1
INTRODUZIONE
Il presente lavoro si occupa del vizio di mente in relazione
all'imputabilità. Ovviamente, non si può evitare di parlare, quantomeno in via
generale, del trattamento sanzionatorio, a cui è dedicato l'ultimo capitolo.
Il vizio di mente è tema che presenta notevoli spunti d'interesse e
considerevoli motivi di rischio: quanto ai primi, l'incertezza che caratterizza la
materia, il succedersi di tesi e orientamenti anche radicalmente contrastanti tra
di essi, invitano decisamente alla riflessione, all'argomentazione, alla
proposizione, più che ad un'attività meramente compilativa; quanto ai rischi, si
tratta di materia in cui il diritto penale inevitabilmente si rapporta con altre
discipline (psichiatria e psicologia soprattutto), per cui il giurista deve fare
particolare attenzione a non invadere campi estranei al proprio ambito e alle
proprie competenze.
Nel lavoro che segue si tenta di offrire una panoramica generale dei
diversi orientamenti che caratterizzano il tema in esame, di indicare gli
approdi a cui la giurisprudenza sembra giunta, di ragionare non solo in base
alla disciplina vigente, ma anche sulle prospettive e sulle opportunità di
riforma, cercando di sviluppare spunti di riflessione e di evitare indebite
intrusioni, ma la questione centrale pare essere la seguente: è ravvisabile, pur
nella diversità degli orientamenti e delle tesi, pur nell'incertezza e nella
problematicità che sono spesso proprie della materia in esame, un punto
fermo, una linea comune, un sicuro appiglio, attorno al quale si possa trovare,
se non unanimità, quanto meno un'ampia convergenza di consensi?
2
Le pagine che seguono rappresentano un tentativo di risposta a tale
domanda.
3
CAPITOLO I
L‟ IMPUTABILITA‟
1.GENERALITA‟
Ai sensi dell‟art. 85 c.p. “nessuno può essere punito per un fatto
preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non
era imputabile.” E il comma 2 aggiunge che “è imputabile chi ha la capacità di
intendere e di volere”. Il legislatore, cioè, ci dice che si può essere puniti solo
se si è imputabili e ci spiega pure che cosa significhi essere imputabili: essere
capaci di intendere e di volere.
Il termine “punito” è da intendersi come “assoggettato a pena” e non, più
generalmente, “a sanzione criminale”. I non imputabili, infatti, non sono esenti
da qualsiasi reazione da parte del sistema penale, essendo previsto per essi un
diverso trattamento sanzionatorio finalizzato alla prevenzione speciale.
Ci si chiede in che cosa consista la capacità di intendere e di volere,
risultando difficile dare in proposito delle definizioni senza cadere nella più
sfacciata tautologia. Pare che la capacità di intendere consista non solo
nell‟attitudine del soggetto a conoscere ciò che avviene al di fuori di lui, ma
più propriamente nella capacità di cogliere il significato del fatto. Anche la
nozione di “significato” presenta tuttavia punti di problematicità: che significa
in realtà comprendere il significato del fatto? Si vuole far riferimento “ad una
comprensione in termini puramente cognitivi della sola dimensione
naturalistica del fatto o questa comprensione deve includere momenti
4
valutativi in senso socio-culturale?”
1
. Pare che la risposta più esatta a tale
quesito sia quella per cui la capacità di intendere va intesa come capacità di
rendersi conto del valore sociale dell‟atto, con l‟importante precisazione che
rendersi conto del valore sociale dell‟atto è cosa diversa dal rendersi conto
della illiceità penale dell‟atto stesso
2
. La capacità di volere consiste invece
nell‟attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo, nella capacità
di resistere agli impulsi: più precisamente, nella “facoltà di volere quello che
si giudica doversi fare”
3
.
Affinché sussista l‟imputabilità è necessaria la presenza di entrambe le
capacità. Del resto, pare difficile possa sussistere la capacità di volere senza la
capacità di intendere
4
, mentre è possibile il contrario
5
.
