CAPITOLO 1
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Le politiche dei principali Paesi d'Europa per
il sostegno al prodotto audiovisivo.
Nel corso di questo capitolo che apre l'indagine ci concentreremo sulle azioni dei
principali Paesi d'Europa, nonché i maggiori finanziatori del settore all'interno della
Comunità, a favore dello sviluppo dei prodotti audiovisivi. La prima nazione messa
sotto la lente sarà l'Italia, per la quale si svolgerà, come di dovere, un lavoro
maggiormente elaborato e concentrato a osservare più da vicino le tappe
fondamentali che hanno segnato il percorso dell'appoggio italiano a questo tipo di
industria. Seguirà una serie di argomentazioni, più o meno approfondite, dedicata agli
altri Stati: la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, la Spagna, infine la Svezia.
1.1 - L'Italia.
Nel corso di più di metà secolo nel quale si snoda l'intera storia della
cinematografia italiana, un quadro normativo completo e organico che sia di sostegno
all'industria e al patrimonio copre, come importanza, uno spazio relativamente
minore. L'emanazione più significativa avvenne nel 1965 con la Legge 1213 e fu una
novità di considerevole portata, ma prima di essa venne realizzato un altro
provvedimento legislativo di grande rilevanza nell'immediato dopoguerra, ovvero la
Legge emanata il 29 Dicembre 1949. Essa introduce una serie di normative per
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favorire la produzione italiana. In quegli anni, però, il cinema era solamente sostenuto
come un'industria e non ancora come una forma d'arte. Soltanto la nuova Legge sulla
cinematografia del 1965 gli attribuisce pienamente le proprietà artistiche,
identificando in maniera concreta e ufficiale il valore dell'eredità cinematografica
italiana come elemento culturale a cui serve dedicare attenzione e una strategia di
conservazione.
Questa Legge prende in considerazione l'intera categoria cinematografica
attraverso una serie di possibili movimenti di promozione e conservazione del
patrimonio italiano, sia per quanto riguarda la difesa culturale del prodotto, sia per
quanto concerne un riconoscimento e un appoggio a coloro che lavorano in questo
ambito, a quelle personalità creative del cinema piemanente intese come forma
espressiva di valori artistici e culturali. La Legge appoggia in modo più deciso i
prodotti di qualità attraverso non soltanto premi d'incentivazione a loro favore, ma
con speciali interventi di credito e molti nuovi vantaggi offerti dallo Stato. I
produttori italiani vengono stimolati a riconoscere gli autori considerati realizzatori di
un tipo di cinema difficile ed impegnativo come in grado di ottenere, oltre alla stima
della critica internazionale, anche un importante successo di pubblico. Nasce, quindi,
una tendenza destinata a divenire sempre più forte nel corso soprattutto del
successivo decennio, ossia l'obiettivo di mantenere un controllo maggioritario del
mercato con opere dall'elevata qualità artistica che abbiano al contempo la possibilità
di raggiungere grandi incassi al botteghino. In questo senso non sarà, infatti, un dato
casuale quello da prendere in considerazione nel periodo compreso tra gli anni '60 e
l'inizio degli anni '80, nel corso dei quali i film italiani che sono riusciti a superare il
miliardo di entrate sono stati ben 249, contro i 135 provenienti dagli Stati Uniti.
Con il passare del tempo, l'accrescimento dell'offerta portata dalla televisione è
stata una delle principali cause che ha reso sempre più debole il mercato del cinema;
in più i rivoluzionari cambiamenti culturali, economici e sociali avvenuti in Italia
hanno condotto la normativa 1213/65 sempre più distante dalla concreta realtà del
cinema italiano. Nonostante sia diventata sempre più pesante, a seguito di tutte le
modifiche e disposizioni fatte a suo carico, i contenuti innovativi e il solido impianto
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strutturale hanno comunque permesso alla Legge del 1965 di rimanere fino ai giorni
nostri un irrinunciabile punto fondamentale di confronto attraverso cui è stata
compiuta un'evoluzione che ha visto il suo compimento solamente grazie all'attuale
normativa emanata nel 2004, la quale ha dato una precisa forma organica di riassetto
alla normativa in favore dell'arte cinematografica italiana. Prima di giungere, però, a
quest'ultima fatidica data, il sostegno finanziario statale al cinema è dovuta passare
attraverso tantissime forme legislative e regolamentari che hanno portato integrazioni
e modifiche al corpo originario, andando a costituire, più che altro, una grande
confusione. In definitiva, il percorso è arrivato comunque alla sua meta con il D.lgs
28 del 22 Gennaio 2004, anche se prima di parlarne serve prendere in considerazioni
due leggi importanti: la L.153/94 e la L.346/97.
