INTRODUZIONE
Vari sono i fattori che sono intervenuti a determinare specificamente la stesura del presente
lavoro, a partire dalla scelta dell' argomento affrontato. Innanzitutto, la mia indole personale
ha giocato un ruolo significativo: la predilezione per quelle discipline che tendono a basarsi su
regole fisse e certe, per quanto in alcuni casi convenzionali ed arbitrarie, che godono di una
certa regolarità nel loro campo di applicazione mi ha portato a focalizzare l' attenzione su
quell' ambito che, all' interno di un percorso didattico di tipo umanistico, riflette
maggiormente tale metodologia, la linguistica appunto. Perché linguistica araba, in apparenza
così ostica perché percepita come infinitamente lontana dalla nostra sensibilità? Perché, all'
interno di questo campo, affrontare il fenomeno dell' interferenza lessicale? L' interesse per il
mondo arabo–islamico nasce da una semplice curiosità verso qualcosa che al giorno d' oggi
tende ad essere semplicisticamente liquidato come un corpo estraneo alla nostra società e che
di conseguenza necessita di esserne emarginato, per non dire espulso. Per sfatare questo mito
è sufficiente una semplice constatazione: il mondo arabo si trova a pochissima distanza da
noi, dall' altra sponda del Mediterraneo in direzione sud ed est ed è quindi impensabile che
due realtà così vicine non si siano reciprocamente influenzate nel corso dei secoli; è proprio il
fenomeno dell' interferenza lessicale, per cui si manifesta un influsso straniero nella lingua di
una data comunità, ad essere testimone del contatto fra Oriente ed Occidente.
Abbandonando una prospettiva eurocentrica, questo studio mette a fuoco l' influenza delle
lingue europee, principalmente francese ed inglese, sull' arabo dai punti di vista diacronico e
sincronico, contestualizzando e motivando storicamente i dati presentati ed al tempo stesso
estrapolando regole generali del cambiamento fono-morfologico da una lingua all' altra. Dopo
un primo capitolo a carattere generale sull' interferenza linguistica, in cui è fondamentale
focalizzare sui fenomeni del prestito lessicale e dell' integrazione fono-morfologica, veri e
propri pilastri dell' analisi più tecnicamente linguistica condotta nei capitoli successivi,
vengono presi in considerazione i due momenti cruciali del contatto fra mondo occidentale e
mondo arabo. I secoli XVIII e XIX vedono, in forza del dominio coloniale diretto
specialmente francese, l' ingresso “fisico” dell' Europa in terra arabo-islamica; i secoli XX e
XXI si caratterizzano per la crescita dell' influenza internazionale degli Stati Uniti, e
parallelamente della lingua inglese, e non si tratta più di contatto diretto quanto piuttosto di
influenza “informale”. Un capitolo conclusivo verterà sul' analisi delle conseguenze di tale
interferenza linguistica sulla lingua araba: quali termini introdotti di origine straniera sono
effettivamente percepiti dai parlanti arabi ed ufficialmente riconosciuti dagli ambienti
3
accademici come facenti parte del patrimonio lessicale nativo?
Significativa è infine la ricerca bibliografica alla base di questo lavoro: il materiale
recuperato, tutti studi a carattere monografico reperibili on-line o tramite prestito
interbibliotecario (come nel caso di (Zaghloul, 1978)) su cui ho basato i vari capitoli in cui l'
elaborato è suddiviso, ha determinato inequivocabilmente la struttura del testo, che vuole
tracciare una sorta di percorso storico dell' interferenza lessicale in arabo da parte delle lingue
europee nei suoi momenti più significativi.
