2
Seguendo queste direttive, il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite
(UNDP) ha tradotto le intuizioni seniane nella elaborazione della teoria dello
sviluppo umano. Le scelte possono essere infinite e cambiare nel tempo. Ma
a tutti i livelli di sviluppo, le tre scelte essenziali per la gente sono vivere
un’esistenza lunga e sana, acquisire conoscenze ed accedere alle risorse
necessarie per un dignitoso tenore di vita. Se queste scelte non sono
disponibili, molte altre opportunità rimangono inaccessibili. Si tratta di una
terna di capacità basilari. A queste tre dimensioni si ricollega un insieme di
capacità fondamentali per la vita umana: la longevità riflette la capacità
di vivere a lungo e in buona salute ed è indicativa delle condizioni di vita
materiale di ogni individuo come l’alimentazione, la sanità, la copertura dei
servizi di base, l’abitazione; le conoscenze e l’istruzione esprimono la
capacità dell’individuo di comunicare e di partecipare alla vita della
comunità; l’accesso alle risorse è rappresentativo di uno standard di vita
decente e vuole essere espressione di quelle dimensioni dello sviluppo
umano diverse dalla longevità e dalle conoscenze. L’orientamento pratico e
pragmatico dei Rapporti dell’ONU ha portato alla ricerca della traduzione di
queste considerazioni teoriche in un aggregato numerico, l’Indice di
Sviluppo Umano (HDI), che ha permesso di ottenere una classifica mondiale
dei Paesi, i cui punteggi (nel range da 0 ad 1) dipendono
dalla speranza di vita alla nascita (il cui indice di misurazione, per ciascun
Paese, esprime la sua posizione assoluta all’interno dei valori di minimo e di
massimo, determinati arbitrariamente dall’Ufficio del Rapporto sullo
Sviluppo Umano, e posti pari, rispettivamente, a 25 e 85 anni),
dal livello d’istruzione (il cui indice composto di misurazione è ottenuto per
ponderazione di due altri indici, il tasso di alfabetizzazione adulta, con peso
2/3, ed il rapporto lordo di iscrizione congiunto alle scuole di livello
primario, secondario e terziario, con peso 1/3, entrambi calcolati a valori
percentuali) e dal reddito pro capite reale in Parità di Potere d’Acquisto
3
(PPA$), il quale rientra nel calcolo dell’HDI come un surrogato di tutte le
altre dimensioni dello sviluppo umano che non si riflettono in una lunga e
salutare vita e nella conoscenza, sull’assunto che per raggiungere un
rispettabile livello di sviluppo umano non c’è bisogno di un reddito
illimitato. Per riflettere questo pensiero il reddito viene scontato
calcolandone il logaritmo, poiché si ipotizza che abbia una capacità
marginale decrescente di soddisfare i bisogni basilari, all’interno di un range
di valori pro capite, compresi tra 100 e 40.000$.
Ciascuna delle tre componenti, nel giungere al calcolo dell’HDI, è ponderata
con peso pari a 1/3. Il grado di importanza tra le variabili può essere diverso,
ma trattandosi del minimo vitale è per ognuna di esse così elevato da
impedirne il confronto reale. La complementarietà, in questo caso, supera
nettamente la supplementarietà. La metodologia di calcolo dell'HDI è, per
scelta deliberata degli autori del rapporto, molto semplice. I fattori di cui si
compone misurano i funzionamenti medi acquisiti, intesi come
approssimazioni del livello di capacità basilari. L’obiettivo da raggiungere è
la misurazione di un fenomeno non osservabile direttamente, lo sviluppo
umano, definito teoricamente come “processo di ampliamento delle scelte
della gente”. Esprimere numericamente i funzionamenti acquisiti da una
popolazione rispetto alle capacità elencate implica necessariamente una
serie di imprecisioni e arbitrarietà che il ricercatore può cercare di
minimizzare, ma non eliminare. Rispettando questi criteri, per ogni capacità
sono rimaste applicabili poche statistiche fra le innumerevoli esistenti.
