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Sebbene in questo libro gli spunti di discussione possano essere tanti, ho scelto di
approfondire due tematiche che possono essere considerate i motivi dominanti:
l’immagine delle torri e il ruolo degli old comics. Nel discutere questi temi,
vengono inevitabilmente toccati altri temi come la satira politica e la storia
personale di Spiegelman che è un aspetto molto importante, poiché le tavole
raccontano come lui e la sua famiglia hanno vissuto la giornata degli attacchi al
World Trade Center: questo libro è prima di tutto una testimonianza personale.
Infine mi interessano le reazioni a questo libro, che vedremo, si dividono
più o meno equamente tra positive e negative, come accade di solito per le opere
controverse. Sebbene l’evento sia ancora troppo vicino come distanza temporale
per poter produrre dei veri e propri capolavori, il fumetto di Spiegelman è, tra gli
artistic responses dedicati all’11 settembre, uno dei migliori, e presenta una
notevole complessità di analisi. Come già era accaduto per MAUS, l’autore non
crea un fumetto d’intrattenimento, bensì un fumetto che fa riflettere e che va
riletto più volte per comprenderlo fino in fondo.
__________________________________ Art Spiegelman disegna l’11 Settembre
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1 IL FUMETTO NEGLI STATI UNITI
1.1 Perché gli old comics?
E’ necessario fare una breve panoramica delle origini del fumetto
1
negli
Stati Uniti poiché è dai vecchi old comics che Art Spiegelman trae ispirazione per
la sua opera In the Shadow of No Towers. In particolare tratteremo solo i fumetti a
cui Spiegelman fa riferimento nel Comic Supplement scritto da lui stesso in
appendice all’opera.
Durante i giorni che seguirono l’11 settembre molte persone cercarono di
trovare sollievo nella lettura di poesie, Spiegelman, invece, racconta di aver
trovato sollievo nel leggere i vecchi fumetti:
The only cultural artifacts that could get past my defenses to flood my eyes and
brain with something other than images of burning towers were old comic strips;
vital, unpretentious ephemera from the optimistic dawn of the 20
th
century. That
they were made with so much skill and verve but never intended to last past the day
they appeared in the newspaper gave them poignancy; they were just right for an
end-of-the-world moment.
(Spiegelman, 2004a:comic supplement)
I fumetti d’inizio secolo esprimevano ottimismo per la nuova era che si
apriva, la Tavola I in appendice (Spiegelman, 2004b) esprime proprio questo: la
gloriosa partenza dei Kids nella tinozza di famiglia che ha come sfondo una New
York festosa e piena di speranza. Spiegelman sembra suggerirci il contrasto: il
XXI secolo non si apre con lo stesso ottimismo, ma c’è anche un altro contrasto
tra effimero e duraturo di cui parleremo nel capitoletto dedicato al ruolo degli old
comics (3.2.4.2).
1
Non è possibile ripercorrere l’intera storia del fumetto americano in questa breve
trattazione. Per una storia completa del fumetto si rimanda a Sabin (2001), mentre per una
trattazione approfondita del linguaggio del fumetto si rimanda ad Eco (1964).
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Spiegelman utilizza gli old comics nel nuovo libro per esprimere al meglio
le sue emozioni e considera il fumetto il mezzo migliore per poter raccontare
l’evento dell’11 settembre:
The thing about comics, is they somehow are able to both mimic the passage of time
— those boxes appear, then three, then four, to create a storyboard-like narrative —
but you also see them all at once. And that all-at-onceness was the overwhelming
feeling of September 11th: the overwhelming all happening at the same time. And
for me, comics were able to somehow deal with that, a vivid kind of collaging (…)
(Spiegelman, 2004c:on line)
Prima di ripercorrere brevemente la nascita del fumetto negli Stati Uniti è
necessario dare una definizione di massima di cosa intendiamo per fumetto per
poter meglio collocare l’opera di Spiegelman.
1.2 Cosa sono i fumetti
Non è facile dare una definizione di fumetto che ne comprenda tutti gli
aspetti in modo esauriente. Molti studiosi hanno formulato diverse definizioni, tra
cui Gubern (1975:29) che parla di “struttura narrativa formata dalla sequenza
progressiva di pittogrammi, in cui possono inserirsi elementi di scrittura fonetica”.
Quindi il fumetto è un insieme di immagini e parole, e perciò racchiude in sé due
tipi di linguaggio: quello visivo e quello verbale.
Pellitteri (1998:12) afferma che “il fumetto è oggi, contemporaneamente,
una forma narrativa, un mezzo di comunicazione di massa e una forma d’arte
contemporanea.” Il fumetto è una delle tante forme in cui la letteratura può
presentarsi: narra delle storie e lo fa servendosi dei linguaggi letterari e di altri
linguaggi, ad esempio l’illustrazione (Pellitteri, 1998:12). I fumetti sono stampati
e una delle caratteristiche è proprio la loro natura di mezzo di espressione di
massa che nasce e che si diffonde grazie all’industria giornalistica (Gubern,
1975:13). E’ infine una forma d’arte contemporanea “perché comunica ed
esprime, nelle sue manifestazioni più alte, concetti, valori e composizioni formali
di indubbio valore estetico” (Pellitteri,1998:13).
Sempre Pellitteri (1998:13) afferma che “ogni storia a fumetti è dunque un
mezzo innanzitutto letterario, perché basata sulla parola scritta, e insieme
figurativo, in quanto caratterizzata da immagini disegnate, ed è al contempo
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incentrata sulla lettura di segni fermi, stampati su un supporto, il più delle volte,
cartaceo. In altre parole ogni albo di fumetti è di fatto, a suo modo, un libro.”
