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INTRODUZIONE
Il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) ed il relativo Team Operativo sono stati
istituiti presso l’Azienda Ospedaliera di Pesaro nell’anno 1997. I primi studi di
prevalenza sulle infezioni ospedaliere risalgono solo al 1999 in quanto alla fine
dell’anno 1997, presso l’Unità Operativa di Ematologia, si è verificato un evento
epidemico di Epatite B che ha causato 10 decessi e ha assorbito le risorse e le
energie dei professionisti del CIO, della Direzione Sanitaria e della Direzione
Infermieristica.
La gestione di una così grave emergenza igienico sanitaria infatti ha coinvolto la
Direzione Sanitaria e la Direzione Infermieristica nella pianificazione,
organizzazione e operatività di una serie di misure finalizzate alla gestione e
risoluzione dell’evento avverso. Le carenze strutturali hanno richiesto l’attuazione
di interventi finalizzati alla creazione di ambienti rispondenti agli standard igienici
e di sicurezza, sia per utenti che per operatori.
Inoltre l’evento ha fornito le basi sulle quali costruire una cultura organizzativa,
operativa e igienica: la cultura della gestione del rischio clinico, della prevenzione
del rischio e dell’apprendere dall’errore.
Da allora sono trascorsi quasi 10 anni e nell’Azienda Ospedaliera di Pesaro la
gestione del rischio clinico è ormai diventata un ambito integrato della
governance clinica, nella programmazione sia a livello strategico che operativo-
gestionale. Infatti sono stati attivati programmi di gestione del rischio da infezioni
ospedaliere, da cadute accidentali, da errori nella somministrazione dei farmaci e
da lesioni da decubito che ogni anno vengono misurati e valutati.
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Il motivo per cui ho scelto di sviluppare il mio elaborato sul tema delle infezioni
ospedaliere (IO) è legato al fatto che i tassi di IO sono considerati come uno dei
principali indicatori di qualità dell’assistenza, oggi rilevanti anche ai fini di
procedure di accreditamento. Come tutti i problemi di qualità dell’assistenza, le
IO presentano un duplice aspetto di un danno evitabile per il paziente e di costi
addizionali per il sistema sanitario. Nell’ambito dei programmi di valutazione
della qualità dell’assistenza, il buon funzionamento di un sistema di sorveglianza
e controllo delle IO viene considerato uno degli aspetti che caratterizzano lo
standard assistenziale di un ospedale.
L’azienda Ospedaliera di Pesaro ha condotto studi di sorveglianza per le IO da
catetere venoso centrale e da catetere urinario negli anni 2000, 2001 e 2002,
mentre negli anni 2003 e 2004 ha posto l’attenzione allo studio delle IO della
ferita chirurgica. L’ultimo studio di sorveglianza è stato condotto nell’anno 2006
sui pazienti sottoposti a ventilazione assistita per valutare l’incidenza di questa
tipologia di IO che da letteratura assume una particolare rilevanza per l’elevata
mortalità dei pazienti affetti; la finalità è quella di possedere un dato di partenza
su cui lavorare nel definire obiettivi di miglioramento, in particolare legati al
comportamento degli operatori nel rispetto di procedure e protocolli operativi
costruiti sulla base delle maggiori evidenze scientifiche. Altri importanti pilastri
su cui si fonda la prevenzione delle IO sono la formazione continua del personale
e la possibilità di utilizzare l’audit come strumento di comunicazione, di analisi
dei dati su cui basare le future azioni di miglioramento e di condivisione dei
risultati ottenuti.
- 6 -
CAPITOLO 1
LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO
“In ogni organizzazione complessa l’errore e la possibilità di un incidente non
sono eliminabili, quindi devono essere utilizzati tutti gli interventi possibili perché
siano per lo meno, controllabili.