La prima fa riferimento a una serie di interventi urgenti in favore del cinema, che
vanno a integrare la legge del 1965. La promozione culturale cinematografica viene
appoggiata e sostenuta attraverso la collaborazione di enti, cineclub, università e
musei, favorendo anche l'istituzione di nuove sedi e la specializzazione professionale.
Viene creato un Fondo di garanzia che garantisce gli investimenti promossi dalle
imprese di produzione, distribuzione ed esportazione di film considerati di interesse
culturale nazionale. Tale garanzia assiste i mutui contratti con le società di credito
concessionarie. L'appoggio è fornito anche ai teatri di posa e ai proprietari di esercizi.
Inoltre vengono definiti il ruolo del Centro Sperimentale di Cinematografia, ovvero
quello di sviluppare l'arte audiovisiva con la formazione di quadri professionali, corsi
e iniziative. In più si deve impegnare nello studio e la diffusione della cultura, della
storia e della teoria cinematografica. Infine vengono istituiti il pubblico registro per la
cinematografia, nel quale sono iscritte tutte le opere filmiche prodotte o importate e
destinate alla sala, e il servizio ispettivo, che ha come compito quello di controllare
l'obiettivo del rispetto dei requisiti a cui sono condizionati i benefici per i film di
interesse culturale nazionale. La seconda legge tratta le disposizioni per la
concessione di acconti su sovvenzioni a favore delle attività cinematografiche, alle
quali possono essere corrisposti appoggi per un massimo del 70%, con il programma
che deve essere realizzato entro la fine del secondo anno successivo alla data di
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approvazione.
L'attuale quadro normativo che fa da sfondo all'industria cinematografica concede
moltissime possibilità grazie in particolar modo alla rivoluzione tecnologica in corso.
La digitalizzazione dell'intero settore caratterizza, infatti, una delle più interessanti
opportunità di ripresa per la cinematografia nazionale. Sul piano del sostegno alla
produzione cinematografica l'Italia concede, anche in questo senso, moltissime
opportunità, in quanto è in grado di avvalersi di importanti legami con altri Paesi
d'Europa e con la Commissione europea. L'aumento sempre più di film realizzati
tramite coproduzioni è la testimonianza della possibilità per il cinema italiano di
poter crescere anche in una dimensione europea.
Il D.lgs 28/2004 e tutti i suoi decreti attuativi associati non si fermano a una
semplice operazione di riassestamento della norma generale, ma portano con sé un
completo adeguamento dei meccanismi di sostegno all'industria cinematografica
italiana, connessi soprattutto alle strategie europee e mondiali.
Il cinema è una forma culturale e artistica che ha sempre avuto bisogno di
investimenti ingenti, ma l'arrivo delle tecnologie digitali potrebbe rendere questo
settore ancor meno competitivo. E' importante, quindi, che dietro ogni forma di
sostegno al settore sia presente una logica capace di gestire in termini di strategia
l'intervento dello Stato, che si pone come scopo quello di migliorare la qualità
dell'industria cinematografica italiana. Nel decreto, infatti, importanti strutture che
giocano un ruolo fondamentale nel panorama nazionale vedono rinnovate le loro
possibilità di lavoro, come ad esempio Cinecittà Holding, il Centro Sperimentale di
Cinematografia o la Mostra Internazionale di Venezia. Esse vengono rilanciate
all'interno del decreto, in quanto si vuol dar modo a loro di costruire quel muro
portante che possa stare alla base del cinema del nostro Paese.
Questo rilancio presenta punti di forza, ma anche delle falde. Tra i primi si
possono annoverare: la presenza di una comunità particolarmente creativa che
comprende registi, attori, scrittori e produttori; un prestigioso percorso storico
cinematografico nel mondo; un ricambio di nuovi talenti; un'elevata capacità tecnica
e artigianale; un aumento di schermi. Se, però, sul piano artistico e creativo l'Italia
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non ha niente da invidiare rispetto agli altri Paesi, i punti deboli arrivano, invece,
soprattutto sul piano economico e finanziario. Esistono pochissime aziende che
operano in maniera trasversale in tutti i settori del cinema, dallo sviluppo alla
distribuzione, e non si è in grado di attrarre significativi investimenti dal mercato e da
quei settori commerciali al di fuori dell'industria; troppe cooperative poco
appoggiate; una sottovalutazione della fase lavorativa di sceneggiatura che, di
conseguenza, conduce alla scarsa qualità del prodotto, incapacità di sfruttare le
offerte delle nuove tecnologie digitali e di utilizzare come vantaggiosa ricchezza la
vastissima varietà culturale presente nelle diverse regioni italiane; mancanza di
formare un audience costante in precisi territori stranieri che facciano da ponte per
una maggiore distribuzione internazionale. Inoltre, paradossalmente parlando, esiste
un solido settore in ambito distributivo che privilegia la produzione hollywoodiana.
