6
1.2 Ciclo produttivo
Il ciclo produttivo conciario (figura 1.2.1) è costituito da una serie di trattamenti chimici e
meccanici che consentono di trasformare la pelle animale in un prodotto inalterabile ed
imputrescibile, utilizzato per produrre manufatti quali scarpe, articoli di pelletteria e capi di
abbigliamento. É possibile individuare due cicli produttivi principali: la concia al cromo e quella al
vegetale, utilizzata per produrre cuoio suola pelle per calzatura e pelletteria attraverso l'impiego di
tannini naturali o sintetici.
Con il termine “operazioni di riviera” vengono genericamente indicati tutti i processi chimici,
chimico fisici, enzimatici e meccanici che hanno lo scopo di preparare le pelli alla concia; le
lavorazioni sono comuni ai due tipi di concia sopra individuati.
Tutte le fasi a umido vengono di norma svolte in grandi recipienti cilindrici ruotanti denominati
«bottali». Dal derma vengono eliminati il sudiciume, i prodotti utilizzati per la conservazione delle
pelli (NaCl per lo più) e tutti i componenti non fibrosi che lo accompagnano (epidermide, peli,
tessuti ghiandolari, strato sottocutaneo).
La fibra collagenica viene "aperta" in modo da renderla più attiva per le successive fasi. I prodotti
chimici maggiormente impiegati in queste fasi sono imbibenti non ionici ed anionici, calce e solfuro
di sodio per la depilazione ed il rigonfiamento delle pelli, solfato e cloruro d'ammonio, acido lattico
e prodotti enzimatici proteolitici per l'apertura delle fibre.
In fase di concia si realizzano una serie di operazioni chimiche e meccaniche in seguito alle quali i
prodotti concianti (normalmente sali di cromo o tannini) si combinano irreversibilmente con il
collagene, determinandone il consolidamento della struttura mediante il ravvicinamento delle catene
polipeptidiche a cui segue la fase di tintura.
I prodotti maggiormente impiegati in queste fasi sono tensioattivi di varia natura, coloranti acidi e
metallorganici, cloruro e bicarbonato di sodio, solfato basico di cromo e tannini naturali o di sintesi
(in genere molto meno biodegradabili ma poco utilizzati nelle concerie italiane) per la concia del
cuoio suola.
Le pelli che hanno subito la concia al cromo vengono poi sottoposte a rifinizione, consistente in vari
processi che vanno dalla semplice lucidatura o ceratura delle pelli più pregiate a trattamenti tecnici
per nobilitare l'aspetto estetico della pelle e conferire proprietà di idro ed oleo repellenza.
Alcuni dei prodotti utilizzati sono ammoniaca, acido formico, oli naturali e sintetici solfonati,
dispersi o emulsionati, pigmenti organici e inorganici. caseina, albumina, formaldeide, resine
viniliche butadieniche e acriliche, nitrocellulosa, solventi organici e cere.
La successione delle fasi di lavorazione e dei rispettivi scarichi inquinanti è visibile in figura 1.2.1,
mentre in tabella 1.2.1 sono riportati alcuni valori di concentrazione di solidi, di BOD e di pH per le
7
fasi principali (Speciale indistria conciari, Ambiente, n.18,1997 [2]) . Di seguito viene proposta una
breve descrizione delle singole fasi:
Rinverdimento: serve a far riacquistare le caratteristiche originali della pelle (elasticità e
rigonfiamento). Questo viene ottenuto utilizzando soluzioni acquose tiepide (24°C) di sali alcalini
che facilitano il lavaggio e la reidratazione preparando la pelle alla successiva fase di depilazione.
In questa fase oltre al dilavamento dei sali di conserva vengono eliminate anche le impurità presenti
sulla pelle come sangue, escrementi, grassi e proteine solubili. L’operazione richiede al più un paio
di giorni mg/l .
L’acqua di processo è ricca di materiale organico e sali che la rendono maleodorante ed a pH
basico. Questa fase è caratterizzata da una forte emissione di BOD, COD, Solidi sospesi, sostanze
disciolte, sali, e materiale inorganico.