Se non si può eliminare completamente l’errore umano, è fondamentale favorire
le condizioni lavorative ideali e porre in atto un insieme di azioni che renda
difficile per l’uomo sbagliare (Reason, 1992) ed in secondo luogo, attuare delle
difese in grado di arginare le conseguenze di un errore che si è verificato”
1
Il legislatore ha fatto proprio questo concetto e nella parte generale del Piano
Sanitario Nazionale 2003-2005 enuncia: “Il principio moderno di “Primum non
nocere” significa lavorare quotidianamente per massimizzare i benefici delle
prestazioni, minimizzare i danni, ridurre gli errori in medicina”
2
; inoltre fra gli
obiettivi generali pone quello di “Ridurre gli incidenti e le invalidità” includendo
quindi anche gli incidenti che si verificano durante le cure mediche.
Uno degli aspetti più controversi delle cure mediche è la capacità di causare
disabilità e disagi. Ovunque le cure mediche vengano dispensate, il paziente corre
il rischio di essere vittima di un danno in conseguenza involontaria di quelle
stesse cure. Per questo, oggi, la percentuale di danni iatrogeni causati è diventata
un importante indicatore di qualità delle cure (Thomas 2000).
1
Risk management in Sanità. Il problema degli errori. Commissione tecnica sul Rischio Clinico
Ministero della Salute, marzo 2004, introduzione
2
Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 (D.P.R. 23 maggio 2003)
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A questo proposito anche la legislazione regionale ed in particolare il Piano
Sanitario Regionale 2003-2006 recita: “Un sistema sanitario credibile ed
affidabile non può permettere che le attività sanitarie, attività complesse e
difficili, spesso determinino accidentalmente il peggioramento delle condizioni di
salute dei pazienti che le si affidano con fiducia ed un conseguente aumento dei
costi per le famiglie e la collettività. Buona parte degli episodi di danni reversibili
o irreversibili a carico dei pazienti trattati nelle condizioni consuete di cura sono
causati dall’incompetenza del sistema organizzativo, più che dall’incompetenza
dei singoli operatori sanitari, e quindi sono attribuiti a chi ha la responsabilità di
garantire una organizzazione efficace ed efficiente”.
Perciò i sistemi sanitari avanzati di tutto il mondo si stanno mobilitando per
trovare soluzioni tecniche ed organizzative a questo problema. La Regione
Marche non può eludere il problema”.
3
Dall’osservazione che il rischio pervade tutti i processi operativi e gestionali posti
in essere dall’Azienda, e che esso rappresenta una minaccia al perseguimento
della mission, deriva il concetto della gestione “sistemica” del rischio come
funzione aziendale propria del management. Ogni azienda fronteggia
permanentemente il rischio, tradotto come minaccia al perseguimento delle
proprie finalità. Il tentativo di “governo” del rischio, e delle conseguenze
associate, rappresenta l’essenza del risk management. I meccanismi generali di
gestione del rischio appartengono all’ambito proprio del corporate governance.
3
Piano Sanitario Regionale 2003-2006 Un’alleanza per la salute. Un welfare marchigiano
universale,equo,solidale e di qualità
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Le caratteristiche proprie delle aziende sanitarie impongono che nell’ambito dei
processi operativi e gestionali assuma specifica rilevanza l’area del governo
clinico.
4
Quindi perché il risk management sia efficace deve interessare tutte le
aree in cui l’errore si può verificare durante il processo clinico assistenziale del
paziente: infatti solo una gestione integrata del rischio può portare a reali
cambiamenti della pratica clinica, promuovere una cultura della salute, contribuire
alla riduzione dei costi delle prestazioni e consentire l’impiego di risorse per
sviluppare organizzazioni e strutture sanitarie più sicure ed efficienti. La gestione
del rischio deve essere un impegno di ogni singolo professionista.