La penetrazione di quest'ultima tipologia di prodotto in Italia, da cui è partita la
strategia formato blockbuster, e la maggior offerta filmica della televisione, ha
trascinato i produttori cinematografici a confrontarsi con una sempre più scarsa
risposta ai box office e, dunque, a dover modificare le proprie logiche di strategia. In
più va aggiunta, negli ultimi anni, l'esistenza di una necessità di concepire un piano
produttivo e distributivo integrato che possa condurre il film in pareggio e che prenda
in considerazione anche le altre forme di distribuzione post sala, come l'home video,
diventata ormai una forma di sfruttamento sempre più essenziale. La televisione,
invece, ha obbligato i produttori a convertirsi e a puntare sempre più nella produzione
cinetelevisiva, come le serie tv. L'attuale normativa si è fatta carico, quindi, di
affrontare tutte queste problematiche, individuando possibili soluzioni.
C'è da aggiungere, comunque, che il decreto non ha avuto vita facile: inizialmente
a causa dei ritardi dovuti alla predisposizione e all'emanazione dei numerosi decreti
attuativi, poi a seguito di ciò che è accaduto alla modifica del Titolo V, articolo 117,
della Costituzione, che pone la valorizzazione dei beni culturali, quindi anche il
cinema, tra le materie di legislazione concorrente di competenza regionale. Questo
principio ha generato un ricorso da parte dell'Emilia-Romagna e della Toscana e che
ha dato come risultato, con la sentenza 285 del Luglio 2005 da parte della Corte
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costituzionale, la decisione di incostituzionalità di alcune parti del D.lgs. 28/2004. La
conseguenza principale è stato il bloccaggio dei processi di sostegno a vantaggio
delle attività cinematografiche. Solo nel Novembre 2005 è stata approvata la Legge
239, tramite cui si sono fatti salvi alcuni degli effetti del decreto, consentendo una
riemanazione di alcuni decreti attuativi.
La Legge 1213 del 1965.
Lo Stato si pone, fin dall'articolo 1, la finalità e gli impegni di cui la Legge vuole
farsi carico. Infatti, esso considera il cinema mezzo di espressione artistica, di
formazione culturale e di comunicazione sociale, riconoscendo l'importanza
economica e industriale. Tra gli obiettivi si prefigge la possibilità di poter rafforzare
l'industria del cinema nei suoi diversi settori; di promuovere la struttura industriale; di
stimolare e agevolare le iniziative che valorizzano e diffondono il cinema nazionale
con particolare attenzione nei confronti di quei film dal notevole interesse artistico e
culturale; di assicurare la conservazione del patrimonio filmico italiano; infine, di
curare il settore della professionalità. L'assegnazione dei compiti per il
raggiungimento degli scopi fissati è a carico del Ministero del Turismo e dello
Spettacolo, il quale promuove e coordina le iniziative che vogliono sviluppare e
migliorare la produzione cinematografica nazionale e la distribuzione dei film
nazionali in Italia e all'estero, si incarica di dichiarare l'appartenenza alla nazionalità
italiana dei film, cura i rapporti relativi agli scambi cinematografici e di coproduzione
con l'estero, rilascia le varie autorizzazioni per poter usufruire dei locali da adibire a
set cinematografici e svolge il controllo sugli enti e sulle manifestazioni che
beneficiano di sovvenzioni dirette dello Stato. Per la stipulazione degli accordi deve
essere sentito il parere della Commissione Centrale per la Cinematografia, la quale
diventa proprio l'organo di valutazione degli accordi. I progetti dei film nazionali da
realizzarsi in coproduzione con imprese estere, o proprio all'estero, sono attribuiti,
invece, a una sottocommissione.