Concludendo, lo spirito con cui mi sono messo all' opera è stato quello di prendere le
difese del mondo arabo-islamico: difenderlo innanzitutto da sé stesso e dall' immagine fallace
(perché non totalmente rappresentativa) che spesso proietta all' esterno di mondo ottusamente
conservatore, chiuso in sé stesso e vittima di un' influenza estranea vista come indesiderata e
corruttrice; a difesa della vivacità culturale di un popolo che ha dato i suoi frutti migliori
proprio nei momenti di sincretismo e per avere prova di ciò è sufficiente considerare la
produzione letteraria in costante aumento e rinnovamento a partire dalla rinascita o nahdhah,
a seguito del contatto culturale con l' Occidente nel XIX secolo, e che continua ai giorni
nostri. Atteggiamento che non trova migliore espressione se non nelle parole del narratore
egiziano Nagib Mahfuz, pronunciate al momento del ritiro del premio Nobel per la letteratura
nel 1988: “[...] Per quanto riguarda la civiltà islamica non parlerò della sua volontà di
unificare tutta l' umanità sotto la guida del Creatore, basata sulla libertà, l' uguaglianza ed il
perdono. Non parlerò del suo profeta. […] Parlerò invece di quella civiltà tramite un fatto che
riassume uno dei suoi tratti principali. In una vittoriosa battaglia contro Bisanzio ha restituito i
prigionieri di guerra in cambio di una quantità di libri dell' antica eredità greca, testi di
filosofia, medicina e matematica. Questa è una testimonianza del valore dello spirito umano
nella sua richiesta di conoscenza, anche se colui che la richiedeva credeva in Dio e colui a cui
veniva richiesto era figlio di una civiltà pagana.[...]”.
4
1. IL CONTATTO LINGUISTICO E L’INTERFERENZA
L'unilinguismo è una situazione eccezionale: in genere i parlanti, per necessità o libera
scelta, sono plurilingui, sia che conoscano due o più lingue, sia che utilizzino accanto alla
parlata nazionale una parlata locale, sia che alternino a seconda delle circostanze una forma
meno sorvegliata ed una più elevata. In tutti questi casi c'è la possibilità che uno degli idiomi
influenzi l'altro: l'interlinguistica è quel settore della linguistica che studia le condizioni in cui
si determina il contatto fra lingue e gli effetti che ne derivano secondo un'analisi comparativa,
cioè confrontando le corrispondenze e le differenze fra le varietà coinvolte che si riscontrano
nell'uso concreto.
1.1. La manifestazione del contatto linguistico prende il nome di interferenza: in termini
pratici si risolve nell'imitazione di un modello linguistico, che proviene da una lingua-modello
(donor language) accolta, in un contesto diverso da quello di pertinenza, da una lingua-replica
(recipient language). Finché tale fenomeno si mantiene a livello individuale, sia esso una
scelta cosciente del parlante o meno, non è significativo: si comincia a registrare una
modificazione stabile della lingua-replica solo quando l'influenza del modello si estende e
progressivamente investe un numero sempre maggiore di parlanti. Tra le forme meno
significative di interferenza si notano il fenomeno del code-switching, cioè il passaggio
involontario da un codice linguistico ad un altro nel corso dell'esecuzione di un messaggio; la
citazione volontaria di un termine appartenente ad un altro idioma; oppure, a livello
fonologico e soprasegmentale, l'errata pronuncia o l'intonazione sbagliata di una lingua
secondaria da parte di un parlante bilingue imperfetto.
Per ciò che riguarda invece le forme di interferenza più interessanti, bisogna distinguere fra
calco (loan translation o calque) e prestito (loanword): nel primo caso è riprodotta solo la
struttura semantica della parola e il significante viene adattato alla ‘forma interna’ del modello
tramite le risorse indigene della lingua-replica, mentre il prestito riproduce, oltre al
significato, anche il significante tramite adattamenti anche notevoli (in seguito si definirà
meglio tale processo come integrazione) alle strutture native. Si considerino come esempio
1
:
• 1 it. sciuscià < ing. shoeshine
1 Gli esempi sono stati tratti in larga parte da Gusmani (1987). Nell'esempio riguardante l'apporto latino
all'antico inglese in seguito alla cristianizzazione dell'isola mi sono rifatto a Jespersen (1905: cap. 3); mentre
in quello sulla rotazione consonantica alto-tedesca ed in quello sul nuovo significato del termine salvare ho
preso spunto dagli appunti delle lezioni tenute dalla prof.ssa Magni.
5
• 2 it. pallacanestro < ing. basketball.
In (1) il significante è riprodotto dal punto di vista fonetico senza badare alla struttura ed
articolazione semantica del termine inglese; cosa che invece avviene in (2), dove la forma
semantica interna al modello viene riprodotta mediante le risorse della lingua-replica.
