Premessa
Attratti dalla misticità di Marettimo, ritenuta da molti “Sacra”, in tanti
pensarono di studiarne la storia cercando di ricostruire gli eventi che vi ebbero
luogo,
Tut
quasi a volere offrire un tributo alla sua maestosità.
tavia la scarsità delle fonti ha fatto sì che quest’isola restasse nei secoli l
ignota e meno conosciuta da un punto di vista archeologico tra le isole Egadi.
a più
Le caratteristiche carsiche della sua roccia, che giustificano la numerosa
presenza di fonti d’acqua dolce risorgive, ne fecero un’oasi nel bel mezzo del
Mar Mediterraneo, rendendola un preziosissimo scalo per gli antichi naviganti
che ivi sostavano per riposare e rifornirsi d’acqua dolce, fattore che consentì lo
sviluppo di un centro d’incontro e raccolta delle culture dei popoli che nei secoli
solcarono questi mari.
Quest’elaborato è il frutto di: un’attenta analisi delle fonti storiche e
bibliografiche; lo studio dei reperti restituiti dalla grotta della Pipa; le evidenze
rilevate personalmente durante i sopralluoghi effettuati nelle aree di maggiore
interesse menzionate in questo studio; due prospezioni archeologiche
subacquee di tipo strumentale nelle acque intorno all’isola con l’ausilio di un
Side Scan Sonar; immersioni nei siti oggetto d’indagine mirate a confermare la
natura dei target individuati attraverso l’interpretazione del mosaico Side Scan
Sonar.
Questa tesi si prefigge lo scopo di dimostrare come l’impiego in archeologia
subacquea di tecnologie a impulsi acustici e veicoli filoguidati facilitino la
ricerca e la raccolta di dati riguardanti i siti d’indagine, l’ambiente conservativo
e il reperto stesso, sia in alto che in basso fondale, eliminando all’origine i rischi
legati all’immersione dell’operatore subacqueo e riducendo i tempi di cantiere e
i relativi costi, consentendoci, in questo specifico caso, di incrementare il
frammentario quadro storico dell’isola di Marettimo grazie ai ritrovamenti
effettuati nelle acque antistanti Punta Troia, ai quali vanno aggiunti i frammenti
prelevati, ai fini di studio, dalla grotta fossile della Pipa.
La speranza è quella che in futuro si prenda coscienza di ciò che è celato da
quest’isola e dai suoi mari e si proceda ad approfondirne lo studio e la ricerca, in
modo da favorire la valorizzazione dei suoi tesori e, con essi, della sua storia.
3
1. Marettimo: la storia
1.1. Le fonti storiche e bibliografiche
“Si cunta e si ricunta chi na vota lu Patre Eterno,
n’cazzatu niuro como un turco, surato e disperato,
si livao la curuna e la sbattio supra a tavola,
na lu sbattuni a petra chiù preziusa satau fora,
vulau tra li nuvole e cario n’mezzo a lu mari,
da allura si furmao un’isola beddra
unni ci cantano l’aceddri e li pastureddra,
la Sicilia pinsate vuiatre,
No…Maretimo”
1
Quest’antica poesia in dialetto ci aiuta a comprendere meglio la sacralità che da
sempre viene associata all’isola di Marettimo, un valore, secondo le credenze
isolane, attribuitogli direttamente da Dio.
Questo narra la leggenda, ma quello che i suoi luoghi videro nei secoli e gli
avvenimenti che vi ebbero luogo rappresentano una storia da sempre ignorata,
o poco considerata, rispetto al valore che essa può assumere in campo storicob
archeologico, se accostata alle realtà presenti nella Sicilia occidentale in età
arcaica e classica.
Imponente e maestosa, data la sua natura alpestre, posta al centro del
2
Mediterraneo, con una superficie di 12,3 Km e 19 Km di costa, dista 20 miglia
nautiche da Trapani, 14 da Favignana e 70 da Capo Bon.
Non sempre il tempo fa equa giustizia delle cose, molto spesso, ad esempio,
siamo costretti a sentir ripetere con molta uggia il nome di località in cui ebbe
luogo un avvenimento storico di secondo o terzo ordine.
1
Tratto dai versi recitati dal Comandate Antonino Venza per il documentario sull’isola
di Marettimo dal titolo “Dove pascolano le api” di Daniela Frassoni e Mila Vajani,
produzione Secondo Pensiero.
