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1. L’AZIENDA
L’attività oggetto del presente elaborato è stata svolta nelle sedi dell’Azienda Walvoil, di
Reggio Emilia.
Walvoil è uno dei principali produttori mondiali di valvole oleodinamiche e di sistemi
meccatronici completi per il mercato del macchinario mobile (macchine movimento terra, macchine
agricole, macchine per movimentazione a distanza, gru da camion, sistemi di ribaltamento cassone,
veicoli compattazione rifiuti, ecc.).
Sviluppa e realizza prodotti e sistemi per controllare idraulicamente ed elettronicamente ciò
che ruota attorno al movimento; possiede competenze in evoluzione costante, operando in settori e
mercati diversi, su scala globale, grazie anche alle varie sedi estere.
Tutte le attività di ricerca, sviluppo, industrializzazione e produzione dei componenti Walvoil
sono realizzate all’interno dell’Azienda stessa, che detiene quindi il know-how di tutte le fasi di
progetto e processo per la continua innovazione della sua gamma di prodotti.
Fig.1.1 Sede centrale di Walvoil, a Reggio Emila
La gamma di prodotti Walvoil spazia su tutto quello che è interfaccia uomo-macchina e
gestione della potenza idraulica, cioè ciò che sta tra la pompa (che genera la potenza idraulica) e gli
attuatori (motori e cilindri): distributori monoblocco (più economici) e componibili (più flessibili),
blocchi valvole, elementi logici, cursori, valvole di massima pressione, valvole di non ritorno,
valvole regolatrici di portata, valvole elettriche proporzionali, deviatori di flusso, valvole a
cartuccia, valvole di blocco, servocomandi idraulici, impugnature, “joystick” con pulsanti e “roller”,
centraline elettroniche di comando complete di cablaggio, software di configurazione ed interfaccia
PC.
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Fig.1.2 Panoramica di alcuni prodotti Walvoil
Le attività oggetto dell’elaborato sono state svolte nell’ambito del Reparto Sperimentale
(“Walvoil Test Department” – WTD,), inquadrato all’interno dell’area Sviluppo Prodotti di Walvoil
e laboratorio accreditato della Rete Alta Tecnologia dell’Emilia Romagna. Questo reparto è una
delle divisioni più caratterizzanti dell’Azienda, che sviluppa internamente tutti i nuovi prodotti,
realizzando anche molte personalizzazioni in “co-design” con i grandi clienti OEM (Original
Equipment Manufacturer).
Fig.1.3 Alcune immagini del Reparto Sperimentale (WTD) in cui sono svolti test a fatica idraulica, meccanica e
le attività di caratterizzazione delle prestazioni di ogni prodotto.
Nel Test Department operano a tempo pieno 17 addetti, in una struttura di 2000 m
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(più 3 aree
esterne di prova veicoli) interamente dedicata al “testing” ed alla validazione sperimentale dei nuovi
prodotti; le principali tipologie di test riguardano la caratterizzazione delle prestazioni e della durata
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dei prodotti in fase di sviluppo, ma si svolgono anche attività dedicate alla ricerca e
all’approfondimento di metodologie di test, come nel caso del lavoro qui presentato, di seguito
descritto.
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2. PREMESSA SULLA PROBLEMATICA AFFRONTATA
I test effettuati in questo tirocinio sono una conseguenza dell’attività di ricerca di Walvoil per
identificare un metodo di calcolo che fosse in grado di supportare, in fase di progettazione, le
simulazioni FEM di sollecitazioni di componenti oleodinamici sottoposti a test a fatica con
pressione pulsante in presenza di intagli che inducono fenomeni di concentrazione degli sforzi.
Di seguito vengono riassunti dei documenti preliminari da cui sono partito per il mio progetto
di tesi, i nomi dei documenti sono riferimenti interni all’azienda, per privacy ne ho solo riportato
numero e data:
Tesi in ingegneria Meccanica di Cocconcelli del 2002
La Walvoil voleva utilizzare al meglio i materiali che impiega nella propria produzione, in
particolare voleva acquisire conoscenza specifica sul comportamento a fatica della ghisa che
normalmente utilizza nella produzione dei corpi dei distributori.