Tentativi ulteriori d’integrazione del contenuto informativo delle contabilità
nazionali, superando, in parte, le lacune ancora presenti nell’HDI, si
ritrovano nell’Indicatore di Progresso Reale (GPI), incentrato,
essenzialmente, sul concetto dello sviluppo sostenibile (esprimibile in
termini di equità intragenerazionale ed equità intergenerazionale); ma per
l’elevato numero di variabili proxy cui fa ricorso e la modesta produzione
4
statistica di supporto, esso rende difficoltoso ogni tentativo di
approfondimento, limitandosi a porre solo le best practice necessarie ad
individuare un modello condivisibile di indagine che muova in tal senso.
Superficialmente può sembrare che lo sviluppo umano si occupi soltanto
dell’equità intragenerazionale, poichè incentrato sull’ampliamento delle
scelte delle persone attualmente viventi, e quindi che lo sviluppo sostenibile
inglobi lo sviluppo umano. Ma lo sviluppo umano in se costituisce già una
garanzia di migliore benessere nel futuro: l’ampliamento delle capacità della
gente non è dispersa nel tempo e costituisce anzi il presupposto del
progresso futuro. Si tratta del riconoscimento della necessità di perseguire
contemporaneamente un modello di sviluppo orientato all’espansione delle
capacità delle persone e alla conservazione (o ampliamento) delle
opportunità per le generazioni future.
Proseguendo nell’analisi del presente lavoro, dopo aver trattato di quegli
indicatori che in un futuro prossimo potranno integrare il PIL, nel contenuto
informativo proprio delle contabilità nazionali, uno sguardo molto
approfondito viene dedicato, infine, alle attuali vicende europee in tema di
bilancio pubblico ove il tema della crescita e l’uso del PIL quale indicatore-
guida trova una propria sintesi nelle Politiche Regionali di Coesione, le cui
innovazioni, alla base delle prospettive finanziarie destinate al ciclo che
andrà dal 2007 al 2013, sono state spinte fortemente dall’entrata di nuovi
Paesi. È la quarta serie di prospettive finanziarie, dopo il pacchetto “Delors
I” (1989-1993), il pacchetto “Delors II” (1994-1999) ed “Agenda 2000”
(2000-2006), nel cui quadro è stato adottato l’accordo in corso. Nelle prime
fasi, i Fondi non erano visti che come flussi compensativi dell’integrazione.
Man mano che questa si è perfezionata, i trasferimenti si sono differenziati:
una parte è stata destinata a compensare le disparità tra le regioni, un’altra si
è impegnata sul fronte dei divari sociali; anche le modalità di intervento si
sono ampliate, nel contesto delle politiche di allocazione delle risorse e di
5
stabilizzazione di lungo termine, entrando a far parte delle cosiddette
politiche strutturali. Le recenti prospettive ribadiscono quali principi guida
della coesione l’efficacia, l’efficienza e lo sviluppo di sinergie, nell’ambito
della riforma degli obiettivi, che saranno dedicati a Convergenza,
Competitività e Cooperazione. In una valutazione d’insieme, si possono
sottolineare due aspetti: in primo luogo, il bilancio dell’UE manterrà nei
prossimi sette anni la stessa composizione di quello precedente, con oltre il
42% delle spese all’agricoltura e il 35% ai fondi strutturali; in secondo
luogo, l’auspicabile riequilibrio a favore delle spese per la crescita e la
competitività e le nuove azioni in materia di sicurezza interna ed esterna non
c’è stato e la promessa di una revisione fondamentale a partire dal 2008
suona poco convincente, vista l’intangibilità della spesa agricola fino al
2013.
Al momento, le tappe da segnare riguardano l’approvazione, quanto prima,
delle proposte di Regolamento, relative ai Fondi strutturali e di coesione,
onde sfruttare al massimo il tempo disponibile per preparare i nuovi
programmi. A quel punto, la Commissione sottoporrà all’approvazione del
Consiglio la versione definitiva delle linee guida della strategia comunitaria
per la coesione (Orientamenti strategici comunitari). In base alle linee guida
strategiche saranno elaborati i Quadri Strategici Nazionali (QSN), che a loro
volta determineranno le priorità contenute nei Programmi Operativi.
