il tema del lavoro di rete, esaminando i contribuiti teorici della Teoria Generale dei
Sistemi e l’Approccio Relazionale, il concetto di partnership e la funzione
dell’operatore sociale.
Nel capitolo successivo, il terzo, ho voluto soffermarmi sul contributo di alcune leggi
nel sociale, in particolare la legge N.285 del 28 agosto 1997 “disposizioni per la
promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza” e la legge N.23
del 1999 “politiche regionali per la famiglia”.
Il tema delle strategie animative per l’infanzia è stato affrontato nel quarto capitolo,
nel quale gli argomenti che tratto fanno riferimento sia alle caratteristiche del
bambino dai tre ai sei anni sia alle opportunità di gioco idonee per questa fascia
d’età.
Il quinto, ed ultimo capitolo, è sicuramente quello che racchiude il senso di tutta
questa mia dissertazione. A partire da quanto esposto nei capitoli precedenti, ho
infatti elaborato un progetto educativo per la fascia d’età prescolare nel quartiere del
Gallaratese, che pone attenzione al fenomeno del gioco e, di conseguenza, ho pensato
come poter strutturare una ludoteca per questo territorio.
9
1 – IL TERRITORIO E IL GALLARATESE
“ Ho serie ragioni per credere che il pianeta da
dove veniva il piccolo principe è l’asteroide
B612… Se vi ho raccontato tanti particolari
sull’asteroide B612 e se vi ho rivelato il suo
numero, è proprio per i grandi che amano le
cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo
amico , mai si interessano alle cose essenziali…
Ho visto una bella casa in mattoni rosa, con dei
gerani alle finestre, e dei colombi sul tetto, loro
non arrivano a immaginarsela. Bisogna dire :
ho visto una casa di centomila lire, e allora
esclamano com’è bella.”
Il Piccolo Principe
Antoine De Saint-Exupèry
1.1 - DEFINIZIONE DI TERRITORIO
Il termine territorio viene usato sempre più spesso anche in ambiti disciplinari
diversi dalla geografia o dall’urbanistica, in particolar modo facendo riferimento ad
una molteplicità di settori operativi, quali sono i servizi di assistenza, sanitari,
educativi, i sistemi di comunicazione…
Il vocabolo territorio è molto generico, si riferisce a dimensioni molteplici e allo
stesso tempo risulta, proprio per la sua genericità, ambiguo. Per tentare di evitare tale
rischio possiamo definire, prendendo spunto da un contributo di alcuni anni fa sul
rapporto tra servizi scolastici e territorio1, suddetto termine identificandolo in soli
quattro modi, l’ultimo dei quali sarà quello a cui noi rivolgeremo la nostra attenzione.
1
G. TASSINARI, A. CORSI, G.VICCARO, Formazione scuola e territorio, Le Monnier, Firenze,
1979
10
Territorio come:
1. “ Spazio geografico delimitato dal tracciato dei suoi confini, nel quale si
rileva l’esistenza di certi fenomeni o vengono esercitate determinate funzioni
e attività”(es: area servita da una rete di trasporti) 2 secondo questa
definizione, il territorio, viene visto come quel luogo in cui lo stato, la
regione, la provincia o il comune esplicano le proprie funzioni.
2. “Un’area definita in base a certe caratteristiche relative agli aspetti fisici e/o
all’insediamento umano, individuabili mediante strumenti concettuali e
procedure di analisi a livello disciplinare o interdisciplinare” 3 il territorio
viene inteso come oggetto di diversi campi di ricerca scientifica (es: area
culturale in antropologia, area funzionale in sociologia…)
3. “Un’area considerata come bene d’uso per l’insediamento di diverse
funzioni e attività (es: abitazioni, attività produttive, servizi, comunicazioni) e
come tale oggetto di investimenti e di interventi sia privati che pubblici” 4, il
territorio viene così a far parte del sistema economico, avendo però una
funzione precisa nel processo di produzione, nella circolazione e
valorizzazione del capitale e nella riproduzione della forza lavoro.
4. “Il territorio considerato come fatto sociale, come area caratterizzata da un
complesso di esigenze riguardanti le condizioni di vita della popolazione, e
quindi la quantità e la qualità delle strutture e dei servizi che dovrebbero
rispondere a quelle esigenze, le modalità di localizzazione, gestione e
funzionamento di quelle strutture e di quei servizi.” 5 Questa modo di
intendere il termine territorio è quello che a noi interessa maggiormente,
infatti da questa interpretazione discende l’esigenza primaria di un uso dello
stesso che sia nel medesimo tempo finalizzato e programmato in funzione
degli interessi della collettività.