5
Il Governo clinico (GC) - Clinical Governance - è uno strumento per il
miglioramento della qualità delle cure per i pazienti e per lo sviluppo delle
capacità complessive e dei capitali del SSN, che ha lo scopo di mantenere
standard elevati e migliorare le performance professionali del personale,
favorendo lo sviluppo dell’eccellenza clinica e rappresenta lo sviluppo di
riflessioni sul tema della qualità sul quale da anni molte organizzazioni stanno
lavorando e tra queste l’Organizzazione Mondiale della Sanità (The principles of
quality assurance, 1983). L’obiettivo fondamentale dei programmi di
miglioramento della qualità è che ogni paziente riceva quella prestazione che
produca il miglior esito possibile in base alle conoscenze disponibili, che comporti
il minor rischio di danni conseguenti al trattamento con il minor consumo di
risorse, e con la massima soddisfazione per il paziente. La politica di attuazione
4
Chiari P., Atti del corso di aggiornamento: Gestione del rischio clinico, Pesaro giugno
2005
5
P. Chiari, D. Mosci e E. Naldi, L’infermieristica basata su prove di efficacia, Mc Graw
Hill 2006, pag.353
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del governo clinico richiede quindi un approccio di “sistema” e va realizzata
tramite l’integrazione di numerosi determinanti tra di loro interconnessi e
complementari, tra i quali vi sono la formazione continua, la gestione del rischio
clinico, l’audit, la medicina basata sull’Evidenza (EBM ed EBHC), le linee guida
cliniche e i percorsi assistenziali, la gestione dei Reclami e dei contenziosi, la
comunicazione e gestione della documentazione, la ricerca e lo sviluppo, la
valutazione degli esiti, la collaborazione multidisciplinare, il coinvolgimento dei
pazienti, l’informazione corretta e trasparente e la gestione del personale. È in
questa sistematica attenzione alla qualità dell’assistenza che il governo clinico
offre, prima di tutto agli stessi operatori, la possibilità di valutare l’efficacia e
l’appropriatezza clinica delle prestazioni erogate.
6
“ Il governo clinico …. si esercita attraverso l’uso corrente e sistematico di
idonei strumenti operativi-gestionali tesi ad evitare i rischi, ad individuare
tempestivamente e apertamente gli eventi indesiderati, a trarre insegnamento
dagli errori…”
7
Il clinical risk management in senso stretto definisce lo specifico processo di
identificazione dei rischi in campo clinico, la valutazione dei loro impatti
potenziali, l’approntamento di tutte le misure per il loro controllo e la loro
prevenzione, e la gestione delle conseguenze. Si configura come strumento
gestionale di governo volto a ridurre numero e gravità degli “errori” che si
realizzano nell’interazione fra le persone, le loro conoscenze e i loro
6
Piano Sanitario Nazionale 2006-2008
7
Piano Sanitario Regionale Regione Emilia Romagna 1999-2001
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comportamenti da una parte, e i sistemi organizzativi e gestionali dall’altra, con il
fine di migliorare le pratiche cliniche e assistenziali, in modo che negli specifici
contesti i professionisti abbiano a disposizione le più adeguate e utili conoscenze,
capacità e abilità rispetto alla situazione che devono affrontare, e l’ambiente
consenta e spinga verso un loro effettivo ed efficace utilizzo.
8
1.1 LA DEFINIZIONE DI RISCHIO
Il rischio clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso
cioè subisca un qualsiasi “danno o disagio imputabile, anche se in modo
involontario, alle cure mediche ….., che causa un prolungamento del periodo di
degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”
9
Il sistema sanitario è un sistema complesso per diverse variabili (specificità delle
persone che ricorrono alle cure sanitarie, tipologia di interventi, esperienze
professionali e modelli gestionali diversi), al pari di altri sistemi quali le centrali
nucleari, l’aviazione, la difesa militare. Dal momento che in ogni organizzazione
complessa, e nonostante l’accresciuta attenzione alla qualità, l’errore e la
possibilità che si verifichino eventi avversi è ineliminabile, devono essere
utilizzati tutti gli interventi affinché siano almeno controllabili.