Operazione Sostanze
solide disciolte
Sostanze solide
sospese
BO
D
pH
g/l g/l mg/l
Rinverdimento 12 11 1000 6
Calcinazione 25 17,5 2500 11/13
Decalcinazione 4 3,8 300 8
Piclaggio 60 59 800 2,5
Concia al
vegetale
19 17,5 6000 4/5
Concia al
cromo
78 75,5 500 3
Ingrasso e
tintura
7 4,5 1000 4
Lavaggi vari 1 0,8 100 8
Tab. 1.2.1: Proprietà dei liquami in uscita dalle fasi principali.
8
Calcinaio: viene attuato al fine di liberare la pelle da tutte le sostanze che non si trasformeranno in
cuoio (peli, ghiandole e strato adiposo sottocutaneo) e per renderla più reattiva alle sostanze
concianti. Il processo avviene a 20°C in soluzione di idrossidi (calce) e solfuri (Na2S, NaHS) in
modo da asportare i peli, rigonfiare la pelle e saponificare le molecole grasse. Le pelli permangono
nelle vasche per un periodo variabile dalle 12 alle 40 ore in funzione della concentrazione dei
reagenti. Questa fase è particolarmente delicata per gli agenti inquinanti che vengono scaricati: oltre
ai residui solidi costituiti da pelo, fango di calcinaio e sostanze putrescibili, sono alte le
concentrazioni di azoto organico, azoto ammoniacale e solfuri, a cui si aggiungono esalazioni di
acido solfidrico (Inquinamento, n.11, dicembre 1997 [3]).
Scarnatura: è la fase meccanica che consente di asportare il tessuto adiposo aderente ancora alla
pelle. La pelle così ottenuta, detta pelle in trippa, viene pesata in modo da poter calcolare il
fabbisogno di prodotti chimici delle fasi successive. Gli effluenti di questa fase sono caratterizzati
dall’ulteriore presenza di solfuri e di residui solidi (carniccio grasso calcinato) .
Le ultime due fasi servono per rimuovere i reagenti delle fasi precedenti e per rilassare la pelle da
conciare.
Decalcinazione: è fatta tramite l’aggiunta di acidi deboli o sali che legandosi con le sostanze usate
a monte formano composti facilmente rimovibili o che non interferiscono con le fasi di concia. Gli
scarti di questa fase sono caratterizzati dalla presenza di ammoniaca ed azoto ammoniacale.
Macerazione: si basa sull’utilizzo di enzimi (in soluzione a 35-37°C e pH debolmente basico) che
rimuovono le sostanze grasse parzialmente saponificate nella fase di calcinaio e rilassano
ulteriormente la pelle.
Sgrassatura : è utilizzata ogni volta che si usano pelli ricche di sostanze grasse o dove la semplice
calcinazione non sia sufficiente: nell’effluente si trovano grassi e solventi.
Piclaggio : fase preliminare alla concia minerale che serve per facilitare i successivo assorbimento
dei sali concianti attraverso l’utilizzo di soluzioni acide diluite di acido solforico e cloruro di sodio.
Possono essere anche introdotti reagenti sbiancanti e neutralizzanti.
9
Concia: in questa fase le pelli in trippa vengono trattate con agenti concianti che, almeno in parte, si
combinano in modo irreversibile con il collagene, proteina fibrosa che forma la maggior parte del
derma. Questo si può ottenere con sostanze concianti in grado di combinarsi con più di un gruppo
funzionale della proteina della pelle: a seconda del tipo di concia utilizzato si trovano quindi negli
scarichi di questa fase alte concentrazioni di cromo trivalente, tannini vegetali, tannini sintetici e
sali.