1.2 IL QUARTIERE GALLARATESE6 : CENNI STORICI
Dall’unione dell’ex Zona 20 (Certosa – Vitalba – Quarto Oggiaro) con parte della ex
Zona 19 (gallaratese – S.Siro – QT8) e parte della ex Zona 6 (Sempione – Magenta)
è nata la Zona 87, il quartiere Gallaratese fa parte di questa.
La nuova Zona oltre a raggruppare quartieri di notevole densità, racchiude al proprio
interno edifici di considerevole interesse artistico e piccoli borghi che nonostante
l'inglobamento da parte della città, sono ancora presenti. In particolar modo, nel
quartiere del Gallaratese, si trovano cascine dove sopravvive ancora qualche attività
tradizionale agricola tipica delle famiglie contadine.
La "Montagnetta", vale a dire " il Montestella", costruito con le macerie che si sono
accumulate durante l'ultima Guerra Mondiale e caro agli anziani perché in esso vi
2
G. TASSINARI, A. CORSI, G.VICCARO, op.cit., pag.8
3
G. TASSINARI, A. CORSI, G.VICCARO, op.cit., pag. 9
4
G. TASSINARI, A. CORSI, G.VICCARO, op. cit, pag. 10
5
G. TASSINARI, A. CORSI, G.VICCARO, op.cit., pag. 11
6
http:// www.gallaratese.it
7
http:// www.comune.milano.it
11
sono molti dei loro ricordi, è oggi un magnifico parco dove si può passeggiare, fare
footing giocare e rilassarsi sotto un albero dimenticandosi di essere in città.
Nella prima metà degli anni 60 nasce il quartiere Gallaratese per rispondere al
bisogno abitativo di molte giovani famiglie. La popolazione iniziale fu costituita
prevalentemente da giovani sposi lavoratori, che avevano avuto in assegnazione
l'alloggio dallo IACP. Contrariamente ad altri quartieri popolari non ha mai sofferto
di sensibili problematiche di degrado sociale, anche grazie all'impegno profuso dalle
realtà parrocchiali per preservare e recuperare i giovani dal fenomeno della droga,
che pure è stato presente; è anzi stato uno dei quartieri che, come i suoi abitanti, è
cresciuto negli anni sia socialmente che economicamente; tanto che, una decina di
anni fa, gli alloggi furono venduti dallo IACP agli abitanti stessi. In seguito a ciò gli
stabili del quartiere sono stati completamente rinnovati e la zona ha cambiato volto.
Attualmente la popolazione del quartiere è costituita prevalentemente da persone di
“una certa età” circa 60 – 65 anni, infatti essendo le case del quartiere, se si esclude il
complesso abitativo del Monte Amiata e qualche altro sporadico caso, nate quasi
tutte contemporaneamente, sono state per la quasi totalità assegnate a quelle che ai
tempi erano giovani famiglie; purtroppo, in anni più recenti, sono state costruite
pochissime abitazioni al Gallaratese, quindi i figli delle famiglie originarie, che, a
loro volta, hanno costituito il proprio nucleo famigliare, hanno dovuto cercare casa
fuori dal quartiere.
Solo recentemente la costruzione di qualche nuovo edificio e il liberarsi di alcuni
appartamenti dovuto al decesso degli anziani proprietari, ha portato all'insediamento
di giovani coppie in quartiere. Per molti anni il Gallaratese fu povero di servizi;
infatti, all'inizio, era servito da due soli autobus non esisteva ancora la metropolitana,
la cui costruzione fu lungamente rinviata. Il primo progetto di metropolitana
prevedeva la costruzione di una linea a cielo aperto e venne osteggiato dagli abitanti
del quartiere, che temevano la divisione in due dello stesso.
Alla fine il progetto della metropolitana fu modificato, e fu costruita una linea
interrata, anche se, purtroppo, tra le molte discussioni erano passati anni.
Con il tempo vennero costruiti anche gli impianti sportivi ed un centro civico, che
può sicuramente essere portato a vanto della zona. Gli abitanti del quartiere ancora
ricordano la visita del Santo Padre in quartiere, avvenuta nel 1983 e il grande palco
che fu innalzato a fianco del centro civico allora ancora in costruzione. Più tardi, a
ridosso di tale edificio, sorse il Centro Commerciale Bonola che si integrò con il
centro civico stesso andando a costituire di fatto un unico complesso. Anche gli
edifici parrocchiali del quartiere hanno richiesto molti anni per il loro completamento
ed in alcuni casi si è giunti solo molto recentemente alla loro costruzione. Per molti
anni le funzioni religiose di molte comunità parrocchiali sono state tenute all'interno
di piccoli edifici prefabbricati.