È quindi indispensabile attenersi al calendario fissato per l'adozione dei
regolamenti relativi ai Fondi strutturali e di coesione 2007-2013, per poter
disporre nel corso del 2006 di un periodo di programmazione
sufficientemente lungo, e inaugurare dal 1° gennaio 2007 l’avvio dei
progetti inerenti la nuova programmazione.
6
CAPITOLO 1
Il PIL al centro della Politica di Coesione dell’UE
PARTE I – La Coesione Economica e Sociale: la politica regionale negli
anni 1989-2006
Introduzione
La finalità dell’UE
1
va oltre una distribuzione equilibrata di perdite e
guadagni dell’integrazione: l’obiettivo esplicito è la riduzione delle
disparità
2
. Le conseguenze di uno sviluppo sbilanciato dell’Europa non
ricadono soltanto sulle regioni povere, ma anche su quelle ricche, che
vedono ridursi le possibilità di allargare il proprio mercato, e subiscono gli
effetti di un rallentamento del tasso di crescita. Le politiche d’intervento
dell’UE non vanno a vantaggio di tutto il territorio, ma si concentrano sulle
aree che ne hanno maggiore necessità, trattandosi di politiche soprattutto
regionali. Il sistema adottato è quello di sussidi diretti a fini specifici, che
permettono all’UE di stabilire non solo il tipo di progetto ma anche la sua
locazione. La creazione di una politica di questo tipo si è affermata molto
gradualmente. Solo con l’AUE
3
, prima, e il Trattato di Maastricht
4
, poi, è
nato un impegno alla coesione da parte degli Stati membri, fondato sul
principio di sussidiarietà
5
, destinato ad impedire l’intervento dell’UE nei
casi in cui un obiettivo possa essere adeguatamente realizzato dai Paesi
interessati. Di conseguenza, le autorità nazionali sono diventate le uniche a
1
UE: Unione Europea (EU – European Union).
2
“Trattato che istituisce la Comunità Europea” (Trattato di Roma del 25 marzo 1957), Preambolo,
“SOLLECITI…”, Versione consolidata, 24 dicembre 2002.
3
AUE: Atto Unico Europeo (Single European Act – SEA); firmato all’Aia (Paesi Bassi) tra il 17 ed il 28
febbraio 1986 ed entrato in vigore l’01 luglio 1987, modifica il Trattato di Roma.
4
“Trattato sull’Unione Europea” (Trattato di Maastricht del 07 febbraio 1992); instaurò formalmente
un’Unione tra i Paesi sottoscrittori, sostenuta da tre pilastri: il primo raggruppa le tre Comunità già esistenti
(CEE, CECA, EURATOM); il secondo si occupa di Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC);
l’ultimo mira all’armonizzazione della legislazione in materia di Giustizia ed Affari Interni (GAI).
5
V. art. 5 del Trattato (s’intende il Trattato CE firmato a Roma nel ’57).
7
selezionare i singoli progetti da finanziare con i Fondi strutturali e a
garantirne l’attuazione.