Obiettivo del lavoro svolto è stato quello di porre le basi perché sia stato possibile, dare
risposta a questa esigenza, in particolare si è progettato un banco prova per prove di fatica e una
metodologia di prova.
Si riportano alcuni estratti delle conclusioni della tesi:
’’. Per quantificare lo stato tensionale di alcune zone individuate come critiche del blocco
sono state condotte alcune analisi agli elementi finiti, in particolare dove si hanno intersezioni di
condotti, e si è cercato di ottimizzare la geometria al fine di ridurre le concentrazioni di tensione,
sulla base dei risultati del F.E.M. il blocco è stato verificato a fatica per vita infinita...’’
‘’…e sono stati condotti i primi test i quali hanno confermato la possibilità di poter condurre
prove con frequenze di 10 Hz per oggetti di volume interno contenuto come i provini appunto...’’
0125/2005
La scheda di collaudo è parte di un progetto in atto con Casappa e l’Università di Parma
concernente lo studio di una metodologia per la progettazione a fatica di materiali di interesse
idraulico, ghise ed allumini.
Una prima stesura di tale metodologia, già peraltro supportata da prove sperimentali (flessione
rotante) condotte su provini, necessitava di una validazione più concreta e realistica.
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Per il raggiungimento di questo obiettivo era necessario raccogliere una moltitudine di dati
sperimentali su corpi soggetti ad un ciclo di fatica idraulica.
Le prove da eseguire non erano ancora terminate, furono proseguite nel dipartimento
dell’Università di Parma in cui è venne trasferito il banco di collaudo.
Solo al termine di tutte le prove previste si potrà stendere un documento conclusivo in cui
verranno analizzati e interpretati dettagliatamente i risultati ottenuti.
0050/2009:
Era noto, per esperienza diretta, che in presenza di intagli marcati l’analisi FEM portava a
risultati di valori di tensione non tollerabili dai materiali impiegati (principalmente ghisa grigia
GJL300), ma che tali previsioni non trovavano poi riscontro in test reali, in quanto i prodotti testati
superavano indenni il milione di cicli richiesti.
Mentre in UNIPR si metteva a punto e si validava anche sperimentalmente il “Metodo del
gradiente” in Walvoil emergevano due necessità contrastanti: da un lato la richiesta di effettuare test
di fatica sempre più rapidi (frequenze sempre più alte, possibilmente fino a 20 Hz), per ridurre il
time to market dei nuovi progetti e fornire ai clienti risposte tecniche in tempi sempre più brevi,
dall’altro la necessità di validare prodotti in conformità a standard internazionali, come richiesto dai
clienti, con la complicazione che tali standard (NFPA, ISO) impongono o suggeriscono di non
superare i 3 Hz come frequenza di prova per involucri metallici sottoposti a fatica tramite pressione
pulsante.
Per rispondere a queste esigenze Walvoil e Casappa si sono equipaggiate nel 2007 con 3
banchi a fatica ad alta frequenza (HF, fino a 20 Hz) con elettronica di controllo avanzata, cedendo
ad UNIPR il banco sperimentale sviluppato in Walvoil con tesisti nel 2002-2004.
Idee diffuse in Azienda erano:
1) che fino a qualche decina di Hz non vi fosse una influenza marcata della frequenza di prova
sull’esito dei test.
2) che se un numero significativo di campioni superava i 10
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cicli a fatica il prodotto poteva
essere considerato progettato per vita infinita.
Dall’esito dei primi test e da ricerche nella recente letteratura è invece emerso che,
particolarmente per materiali disomogenei come la ghisa grigia, la frequenza di prova ha effetto
sulla durata a fatica dei campioni (“frequency dependent materials”, Pook ed altri) e che rotture a
fatica possono avvenire anche dopo 10
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, 10
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o addirittura 10
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cicli (“gigacycle fatigue”, Murakami).
Si è pensato di sfruttare i test per la messa a punto del metodo del gradiente in corso in
UNIPR ad 11,80 Hz sui cappellotti, affiancandoli con test estensivi condotti a 7,50 Hz ed a 3,00 Hz
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sullo stesso lotto di cappellotti in prova in UNIPR (stesso materiale, stesso fornitore, stesso lotto di
produzione, stesso lotto di lavorazione).