12
1.3 - UNO SGUARDO DEL QUARTIERE GALLARATESE VISTO CON GLI
OCCHI DEL SERVIZIO SOCIALE DELLA FAMIGLIA8
Il Servizio Sociale della Famiglia (SSdF) ha definito il quartiere Gallaratese come
una zona a “sorpresa” perché si scopre ben poco appena lo si “conosce”: a differenza,
infatti, di altri rioni, come zona Fiera, San Siro, non è di immediata facilità capire fin
da subito quale sia la sua storia, lo status sociale ed economico delle famiglie, quali
siamo le potenzialità e quali invece le carenze delle stesse, e allo stesso tempo del
rione medesimo.
Il Gallaratese, sorto intorno agli anni 60’ – 70’, risulta da un lato un quartiere
popolare, dall’altro invece una zona di tipo residenziale, pertanto non è definibile
degradato, infatti le casi popolari sono di sicuro meno fatiscenti di quelle che
appartengono ad altre zone di Milano (es. San Siro vecchia). Inoltre, la zona ha una
bassa percentuale di stranieri residenti, mentre è abbastanza alta la percentuale degli
abitanti con origini meridionali, venuti al Nord intorno agli anni 60’ in cerca di un
lavoro migliore.
Esiste, purtroppo, però ancora il fenomeno dell’abusivismo, fatto che il più delle
volte viene taciuto per il quieto vivere, per “riservatezza”, caratteristica questa che
etichetta in un certo qual modo gli abitanti del quartiere Gallaratese come omertosi.
Ed è proprio da questi non detti, da questo silenzio, che il quartiere spesso si trova a
dover affrontare situazioni di disagio, devianza e, nonostante l’intervento dei servizi
sociali e delle forze dell’ordine, risulta, il più delle volte, un compito assai
complesso far rientrare nella norma ciò che era stato “precedentemente deviato.”
Queste situazioni di marginalità e difficoltà rimangono molto di più nel privato e
nell’anonimato e, nel momento in cui diventano eclatanti, è ormai troppo tardi per
poter fare un intervento ( es. famiglie disagiate, in cui la violenza è la padrona di
casa, vi è l’immediato allontanamento dei minori e la presa in carico da parte dei
servizi sociali).
Il Servizio Sociale della Famiglia si occupa dei seguenti casi:
• Presenza di un mandato del tribunale ordinario, minorile, giudiziario, della
procura.
8
Il presente paragrafo è stato reso possibile grazie alle interviste rilasciatemi dalle assistenti sociali,
responsabili del servizio sociale della famiglia di Via Colleoni, 8 Milano .
13
• Figli dei detenuti
• Orfani
• Minori riconosciuti invalidi civili
• Rifugiati
Lo stesso interviene solo nel momento in cui vi è un disagio che fino ad allora
latente, diventa evidente, così da poter attuare un intervento mirato che porti ad un
ridimensionamento dello stesso.
La Provincia, invece, si occupa di tutte quelle situazioni in cui l’avvicinamento ai
servizi sociali avviene in modo spontaneo. Dal 1987 al 2001 circa, la gestione di
queste problematiche era integrata tra Provincia e Comune, in questi ultimi due anni
invece è tornata la diversa attribuzione di competenze tra i due enti, già preesistente
prima del 1987.
Ecco alcuni esempi di sostegno offerto alle famiglie in difficoltà:
• Assistenza domiciliare
• Aiuto economico per il sostegno della famiglia
• Affidi familiari parziali
• Progetti in collaborazione con il territorio
Nel Gallaratese la causa predominante per cui vengono contattati i servizi sociali, a
proposito dei minori, è la malattia mentale da parte di uno dei due genitori, questa
esiste all’interno di una fascia socio-economica non bassissima, inoltre è presente sul
territorio una marginalità molto occulta.
Importante, a tal riguardo, è la funzione delle sei parrocchie presenti sul territorio,
queste, infatti, sono molto attive e attente alle problematiche esistenti in zona; diversi
sono i progetti che hanno avviato per ridimensionare quelle situazioni di marginalità
e devianza. Ad esempio con il progetto doposcuola “Camminiamo insieme”, studenti
universitari, persone in pensione, lavoratori aiutano molti ragazzi allo svolgimento
dei compiti.