Non esiste ancora una definizione precisa del termine coesione
6
. Però se ne
può ricavare una osservando le politiche ideate per attuarla. La si raggiunge,
infatti, solo quando le disparità sociali ed economiche tra gruppi o regioni
dell’UE siano politicamente e socialmente tollerabili
7
. La politica di
coesione, quindi, può essere definita come un insieme di misure dirette a
raggiungere la convergenza dei parametri economici e sociali dei Paesi
membri. Nel tempo, all’interno dell’UE il livello di integrazione è cresciuto
continuamente, iniziando da un’unione doganale
8
, passando attraverso il
MUE
9
, e stabilizzandosi, per il momento, sull’UEM
10
. Nelle prime fasi, i
Fondi non erano visti che come flussi compensativi, vale a dire trasferimenti
netti da parte dei paesi maggiormente favoriti a quelli che non traevano
benefici significativi dall’integrazione. Man mano che l’integrazione si è
perfezionata, i trasferimenti si sono differenziati: una parte è stata destinata a
compensare le disparità tra le regioni, un’altra si è impegnata sul fronte dei
divari sociali. Anche le modalità di intervento si sono ampliate, rendendo
possibile agire a favore dei progetti generici di una regione, di un gruppo di
soggetti, o più specificamente finanziando un particolare programma. In
questo modo, gli schemi adottati rientrano sempre più nel contesto delle
politiche di allocazione delle risorse e di stabilizzazione di lungo termine,
entrando a far parte delle cosiddette politiche strutturali. Gli interventi volti
a sanare i divari sono diversi, a seconda delle particolari mancanze di
ciascuna regione, che spesso si combinano tra loro, aggravandosi.
I contesti che ricorrono più frequentemente sono due. Il primo è quello che
ha come protagoniste le regioni da sempre in ritardo nello sviluppo, ancora
6
Crf.: Titolo XVII del Trattato, artt. 158 ss., vers. consolidata, 2002.
7
F. Boccia, R. Leonardi, E. Letta, T. Treu, I Mezzogiorni d’Europa, Il Mulino, Bologna, 2003.
8
I dazi doganali tra i Paesi della CEE sono stati soppressi del tutto solo il 1° luglio 1968.
9
MUE: Mercato Unico Europeo (Economic European Area - EEA); istituito dall’AUE, ha avuto inizio l’01
gennaio 1993, prevedendo la libera circolazione di persone, servizi, merci e capitali.
10
UEM: Unione Economica e Monetaria; comprende i 12 Paesi dell’UE che adottano l’euro.
8
molto legate all’agricoltura. Spesso si trovano nelle aree meridionali
dell’UE, hanno legami periferici con il centro del Paese, infrastrutture
insufficienti, mancanza di servizi adeguati e scarsità di lavoro qualificato. Il
principale indicatore di arretratezza, in questo caso, è il PIL pro capite,
troppo basso rispetto alle altre aree.
Altre regioni, invece, devono la loro condizione al declino industriale. Ciò
significa che esse non sono sempre state in una posizione arretrata, anzi,
spesso sono state il motore dello sviluppo, proprio e delle regioni che le
affiancano, ma in seguito non hanno saputo adeguarsi al mutare del contesto
nel quale operavano. In questo caso è necessario intervenire riconvertendo,
perché la manodopera è specializzata, ma in settori ormai obsoleti, mentre
servizi ed infrastrutture vanno adattati. In questo caso, il principale
indicatore del disagio è un elevato tasso di disoccupazione.
La prima istituzione europea, nel senso pieno del termine, fu la CECA
11
. Sul
piano finanziario, essa godette fin dall’inizio di autonomia grazie alla
titolarità di una risorsa propria sulla produzione dell’acciaio. La CEE nasce
priva di autonomia finanziaria, ma questa è raggiunta già negli anni ’70
12
.
Un anno dopo la firma del Trattato CE
13
fanno la comparsa i primi strumenti
concreti di sostegno alla coesione economica e sociale: la BEI
14
(1958), il
FSE
15
(1958), a cui successivamente si affiancò il FEAOG
16
(1962/64), quale
11
CECA: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio; istituita con Trattato firmato a Parigi il 18 aprile
1951 tra sei Paesi europei (Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Repubblica Federale Tedesca
(RFT).
12
Con la firma del Trattato di Lussemburgo, il Consiglio approva la graduale introduzione di un sistema di
risorse proprie, 22 aprile 1970.
13
CE: Comunità Europea (European Community – EC); con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht,
questa sigla designa quella che in origine si chiamava CEE (Comunità Economia Europea).
14
BEI: Banca Europea degli Investimenti (European Investment Bank – EIB); è un ente senza scopo di
lucro che agevola il finanziamento, erogando prestiti a tassi agevolati.
