
distrazione vada a comprendere le residue condotte che distolgono il
bene posseduto dalle finalità assegnategli dall’ordinamento giuridico,
diverse dalla consumazione, dall’alienazione e dalla ritenzione.
4
Secondo questo orientamento, l’intervento legislativo del ’90
5
, che ha
investito l’ambito del peculato, sarebbe stato mosso quindi dall’intento
di raggruppare all’interno della fattispecie appropriativa, ora
considerata come genus, anche la species distrazione.
Secondo l’ orientamento, “non ha importanza che l’appropriazione sia
commessa a vantaggio proprio o a vantaggio di altri, poiché il soggetto
che devia la cosa da una finalità a un'altra certo si comporta, per un
momento, sulla cosa stessa come ne fosse il proprietario e quelle forme
di peculato che prima erano considerate per distrazione, sono divenute
ora forme di peculato per appropriazione
6
”. Ricordiamo infatti che
prima della riforma la tradizione giurisprudenziale era solita distinguere
le due ipotesi di peculato, quella per appropriazione e quella per
distrazione, a seconda della finalità della condotta, diretta a vantaggio
altrui nel caso delle condotte distrattive
7
.
Dottrina autorevole concorda con l’idea della “distrazione” nel senso di
“deviazione della cosa dalla sua legittima destinazione”
8
come modalità
autonoma di appropriazione, in quanto condotta uti dominus.
Ancora per un robusto orientamento dottrinario la condotta rilevante ex
art. 646 c.p. può avere natura distrattiva solo se accompagnata da
4
Pagliaro A. “Principi di diritto penale. Parte speciale III. Delitti contro il patrimonio” Milano ,
Giuffrè 2003 pag. 452 s.
5
Si tratta della l. 26.04.1990 n. 86, di riforma della materia dei delitti contro la pubblica
amministrazione.
6
Pagliaro A. “Principi di diritto penale parte speciale II. Delitti contro la pubblica amministrazione”
Milano, Giufrè 2000, pag. 38 s.
7
Cass. pen. 26.11.86, in RP, 1987, 635.
8
Mantovani F. “Diritto penale. Delitti contro il patrimonio” 2. ed. Padova, Cedam 2002, pag. 121
7
ulteriori requisiti che ne concretizzano il disvalore offensivo,
individuabili tutti nel momento impropriativo, per cui ”…muovendo dal
presupposto che la distrazione, concepita appunto come uso arbitrario
del bene o del denaro non implica necessariamente una impropriazione
di esso, bisogna distinguere tra condotte meramente distrattive e
condotte distrattive che presentano caratteri assimilabili alla
appropriazione…”
9
. Si osserva ancora in dottrina, che “nulla vieta di
riconoscere nella distrazione una sottospecie dell’ appropriazione (…),
ma a patto che non venga obliterato il requisito chiave dell’ utilizzo in
funzione di interessi estranei al dominus e incompatibili con il suo
interesse (…).
10
Secondo altra corrente, decisamente più radicale, è possibile desumere la
non punibilità della “distrazione” a titolo di appropriazione indebita, dalla
mancata espressa tipizzazione di tale modalità di condotta da parte del
legislatore nel contesto dell’art. 646 c.p. Nella Relazione ministeriale si
legge che l’appropriazione consiste nel “tramutamento del possesso in
proprietà”. Ancor più chiaramente nella Relazione del presidente della
commissione ministeriale per il progetto del codice penale si legge:
“secondo il concetto fondamentale accolto dal progetto, il contenuto del
delitto è la lesione del diritto di proprietà da parte del possessore, il quale si
sostituisce al proprietario, facendo sua la cosa. Appropriarsi una cosa
significa appunto farla entrare nel proprio dominio il che, nel delitto in
esame, si verifica attraverso l’inversione del possesso”. Quindi il non aver
preveduto e tipizzato la condotta distrattiva nel definire la fattispecie
dell’ appropriazione indebita non può che ritenersi fatto significativo
della non volontà di reprimerla a siffatto titolo
11
.
9
Fiandaca G. Musco E. “Diritto penale- parte speciale” Volune II, tomo secondo. 3. ed. Bologna
2002, pag. 105
10
Pedrazzi C. “Sui limiti dell’ appropriazione indebita” ( nota a Cass. 4.4.97, Bussei ), in RIDPP,
pag. 1441 s.
11
Conforme a questa dottrina Nardone R. “L’infedeltà patrimoniale degli amministratori di società e
l’ appropriazione indebita” , in RPE 1995, pag. 88
8
Altri autori sostengono che sia impossibile ricondurre la condotta
distrattiva nella sfera di applicabilità dell’ art. 646 c.p. in quanto,
“mentre l’ espropriazione” ( 1. fase della condotta nel reato de quo )
“della distrazione si caratterizza per la rottura del solo vincolo di
destinazione imposto alla cosa, l’espropriazione dell’ appropriazione si
ha non solo quando risulta alterato il vincolo strumentale, ma sussiste
anche la definitiva rottura della relazione tra il proprietario e la cosa”
12
È dal confronto tra le norme di cui agli artt. 314 e 646 c.p. che si pùo
partire per una diversa analisi delle condotte in esame. Infatti, mentre
prima della riforma del 1990 con l’espressione “distrazione” si
intendeva di volta in volta : nel contesto dell’ art. 314 c.p., lo
sfruttamento della cosa per fine proprio o altrui, in violazione del titolo
del possesso, secondo modalità diverse dalla vera e propria
appropriazione ( distrazione strictu sensu) ; nel contesto dell’ art. 646
c.p. l’appropriazione al fine di procurare un ingiusto profitto ad altri (
distrazione in senso improprio); attualmente, a causa dell’ espunzione
della distrazione dal peculato, resta la possibilità di sanzionare, con il
solo nome di “appropriazione”, la condotta di impiego della res a favore
di altri con facoltà esclusive del proprietario in modi non consentiti dal
titolo del possesso.