Nel quartiere, inoltre, operano delle cooperative sociali che, su appalto del Comune
di Milano, hanno la funzione di gestire diversi progetti nei confronti dei minori: ad
esempio COESA si occupa del servizio di assistenza domiciliare, PROGETTO A
invece del sistema di integrazione scolastica nelle materne...
14
Il Gallaratese, e purtroppo un po’ tutto il Comune di Milano, è carente di progetti
strutturati per la fascia di età dai tre ai cinque anni, ovvero gli anni della scuola
materna; esistono invece dei microprogetti per quella fascia d’età, ma attuati
esclusivamente per quei minori che sono stati segnalati ai servizi sociali.
L’età compresa tra i tre e sei anni sembra, ad una prima osservazione, una fascia
d’età un po’ dimenticata, si rimanda molto alla famiglia e al servizio pubblico,
comunale o privato della scuola materna,la quale offre maggiori garanzie, garantendo
un orario compreso tra le 7.30 con il pre-scuola e le 18.00 con il dopo-scuola.
Importante però, è anche sottolineare il fatto che non esistono da parte delle famiglie,
richieste alternative a quelle precedentemente descritte.
Secondo il parere delle responsabili del servizio sociale della famiglia della Zona 8,
di cui fa parte anche il Gallaratese, la fascia di età dai tre ai cinque anni è quella in
cui si permette loro ancora una presa in carico di cambiamento, si riesce infatti a
“lavorare” sia sul minore che sulla famiglia d’origine; invece nelle fasce d’età
precedenti da zero ai tre anni, e in quelli seguenti da sei ai diciotto, la mamma o
comunque i genitori non si affiderebbero mai ai servizi sociali per avere un supporto,
qualsiasi tipo di intervento, nella maggioranza dei casi, verrebbe rifiutato.
15
2 - LA STRATEGIA DEL LAVORO DI RETE
“Un giorno, mentre, levato in piedi,
stava presso il lago di Genèsaret e la folla gli
faceva ressa intorno per ascoltare la parola di
Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda.
I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì
in una barca, che era di Simone, e lo pregò di
scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise
ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a
Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la
pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo
faticato tutta la notte e non abbiamo preso
nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».”
Dal Vangelo secondo Luca
(Lc 5,1 – 6)
2.1 – CONTRIBUTI TEORICI ALL’APPROCCIO DI RETE
L’uomo è un essere sociale, pertanto la sua essenza è la relazione. Questa
affermazione iniziale ci aiuta a riflettere e ci permette di capire al meglio cosa possa
voler dire investire, e in modo produttivo sull’essenza dell’uomo nel lavoro sociale.
Sia la Teoria Generale dei Sistemi che l’Approccio Relazionale ci aiutano a capire il
perché e il modo in cui ripartire dalla relazione per poter così risolvere i problemi
della società, problemi che si riveleranno essere di tipo relazionali.
16
2.1.1 – Teoria Generale dei Sistemi
Agli inizi del Novecento, dal biologo L. von Bertalanffy, viene formulata la Teoria
Generale dei Sistemi (TGS)9 venendo successivamente estesa ad altri ambiti
scientifici nel corso del secolo.
Von Bertalanffy critica l’impostazione razionalistica classica basata sul metodo
analitico e, per questo, sistematizza la TGS10. Egli sostiene che sommare le singole
parti studiate ponendole in relazione lineare e deterministica, in un rapporto di causa-
effetto, non è sufficiente per prevedere gli effetti che queste possono avere
nell’insieme dal momento che la dinamica relazionale sarebbe molto più complessa.
Mosso da questa convinzione, il biologo nel fare le osservazioni pone sempre più
maggiore attenzione alla complessità strutturale degli organismi e alle interazioni che
si vengono a creare tra i diversi fenomeni, giungendo così a formulare il concetto di
“sistema”, sottolineando come “il tutto contenga qualcosa di più della somma delle
singole parti”.
Tutte le parti del sistema stabiliscono tra di loro delle relazioni, le quali
contribuiscono, ogni volta, ad attribuire a ciascuna parte coinvolta e a tutto il sistema
delle proprietà del tutto originali. Analizzare il singolo elemento diventa non
sufficiente per definirne tutte le caratteristiche o per arrivare, per suo tramite, a
comprendere il tutto, infatti tutto il sistema cambia al mutare anche di una sola parte
dello stesso.