15
FSE: Fondo Sociale Europeo (European Social Fund – ESF); per disposizione dell’art. 146 del Trattato,
divenne lo strumento finanziario della politica sociale comune per la lotta alla disoccupazione.
16
FEAOG: Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia (European Agricultural Guidance and
Guarantee Fund – EAGGF); si compone di due sezioni, quella di Garanzia (– G) istituita con GU n.30 del
24 aprile 1962, pag. 992/62, e quella di Orientamento (– O), istituita con Regolamento n.17/64/CEE del 5
febbraio 1964.
9
base della PAC
17
. La crisi che colpì tutti i Paesi nel corso degli anni ’70,
insieme alle necessità del Primo Allargamento
18
, spinse a rivedere
l’organizzazione dei Fondi, rendendoli più articolati. Al vertice di Parigi
19
si
rinnovò l’impegno a promuovere maggiormente la politica di coesione,
aumentandone anche gli stanziamenti. Venne istituito il FESR
20
(1975), un
nuovo strumento per gestire gli interventi alle regioni più povere, frutto di un
compromesso tra le numerose esigenze dei Paesi partecipanti. I Fondi, a
questo punto, da mero strumento per la risoluzione degli squilibri nello
sviluppo divennero anche il metodo con il quale arrivare alla convergenza.
Strumento perché rappresentavano il finanziamento del riequilibrio da parte
dei Paesi più ricchi, impegnando oltre un terzo del bilancio della Comunità,
e metodo o politica per lo sviluppo, nel quale la partecipazione dei vari
livelli istituzionali serviva a definire i progetti di sviluppo e la loro
attuazione. Nel 1986, con la firma dell’Atto Unico, si avvia il
riconoscimento formale delle politiche regionali ed una vera e propria
politica di coesione a favore del sud dell’Europa e delle regioni meno
prospere, ponendo le basi per la realizzazione del Mercato Comune. Ciò
avrebbe prodotto maggiore competitività tra gli Stati membri e stimolato gli
investimenti. Questi, però, rischiavano di essere indirizzati verso le aree già
in grado di competere, accentuando la divergenza. Per questo motivo la
Commissione auspicava, al tempo stesso, il pieno utilizzo delle risorse a
disposizione dei Fondi strutturali e il rafforzamento di tale strumento. La
politica di coesione passò dagli Stati alle istituzioni comunitarie, prima fra
tutte la Commissione.
17
PAC: Politica Agricola Comune (Common Agricultural Policy – CAP); è un sistema di pagamento di
aiuti diretti agli agricoltori ovvero di acquisto e immagazzinaggio di prodotti per sostenere i prezzi.
18
Primo Allargamento: Danimarca, Irlanda e Regno Unito aderiscono alle Comunità Europee, 01 gennaio
1973.
19
Al vertice di Parigi, i capi di Stato e di governo definirono nuovi campi di azione della Comunità (relativi
alle politiche regionali, ambientali, sociali, energetiche e industriali), ribadendo la scadenza del 1980 per la
realizzazione dell'UEM, 19 – 21 ottobre 1972.
20
FESR: Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (European Regional Development Fund – ERDF).
10
La strada che ha portato all’insieme di politiche strutturali che oggi
conosciamo è iniziata alcuni decenni fa, ma l’ingresso dei nuovi Stati e le
prospettive di un ulteriore allargamento verso est, e non solo, fanno sì che il
percorso non si possa dire concluso, ma in continua evoluzione.
1. Gli anni dal 1989 al 2006
Nel febbraio 2004 la Commissione ha adottato il Terzo Rapporto sulla
Coesione Economica e Sociale
21
, contenente gli sviluppi ottenuti sino al
periodo di programmazione in corso, nella quale è stato proposto un nuovo
partenariato a sostegno dei valori-obiettivo di Convergenza, Competitività e
Cooperazione all’interno dell’UE. In conformità a quel documento e alle
nuove esigenze emerse nel frattempo, la Commissione stessa ha pubblicato,
nel luglio seguente, una proposta dei nuovi strumenti da utilizzare nel
periodo 2007-2013
22
. È la quarta serie di prospettive finanziarie
23
, dopo il
pacchetto “Delors I” (1989-1993), il pacchetto “Delors II” (1994-1999) ed
“Agenda 2000” (2000-2006), nel cui quadro è stato adottato l’accordo in
corso.