Quindi, affinchè si verifichi un prestito, è sufficiente una conoscenza anche approssimativa
del modello, mentre per il calco è necessaria una competenza tale da permetterne un'analisi
strutturale e semantica. A tale proposito è utile trattare brevemente la distinzione introdotta da
Bloomfield tra cultural borrowing ed intimate borrowing (Gusmani, 1987: 109): la prima
nozione racchiude i casi di influsso di una comunità linguistica su un' altra, e quindi di
bilinguismo sporadico e circoscritto, mentre la seconda riguarda i casi di uso contemporaneo
di più lingue da parte della stessa comunità, quindi di un bilinguismo esteso e rilevante. Di
conseguenza, l'interferenza linguistica assumerà la forma del prestito nella prima situazione,
mentre nella seconda, dove l'utilizzazione di una lingua diversa da quella primaria non è un
fatto occasionale, saranno soprattutto le interferenze di ‘forma interna’ a diffondersi, cioè i
calchi. Inoltre, in seno ad una lingua riconosciuta come ricevente, la determinazione della
forma preponderante che prenderà l'interferenza, calco o prestito, è influenzata in maniera
significativa dall'atteggiamento della comunità di parlanti nei confronti dell'ambiente che
offre tale modello. Se questo gode di prestigio riconosciuto, allora sarà molto probabile il
prestito; al contrario, se la comunità si sente minacciata, saranno diffuse tendenze puriste e
l'interferenza punterà verso il calco, in cui è molto meno visibile l'apporto straniero. Altri
fattori di minore importanza che possono determinare la fortuna dell'una o dell'altra forma,
sono la comodità e agilità d' uso, ad esempio it. basket al posto di pallacanestro, oppure la
volontà di mantenere la connotazione originale del termine straniero, che una resa tramite
materiale indigeno annullerebbe, come con il prestito italiano lapin (‘coniglio’) dal francese
per indicare la specifica pelliccia, mantenendo così vivo il richiamo alla prestigiosa moda
d'oltralpe.
A questo punto è necessario stabilire dei criteri affinché, una volta riconosciuto in via
definitiva un fenomeno di interferenza, si possa definire la direzione di tale fenomeno ed
individuare così modello e replica:
• Criterio cronologico : è da utilizzare con prudenza perché l'epoca della
documentazione di un termine può dipendere da fattori esterni e casuali, per cui
l'attestazione di un prestito può risultare precedente a quella della fonte ( sourceword)
6
da cui proviene. Nel caso di prestiti gli indizi fonetici del significante possono
permettere di convalidare il dato cronologico
2
; per i calchi, invece, tali indicazioni
fonetiche mancano, perciò non è possibile affermare nulla di certo basandosi
esclusivamente su considerazioni di tipo cronologico.
• Storia culturale : la provenienza di beni materiali, di tecniche e nozioni di pensiero è
un valido elemento per stabilire la direzione dell'influsso linguistico. Ad esempio il
termine ‘patata’ è un prestito dalle lingue dell'America centrale mediato dallo
spagnolo: it. patata < sp. patata < taino batata; questa trafila linguistica è confermata
dal fatto che la patata è un vegetale importato dalle Americhe.
• Anomalie del significante rispetto alla norma: per ciò che riguarda i prestiti, le
atipicità fonetiche si rivelano un criterio non sempre infallibile. Ad esempio: se il
fonema /ʒ / di it. garage è sconosciuto all'italiano, e a ragione si può pensare ad un
prestito dal francese, non si può fare lo stesso ragionamento con it. autostop, in cui
l'insolita terminazione consonantica non deve far pensare ad un prestito dall'inglese
(to hitch-hike), perché in effetti si tratta di una creazione autonoma. Riguardo ai calchi,
invece, sono indicative certe anomalie rispetto alle strutture proprie della lingua-
replica: ad esempio, l'ordine decine + unità nel sistema di numerazione cardinale
dell'inglese (ing. twenty-five) è in contrasto con l'ordine unità + decine conosciuto
come normale dalle lingue germaniche (ted. fünf und zwanzig); in realtà quest' ordine
era rispettato nella fase anglo-sassone (a. ing. fī f ond twē ntig) e in effetti l'odierno
sistema di numerazione è un calco dal francese avvenuto durante il periodo della
dominazione normanna.