Il “rischio d’impresa” è proporzionale alla complessità dei sistemi stessi e
numerose sono le variabili coinvolte: tale concetto si può estendere anche ai
8
Chiari P., Atti del corso di aggiornamento: Gestione del rischio clinico, Pesaro giugno
2005
9
Kohn L. Corrigan J. Donaldson M., To err is human: building a safer health system,
Institute Of Medicine 1999
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sistemi sanitari che paradossalmente avrebbero un basso rischio qualora
prestassero assistenza sanitaria a “pazienti sani”. Numerosi sono gli strumenti e le
norme condivise ed adattate per diminuire questa rischiosità intrinseca. Esiste
invece una parte di rischio che potremmo definire come rischio puro, che dipende
da variabili meno note, da circostanze occasionali, dal concatenarsi di situazioni
che favoriscono l’occorrenza di un evento avverso. E’ su quest’ultimo aspetto,
anche se difficile è tratteggiarne il limite dal rischio intrinseco, che si sono
costruite le politiche di gestione del rischio, orientate alla riduzione degli errori
evitabili.
10
1.2 CLASSIFICAZIONE DEGLI ERRORI
Nell’ambito delle teorie che si sono sviluppate per lo studio dell’errore in
medicina, quella dell’errore umano propone una classificazione del
comportamento dell’uomo in tre diverse tipologie (Rasmussen, 1987):
11
1. Skill-based behaviour: si riferiscono a comportamenti automatici, a
compiti svolti in modo semplice per i quali si sia acquisita una particolare
abilità;
2. Ruled-based behaviour: il soggetto si serve di regole che lo guidano
nell’azione; le regole possono derivare o da una precedente esperienza o
10
Risk management in Sanità. Il problema degli errori. Commissione tecnica sul Rischio Clinico
Ministero della Salute, marzo 2004, introduzione
11
Rasmussen J., Duncan K., Leplat J., New technology and human error, 1987 Chichester,
England: Wiley
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da una specifica istruzione; le regole intervengono quando fallisce
l’automatismo legato alle abilità di base;
3. Knowledge-based behaviour: le azioni, per lo più attinenti situazioni
sconosciute o insolite, sono guidate dal ragionamento e dalla conoscenza
che permettono di attivare un piano per raggiungere gli obiettivi.
I tre tipi di comportamento si acquisiscono in sequenza e nascono a partire dal
livello di knowledge-based.
I tre comportamenti si acquisiscono in sequenza:
Errore
Skill-based behaviour
Reazione automatica ad uno stimolo
Ruled-based behaviour
Scelta di una norma/regola adeguata
Knowledge-based behaviour
Pianificazione di una strategia di azione
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Sulla base di questo modello, Reason propone la seguente classificazione degli
errori:
12
1) errori di esecuzione che si verificano a livello di abilità – “slip”: sono errori
che riguardano per lo più attività routinarie, in cui l’automatismo fallisce quando
un imprevisto interferisce con l’azione; la pianificazione è corretta, ma
l’esecuzione diventa carente (contaminazione dei guanti sterili durante una
procedura asettica, per svolgimento di una manovra scorretta o contaminazione
accidentale);
2) errori di esecuzione provocati da un fallimento della memoria – “lapses”: sono
errori dovuti a deficit di memoria per cui l’azione non raggiunge il risultato atteso;
non sono sempre osservabili nel comportamento, ma percepiti dalla persona che
esegue l’azione (eseguire l’antisepsi della cute de paziente con Betadine,
scordando che è allergico allo iodio);
3) errori non commessi durante l’esecuzione pratica dell’azione – “mistakes”:
sono errori di pianificazione conseguenti a valutazioni sbagliate in cui le azioni,
pur se condotte correttamente, non conducono all’obiettivo prefissato. Essi sono
di due tipi:
- ruled-based: quando è scelta la regola sbagliata (es. farmaco non adatto alla
patologia..) o viene commesso uno sbaglio nell’applicazione di una regola
(farmaco giusto ma errori di somministrazione o di dosaggio);
- knowledge-based: quando sono carenti le conoscenze o quando le stesse non
vengono applicate ( es. negligenza).
12
Reason J., “L’errore umano” Ed. Il Mulino Bologna, 1990