6
indagare alcuni aspetti delle figure
processuali, mediante l’analisi dell’apparato
amministrativo e della struttura burocratica
in cui si svolge l’amministrazione della
giustizia.
Non è stato facile ordinare e presentare
il materiale, perchè molti autori se ne sone
occupati e hanno dato anche versioni tra loro
contrastanti. Per questo ho cercato di
compiere un’analisi seguendo un ordine
cronologico, in modo da mostrare come le
singole posizioni processuali si siano
sviluppate nel tempo. Mi sono però resa
conto, nell’analisi delle fonti e della
dottrina, che se avessi tentato, in un campo
così vasto, di leggere in modo esauriente e
critico tutti gli studi, sarei caduta in
errore.
Esplorando le fonti sono arrivata alla
conclusione che era difficoltoso leggerle
tutte e trovare una chiave di
7
interpretazione. Ho così deciso di affrontare
lo studio limitandolo al Codice Teodosiano e
di Giustiniano, con trasgressione su alcune
fonti non giuridiche quali Libanio, Agostino,
Simmaco. L’abbondante materiale giuridico
presentava tuttavia delle difficoltà
esegetiche. Basti pensare al termine reus che
compare spesso nelle costituzioni degli
imperatori del tardo impero, e che ho
ritenuto poter essere riferito alla figura
dell’imputato; o ancora quale fosse il tipo
di rapporto che intercorreva tra avvocato ed
imputato e che la dottrina prevalente
riconduce al mandato. Quest’ultima é
l’ipotesi che ho cercato di sostenere sulla
base di riscontri testuali, e giustificando
talune disposizioni legislative in vista di
una responsabilità contrattuale. Non meno
problemi ha offerto l’analisi della figura
del iudex il cui termine è spesso usato come
sinonimo di magistratus. Nonostante ciò ho
8
cercato di sostenere validamente le tesi
esposte, non avendo nessuna presunzione di
elaborare nuove teorie, ma neppure di
limitarmi ad accettare passivamente talune
tesi. Anzi attraverso una attenta riflessione
condotta sulle fonti ho tentato di ricondurre
principi che fanno parte della moderna realtà
processuale, ad una realtà storica che, da
molti, era stata ritenuta priva di valori
giuridici, senza forzare i termini e
consapevole del fatto che qualsiasi tentativo
doveva essere ridimensionato ed adeguato ad
una realtà storica diversa.
Attraverso l’analisi a posteriori di
principi quali, quello di legalità o di
obbligatorietà dell’azione penale ho cercato
di dimostrare come forse tali valori non
possono negarsi anche nel tardo impero, alla
luce di un’interpretazione dogmatica e
storica, i cui confini variano nel tempo ed
in base alle circostanze. Ciò non vuol dire
9
che non ci siano altri dati da scoprire o da
valorizzare. Molti di essi, sicuramente, mi
sono sfuggiti, ma altri ho cercato di
affrontarli e risolverli.
Spesso l’analisi può risultare
frammentaria o non sufficientemente sorretta
da un lavoro di analisi; ma ho cercato di
dimostrare come possa essere fecondo
l’interesse per tale periodo e quanto altro
sia il lavoro da fare.
10
Capitolo I
11
§.1.Il tardo impero
Il limite cronologico che segna l’inizio
di questa ricerca, l’assunzione al trono di
Diocleziano avvenuta nel 284, è pienamente
convenzionale, nonostante corrisponda ad un
mutamento storico.
La data finale è la morte di Giustiniano
(565), che per quanto anch’essa
convenzionale, è da considerarsi indiscutibile
1
.
Il punto di arrivo potrebbe essere per
l’occidente anche il 476. Tuttavia, -afferma
il Sargenti
2
<<la scomparsa dell’ultimo
vestigio del potere imperiale, non fu sentita
dai contemporanei, come la fine dell’impero,
ma solo come la trasmigrazione del centro del
potere, nella parte orientale, di quello che
1
G.PUGLIESE, Istituzioni di diritto romano ,Torino
1990, pp.801 e ss; A.H.M. JONES, Il tardo romano
impero dal 284 d.c. al 602 d.c. trad. it. di E.