Dedicati i primi articoli alla costruzione e alla spiegazione di quali sono gli organi
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che si fanno carico di compiere gli obiettivi prefissati, si passa alle definizioni e al
riconoscimento della nazionalità per i lungometraggi. Essi non devono essere
inferiori ai 1600 metri, intesi a soggetto o a carattere documentario. E' dichiarato
nazionale il prodotto che sia stato girato prevalentemente in Italia da imprese di
cittadini italiani o da società che abbiano sede legale in Italia. Servono una serie di
requisiti, considerati fondamentali a questo fine, che coinvolgono principalmente chi
lavora concretamente alla pellicola: dal regista agli sceneggiatori, dagli attori ai
tecnici, compresi gli interni previsti. La programmazione nazionale viene riservata a
quei film che presentino qualità tecniche, artistiche, culturali, o spettacolari, tranne
per coloro che sfruttano volgarmente temi sessuali a scopo commerciale. Gli
esercenti devono riservare un minimo di 25 giorni per ciascun trimestre alla
proiezione, in cui siano comprese tre domeniche. Seguono, poi, tutte le questioni
relative agli incentivi e all'assegnazione dei premi di qualità. Per gli esercenti che
proiettono solo film nazionali è concesso un abbuono del 18% dei guadagni incassati.
Per il produttore del film ammesso alla programmazione è riservato un contributo del
13% dell'introito lordo degli spettacoli in cui il film è stato proiettato, per un periodo
di cinque anni dalla sua prima proiezione in pubblico. Il premio di qualità da
assegnare presenta una ripartizione percentuale formata dal: 71% al produttore, 10%
al regista, 3% all'autore del soggetto, 7% all'autore della sceneggiatura, 2% all'autore
del commento musicale, 3% al direttore della fotografia, 2% allo scenografo, 2% al
montatore.
Dopo i lungometraggi, la Legge si occupa dei riconoscimenti anche ai
cortometraggi, che non devono essere inferiori ai 290 metri, a carattere documentario
o a soggetto. I premi di qualità saranno dati al 90% al produttore, all'8% al regista e al
2% al direttore della fotografia. Fondamentale è l'articolo 12 in cui si parla della
produzione e della distribuzione, poiché l'ente autonomo di gestione per il cinema
provvede ad assicurare gratuitamente la stampa delle copie e la distribuzione del
corto premiato per un periodo di tre anni dalla prima proiezione in pubblico. E' un'
opportunità veramente importante, specie per chi si trova soltanto alle prime armi ed
esegue all'inizio cortometraggi. L'ente si occupa di inquadrare una società, la quale si
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impegna a curare lo scambio e la vendita del prodotto all'estero. Altra interessante
possibilità di avere visione per entrare nel mondo del cinema è che gli esercenti delle
sale sono tenuti a proiettare in ciascun spettacolo, per almeno 45 giorni per ogni
trimestre, cortometraggi nazionali. Chi lo fa, riceve il 3% degli introiti al botteghino,
mentre se lo spettacolo è composto solamente da cortometraggi, l'esercente può
ricevere un abbuono del 50% dei guadagni.
Successivamente vengono qualificati i film prodotti per i ragazzi, il cui contenuto
deve rispondere alla formazione etica, culturale e civile dei minori di 16 anni. Gli
esercenti che si fanno carico di proiettare questi tipi di film, siano essi lungometraggi
o cortometraggi, riceve un abbuono del 50% dei guadagni incassati.
Sulle coproduzioni, la Legge annuncia che la quota di partecipazione della parte
italiana non potrà essere inferiore al 30% del costo del film. Sugli adempimenti
tecnici, è importante sottolineare come viene stabilita la lunghezza minima del film
indicata. Il formato della pellicola preso come modello di valutazione è a 35
millimetri, ma niente vieta che possa essere girato con altri tipi di pellicola. In questi
casi, la lunghezza minima è proporzionalmente aumentata o diminuita. Lo sviluppo
del negativo e la stampa delle copie vanno svolte obbligatoriamente in Italia.
Importanti da prendere in considerazione sono gli articoli 27 e 28, relativi al
credito cinematografico e a eventuali risorse speciali. Viene creato, infatti un fondo a
favore del finanziamento della produzione cinematografica nazionale; inoltre può
essere utilizzato per l'ampliamento e l'ammodernamento di sale cinematografiche in
attività da almeno 10 anni e di categoria media o piccola, oppure per la costruzione di
sale che si trovano in comuni dove non esiste alcun esercizio. I fondi speciali, invece,
sono destinati ai film ispirati a finalità artistiche e culturali, i cui finanziamenti non
possono superare singolarmente il 30% del costo di produzione. Altri elementi
fondamentali sono la costituzione e l'appoggio verso cineteche nazionali e circoli di
cultura cinematografica, a cui viene fornito anche una serie di norme da rispettare.
La Legge, infine, si impegna a citare e a spiegare tutti i tipi di commissione. Esse
svolgono il compito di determinare se un progetto può ottenere tutti i permessi e i
finanziamenti precedentemente mostrati.
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