4
A Marettimo (fig. 1.1) venne conclusa, fra Amilcare Barca e Caio Lutazio C
la pace che pose fine alla Prima Guerra Punica, che fece acquisire a Roma
atulo,
il
2
primato sul mare . Dunque fu proprio al cospetto di quest’isola che la grande
Cartagine giocava l’ultima sua carta, firmando la propria condanna a morte,
perdendo tutte le isole del Mediterraneo e la sua egemonia navale. Eppure
Marettimo non restò cinta da quella popolarità di cui godono località tanto
minori.
Figura 1.1. Antica riproduzione dell’isola di Marettimo (Archivio APT di
Trapani).
Quest’isola non venne però trascurata dalla riconoscenza degli antichi, e sotto il
nome di “Sacra” è ricordata dal famoso storico del periodo aureo dell’età
augustea, Tito Livio nella sua colossale opera Ab urbe condita, da Silio Italico nel
suo Bellum punicum e ancora Lucio Florio, Pompinio Mela e persino dal delicato
poeta Virgilio nella sua Eneide.
2
COCCO SPADARO 1935, p. 4.
5
Non meno interessante – a detta di Diodoro e il geografo Tolomeo – fu per i
3
Greci che la dedicarono come altare a Giunone , infatti, ivi i naviganti
approdavano durante le tempeste per sacrificare alla Dea, affinché li
4
proteggesse facendoli tornare in patria salvi.
Polibio, nel primo libro della sua Historiae, soffermandosi sulla Battaglia delle
5
Egadi – che secondo Eutropio II ebbe luogo il 10 Marzo 241 a.C. – la menziona
6
come Hierà nésos, dal greco “Isola Sacra”. Giò Francesco Pugnatore, nella sua
Historia di Trapani del 1595 sostiene che quest’isola possa essere stata definita
tale anche per la grande abbondanza di miele, utilizzato molto
7
superstiziosamente dagli aristocratici più potenti per i loro sacrifici. Grazie alla
strategica posizione geografica in cui sorge, “a metà strada fra Cartagine e
8
Lilibeo” , ha rappresentato nei secoli la porta di accesso al Mediterraneo
9
occidentale. Questo scoglio lungo 7 Km, che con i suoi 700 metri d’altezza
entra con pieno diritto nella categoria delle zone montane
10
, fu un importante
segnale portolanico per gli antichi marinai senza bussola che navigavano da
Ovest verso Est: segnalava loro di essere arrivati in prossimità della Sicilia
occidentale e indicava il bivio della rotta o lungo la Sicilia settentrionale – verso
11
lo Stretto di Messina – o lungo la Sicilia meridionale – verso Malta.
Il cronista Bartolomeo da Neocastro, nel suo Historia Sicula (1250b1293),
menziona Marettimo come primus mons Sicilie.
12
Citata tra le <<insulae in Africam versae>>
13
da Plinio il Vecchio, che nel suo
Naturalis Historia, aggiunse: <<oltre Marettimo, verso ponente, si conoscono altre
due isolette, che molto prima del mio tempo furono abitate>>.
14
Lo stesso Pugnatore, rifacendosi alla medesima fonte afferma che lo storico non
ci informa sulla stirpe degli abitanti che le popolarono, né del tempo in cui le
3
TOLOMEO III, 4, 8.
4
COCCO SPADARO 1935, p. 4.
5
Ibidem.
6
POLIBIO I, 3, 60.
7
Cfr. PUGNATORE 1595, p. 25.
8
POLIBIO I, 44.
9
RIZZO 1984, p. 148.
10
DE MAURO 1967, p. 20.
11
AIORANA 1979, p. 36; BAGLIO 1958, p. 43.
12
M
MAURICI 2002, p. 192
13
PLINIO III, 92.
14
PUGNATORE 1984, p. 25.
6
isole furono abbandonate in seguito ad uno sconvolgimento tellurico che ne
provocò lo sprofondamento.
15
Nel III secolo d.C. compare il nome latino di Maritima nell’Itinerarium
maritimum
16
, quale statio nella rotta che dalla Sicilia portava a Capo Bon, come
ribadito successivamente nei Portolani catalani del XVI secolo.
Alfonso Ventimiglia, nel Portolano del 1573, descrivendo l’isola,
17
significativamente annota <<tiene abrigos y buena acqua>>.