Petretti ,Milano 1974, 1 prefazione.
2
M.SARGENTI, Il significato del tardo impero in AARC,
10, Napoli 1995, p.705
12
restava dell’impero romano. Pertanto il
periodo va esteso fino a Giustiniano>>. E’
dunque sottinteso, che queste date sono
pienamente orientative, come quelle che
riguardano altri periodi.
Specialmente per il passaggio dal periodo
classico al periodo post-classico potrebbe
funzionare il richiamo ad altre date [p.es.la
morte di Diocleziano (305), o l’ascesa al
potere di Costantino(312)].
E’ vero che il diritto romano continuò ad
essere applicato oltre la morte di
Giustiniano, ma non fu più diritto romano
autentico, bensì una profonda rielaborazione,
influenzata dalle condizioni culturali.
Tuttavia, data la specificità della
materia, si è ritenuto opportuno assumere,
come data iniziale del periodo post-classico
e giustinianeo, quello della morte di
Modestino, considerato l’ultimo giurista
classico, secondo quanto afferma anche il De
13
Francisci.
3
Alla relativa facilità di fissare la data
iniziale e finale fa riscontro la notevole
difficoltà di ripartizione interna in
sottoperiodi. Emerge fra tutti, anche se
relativa all’ultimo periodo, l’ascesa al
trono di Giustiniano, che segna l’inizio del
sottoperiodo giustinianeo.
A loro volta i precedenti 280 anni, che
sogliono qualificarsi post-classici,
risultano divisi a metà da un’altra data
fondamentale, quella dell’ascesa al trono di
Teodosio I (379) promotore della divisione
dell’impero in pars Oriente e pars
Occidentis.
3
P.DE FRANCISCI, Arcana imperii , 3.2, Milano 1947-
48, p.2. Alcuni autori tra cui il Palazzolo,
sostengono che con la morte di Modestino si sarebbe
esaurito il ceto dei giuristi classici, e ciò
avrebbe contribuito alla nascita di una
giurisprudenza anonima. Il vuoto sarebbe stato
colmato, poi, nel dominato, dal princeps, il quale
sarebbe divenuto unico creatore ed interprete del
diritto, tanto che Giustiniano, nella Nov.105,2,4,
si definisce “legge vivente”. N.PALAZZOLO: Storia
giuridica di roma in età imperiale a cura di
N.Palazzolo, Perugia 1995, p.224.
14
Essa permette di distinguere due
sottoperiodi post classici: dal 240 al 379 e
dal 379 al 527.
Il primo conserva ancora evidenti tracce
classiche, ravvivate da Diocleziano, mentre,
con Costantino cominciano ad operare fattori
modificativi di grande rilievo, che si
manifestano soprattutto nella legislazione
imperiale
4
.
Il secondo è caratterizzato dalla
divisione anche legislativa dell’impero, e
mentre la parte occidentale culturalmente ed
economicamente decade, nella parte orientale
si registra nel V sec. una rinascita
economica e culturale, permeata di ellenismo,
tale da permettere la formazione di scuole,
4
Amelotti sostiene che sarebbe più giusto, scegliere
quale data iniziale del tardo impero, l’ascesa al
potere di Costantino, nonostante altri autori
avessero scelto come punto di partenza Diocleziano.
La scelta sarebbe giustificata dal fatto che
<<mentre Diocleziano aveva ancora lo sguardo rivolto
al mondo pagano e romano che tentava di salvare,
Costantino, invece, aveva spezzato i legami con il
vecchio sistema, ed aveva accettato le
trasformazioni che di fatto si erano verificate.