La finanza pubblica è un aspetto della sovranità. Nel quadro europeo, essa è
il settore in cui il principio di sussidiarietà si è realizzato in modo più
incisivo; la definizione del bilancio comunitario è frutto di un processo
partecipato, in cui intervengono gli Stati membri (riuniti nel Consiglio
Europeo
24
), la Commissione e il Parlamento europeo.
¾ Programmazione finanziaria 1989-1993: Delors I.
21
COM 2004/107, Comunicazione della Commissione Europea, “Un nuovo partenariato per la coesione:
Convergenza, Competitività, Cooperazione”, 18 febbraio 2004.
22
E’ il cd. “Pacchetto Legislativo”; vedi le note nn. 77 – 81.
23
Trattasi di quadri finanziari a medio termine, previsti con la riforma Delors del 1988, nel cui rispetto si
inserisce il bilancio annuale dell’UE, quale atto che autorizza ogni anno il finanziamento dell’insieme
delle attività e degli interventi comunitari.
24
Si faccia attenzione a non confondere il Consiglio Europeo, quale espressione della partecipazione di
tutti gli Stati membri alle materie a cui sono chiamati ad esprimersi e ad intervenire, e il Consiglio dell’UE,
che è invece un organo proprio dell’apparato istituzionale dell’Unione.
11
L'Atto Unico Europeo rese necessaria una prima riforma dei meccanismi
finanziari per inserirli in un quadro organico di solidarietà tra gli Stati
membri, mirante allo sviluppo armonioso della Comunità.
Le proposte di riforma necessarie al raggiungimento degli obiettivi
dell’AUE furono presentate alla Commissione, ancora prima che l’Atto
entrasse in vigore, attraverso le misure del Pacchetto Delors
25
. Esso
consente l’avvio di politiche di tipo esplicitamente redistributivo e spese
strutturali finalizzate a sostenere la convergenza economica. E’ riconosciuto
unanimamente come un punto di svolta della finanza europea. Il metodo
introdotto dal “Delors I” sarà confermato per le programmazioni finanziarie
successive.
Il bilancio europeo era stato fino ad allora definito annualmente, e ciò aveva
dato spazio a misure ad hoc, frutto di pressioni ed esigenze contingenti, a
scapito della possibilità di perseguire disegni di più ampio respiro, proiettati
nel medio termine. L’introduzione di una programmazione di spesa
pluriennale aumenta l’importanza del bilancio europeo, che inizia ad
assumere il significato di bilancio federale quadro, entro cui si collocano le
scelte fondamentali condivise per concretizzare una governance
26
europea. Il
bilancio europeo diviene così strumento di politica europea, superando la
dimensione essenzialmente gestionale fino ad allora mantenuta. Questa
trasformazione implica una procedura di approvazione diversa, che privilegi
la ricerca del consenso rispetto al confronto mirato all’accaparramento delle
risorse da parte delle lobby. Questo obiettivo è perseguito dalla Presidenza
Delors
27
, con una accentuata politicizzazione del dibattito, con il
coinvolgimento degli Stati e delle istituzioni europee; esito di questa
innovazione è stato certamente l’accresciuto ruolo della Commissione,
25
COM 1987/100, “Portare l’Atto Unico al successo: una nuova frontiera per l’Europa”, Comunicazione
della Commissione al Consiglio, Presentazione al Parlamento europeo da parte del presidente Jacques
Delors, Strasburgo, 19 febbraio 1987.
26
Riguarda l'insieme delle regole, delle procedure e delle prassi attinenti al modo in cui i poteri sono
esercitati in seno all'UE.
27
Jacques Delors, economista e politico francese, fu presidente della Commissione dal 1975 al 1985.