Il suo importante ruolo di scalo lungo le rotte che collegavano la Sicilia, non solo
all’Africa, è ribadito dai più antichi portolani medievali a noi noti: il Liber de
Exsistencia riveriarum, redatto a Pisa nel XII secolo e il Conpasso de Navegare
della metà del XIII secolo.
18
Nel 1154 Idrisi, geografo arabo al servizio di Ruggero II, realizzò un planisfero
completato da un trattato di geografia noto con il nome de Il libro di Ruggero,
nel quale, descrivendo l’isola Malitimah, fornisce delle indicazioni
contraddittorie, sostenendo, infatti, che essa sia <<situata 30 miglia ad occidente
di Favignana, di fronte a Tunisi e Cartagine; manca di porti, ma è ricca di pozzi e
di animali selvatici>>, poi più avanti, erroneamente aggiunge: <<adiacenti a
Trapani si trovano Favignana, Levanzo e Marettimo, ognuna dotata di un porto, di
pozzi e boschi da cui si ricava la legna>>.
19
È probabile che il geografo di Ruggero
abbia utilizzato delle fonti di seconda mano, mai verificate personalmente, o che
sia stato tratto in inganno da Formica e Maraone, le altre due isolette che
compongono l’arcipelago delle Egadi.
Ibn Jubair che visita la Sicilia durante il regno di Guglielmo II (1183b1185),
afferma che Marettimo non era popolata.
15
Cfr. MILANA 2007, pp. 19b20.
16
L’Itinerarium maritimum è la parte dell’Itinerarium Antonini Augusti dedicata al mare,
una sorta di elenco delle vie di comunicazione della Roma imperiale, considerato da
alcuni studiosi l’antenato degli odierni Portolani. Di Marettimo dice: “Si autem non
Carthagine sed superius ad Lybiam versus volueris adplicare, debes venire de Sicilia ad
insula Maritima in Promontorium Mercuri. Stadia DCC” [“se tu invece volessi dirigere
non a Cartagine ma più oltre verso la Libia, devi venire dalla Sicilia, passando per l’isola
di Marettimo, al Promontorio di Mercurio (attuale Capo Bon). 700 Stadi (pari a 67
miglia nautiche)”]. MILANA 2007, p. 18, nota 45.
17
Cfr. COLUMBA 1906, pp. 247b248.
18
ARDIZZONE 1995, p. 388.
19
Idrisi, a cura di RIZZITANO 1994, pp. 26b43.
7
Un documento del 1240 la include tra le isole siciliane in cui venivano catturati i
falconi per Federico II. Molto probabilmente, a partire da quest’epoca, la
toponomastica ha indicato il nome del monte più alto dell’isola con il nome di
Pizzo Falcone.
Al tempo di re Martino, nel 1399, le isole Egadi sono considerate possedimenti
demaniali, ulteriori fonti relative a questo secolo e al successivo menzionano
l’isola esclusivamente per la presenza di pirati nelle sue acque e, infatti, nella
metà del XV secolo, secondo il Gregorio, l’isola <<già resa diserta>> era <<sicuro
ricetto>> per i Corsari dell’Asia e dell’Africa. Nel corso del XVI secolo fu soltanto
menzionata da Tommaso Fazello e dal geografo turco Piri Reïs, che durante il
suo viaggio attraverso il
distanza da Favignana
20
Mediterraneo nel 1521, cita Marettimo e ne da la
.
La frammentarietà delle fonti storiche in nostro possesso non ci consente di
delineare un quadro preciso sulla sua frequentazione,
sembrerebbero concordi nel ribadire l’inesistenza di un abitato.
tuttavia esse
E’ probabile, quindi, che le uniche strutture in pietra esistenti sull’isola rimasero
per secoli gli edifici in contrada “Case Romane”.
Figura 1.2. Battistero a immersione del VIbVII secolo d.C. ritrovato in contrada
“Case Romane “ durante il biennio di scavo 2007/2008 (Archivio Personale).
20
ARDIZZONE 1995, p. 388.