15
che diventano centri di diffusione del
classicismo giuridico romano, e preparano
l’opera di Giustiniano .
<<L’assunzione al trono di Diocleziano
pone termine ad un’epoca oscura, e inizia
quella che potrebbe definirsi un luminoso
crepuscolo>>
5
.
Con Diocleziano si assiste alla nascita
dell’impero assoluto, nonostante l’abitudine
invalsa di considerare come un tutto unico la
monarchia dioclezianea-costantiniana
6
; anche
se è vero che le riforme amministrative del
secondo imperatore si ricollegano a quelle
del primo, vi è tra l’impero del primo,
persecutore del Cristianesimo, e quello del
secondo, fautore della nuova religione, tutto
un rivolgimento di idee, che hanno influito
M.AMELOTTI, Tardo antico, basso impero, impero
bizantino in AARC 10, (Napoli 1995) p.29.
5
P.DE FRANCISCI, Arcana imperii, 3.2, ,Milano 1947,
p.2
6
Tale elaborazione costruita dal De Francisci,
sostiene l’Amelotti crolla di fronte al diverso
spirito che anima i due imperatori. M. AMELOTTI:
Tardo antico , basso impero, impero bizantino in
16
sugli aspetti esteriori del monarcato
7
.
Sul piano costituzionale può considerarsi
Diocleziano come l’instauratore del nuovo
regime del Dominato; l’imperatore diviene con
lui monarca assoluto, il senato perde ogni
residuo potere, rimanendo riservate al ceto
senatorio le residue magistrature
repubblicane, svuotate di ogni contenuto,
nonchè le cariche di praefectus urbi, di
proconsul, e di corrector. Risultava debole
il sistema di successione fondato sulla
tetrarchia. Al sistema tetrarchico Costantino
contrappone il sistema dinastico.
A seguito delle riforme di Diocleziano e
Costantino, l’impero assume forma e struttura
di monarchia assoluta; al vertice
dell’organizzazione vi è l’imperatore.
Per quanto riguarda la legislazione,
l’imperatore è l’unica fonte autoritativa del
diritto, e appare sovraordinato rispetto
AARC 10, Napoli 1995, p.29;
17
all’ordinamento giuridico.
8
Il Sargenti sostiene
9
che << il tardo
impero è il punto di arrivo, o meglio ancora,
il periodo in cui vengono a maturazione germi
da tempo operanti nel tessuto della società
romana, e che l’opera di Diocleziano e dei
suoi collaboratori, non è che una dei momenti
di un lungo e complesso processo storico già
in corso, che continua con Costantino e i
suoi successori>>.
7
P. DE FRANCISCI, Arcana Imperii ,cit.p.3
8
A BURDESE, Manuale di diritto pubblico romano,
Torino 1975, p208; U. BRASIELLO, La repressione
penale in diritto romano ,Napoli 1937,; C.GIOFFREDI:
I principi del diritto penale romano ,Torino 1970,.
9
A.SARGENTI, Il significato del tardo
impero,.cit,p.705.
18
§.2.Evoluzione del diritto penale romano
1.Tracciate sommariamente le linee
storiche del tardo romano impero e della sua
organizzazione, occorrerà definire che cosa
si intende per diritto romano penale o,
meglio diritto criminale nella sua
evoluzione, tornando a tracciare i confini
dello stesso nel tardo romano impero.
Secondo il Burdese, diritto criminale << è
il complesso storicamente considerato, delle
norme di comportamento imposte ai singoli
dallo “stato” romano
10
, a immediata tutela
10
R. ORESTANO, Il problema delle persone giuridiche
in diritto romano ,Torino 1968, pag. 185 e ss .