La TGS, inoltre, scopre che gli organismi viventi sono sistemi aperti, i quali
mantengono una struttura di identità stabile, pur nello scambio costante attivato col
sistema circostante, perché riescono a raggiungere uno stato stazionario. Ogni
sistema aperto viene definito equifinale cioè, pur partendo da presupposti diversi, pur
disponendo di risorse differenti e pur seguendo ogni volta vie varie, può raggiungere
ugualmente un certo fine stabilito.
Gli studi, le scoperte e di conseguenza i principi che von Bertalanffy scopre in
biologia si rivelano applicabili anche a tutti i sistemi, indipendentemente dalle loro
componenti e, per questo, vengono rapidamente ripresi in altri ambiti disciplinari. Ad
esempio, gli studiosi del Mental Research Institute di Palo Alto (California)
9
Cfr. PATI L., Pedagogia della comunicazione educativa, La Scuola, Brescia, 1984 pp. 35-69
10
CAMPANINI A., Servizio sociale e modello sistemico, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990 pp.
51-76
17
applicano questi principi alla “pragmatica della comunicazione”, all’esame degli
effetti della comunicazione umana sul comportamento.
L’uomo non può non comunicare, e dal momento che la comunicazione è relazione
ne consegue che necessariamente deve relazionarsi con gli altri, pertanto l’individuo
va visto sempre come membro di una fitta rete di relazioni. Nella rete, ogni minimo
cambiamento, anche di una sola componente, si ripercuote su tutto e tutti, infatti ogni
relazione interpersonale contribuisce, dunque, alla formazione dell’identità di
ciascun individuo del sistema.
L’individuo viene definito un essere dialogico, non può essere mai separato dal
sistema relazionale, per questo motivo non avrebbe alcun senso isolarlo dal sistema
in cui si trova intervenendo su di lui come singolo.
Occorre pertanto pensare sempre e contemporaneamente, al sistema nel suo
complesso ed ai diversi soggetti, chiunque essi siano, nel sistema.
Approccio Relazionale11
Negli ultimi decenni del Novecento in ambito sociologico nasce l’approccio
relazionale12, formulato in aperta critica all’approccio neo-funzionalista di Luhmann.
In Italia, il suo massimo esponente è il sociologo Donati, che ha lavorato in più
occasioni con Folgheraiter il quale ha introdotto nel nostro Paese il modello della
community care. Oggi l’approccio relazionale è il modello di riferimento più
conosciuto e diffuso nel lavoro sociale.
Donati dedica i propri studi soprattutto al tema della famiglia13 e delle reti,
sostenendo la centralità della relazione, secondo cui ogni processo sociale, con tutte
le sue caratteristiche, procede per, con e attraverso le relazioni. Questo sistema di
relazioni14 consente all’uomo di strutturarsi come persona, cioè come individuo in
11
DONATI P., Teoria relazionale della società, Franco Angeli, Milano, 1996
12
SANICOLA L. (a cura di), L’intervento di rete, Liguori, Napoli, 1994
13
Cfr. DI NICOLA P., DONATI P., Lineamenti di sociologia della famiglia, Carocci, Roma, 1998
14
Poniamo attenzione al termine “sistema relazionale o di relazioni” perché i sistemi dei quali
parliamo “sono peculiari perché le parti che li compongono, e che si intersecano stabilmente, non sono
pezzi meccanici o comunque concreti, bensì relazioni.[…] Tali sistemi vanno distinti dai “sistemi
sociali”, termine con il quale indichiamo le intere società. […] I sistemi relazionali attengono alla
sfera microsociologica, e poggiano sull’intrinseca proprietà di strutturarsi che è propria delle unità
basali di interazione (le relazioni interpersonali cosiddette), proprietà che soprattutto si evidenzia
quando le relazioni si ritrovano esposte ai rinforzi in un ambiente con confini definiti.”
(FOLGHERAITER F., Teoria e metodologia del servizio sociale: prospettiva di rete, Franco Angeli,
Milano, 2000 pp.241-242)
18
relazione (essere relazionale). Riprendendo la teoria dello scambio, inoltre afferma
che l’uomo è sempre coinvolto in scambi, sia materiali che spirituali. Queste
interazioni originano strutture dinamiche di reciprocità, definite reti, che superano
anche i confini dei possibili sistemi (ad esempio, la famiglia) dei quali la persona si
sente membro.