8
Lo scavo del 1994 all’interno della Chiesa Basiliana facente parte del complesso
monumentale, condotto dall’equipe della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di
Trapani, ha consentito di individuare quattro diverse fasi d’insediamento, che
vanno dal I secolo a.C. fino ad età normannobsveva
21
, smentendo, di fatto, le
fonti di età medievale che indicavano l’isola come disabitata. Una seconda
indagine archeologica svolta tra il 2007 e il 2008 ha portato alla luce cinque
massi posizionati in verticale e simmetricamente rispetto a un masso centrale
più grande, situati tra la chiesetta basiliana e i resti romani. Colpisce il perfetto
allineamento, tra il masso centrale e un masso orizzontale posto a monte di
esso, con il sorgere del sole agli equinozi di primavera e autunno, così come
visibile in similari allineamenti di origine neolitica in Sardegna e a Malta,
delineando una prospettiva molto interessante per quel che riguarda lo studio
sulle prime frequentazioni dell’isola. Grazie allo stesso scavo è stato portato alla
luce, accanto alla chiesetta, un battistero (fig. 1.2) con fonte a immersione,
databile tra il VI e il VII secolo d.C.
22
21
Cfr. ARDIZZONE 1995, pp. 402b412
22
VACCARO 2009, p.10.
9
1.2. La teoria Butleriana e l’Odissea del Baglio
Fra i tanti luoghi del Mediterraneo che beneficiarono del soggiorno di Ulisse, la
piccola isola di Marettimo è
geografia omerica, infatti,
quella che ha avuto meno fortuna. Nella discussa
è soltanto la povera e brulla “Isola delle Capre”, ma tra
i tanti studiosi ci fu anche chi le riservò miglior sorte.
Philippe Champault, nel suo volume Phénicien et Grecs en Italie d’après l’Odyssée,
edito nel 1906, si distaccò nettamente dal quello che era il pensiero del suo
maestro Victor Bérard circa il voler vedere l’isola di Eolo in Stromboli,
avvicinandosi all’indicazione di Tolomeo – che nella sua Geographia posiziona
l’isola Aiolie un po’ a NordbOvest della Sicilia, tra Favignana e Ustica –
riconoscendo in modo fermo e deciso l’isola di Eolo nell’isola di Marettimo.
23
Molti restano, però, gli interrogativi da sciogliere, ma non sono da sottovalutare
le risposte fornite da Gaetano Baglio. Quest’ultimo nella sua opera cita, secondo
una prima ma attenta disamina, quelli che potrebbero corrispondere ai luoghi in
cui ebbero luogo gli avvenimenti narrati nell’Odissea sull’isola di Eolo,
individuando:
1. <<a NordZEst dell’isola, tra lo Scalo Maestro e Cala Manione, il sito in cui le
dodici navi pentacontore di Ulisse poterono sostare tranquillamente per un
mese e rifornirsi d’acqua>>, probabilmente dal remo fossile della grotta della
Pipa, del quale parleremo in seguito, o dalla non molto distante fonte del
Gelso (fig. 1.3); si tratta dell’unico punto dell’isola che consente una facile e
veloce messa in sicurezza delle navi sia al ridosso del Maestrale che dell
Scirocco, con due insenature semicircolari, opposte e tangenti, che si
o
prestano perfettamente come porti naturali (si rinvia al paragrafo 3.4.);
2. <<la casa e la città di Eolo nell’ampio ripiano attiguo e vicino a una delle fonti
d’acqua più ricche dell’isola, la Pelosa, a circa 50 metri s.l.m.>>
24
, oppure
nell’altopiano a 500 metri indicato da Butler dove, alle spalle di una rupe
rocciosa conosciuta come craparizza (fig. 1.4), scrisse di aver visto <<una
23
CHAMPAULT 1906, pp. 327b354.
24
BAGLIO 1958, pp. 36b38.
10
spianata ad anfiteatro con tracce di mura e di edifici, e un antico muro di
cinta>>;
25
3. <<il punto di presa d’acqua nella piccola insenatura semicircolare, con riva
alta, allo sbocco del canale della fontana Pelosa in mare>> o dalla grotta della
Pipa come già accennato;
4. <<il punto di sbarco, pranzo e riposo, dove sostarono i cinquecento uomini
degli equipaggi, la piccola striscia di terra pianeggiante lungo la riva orientale
dove ora si distende l’odierno abitato dell’isola>>.
26
Figura 1.3. Il Gelso, una delle numerose sorgenti d’acqua di Marettimo, situata
nel versante Est dell’isola (A.P.)
Il Portolano del Mare Mediterraneo per le Isole Italiane, pubblicato dal Ministero
della Marina nel 1930, a pag. 116b118 dà sull’isola di Marettimo le seguenti
informazioni: <<in inverno e autunno dominano i venti da Nord fortissimi e
burrascosi anche per molti giorni; in estate quei venti sono moderati e di breve
25
LO SCHIAVO 2005, p. 11.