• Fonetica storica : è un criterio estremamente valido, a condizione che l'interferenza
in questione abbia avuto luogo successivamente ad un mutamento fonetico
caratteristico o della lingua-replica o della lingua-modello. Ad esempio l'italiano
letterario presenta il verbo obliare che deriva da lat. oblitare: il termine presenta
l'eliminazione della /t/ intervocalica, fenomeno sconosciuto all'italiano ma del tutto
normale in francese, e quindi si può sostenere che sia un prestito dal latino per mezzo
del francese stesso, it. obliare < fr. oublier < lat. oblitare. Allo stesso modo, può essere
2 Si veda il paragrafo 1.2 in riferimento alla datazione di prestiti sulla base di fenomeni fonetici riconosciuti,
sia della lingua-replica che della lingua-modello.
7
il mancato verificarsi di un mutamento fonetico atteso a definire una determinata
forma come prestito. Si consideri la rotazione consonantica dell'Alto Tedesco, che
interessa i dialetti di Germania meridionale, Austria e Svizzera: il termine a.ted. palast
‘palazzo’ è sospetto perché non presenta i mutamenti fonetici attesi (/p/- > /pf/- e -/t/ >
-/s/); e in effetti è un prestito da lat. palatium, entrato a rotazione consonantica già
avvenuta.
• Principio dell'evidenza cumulativa : i fenomeni di interferenza si inseriscono
solitamente all'interno di un contesto in cui un'area di maggior prestigio o superiorità
culturale teorica o pratica, in forza di cui è anche potenzialmente esportatrice in campo
linguistico, è collegata ad un'area caratterizzata da maggiore ricettività. Quindi è
individuabile una sorta di direzione preferenziale dell'interferenza, che tende a
riproporsi ogniqualvolta si presenti un'evidente connessione fra le lingue in questione.
Dando uno sguardo alle motivazioni che si celano dietro il fenomeno dell'interferenza, la
fondamentale necessità di designare nuove realtà prima sconosciute, sia materiali che
concettuali, può motivare il prestito o il calco del corrispondente termine straniero; un
esempio valido è la cristianizzazione della Gran Bretagna, portata a termine nel VII secolo,
che introduce nuovi concetti e nomi, fra cui a.ing. devil, altar, priest < lat. diabolus, altā re,
presbyter. In altri casi non si possono invocare le carenze del lessico nativo della lingua-
replica per esprimere una certa novità, e si parla allora, come già accennato in precedenza, di
interferenza determinata dal prestigio di cui gode la comunità della lingua-modello; prestigio
che contribuisce inoltre a diffondere calchi e prestiti presso fasce sempre più ampie di parlanti
della lingua replica.
Anche criteri di comodità possono giocare a favore delle forme importate: un esempio è la
sostituzione, nell'inglese tardo-medievale, delle forme indigene dei pronomi di terza persona
plurale (hy, he, hem) con quelle di origine norrena (they, them), che si spiega col fatto che
quelle native erano diventate troppo simili ai singolari he ed him, tanto da rendere necessaria
una distinzione. O ancora può essere determinante la particolare espressività di un termine, ad
esempio it. blitz, operazione rapida ed improvvisa, generalmente in ambito militare, che
deriva dal ted. blitzkrieg ‘guerra lampo’, utilizzato nella II Guerra Mondiale per indicare il
piano di attacco aereo all'Inghilterra. Oppure, al contrario, può essere decisivo il fatto che la
realtà designata sia richiamata in maniera non troppo esplicita, come it. toilette; infine si
possono considerare anche le mode xenofile, che tendono a promuovere la formazione di
8
neologismi sulla base di modelli stranieri.
1.2. Si è detto che il prestito è la riproduzione di un elemento linguistico alloglotto
semanticamente autonomo, sotto il punto di vista del significato e del significante: si può
parlare di prestito solo in presenza di un reale rapporto di imitazione e non basandosi solo
sull'aspetto esteriore, che può rivelarsi ingannevole. Quindi è necessario elencare tutti quei
casi in cui sembra di essere in presenza di un prestito ed invece si tratta di una formazione
originale della lingua, cioè i cosiddetti falsi prestiti:
• Derivati e composti creati autonomamente con materiale di origine straniera: it.
snob è un anglicismo, ma it. snobbare è una creazione autonoma italiana indipendente
dai modelli inglesi.
• Retroformazioni su veri prestiti: ing. difficult è stato tratto autonomamente da ing.
difficulty, prestito dal fr. difficulté, secondo il rapporto che si avverte nella lingua
inglese fra termini come honest ed honesty.