Rifinizione: È l’insieme di interventi chimici e meccanici atti a conferire alla pelle delle particolari
caratteristiche sia dell’aspetto esterno (colore, aspetto della superficie, etc.) che della struttura stessa
(spessore, rigidità, fermezza, etc.). Gli effluenti di queste lavorazioni finali sono naturalmente
diversi a seconda delle caratteristiche del prodotto finito: in linea di massima è da segnalare la
presenza di residui sia liquidi che solidi di prodotti vernicianti (composti organici e solventi alla
formaldeide), di grassi utilizzati per la lubrificazione delle fibre e di rifilature conciate al cromo.
10
PELLE GREZZA
RINVERDIMENTO
SCARNATURA
DEPILAZIONE
CALCINAZIONE
SCARNATURA
SPACCATURA
RIFILATURA
DECALCINAZIONE
MACERAZIONE
SGRASSAGGIO
PICLAGGIO
CONCIA
SPACCATURA
RASATURA
RICONCIA
TINTURA
INGRASSO
ESSICCAZIONE
SMERIGLIATURA
RIFILATURA
RIFINIZIONE
CUOIO
1.3 Problemi ambientali
Pelo, fango di
calcinaio,Sost.org.
putrescibili
acido solfidrico
Carniccio rinverdito
(sost.org. grasse)
BOD, COD,SS, SD
Sali, N-organico
BOD, COD,SS, SD
Solfuri,N-org. N-NH3
BOD, COD,SS, SD
Solfuri
Crosta e rifilature in
BOD, COD, SD,N-
BOD, COD, SD,
grassi e solventi
BOD, COD, SD, sali,
cromo, tannini
vegetali,
Croste conciate al
Polvere di pelle
BOD, COD, SD, sali,
cromo, tannini
vegetali, tannini
sintetici, coloranti,
Rifilature conciate
al cromo
Residui solidi di
soluzioni vernicianti
Solventi alla
formaldeide
Residui liquidi di
soluzioni vernicianti
(comp. org. Pigmenti)
LEGENDA
INQUINANTI LIQUIDI
INQUINANTI GASSOSI
R
Fig. 1.2.1: Elenco delle fasi produttive e dei rispettivi
inquinanti.
11
I problemi principali strettamente legati all’industria conciaria riguardano il consumo delle risorse
idriche e l’impatto ambientale causato dagli effluenti e dagli scarti di produzione.
Pur avendo un utilizzo effettivo d’acqua molto basso (il flusso in entrata è di poco superiore a
quello in uscita), l’intera produzione comporta un elevato consumo idrico che va da 35 a 80 m3 per
tonnellata di pelle grezza per la concia al cromo, al 30% in meno per la concia vegetale. Il consumo
stimato per tutto il settore in Italia è di 40 milioni di m3/ anno, circa l’1% del fabbisogno del settore
manifatturiero. (rif.: Caratteristiche dei prodotti chimici usati in conceria, A. Simoncini, Cuoio,
pelli, materie concianti 1978 [4]).
Le acque di scarico di conceria hanno generalmente le seguenti caratteristiche: sono torbide,
maleodoranti, putrescibili, possiedono un’alcalinità notevole, ed osservando singolarmente gli
scarichi dei vari reparti della linea di produzione (cfr. fig. 1.2.1) si nota che contengono: escrementi
animali, sangue, terra, sostanze proteiche in soluzione ed in sospensione provenienti dal processo di
rinverdimento, cascame di pelle, grassi animali, pelo, calcio, solfuri, cloruri provenienti dal
processo di depilazione e calcinazione e dalle varie operazioni meccaniche relative; acidi organici
ed inorganici, tracce di prodotti ausiliari, provenienti dai processi di decalcinazione, piclaggio e pre-
concia; tannini vegetali o sali di cromo provenienti dai processi di concia al vegetale o di concia al
cromo; infine sostanze grasse, tracce di sostanze tensioattive, sostanze coloranti ed acidi organici,
provenienti dai processi di tintura ed ingrasso.
Come si vede si tratta di un miscuglio di sostanze inaccettabili, soprattutto se scaricate
massicciamente in un corpo d’acqua recettore. Il maggior potenziale inquinante è senza dubbio
quello posseduto dalle acque di calcinazione che contengono, oltre alle sostanze organiche, ingenti
quantità di calcio e solfuro sodico, come giá riportato in tabella 1.2.1.