26
BAGLIO 1958, pp. 38b39.
11
durata; in primavera venti moderati e poco burrascosi da Est durano tra i 3 e i 5
giorni; talvolta si mettono d’improvviso venti violenti da Ovest preceduti da una
nebbia bianca e fitta che scende sui fianchi del Monte Falcone e che sollevano
mare vivo anche a poca distanza dalla costa orientale>>. Il Capitano Venza, uno
dei primi e più esperti comandanti di aliscafi in Sicilia, era categorico in
proposito: <<i venti di ponente costituiscono appena il cinque per cento della
rosa, ma sono gli unici che impediscono all’aliscafo di approdare a Marettimo>>.
27
Proprio quest’ultima caratteristica pare essere alla base del mito omerico di
Eolo governatore dei venti, il preannunciarsi di “Zefiro”, burrascoso vento da
ponente che avrebbe dovuto spingere Ulisse verso il mare greco del
Peloponneso.
Le corrispondenze evidenti e plenarie fra l’isola Aiolie di Omero e l’isola di
Marettimo guidano a una riflessione circa un possibile significato etnografico ed
anche nautico dell’episodio UlissebEolo, fin dai tempi di Omero, infatti,
Marettimo poté essere una stazione d’appoggio e di raddobbo per le navi in
transito nel Mediterraneo e nel Mar Tirreno sudboccidentale.
Figura 1.4. La craparizza, zona in cui molti storici individuarono i luoghi dove
avevano luogo cerimonie, sacrifici e gli antichi riti religiosi
28
, e alle spalle della
quale sorge la zona con probabili resti abitativi segnalata da Butler (A.P.).
27
DE MAURO 1967, p. 20.
28
COCCO SPADARO 1935, p. 4.
12
L’appoggio dell’isola Aiolie, ben dotata di acqua potabile, distante circa 40 Km
dalla Sicilia occidentale – abitata allora dai Sikani dediti alle guerre e a pirateria
– forniva riparo alle navi in transito.
La tesi che immagina l’Odissea ambientata in Sicilia e nelle isole minori
circostanti e che scombina un tradizionale quadro di certezze rimasto intatto
nei secoli, è pure di vecchia data. A inquadrare la cronologia delle fonti a
sostegno di questa tesi ci pensa Luigi Bernardi che, in un suo articolo dal titolo
Ulisse? Uomo d’onore fu’, scrive: <<il primo a sostenerla è Apollodoro, nel II secolo
a.C., la ripresero Polibio, Euripide e, nel tempo, gli storici Fazello, Cluverio e lo
studioso di miti inglese Robert Graves
Eppure fu grande lo scompiglio fra
>>.
i professori delle università inglesi di Oxford
e Cambridge, quando Samuel Butler nel 1897 pubblicò un saggio dal titolo, The
Authoress of the Odyssey, “L’Autrice dell’Odissea”, sostenendo che il poeta fosse
stato, in realtà, una donna vissuta a Trapani alla metà del VII secolo a.C., e che il
periplo di Ulisse si fosse svolto tra Trapani, le isole Egadi, Ustica, le Eolie, Scilla,
Cariddi, Taormina e Naxos, con qualche puntata verso le coste africane.
L’esperienza di scrittore suggeriva a Butler che le descrizioni dei luoghi
dovevano provenire da esperienza diretta, e che certi punti dovevano trovarsi
proprio dove l’autrice viveva e scriveva. Fu così che la nave dei feaci, pietrificata
da Poseidone davanti al porto di Scheria, lo condusse allo scoglio del
Malconsiglio, situato all’imboccatura del porto di Trapani, città caratterizzata da
una rinomata e sviluppata cantieristica navale, che bene si accosta alla
professionalità dei mastri d’ascia feaci che costruirono la nuova nave ordinata
per Ulisse. Per ovviare alle incongruenze nelle descrizioni degli interni che non
sempre concordavano con gli esterni, egli sostenne che le descrizioni degli
ambienti della polis di Itaca rispecchiavano Trapani/Scheria, mentre quelli
riguardanti l’isola nel suo complesso furono tratti da Marettimo.
Samuel Butler visitò Marettimo nell’agosto del 1894 e durante l’escursione
archeologica guidata dal Prof. Spadaro, vid
ancor più antichi dell’epoca di composizione
e numerosi resti di edifici che giudicò
dell’Odissea
29
, in particolare fu
colpito da un muro lungo 3
essa non era più accessib
Km nel versante Sud dell’Isola, fino al punto in cui
ile a causa dei caratteristici strapiombi sul mare.