Tesi in Fisica di Dolcin. (A.A. 2010-2011)
Individuazione di un procedimento sperimentale con cui verificare ad alta frequenza di
sollecitazione la vita a fatica di componenti oleodinamici.
I dati raccolti permettono di fornire delle risposte alle domande, sorte in Walvoil e
precedentemente riportate, che sono state all’origine del presente lavoro. In particolare:
1) Contrariamente a quanto precedentemente dato per scontato in ambito oleodinamico, la
frequenza di prova alla quale si sollecita un componente in ghisa influisce sul risultato!
2) I risultati mostrano che, tendenzialmente, maggiore è la frequenza di prova, maggiore il
numero di cicli sopportati dai campioni prima di giungere a rottura (mediamente). La correlazione
non è lineare, ma di questo risultato si può tener conto nella sperimentazione.
3) L’origine di questo fenomeno fisico va presumibilmente ricercata negli aspetti
microscopici che regolano il fenomeno della propagazione delle cricche, particolarmente complesso
in un materiale come la ghisa grigia, che presenta delle anisotropie localizzate dovute alle inserzioni
lamellari di grafite in una matrice reticolare completamente perlitica.
Per sfruttare gli esiti di questi test nelle attività sperimentali quotidiane del Test Department di
Walvoil, si è cercato un modello per esprimere (almeno in forma qualitativa ed in prima
approssimazione) la correlazione trovata tra il numero di cicli a fatica sopportati dai campioni in
prova e frequenza della prova stessa.
Per 27 diversi valori particolari di numeri di cicli (dati dagli esiti dei test) con i dati raccolti a
3,0, 7,5 e 11,8 Hz si è realizzata una serie di curve di “fattori demoltiplicativi”, con i quali
correggere i cicli fatti a frequenze elevate per riportarsi a quelli che dovrebbero essere gli esiti dello
stesso test, condotto però alla frequenza limite di normativa di 3 Hz.
I coefficienti possono essere dedotti dai grafici a dispersione ottenuti con coordinate a linee
smussate, riportati nella pagina successiva.
L’utilizzo del normogramma che ne deriva può essere spiegato più semplicemente attraverso
la descrizione di un esempio applicativo tipico, come il seguente:
Numero di cicli da effettuare per validare il prodotto: 1.000.000.
Frequenza di prova: 8,5 Hz.
Muovendoci sul grafico tra la curva “verde brillante” dei 947.244 cicli e quella “gialla” dei
1.182.888 cicli, alla frequenza di 8,5 Hz si trova un valore del coefficiente moltiplicativo di circa
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1,17; questo significa che il campione dovrà superare 1.170.000 cicli ad 8,5 Hz per essere validato
per 1.000.000 di cicli alla frequenza “da normativa” di 3 Hz.
Se poi il campione si rompe dopo soli 500.000 cicli, ci si muove sul grafico lungo la linea “blu” dei
486.426 cicli, fino a trovare il valore di 1,25 ad 8,5 Hz. Dividendo i cicli compiuti alla rottura per
questo coefficiente, si può affermare che il campione, alla frequenza di 3 Hz, si sarebbe rotto dopo
soli 400.000 cicli circa!
Fig.2.1 Rapporti demoltiplicativi per il calcolo dei cicli effettivi alla rottura in funzione della frequenza di prova
La motivazione di questa dipendenza della vita a fatica di un campione dalla frequenza alla
quale viene testato può essere ricercata nel fatto che quando si genera una microfrattura e questa
comincia a propagarsi, la deformazione diviene da elastica a plastica, quindi l’energia di ogni
singola sollecitazione diviene un parametro importante. Tale energia è proporzionale alla durata
effettiva della sollecitazione, che è maggiore alle basse frequenze di prova (periodo più lungo).
Per i pezzi aventi una breve vita a fatica il numero di cicli compiuti durante la propagazione
della frattura è percentualmente molto significativo, quindi le differenze indotte dalla frequenza di
prova sono molto evidenti, mentre tendono a scomparire per vite di alcuni milioni di cicli.
Prosecuzione dell’attività e nuovi sviluppi:
Ripetizione dell’esperienza su altri materiali di interesse oleodinamico, per acquisire la
necessaria competenza nell’esecuzione di test a fatica in alta frequenza.