Senza più ambiguità tale condotta viene quindi collocata all’interno
dell’appropriazione, ma nulla impedisce di continuare a definire
“distrazione” tale modalità appropriativa
13
.
È evidente che se si accede alla nozione di appropriazione come
espropriazione seguita da impropriazione, non sarà concepibile alcuna
forma di appropriazione che non comporti un incameramento della res
nel patrimonio del possessore.
12
Bartoli R. “La distinzione tra appropriazione e distrazione e le attuali esigenze di tutela
patrimoniale”, in DPP, pag. 1140.
13
Militello V. “Aspetti penalistici dell’ abusiva gestione dei gruppi societari : tra appropriazione
indebita e infedeltà patrimoniale” ( nota a App. Roma 23.6.88, Bernabei ), in FI, II, 421.
9
Tuttavia, l’individuazione dello stretto legame tra il reato de quo e la
lesione del titolo del possesso, e l’espressa previsione di una
appropriazione a fine di profitto altrui, inducono a ritenere che la sfera
di tutela fornita dall’ art. 646c.p. sia più ampia, e comprenda anche
condotte non rientranti nel titolo del possesso
14
.
Da qui è breve il passaggio all’inserimento degli impieghi uti dominus
della res per fine di profitto altrui nel concetto di appropriazione: si
tratta, appunto, di quelle condotte variamente definite “distrazione” o
“appropriazioni mediante distrazione”
15
.
Già prima della riforma del 1990 qualcuno rinunciava all’espressione
distrazione per indicare particolari modalità di appropriazione, a causa
della mancata espressa menzione nella norma, e tuttavia includeva nel
termine appropriazione le condotte di uso della cosa mobile a favore di
altri, laddove sussistesse il requisito essenziale della lesione del titolo
del possesso
16
.
La nuova formulazione dell’ art. 314 c.p. ha confermato l’ orientamento
a rinunciare all’ espressione “distrazione” nel contesto dell’
appropriazione indebita oltre che, necessariamente nel peculato, ma non
anche a ritenere prive di rilevanza penale, ex art. 646 c.p. quelle
condotte che in precedenza erano considerate atti distrattivi
17
.
Concludendo, sono dell’idea che si verta in una questione
terminologica; il ricorso alla locuzione “distrazione”, entrata da decenni
nel linguaggio tecnico giuridico, potrebbe semplificare le cose. Infatti la
constatazione che in tanto si ha appropriazione in quanto siano esercitati
poteri tipici del proprietario conducono a una nozione ristrettissima di
14
Cipolla P. “I delitti di appropriazione indebita” Padova Cedam, 2005 pag. 405- 406
15
Ibidem
16
In questo senso, Prosdocimi S. “Esercizio del credito e responsabilità penale”, in RIDPP, pag. 996
s.
17
Cipolla P., cit. , pag. 407.
10
“distrazione”, nel senso di impiego della cosa uti dominus per fine di
profitto altrui, rilevante ex art. 646 c.p. , che si distingue
dall’appropriazione in senso stretto non solo per un profilo soggettivo, il
diverso fine dell’azione, ma anche per un profilo oggettivo : la
destinazione della res con esercizio di facoltà del proprietario non
concesse dal titolo del possesso, secondo modalità diverse dal vero e
proprio incameramento.
C a p i t o l o 2
APPROPRIAZIONE INDEBITA E ABUSI DEGLI
AMMINISTRATORI NELLA GESTIONE SOCIALE
Un problema specifico rientrante nella tematica dell’appropriazione
distrattiva ( appropriazione senza impropriazione, per fine di profitto
altrui ), attiene alla rilevanza penale delle condotte di utilizzo del
patrimonio sociale per fini diversi da quelli cui era destinato e in
particolare per finalità non rientranti propriamente nell’ oggetto sociale,
quand’ anche compiute nell’ interesse generale della società ( c.d.
“distrazione di fondi sociali” ). Si tratta della nota questione della
distrazione di fondi extrabilancio di società controllate a favore della
controllante e della erogazione di fondi sociali a partiti politici o a enti
assistenziali o a organi di stampa, sia pure nell’ interesse indiretto della
società.
Proprio in questo campo, la metamorfosi della fattispecie di
appropriazione indebita ha avuto una significativa riprova, dilatando i
contorni della stessa fino a coprire i vuoti di tutela aperti dalla
mancanza di una fattispecie di “infedeltà patrimoniale” fino alla sua
introduzione ad opera del d.lgs. n. 61 del 2002 di riforma del diritto
penale societario.