INTRODUZIONE
Le motivazioni che mi hanno indotto ad elaborare una
tesi su questo argomento sono legate al tirocinio
previsto nel mio piano di studi, effettuato nell’ A.C.O.
San Filippo Neri di Roma, che mi ha permesso di
osservare molto da vicino i comportamenti degli
infermieri e di valutare sulla bilancia il peso delle loro
esperienze e delle loro conoscenze.
Infatti troppe volte mi sono trovata di fronte alla
medesima situazione, cioè il fatto che molto spesso ciò
che studiavo sui libri universitari risultava essere in
antitesi con ciò che veniva realmente effettuato.
Per fare un esempio, quando mi trovavo di fronte ad
una medicazione nessun infermiere ha mai saputo
citarmi alcuna linea guida o comunque un sito web dal
quale avrei potuto estrarre delle informazioni preziose
in merito all’argomento, oppure mi sentivo ripetere
spesso che “ciò che si studia sui libri non è conforme
alla realtà, che quello che serve è solo l’esperienza e
che se fino ad oggi si è sempre medicato in quel modo
allora è giusto che si continui così”.
Così dal ripetersi di questa frase, seppure con parole
diverse, è suscitato in me il desiderio di indagare il
perché gli infermieri risultino essere così restii alle
nuove evidenze, alle nuove scoperte e soprattutto
perché si da così poco peso alla conoscenza e così tanto
invece all’esperienza. Da questa domanda è scaturita
un’ “indagine conoscitiva nella pratica clinica
infermieristica” per capire se, come e quanto gli
infermieri conoscano le “evidenze scientifiche” e quali
sono le motivazioni che li spingono a creare una
“resistenza al cambiamento”.
Per questo motivo, utilizzando un questionario (su
gentile concessione da parte della Dott.ssa De Rosa)
comprensivo di tredici domande, ho cercato di misurare
la presenza di barriere che si erigono come resistenza
al cambiamento e conseguentemente la non
conoscenza e/o implementazione delle evidenze
scientifiche da parte degli infermieri che prestano la
loro attività professionale in 14 Unità Operative dell’
A.C.O. San Filippo Neri.
La tesi si articola in due parti: la prima parte può
considerarsi descrittiva, necessaria per comprendere al
meglio la seconda, che invece riguarda l’indagine da me
svolta.
Prima parte
Capitolo 1: Formazione ed evoluzione della
dottrina infermieristica.
Questo capitolo è diviso in due paragrafi, di cui nel
primo sono definite le più importanti tappe legislative,
dal “mansionario” fino alla “laurea magistrale” e nel
secondo lo sviluppo scientifico della disciplina, quindi
l’attenzione al problem solving, alla diagnosi
infermieristica e al concetto di qualità, che si sono
evoluti ed approfonditi in questi anni.
Capitolo 2: L’Evi den ce-based Nursing.
In questo capitolo si è desiderato sottolineare il
significato fondamentale di EBN, il perché è nato e
ovviamente qual è stato il suo percorso storico. Inoltre
il capitolo intende anche dare dei suggerimenti sulle
modalità di ricerca scientifica in rete, fornendo uno
strumento d’ausilio agli infermieri per giungere verso
l’obiettivo del miglioramento globale della professione.
Capitolo 3: Le linee guida.
Nel terzo capitolo ho deciso non solo di definire il
significato di “linea guida”, ma anche distinguerla dai
concetti di “protocollo” e “procedura” per chiarificare
ulteriormente all’equipe infermieristica la diversità dei
tre termini, per ovviare al problema della confusione di
tali concetti.
Il capitolo è stato diviso in quattro paragrafi, dove nei
primi due viene specificato quanto sopra detto mentre
negli altri due si è deciso di introdurre le modalità di
ricerca sul web delle linee guida come ulteriore indirizzo
ed ausilio alla professione infermieristica e il concetto di
“evidence-based” come base del Clinical Governance,
quale primo passo verso il Change Management.
Capitolo 4: Il cambiamento: risorsa o minaccia?
Il capitolo intende in primo luogo definire cosa si
intende per “resistenza al cambiamento” e in secondo
luogo quali sono i meccanismi che si innescano nella
mente non solo nei professionisti sanitari, ma più
specificatamente , degli esseri umani, che portano al
sollevamento di barriere che confliggono con il
cambiamento, e certamente anche le modalità con le
quali agire che rendono possibile la loro eliminazione o
quantomeno una loro riduzione.
Seconda parte
Capitolo 5: La ricerca
Il quinto capitolo presenta il disegno di ricerca, e
dunque la raccolta, l’analisi e l’elaborazione dei dati
reperiti attraverso lo strumento del questionario,
trasformati in forma grafica per mezzo di grafici.
Inoltre ogni grafico viene seguito da una discussione.
Conclusioni:
Nelle conclusioni vengono sintetizzati i risultati ottenuti,
vengono evidenziati quelli che sono i punti di forza e di
debolezza dell’equipe infermieristica e vengono inserite
delle opinioni di miglioramento per il comportamento
professionale della categoria.
1
CAPITOLO 1:
FORMAZIONE ED EVOLUZIONE
DELLA DOTTRINA
INFERMIERISTICA
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1.1: PERCORSO LEGISLATIVO E
FORMATIVO DELLA PROFESSIONE: DAL
R.D. 1310/1940 AL D.L. 43/2006
Il nursing moderno comincia già dalla seconda
metà del IXX secolo con la fondazione della prima
scuola per infermieri per merito di Florence
Nightingale, per poi propagarsi nel resto del vecchio
continente.