1.3 Nascita del fumetto negli Stati Uniti: Yellow Kid
La nascita dei fumetti è strettamente legata allo sviluppo industriale che ha
determinato la diffusione dei quotidiani. Verso la fine del XIX secolo il
giornalismo americano poteva essere considerato il più vivo, agile e progredito del
mondo (Gubern, 1975:15), e non a caso i fumetti nascono e si diffondono nei
quotidiani americani.
Spiegelman, nel ripercorrere la nascita del fumetto, sottolinea la distanza e
al tempo stesso la vicinanza di quell’evento: “About a hundred years and two
blocks away from Ground Zero, Joseph Pulitzer and William Hearst, the twin
titans of modern journalism, gave birth to the newspaper comic strip”
(Spiegelman, 2004a). Joseph Pulitzer, proprietario del New York World, decise di
inserire nel supplemento domenicale dedicato alla pubblicazione di disegni e
storie illustrate, la serie Hogan’s Alley di Richard F. Outcault sperando di
incrementare le vendite. Il 16 febbraio 1896 è la data storica per quella che si può
considerare la nascita del fumetto: una vignetta di tre quarti di pagina che ha come
sfondo un quartiere malfamato di New York e un ragazzino calvo, con le orecchie
a sventola e un camicione giallo che gli arriva fino ai piedi e dal quale prende il
nome di Yellow Kid. In questa prima tavola non appare ancora il balloon, la
“nuvoletta” che fornisce “l’audio”, ma Outcault ricorre alla tecnica delle iscrizioni
su insegne, cartelli, muri, e in particolare, sulla camicia di Yellow Kid per
esprimere i pensieri e i sentimenti dei personaggi (Gubern, 1975:17).
Il più serio rivale del New York World, in quel periodo, era il New York
Journal di proprietà di Hearst che intuì immediatamente la grande importanza
commerciale dei supplementi domenicali (Gubern, 1975:19) e che convinse
Outcault a lavorare per lui. Tuttavia Pulitzer non si rassegnò e assunse un nuovo
disegnatore, George B. Luks, continuando così a pubblicare le avventure di
Yellow Kid che coesisterà con “l’altro” Yellow Kid del disegnatore originale.
I nuovi fumetti incontravano un vasto consenso e offrivano un passatempo
ideale a vasti strati di immigrati che, non avendo padronanza dell’inglese, non
leggevano libri e ritrovavano nella lingua sgrammaticata di Yellow Kid il loro
modo di parlare inglese (Gubern, 1975:21). Inoltre il pubblico che leggeva i
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balloon di dialogo, le gocce di sudore, le linee cinetiche (Spiegelman,
2004b:comic supplement).
Nel 1914 Dirks lasciò Hearst per lavorare con Pulitzer e continuò a
disegnare le strisce con il titolo di “The Captain and the Kids” (Bibì, Bibò e
Capitan Cocoricò), mentre nel giornale di Hearst continuò un altro disegnatore,
Harold Knerr, a creare le storie con il titolo originale di Katzenjammer Kids.
Durante la Prima Guerra Mondiale vennero ribattezzati “The Shenanigan Kids”,
nome irlandese che andava a sostituire il nome tedesco dei monelli, in un periodo
di fervore patriottico. Riguardo a questa variazione del nome dei Katzies
Spiegelman scrive: “foreshadowing the recent American experiment in vindictive
euphemism that brought us Freedom Fries” (2004a:comic supplement).
Sempre sul New York Journal, nel 1900, fu pubblicato Happy Hooligan
(Fortunello) di Frederick Burr Opper, il più vecchio tra i padri fondatori della
striscia a fumetti. Happy Hooligan è un vagabondo irlandese sfortunato ma
filosofo, che ha anticipato l'umorismo di Charlie Chaplin come scrive anche
Spiegelman in proposito: “whose tin-can hat was once as iconic as Chaplin’s
Derby” (Spiegelman, 2004a:comic supplement).
1.4.2 Fumetti d’avanguardia: Little Nemo e The Upside Downs
Le inquadrature dinamiche, le riprese dall’alto o dal basso, la vignetta
circolare entreranno nel linguaggio del fumetto grazie a uno dei più grandi artisti
dell’immagine disegnata: Windsor McCay. Nato nel 1869, americano, è stato uno
dei più grandi innovatori del fumetto e del cinema di animazione. Con Little Nemo
in Slumberland, che realizzò a partire dal 1905 al 1914 e dal 1924 al 1927 per più
quotidiani, affrontò per la prima volta il tema del fantastico. Il fumetto fu
pubblicato come tavola domenicale. Little Nemo è un ragazzino americano
benestante che ogni notte durante i suoi sogni vive meravigliose e fantastiche
avventure che terminano irrimediabilmente con bruschi risvegli. Spiegelman
osserva come McCay amasse New York e ne facesse lo sfondo di alcune
avventure di Little Nemo: “Changes in scale, figures flying and falling and the
real-world fantasy architecture of McCay’s beloved New York dominated the
stunning weekly pages” (Spiegelman, 2004a:comic supplement).
Un altro fumetto che può a ragione contendere con McCay la paternità del
fumetto d’avanguardia è The Upside Downs of Little Lady Lovekins and Old Man
Muffaroo dell’americano Gustave Verbeek. Quello che richiama l’attenzione è,