I problemi ambientali sono legati sia alla concia al vegetale a causa dell’altissimo BOD sia alla
concia al cromo, dove l’effluente ha sì scarsa domanda di ossigeno ma contiene grosse quantità di
cromo trivalente.
Anche gli scarti solidi della produzione concorrono al quadro dell’impatto ambientale anche se in
modo più attenuato: parte della produzione annua (300.000 ton/anno) viene convertita e sfruttata
attraverso il recupero di proteine, polipeptidi, collanti, grassi e fertilizzanti. Nel dettaglio, per ogni
tonnellata di pelle lavorata si producono in media 190 kg dovuti alla rifilatura e la scarnatura di
pelle non conciata, 215 kg per spaccature, rifilature e rasature di pelle conciata e 34 kg di rifilature e
polveri di pelle conciata e rifinita (Cuoio Pelli Mat. Concianti, no 5, sett-ott 1997 [5]).
Dal punto di vista economico, dati aggiornati al 1997 riportano per i nove maggiori impianti
consortili conciari italian (Arziniano, Montebello, Turbigo, Robecchetto, S.Croce, Castelfranco,
12
Ponte a Egola, Ponte a Cappiano, Solofra) i costi di gestione pari a 110 miliardi/anno, per un totale
di volume trattato pari a 105.600 m3/giorno. A questa portata va aggiunto il volume di acque
complessivamente trattate negli impianti consortili e singoli presso concerie fuori dalle aree di
insediamento sopra considerate che ammonta a circa a 25 mld di m3/anni paragonabili a 68943
m3/giorno.
Oltre ai flussi liquidi e solidi, l’industria conciaria interviene sull’ambiente anche con emissioni
gassose, particolarmente sgradevoli dal punto di vista olfattivo: l’odore repellente è infatti
principalmente dovuto alla presenza di forti concentrazioni di H2S, all’accumulo di carniccio nelle
fasi di riviera ed alle sostanze volatili utilizzate nelle fasi di rifinizione.
La formazione di H2S gassoso è causata dal massiccio utilizzo di piclé acidi: l’acqua non ha
abbastanza potere alcalino per neutralizzarli e dall’abbassamento del pH che ne consegue si ha la
liberazione di H2S gas.
Nel dettaglio, in tabella 1.3.1 sono riportate le composizioni medie degli effluenti gassosi
provenienti dalle principali fasi di processo [5].
13
Fase di processo Sostanza Conc. max. rilevata
(ppm)
Riviera Acido solfidrico 6
Ammoniaca 15
Concia, tintura ed ingrasso Acido solfidrico 3
Ammoniaca 20
Acido solforoso 2
Altri acidi volatili 2
Solventi volatili 150
Rifinizione Polveri 5 (mg/m3)
Ammoniaca 6
Formaldeide tracce
Solventi volatili 250
Impianto termico Anidride carbonica 1.000
Vari reparti Vapor d’acqua 75%
Tab. 1.3.1: Composizione degli effluenti gassosi nelle varie fasi di lavorazione
.
Per questi motivi è indispensabile trattare i reflui generati dal processo produttivo conciario in
opportuni impianti di depurazione. Di seguito verranno analizzate tre soluzioni attualmente
disponibili: il trattamento biologico classico con denitrificazione e nitrificazione in continuo, il
trattamento biologico S.B.R (Sequencing Batch Reactor) ed il trattamento fisico ad ultrafiltrazione,
nanofiltrazione ed osmosi inversa.
14
2 Panorama delle tipologie di trattamento esistenti
2.1 Linea liquami: schemi di depurazione applicabili
Come anticipato nell’introduzione, il panorama del conciato italiano fonda le sue basi più che su
grosse imprese su piccoli artigiani ed inoltre la diversità di utilizzi finali della pelle comporta una
peculiare diversificazione dei processi produttivi. Per questi motivi si sono creati sempre più
impianti consortili che vertono su bacini d’utenza composti da decine o centinaia di piccole
imprese.