12
orientata ad assumere con gradualità un ruolo di governo federale.
Le riforme introdotte sul fronte delle entrate sono state:
una riduzione del contributo al bilancio europeo derivante dal gettito
IVA. Questa fonte di finanziamenti è stata oggetto di critiche, nella
misura in cui può determinare una distribuzione degli oneri iniqua, a
danno dei Paesi più deboli; questo effetto distorsivo non è mai stato
provato in modo conclusivo, ma si poggia certamente su alcune
evidenze;
in alternativa al contributo al bilancio europeo derivante dall’IVA,
viene introdotta una nuova risorsa calcolata come percentuale del
PNL; l’aliquota è stabilità eguale per tutti i paesi membri, nel
massimale dell’1,20% del PNL comunitario.
Di peso ancora maggiore sono le riforme introdotte sul fronte delle spese:
si accoglie il meccanismo della programmazione pluriennale,
stabilendo il massimale degli impegni per ogni anno e per grandi
categorie di spesa, per tutta la durata del pacchetto finanziario;
è riformata profondamente la PAC, liberando risorse per lo sviluppo
di altre politiche;
è realizzata una riforma dei Fondi, funzionale agli impegni assunti
nell’AUE a favore di una coesione economica e sociale. In questo
modo, si modifica il meccanismo dei Fondi di Solidarietà,
denominati, d’ora in poi, Fondi Strutturali. Lo stanziamento
raddoppiò e si arrivò alla definizione di un ciclo di programmazione
che poté avvalersi di un numero superiore di programmi.
13
Tabella n.17 – Stanziamenti d’impegno per i Fondi Strutturali: ciclo finanziario 1989-1993.
Anni
Stanziamenti in milioni di ECU (prezzi al 1988)
1988 (extra ciclo) 7.684
1989 8.980
1990 10.280
1991 11.580
1992 12.900
1993 14.466
65.890
Fonte: elaborazione su dati Commissione Europea, DG Bilancio, “Le finanze pubbliche dell’UE”, 2002 & “I Rapporto sulla
Coesione”, 1996.
Questa prima riforma
28
definì con chiarezza i quattro principi di
finanziamento dei fondi, ovvero:
1. Concentrazione delle risorse e degli interventi su obiettivi prioritari, che
vengono individuati al fine di consentire uno sviluppo equilibrato delle
regioni europee;
2. Programmazione, ovvero definizione di un arco di medio termine per
l’implementazione di Piani
29
, anziché la loro realizzazione a progetto;
3. Partenariato o Concertazione, cioè compartecipazione da parte di
Commissione, Governi nazionali ed organismi regionali e locali
competenti all’interno di ciascuno Stato membro, dallo stadio
dell’elaborazione dei Piani fino all’attuazione degli interventi;
4. Addizionalità dei finanziamenti, secondo cui l’aiuto della Comunità non
deve mai sostituirsi all’impegno degli Stati nazionali, bensì integrarlo,
sommandosi.
28
Regolamento CE n.2052 del 24 giugno 1988 e Regolamenti di attuazione nn. 4253, 4254, 4255 del 19
dicembre 1988.
29
Sono Programmi di sviluppo pluriennali, elaborati in più fasi, concertati tra la Commissione e le
Autorità pubbliche, nazionali, regionali, locali e le parti economiche e sociali.
14
Tabella n.18 – Obiettivi previsti per il ciclo finanziario “Delors I” (1989-1993).
OBIETTIVO 1 Promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale
delle regioni il cui sviluppo è in ritardo.
OBIETTIVO 2 Riconvertire le regioni, le regioni frontaliere o parti di
regioni (compresi i bacini d'occupazione e le
comunità urbane) gravemente colpite dal declino
industriale.
OBIETTIVO 3 Lottare contro la disoccupazione di lunga durata.
OBIETTIVO 4 Facilitare l'inserimento professionale dei giovani.
A) accelerare l'adeguamento delle strutture agrarie.