Secondo l’Orestano << la nozione di stato non è
utilizzabile rispetto all’esperienza romana, se ad
esso si riconosce il valore che nel linguaggio della
politica è venuto assumendo dal XV secolo, in
connessione alle strutture sempre più complesse di
ordinamenti generali nell’Europa moderna; mentre, se
di essa si fa un impiego generico e vago, usandola
come sinonimo di società o di comunità, o di
aggregato umano stanziato su un determinato
territorio, sottoposto ad un potere, capace di
disciplinare la vita sociale, allora, essa può
venire riferita a qualunque esperienza, e perciò,
anche all’esperienza romana, però il valore
individuante del termine sarebbe nullo (mentre molti
sono gli equivoci che da esso possono derivare) >>;
A.BURDESE, Manuale di diritto pubblico ,Torino 1987,
pp.257 ss ;
19
della collettività, per il tramite della
comminazione ai trasgressori di pene
afflittive; per processo criminale, il
complesso degli atti, svolti da organi
“statali” indirizzati alla funzione
sanzionatoria. Si tratta di fenomeni analoghi
a quelli che si designano in esperienze
giuridiche moderne, processo e diritto penale
>>. La qualifica Criminale si giustifica in
ordine alla realtà storica di Roma, in
quanto, l’ordinamento giuridico romano,
accanto a pene, per i trasgressori dettate
nell’interesse collettivo, da comminarsi per
il tramite del processo (criminale) a
carattere pubblicistico (pene pubbliche),
conosce anche pene da comminarsi per il
tramite del processo (civile), a carattere
privatistico (pene private).
La terminologia usata dalla dottrina trova
riscontro nelle stesse fonti romane, ove il
comportamento vietato dal diritto (illecito),
20
in quanto lesivo di interesse pubblico, è
designato per lo più come crimen. Esso viene
contrapposto al termine delictum che indica
l’illecito con il quale viene leso
l’interesse del privato; ad esso consegue,
quale sanzione, l’applicazione di una pena
pecuniaria, su iniziativa del soggetto leso,
tramite azione penale, secondo le forme del
processo civile
11
.
Originariamente, il termine crimen fu
usato per indicare gli illeciti che venivano
repressi, durante l’età augustea, con il
processo criminale ordinario, e non con
riferimento agli illeciti pubblici.
Successivamente, si userà il termine crimen
per gli illeciti pubblici e privati (tanto i
11
M.TALAMANCA, Lineamenti di storia del diritto
romano a cura di M.Talamanca. BURDESE, Manuale di
diritto pubblico ,Torino 1987,; N. PALAZZOLO: Storia
guiridica di Roma in età imperiale, a cura di N.
Palazzolo, Perugia 1995, p250, V. GIUFFRE’: La
repressione criminale nell’esperienza romana ,Napoli
1989, p.146; C. GIOFFREDI, I principi del diritto
penale romano ,Torino 1970, p.40, U. BRASIELLO, La
repressione penale nel diritto romano ,Napoli 1937,
p.52 ss
21
delicta, quanto i crimina).
I delicta vennero accostati e quasi fusi
con i crimina, essendo divenuti illeciti
penali, al punto che entrambi i tipi di reato
sono trattati insieme nel libro del Digesto,
dedicato alla materia penale (i cosiddetti
libri terribiles libri 47 e 48).
12
Si deve discutere l’opinione di molti
studiosi, secondo i quali, un vero diritto
penale non sarebbe mai esistito.
12
N.PALAZZOLO, Storia giuridica di Roma in età
imperiale a cura di N. Palazzolo, Perugia 1995,
p.250; A. BURDESE, Manuale di diritto
pubblico,Torino 1987,; U.BRASIELLO, Sulle linee e i
fattori dello sviluppo del diritto penale
romano,Modena 1938; M.TALAMANCA, Lineamenti di
storia del diritto romano , a cura di N.Palazzolo,
Milano 1989, pp.457ss; C. GIOFFREDI, I principi del
diritto penale romano ,Torino 1970, p.40; V.
GIUFFRE, La repressione criminale nell’esperienza
romana ,Napoli 1991, p.146.