Prima di far pervenire le portate da smaltire all’impianto consortile le industrie sono spesso tenute
ad attuare uno o più pretrattamenti a piè di fabbrica: generalmente le tipologie di questi interventi
sono riconducibili a:
• Omogeneizzazione delle acque di processo
• Grigliatura fine (5 mm)
• Sedimentazione primaria
• Recupero del cromo
In alcuni casi vi sono anche trattamenti biologici e ossidazione solfuri (attuati nella vasca di
omogeneizzazione), ma generalmente non sono processi che possano essere attuati da concerie di
piccola scala.
Il recupero ed il riutilizzo del cromo residuo riveste particolare importanza sia per limitare l’impatto
ambientale degli scarichi, sia per limitare gli sprechi, dal momento che solo il 70% del cromo
utilizzato nel bagno di concia viene assorbito dalla pelle [6].
Le operazioni di recupero devono essere fatte direttamente sul liquame all’uscita dei bottali di
concia, per non diluire eccessivamente il fango e quindi per contenere il costo dei trattamenti;
considerando che il riutilizzo del CrIII è in funzione del grado di purezza e separazione dagli altri
cationi Fe e Al presenti nel liquame, vengono di seguito proposte alcune soluzioni per l’estrazione
del cromo.
Un primo metodo separa i sali del bagno di concia con una iniziale precipitazione con magnesio a
pH 8-9, seguita dalla dissoluzione del precipitato ottenuto con acido solforico; nel dettaglio, la
soluzione proposta da W.M.Wiegant, T.J.J. Kalker ed al. [6], prevede, per una completa
precipitazione dopo l’aggiunta di magnesio, un tempo di ritenzione di tre ore. Il precipitato viene
quindi rimosso dalla vasca, trattato con H2SO4 per dissolvere il cromo ed il liquido così ottenuto
viene immagazzinato in una vasca d’accumulo da cui viene reinserito nei bottali della concia
semplicemente per gravitá, come mostrato in fig. 2.1.1.
15
Fig. 2.1.1: schema del recupero cromo proposto da W.M.Wiegant, T.J.J. Kalker ed al.
La soluzione di cromo ottenuta con questo metodo contiene però numerose impurità, come cationi
di alluminio e ferro, composti organici ed altro, che, se reintrodotte nei bottali, riducono la qualità
delle pelli conciate. Per migliorarne il grado di purezza A.Cassano, R.Molinari ed E.Drioli [7]
hanno sperimentato l’utilizzo dei processi a membrana sui bagni esausti della concia, in un impianto
pilota presso il Consorzio Recupero Cromo (fig. 2.1.2).
Il loro metodo prevede che il bagno esausto della concia sia inizialmente inviato, dopo
equalizzazione in un’apposita vasca, all’ultrafiltrazione: il permeato in uscita contiene circa solo il
2% dell’iniziale contenuto di sostanze grasse ed il 16% dei solidi sospesi totali, mentre il cromo
rimasto è il 72% della concentrazione inizialmente presente.
Mentre le sostanze trattenute vengono ricircolate alla vasca di equalizzazione, il permeato in uscita
viene inviato alla nanofiltrazione, a 14 bar e 25 oC, con riciclo continuo delle sostanze trattenute.
16
Fig. 2.1.2: schema di funzionamento del recupero cromo mediante processi a membrana
Gli autori hanno poi agito sul ricircolo, ottenendo diversi fattori di riduzione del (FRV, ricavato
dividendo il volume iniziale della vasca di alimentazione per il volume finale al termine delle
operazioni di concentrazione).
In figura 2.1.3 viene riportato l’andamento della frazione di cromo su COD nel flusso concentrato,
al variare del fattore di riduzione del volume: l’incremento della frazione Cr/COD mostra come
all’aumentare del FRV le sostanze organiche siano meno trattenute rispetto al cromo e quindi come
sia possibile ottenere soluzioni di cromo con maggior grado di purezza.