Il termine rete15 è ricco di significati, infatti nel linguaggio comune assume accezioni
differenti: per alcuni il vocabolo lo si è associato al trapezista, per altri al cacciatore,
al controllo, infine per altri ancora all’aiuto. È un’immagine penetrante che richiama
alla nostra mente diverse condizioni: salvataggio (sostenuto dalla rete),
abboccamento (pescato con la rete), prigionia (incastrato nella rete), o come lo
definisce Di Nicola “la rete: metafora dell’appartenenza”.
Nel campo sociale, ambito che a noi interessa maggiormente, il concetto è andato
progressivamente diffondendo, infatti “parliamo di rete intorno alla persona e tra le
persone, rete positiva o vincolo, che può danneggiare, aiutare imbrigliare
l’autonomia del soggett”.16
Il termine rete comincia ad essere usato a partire dalla seconda metà degli anni
Cinquanta, è un costrutto sociologico, e viene utilizzato “per rappresentare il tessuto
di contatti e rapporti che la persona costruisce intorno a sé nella quotidianità”17.
L’antropologo Barnes definisce la rete come un insieme di punti (rappresentate dalle
persone) collegati da linee (le interazioni tra queste esistenti), il vocabolo, evoca
pertanto il tessuto di rapporti e di legami in cui le persone si trovano inserite.
La relazione è una realtà sovraindividuale, la rete è una realtà sovrarelazionale18. La
rete è un insieme di persone che interagiscono, entro una struttura leggera, in maniera
relativamente libera. Ogni soggetto dispone, quindi, di una “mappa” di
comunicazioni possibili, nelle quali è posto a pari livello con tutti gli altri, poiché la
rete non è gerarchica.
Le relazioni nonostante siano fluide possono “condensarsi” in alcuni punti per
costituire dei sistemi (ad esempio, nella rete, le relazioni con la famiglia possono
15SANICOLA L., L’intervento di rete, Liguori Editore, Napoli, 1994
16FERRARIO F., Il lavoro di rete nel servizio sociale, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1993,
pag.17
17FERRARIO F., Il lavoro di rete nel servizio sociale, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1993,
pag.18
18FOLGHERAITER F., Teoria e metodologia del servizio sociale: prospettiva di rete, Angeli, Milano,
2000 pag .268
19
costituire un sistema perché rimangono, generalmente, fisse e immutate nel tempo),
per questo considereremo l’idea di rete come più generale rispetto a quella di sistema
in quanto:
• un sistema si fissa in un ambiente, perché, per costruire la sua identità, ha
bisogno di confini definiti e stabili, mentre una rete è dinamica, perché continua
a modificarsi, farsi e disfarsi nel corso delle relazioni.
• Un sistema, guarda all’indietro, a ciò che è stato costruito, mentre una rete si
proietta nel futuro, guarda a ciò che potrà realizzare. La trama delle relazioni
esistenti nella rete acquista, infatti, senso solo nella prospettiva di ciò che potrà
succedere.
• La rete è una struttura debole perché “immaginata”, definita, di volta in volta,
dall’osservatore. Talvolta, i suoi stessi membri non sono coscienti di farne parte.
I membri di un sistema sono maggiormente coscienti di farne parte e di
contribuire a costituirne l’identità.
Tutti noi facciamo parte di una rete (micro o macro) di relazioni che, a seconda delle
circostanze, diventa anche rete di sostegno, la quale è capace di affrontare i diversi
bisogni emergenti attivando una pluralità di risorse.
Possiamo classificare i bisogni a seconda che essi siano di tipo:
− personali, legati all’individuo (ad esempio: lavoro, salute, ecc.) ;
− bisogni legati alla struttura di appartenenza del soggetto (ad esempio: se
parliamo di struttura familiare è importante distinguere i bisogni della famiglia
formata da genitori con due figli, o da due anziani, o ancora da una costituita da
un genitore divorziato e figli, ecc.) ;
− bisogni legati alle condizioni socio-economiche;
− bisogni legati all’organizzazione interna del sistema relazionale (ad esempio:
sempre facendo riferimento al caso della famiglia, occorre distinguere i bisogni
della stessa con moglie-madre casalinga da quelli nella quale questa ultima
lavora)
La rete è capace di risolvere i problemi in maniera sempre differente, infatti a
seconda del tipo di bisogno, si può costruire una risposta di rete utilizzando risorse:
− personali, di ogni singolo membro del sistema relazionale;
− socio-economiche;
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