29
LO SCHIAVO 2005, pp. 7b11.
13
Seguendo il cammino di questi avanzi notò che in molti punti il muro era stato
portato via dal mare e che gran parte di esso era stato asportato per essere
riutilizzato come materiale per la costruzione dei muretti a secco che
suddividevano i vari terreni agricoli, immortalati in una delle sue foto (fig. 1.5).
Butler sospettava che potesse trattarsi del modello servito per la descrizione
della grande muraglia bronzea che cingeva l’isola di Eolo. Sostenne che il muro
servisse da difesa in un tempo antichissimo, prima ancora dell’età del ferro, non
essendoci sulle pietre tracce di esso né di calce. Sempre nel versante Sud
segnala i ruderi di due bastioni che, se non gli fossero stati indicati, non sarebbe
mai riuscito ad individuare, visto lo stato di conservazione in cui versavano già
ai tempi. A circa 500 metri di altezza poi, menziona, dietro due grandi rocce che
si ergono verso il cielo, una spianata ad anfiteatro con tracce di mura ed edifici,
e di un antico muro di cinta, luogo dove ipotizzò che si svolgessero le cerimonie
e i riti religiosi di coloro che l’abitarono o dei naviganti di passaggio che ivi
sostavano per rifornirsi e sacrificare agli Dei.
30
Figura 1.5. Samuel Butler: Prof. Spadaro e vecchie mura – Marettimo 17/18
agosto 1894 (da LO SCHIAVO 2005, p. 17).
30
BUTLER 1894, pp. 42b43.
14
La sua tesi fu ripresa nel 1957 dal Prof. Pocock dell’Università di Canterbury, il
cui saggio fu ripescato in uno scaffale della Biblioteca Fardelliana di Trapani da
Nar Scammacca, ricercatore appassionato e curioso della storia antica isolana,
che in collaborazione con la moglie pubblicò una traduzione dello scritto in
lingua italiana. Secondo la teoria di Pocock Levanzo fu la Zacinto del regno di
Ulisse, Favignana fu Sama e Marettimo la sua adorata Itaca.
31
Il mito dei luoghi
in cui fu ambientata l’Odissea, così lontano e nebbioso, probabilmente resterà
per sempre un’incognita, e la leggenda che vide in Marettimo la casa di Ulisse
non potrà mai essere svelata perché se già più di un secolo fa, quel poco che era
sopravvissuto all’azione distruttiva della natura e all’intervento dell’uomo, era
sul punto di scomparire, oggi non ne rimane più nulla.
Nel corso delle numerose escursioni effettuate dal sottoscritto intorno all’isola,
e in particolare in quella del 5 gennaio 2011, nella quale mi ero prefisso di
ripercorrere le orme di Butler, non sono riuscito a individuare nessuno dei resti
indicati dall’inglese. Solo alle spalle della Craparizza, se pur con molta fantasia,
fra i bassi arbusti che ricoprono la spianata, è possibile intravedere una bassa
struttura rocciosa circolare, molto frazionata, formata, forse, naturalmente da
ammassi rocciosi emergenti dal sottosuolo, che nulla sta a indicare senza
un’adeguata indagine archeologica all’interno dell’area circoscritta dove, in
superficie, non vi è comunque alcuna traccia di cultura materiale.
La macchia mediterranea che caratterizza Marettimo, dopo l’abbandono dei
terreni coltivati nel corso della metà del XX secolo, ha trovato libero sfogo
ricoprendo ogni zona pianeggiante dell’isola che non presenti una pineta o
strutture antropiche, arrivando persino nei più inaccessibili anfratti della
montagna.
La ricerca di eventuali resti di opere murarie e abitative dovrebbe essere svolta
per mezzo di fotografie aeree cercando di individuare eventuali tracce nascoste
dalla vegetazione esistente. Quest’ultimo è uno tra i più utilizzati strumenti
d’indagine per il campo di studi della Topografia Antica, una delle fonti da cui
trarre informazioni nel corso di una ricerca. Occorre precisare che in una foto
aerea non bisogna leggere solo la parte antica, bisogna invece fare una lettura
complessiva dell’immagine, individuando anzitutto gli elementi moderni, sia
31
BERNARDI 1981, pp. 73b75.
15