Vasca di
equalizzazio
ne
Permeat
U
F
N
F
Piclaggio
Concentra Riconcia Concia
Concentra
to
Soluzione
esausta dalla
concia
17
L’elevata presenza di cloruri nel permeato all’uscita della nanofiltrazione (vedi tabella 2.1.1) ne
suggerisce un possibile riutilizzo nella fase di piclaggio, risparmiando acqua di processo e sali,
mentre, a seconda del minor o maggior grado di purezza del cromo nella soluzione concentrata è
possibile reimpiegarlo, rispettivamente, nelle fasi di riconcia o di concia.
Fig. 2.1.3: Andamento del rapporto Cr/COD in funzione del fattore di riduzione del volume (FRV)
Portata iniziale Valori medi nel
filtrato
Valori finali nel
concentrato
Bilancio
di massa
Volume 178 123 l 69% 55 l 31% 100%
Cromo 460 3,7 g 1% 511 g 105% 106%
TSS 27 3,4 g 12,6% 20 g 74,1% 86,7%
COD 912 408 g 45% 420 g 46% 91%
Cloruri 1930 1.622 g 84% 406 g 21% 105%
Solfati 4983 597 g 12% 4.590 g 92% 104%
Tab. 2.1.1: bilancio di massa della nanofiltrazione
I trattamenti primari sono simili in tutte le tipologie di impianto biologico di seguito analizzate: i
reflui attraversano una o più fasi di grigliatura (grossolana e/o fine), una successiva fase di
18
dissabbiatura/disoleatura ed infine, dopo una fase di omogeneizzazione ed equalizzazione delle
portate, confluiscono in uno o più sedimentatori primari (vedi Fig. 2.1.4).
I trattamenti di grigliatura e dissabbiatura hanno lo scopo di rimuovere eventuali materiali solidi
trascinati con l’effluente che non solo danneggerebbero i macchinari dell’impianto ma creerebbero
notevoli problemi di deposito nella successiva fase di omogeneizzazione.
Prima dell’equalizzazione vengono normalmente dosati sali metallici (possono essere sia il cloruro
ferrico che il solfato ferroso) per favorire la precipitazione chimica dei solfuri metallici nella
successiva fase di sedimentazione primaria. I sali metallici hanno come noto proprietá flocculanti ed
in questo modo si riesce anche ad abbassare il COD in ragione del 60/70% ed il BOD anche del
50% [2].
Purtroppo esistono dei limiti all’impiego del ferro come reagente con reflui provenienti
prevalentemente da concia al vegetale: esso reagisce infatti coi tannini presenti rendendo nera
l’acqua trattata.
La rimozione dei solfuri può anche essere condotta per ossidazione in presenza di catalizzatori, fino
ad ottenere zolfo molecolare: questo processo richiede valori minimi di portata d’aria da insufflare
pari a 20-30m3/h per unità di volume della vasca di omogeneizzazione e l’uso di sostanze
catalizzanti come sali di cobalto, nickel o manganese. La notevole portata d’aria può causare lo
strippaggio di idrogeno solforato creando problemi di odori. L’ossidazione dei solfuri può essere
anche attuata dopo la sedimentazione primaria con lo scopo di diminuire i quantitativi di agente
ossidante.
La rimozione del cromo trivalente (qualora non esistano sistemi di recupero a pié di fabbrica o sia
ancora presente) e dei solidi colloidali può essere ottenuta per precipitazione in un secondo gruppo
Griglie
Dissabbiatore/
Disoleatore Equalizzatore
Sed I Precipitazione
chimica
Fe++ O2 Calce
affluente
Ai trattamenti biologici
Al trattamento fanghi
Fig. 2.1.4: Trattamenti preliminari comuni ai
depuratori biologici
19
di sedimentatori, tramite un opportuno dosaggio di calce e l’impiego di un secondo impianto di
omogeneizzazione.