OBIETTIVO 5
B) promuovere lo sviluppo delle zone rurali.
Fonte: elaborazione su dati Consiglio Europeo, REG. CEE n.2052/88, art. 1, 24 giugno 1988.
Tre degli obiettivi (1, 2, 5b) hanno carattere territoriale, gli altri (3, 4, 5a),
essendo caratterizzati per temi di intervento prioritario, riguardano il
territorio comunitario senza limitazione di aree.
La maggior parte delle risorse fu diretta al finanziamento dell’obiettivo 1:
Tabella n.19 – Ripartizione per Obiettivi delle risorse destinate alla Politica di Coesione nel
ciclo “Delors I” (1989-1993)
Ob. 1 Ob. 2 Ob. 3 & 4 Ob. 5a Ob. 5b Totale
Belgio - 214 344 149 33 740
Danimarca - 25 171 185 21 402
Germania 2.955 581 1.054 914 511 6.015
Grecia 7.528 - - - - 7.528
Spagna 10.171 1.506 837 321 265 13.100
Francia 957 1.225 1.442 1.409 874 5.907
Irlanda 4.460 - - - - 4.460
Italia 8.504 387 903 599 360 10.753
Lussemburgo - 12 11 29 3 55
Olanda - 165 405 122 33 725
Portogallo 8.450 - - - - 8.450
Regno Unito 793 2.015 1.502 374 132 4.816
CE-12 43.818 6.130 6.669 4.102 2.232 62.951
%
69,60 9,70 10,60 6,50 3,50 100,00
Fonte: elaborazione su dati Commissione Europea, “I Rapporto sulla Coesione”, Appendice statistica, tavola 25, 1996.
15
La ripartizione delle risorse tra i Fondi è successiva: solo dopo aver fissato
gli Assi prioritari di intervento, esse vengono assegnate. Gli Assi, a loro
volta, sono orientati al raggiungimento di Obiettivi Globali (uno per ogni
Asse), e di Obiettivi Specifici, ripartiti tra i vari Assi. Gli obiettivi specifici
per ogni Asse sono integrati da alcuni obiettivi trasversali a tutti gli altri. Gli
obiettivi specifici ispirano infine le Misure e le Azioni, articolate secondo le
esigenze regionali.
Grafico n.19 – Ripartizione percentuale delle risorse tra i Fondi Strutturali per il “Delors I”
(1989-1993).
FSE 31%
FESR 51,40%
FEAOG 17,60%
Fonte: elaborazione su dati Commissione Europea, I Rapporto sulla Coesione, Cap. 5 “Le politiche strutturali della
Comunità e la Coesione”, 1996.
• Il FESR
30
è nato con il compito di correggere i principali squilibri
regionali della Comunità, in particolare quelli risultanti dalla prevalenza
delle attività agricole, dalle trasformazioni industriali e da una
sottoccupazione strutturale. L’erogazione dei finanziamenti è concordata
direttamente dai governi nazionali.
30
Istituito con REG. CE n.724/75 e successivamente disciplinato con REG. CE n.1261/99. I settori di
intervento possono essere: trasporti, tecnologia delle comunicazioni, energia, ambiente, ricerca e
innovazione, infrastrutture sociali, formazione, recupero urbano e riconversione industriale, sviluppo rurale,
pesca, turismo e agricoltura.
16
• Il FSE
31
è nato per favorire l’inserimento lavorativo dei disoccupati e
degli appartenenti alle categorie svantaggiate, soprattutto attraverso
azioni di formazione e di sostegno dell’assunzione. Le azioni del FSE
possono rivolgersi a tutti i cittadini, ma si dedicano maggiormente ai
disoccupati di lunga durata, o ai soggetti che potrebbero diventarlo, e ai
giovani in cerca di prima occupazione. L’intervento è differenziato a
seconda sia destinato a soggetti che abbiano terminato un ciclo di
educazione o che non l’abbiano concluso, ad assunti con contratti di
31
Disciplinato, attualmente, dal Regolamento CE n.1262/99.