• Combinazioni autonome ed originali di semantemi e morfemi che risalgono a
modelli stranieri: non è considerato un prestito ted. lieferant ‘fornitore’, anche se le
parti di cui si compone la parola, il semantema liefern ed il morfema -ant, sono di
origine francese.
• Falsi esotismi messi in circolazione con la convinzione dell'esistenza di un modello
straniero: it. recordman non è riconosciuto dall'inglese pur essendovi potenzialmente
presente.
Una volta stabilito di trovarsi di fronte ad un vero prestito, è necessario specificare che
imitazione non implica necessariamente una perfetta aderenza alla semantica del modello;
sono molti i casi in cui si osserva un restringimento del significato rispetto alla parola imitata
e addirittura un totale fraintendimento del significato del modello. Come primo esempio si
può citare it. gol, che riproduce solo il significato sportivo di ing. goal (anche ‘scopo’); altro
esempio è quello del ted. tempo ‘velocità’, che è entrato nell'italiano come tempo attraverso il
gergo dell'equitazione e della scherma, ambito in cui si presta ad essere frainteso, ed è venuto
ad assumere il significato di ‘mantenere il tempo/ritmo’. L'implicazione di perfetta aderenza
non riguarda nemmeno il significante, per cui le discrepanze fra modello e replica possono
indicare che si tratta di un prestito mediato da una lingua che, per motivi geografici, culturali,
commerciali, ecc., funge da mediatrice fra le due coinvolte nello scambio: ad esempio, lo
sloveno soba ‘camera’ non può risalire direttamente ad a.ted. stuba, ma presuppone
9
l'intermediazione dell'ungherese szoba (/sobå/).
Un prestito è di solito diretto, cioè avviene per via orale in seguito a fenomeni di contatto
all'interno di aree mistilingui; ma il contatto con il modello può avvenire anche al di fuori
delle aree di vicinanza e incontro, ad esempio per mezzo della stampa e dei potenti mezzi di
comunicazione del mondo contemporaneo, che connettono zone distanti fra loro. Il tipo che
ne deriva, definito prestito a distanza, rivela la sua origine risalente a modelli di tipo scritto e
non orale in certe imprecisioni di carattere fonetico: ad esempio, it. quiz viene letto con /ts/ al
posto di /z/ del modello inglese; oppure la pronuncia di it. equipaggio è ben diversa da quella
del modello francese /eki'paʒ /. Infine, un altro tipo che modifica sia la pronuncia che la
semantica del modello è il prestito di ritorno, in cui un originario prestito rientra nella lingua-
modello alterato: ad esempio, fr. test ‘prova’ viene dall'inglese, che però lo aveva accolto in
epoca medievale da ant. fr. test ‘recipiente di terracotta per provare la purezza dei metalli’.
Messo in chiaro che la riproduzione del modello è sempre in qualche misura
approssimativa, si passa dunque all'analisi del processo di prestito: da un lato bisogna
considerare che la lingua-replica non ricopre mai un ruolo totalmente passivo, ma reagisce al
nuovo ingresso adattandolo alle strutture indigene ed integrandolo; dall'altro, è necessario
avere presente il grado di diffusione del prestito fra i parlanti. Si possono quindi identificare
due aspetti del processo di assimilazione:
• Integrazione : adattamento del prestito alla lingua-replica sotto il punto di vista di
grafia (it. nailon < ing. nylon), fonologia (rus. bjuro < fr. bureau, con /y/ ignota al
russo e sostituita dalla successione <ju>), morfologia e cioè strutture formative e
flessionali (ing. to strive–strove–striven adattato dal modello francese estriver alla
declinazione verbale indigena, la medesima di to write–wrote–written); praticamente è
un processo di adattamento formale mirato all'inserimento del termine modello nel
lessico nativo.
• Acclimatamento : è determinato dall'uso del termine e si manifesta attraverso la sua
frequenza e impiego, che si muovono parallelamente alla familiarità che i parlanti
acquisiscono nei riguardi del prestito.
Capita spesso che un prestito altamente integrato all'interno della lingua-replica sia anche
acclimatato, ma questa non è un' implicazione necessaria: it. sciuscià è altamente integrato ma
non altrettanto acclimatato, cioè non è né di dominio, né di uso comune; al contrario, it. bar è
perfettamente conosciuto e usato da tutti, ma non è integrato all'interno delle strutture
10