In Italia è nel 1925 con il RDL 1832 che
comincia la prima istituzione di scuole-convitto
professionali per infermiere della durata di due anni
alla quale si poteva accedere solo se si era in
possesso di titolo di 5^ elementare.
All’interno di tali scuole, gli insegnanti erano il
Direttore Sanitario e i Primari dell’ospedale, e quindi
si evince come la professione fosse in maniera ancor
più esponenziale rispetto ad oggi, assoggettata alla
figura del medico e quindi totalmente mancante
d’interesse da parte della collettività. Inoltre a tali
scuole potevano accedere solo le donne, giacché la
professione era considerata una caratteristica
peculiare solo del sesso femminile, e assolutamente
inconcepibile per l’uomo.
L’unica figura infermieristica che si poteva
trovare nella scuola-convitto era quella della
direttrice, che però aveva compiti legati più che altro
all’educazione morale delle allieve.
Ciò necessitava di dare alle infermiere una
sorta di “lista delle mansioni professionali” in modo
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tale da delineare meglio quali fossero e quali non
fossero le attività che potevano svolgere.
Per questo nel ventennio successivo ci fu
l’istituzione del R.D. 1310/1940, il cosiddetto
mansionario.
Il “mansionario” elencava una serie di
mansioni, quindi compiti e funzioni, rilegate alla
figura dell’infermiere, ma sempre di natura molto
semplice e da compiersi sempre sotto la figura
autorevole del medico.
Il regio decreto in pratica, pone le basi per lo
sviluppo della professione in quanto modifica su un
piano strettamente pratico la figura dell’infermiere
professionale e dell’infermiere generico, ai quali
spettavano due livelli di lavoro diversi.
Il “mansionario” fu successivamente modificato
con il D.P.R. 225/1974, anche se rimase sempre un
documento di carattere prescrittivo ed esaustivo
sottoposto alla direttiva dei medici.
Nella forma modificata, il mansionario si
divideva in sei articoli di cui solo i primi due erano
legati alla figura dell’infermiere professionale. Il terzo
articolo riguardava le funzioni dell’infermiera
vigilatrice d’infanzia, il quarto dell’infermiere
specializzato nelle tecniche di anestesia e
rianimazione, il quinto riguardava gli assistenti
sanitari, mentre il sesto delineava le mansioni
dell’infermiere generico.
Nel D.P.R. 225 del 1974 erano usati termini che
mostravano ad occhio nudo la forte supremazia della
classe medica su quella infermieristica, come ad
esempio “dietro ordinazione del medico l’infermiera
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può eseguire le seguenti manovre”
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, lasciando
all’infermiera professionale l’unica responsabilità delle
attività dell’infermiere generico: “L’attività degli
infermieri generici deve essere limitata alle seguenti
mansioni, per prescrizione del medico e, in ambito
ospedaliero, sotto la responsabilità dell’infermiera
professionale”.
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Inoltre in questi anni, viene quindi estesa la
possibilità dell’esercizio della professione
infermieristica anche al personale maschile e le
scuole-convitto si trasformano in scuole per gli
infermieri professionali, cui i requisiti d’accesso sono
il diploma di scuola media superiore e un attestato
che certifichi l’ammissione al terzo anno di scuola
secondaria (Legge 124/1971).
Nel 1973 con la Legge 795, c’è stata la ratifica
e l’esecuzione dell’accordo europeo sull’istruzione e
formazione delle infermiere adottato a Strasburgo nel
1967, che modifica il “piano di studi”degli allievi
infermieri. Infatti da questa data, la formazione
infermieristica ha la durata di tre anni con un
programma di base di 4600 ore di formazione
teorico-pratica e dieci anni di scolarità pregressa.
Negli anni che seguirono ci fu un periodo di
transizione, che culmina agli inizi degli anni ’90,
quando furono emanate nuove riforme soprattutto
nell’ambito della formazione.
Infatti, durante questi quindici anni, ci fu una
maturazione della professione infermieristica, che
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R.D. 2 maggio 1940, n. 1310, Determinazione delle mansioni delle infermiere professionali e degli infermieri
generici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 25 settembre 1940, n.225, 2
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R.D. 2 maggio 1940, n. 1310, Determinazione delle mansioni delle infermiere professionali e degli infermieri
generici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 25 settembre 1940, n.225, 4
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arrivò ad una più complessa capacità tecnica e alla
scoperta di potenzialità autonome e responsabili.
Inoltre, i medici iniziano a delegare compiti più
specialistici agli infermieri, che ovviamente per
conseguenza determinò un aumento di competenza e
consapevolezza infermieristiche.
È quindi nel 1990 con la Legge 341 che si ha la
riforma degli ordinamenti didattici universitari, e
dunque l’istituzione dei “Diplomi Universitari” ai quali
si accederà solo con il certificato di diploma di
maturità quinquennale.
Nell’anno successivo viene recepito il primo
ordinamento didattico che istituisce il corso con il
nome di “Corso di Laurea in Scienze
Infermieristiche”, recante tre indirizzi:
- assistenza generale
- assistenza generale pediatrica
- assistenza generale ostetrica
Però questo passo non fu esente da critiche.
Infatti, non solo c’era un doppio canale formativo
(università e regione) ma il corso si presentava
difforme rispetto alla normativa europea vigente.
Per questo motivo il DU viene rinnovato nel
luglio del 1996, dove il nome del corso “Scienze
Infermieristiche” viene mutato in “Corso per
Infermieri”.
Ad ogni modo, anche se per motivi
strettamente burocratici il nome del corso viene
mutato, si può notare quanto la professione
infermieristica veniva pian piano riconosciuta: viene
data al personale infermieristico adeguatamente
formato, la funzione di “triage”, ossia l’accoglienza e