La distinzione tra le due capacità è posta in discussione da chi pone
l‟accento sull‟unità sostanziale della psiche, cioè sul fatto che quest‟ultima
non sarebbe divisibile in diversi comparti, in differenti settori, di modo che
l‟incapacità possa riguardarne uno senza toccare minimamente gli altri
6
. Non
1
G. Fiandaca, L’imputabilità nella interazione tra epistemologia scientifica ed
epistemologia giudiziaria, Legis. pen., 2006, 261.
2
F. Antolisei, Manuale di diritto penale – Parte generale, Milano, Giuffrè, 2003, 610:
“Non è necessario che l‟individuo sia in grado di giudicare che la sua azione è contraria alla
legge: basta che possa genericamente comprendere che essa contrasta con le esigenze della
vita in comune”.
3
Ibidem.
4
G. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale – Parte generale, Zanichelli, Bologna, 2007,
329.
5
F. Antolisei, Manuale, cit., 610: “Esistono, infatti, degli individui che sanno
discernere il bene dal male, ma non sono in grado di determinarsi in conseguenza, vale a dire
in conformità del proprio giudizio.”
6
F. Mantovani, Diritto penale, Cedam, Padova, 2007, 626: l‟art. 85 “pretende di
scindere il volere dall‟intendere, quanto al più possono ipotizzarsi situazioni in cui sia
maggiormente compromessa l‟una o l‟altra funzione, secondo un giudizio che deve però
essere sempre riferito alla entità non divisibile della psiche.”
5
solo; si dice anche che la psiche non comprenda soltanto la capacità di
intendere e quella di volere, ma rappresenti una realtà caratterizzata da una
maggiore ampiezza, tale da ricomprendere tutte le facoltà psichiche,
distinguibili soltanto sul piano meramente teorico, ma in realtà inevitabilmente
concatenate ed interdipendenti
7
. Tali argomentazioni vengono utilizzate, tra
l‟altro, per criticare fortemente l‟art. 90 c.p., che esclude la rilevanza degli
stati emotivi e passionali in ordine all‟imputabilità: data infatti la sostanziale
unità della psiche, che senso ha distinguere così nettamente la sfera emotiva e
passionale da quella intellettiva e volitiva relativamente alla incidenza sulla
imputabilità in senso eliminativo o riduttivo? È una questione che tenteremo di
affrontare in seguito.
Una prima lettura dell‟art.85 potrebbe farci pensare ad una assoluta
coincidenza tra imputabilità e capacità di intendere e di volere: essere
imputabili significherebbe avere la capacità di intendere e di volere ed essere
in grado di intendere e di volere significherebbe senz‟altro essere imputabili,
ma in realtà non è così. La capacità di intendere e di volere, infatti, “appartiene
al naturalistico”, mentre l‟imputabilità “è una qualificazione giuridica
soggettiva tendenzialmente attribuita, in presenza della capacità di intendere e
di volere, all‟autore del reato”
8
. La coincidenza tra imputabilità e capacità di
intendere e di volere, quindi, sussiste solo in via tendenziale: sono infatti
previsti, per ragioni di politica criminale, casi in cui il soggetto incapace di
intendere o di volere è imputabile (ad es. incapacità preordinata) e casi in cui il
7
A. Girardi, Imputabilità, Enc. for., Milano, 1959, IV, 297.
8
G. Marini, Imputabilità, Dig. disc. pen., Torino, 1992, VI, 246.
6
soggetto capace di intendere e di volere imputabile non è (ad es. minore di
anni 14).
La capacità di intendere e di volere, inoltre, deve sussistere al momento
del fatto, cioè nel tempo in cui il fatto è stato commesso. Si rende necessaria in
proposito qualche precisazione in relazione ai reati di durata: nell‟ipotesi del
reato continuato, non si tiene conto, ai fini della continuazione, delle
fattispecie criminose realizzate in stato di non imputabilità, mentre dovrebbe
comunque tenersi conto di quelle realizzate in stato di semimputabilità, pur
essendo piuttosto problematica, in tal caso, la computabilità della diminuzione
di pena quando l‟incapacità parziale sussista per alcuni reati e non per altri
dedotti in continuazione; nei reati abituali, al soggetto si imputano soltanto gli
atti commessi in stato di capacità; nei reati permanenti, il verificarsi dello stato
di incapacità dopo il perfezionamento del reato e durante la consumazione non
rileva, così come non rileva quando, al cessare dello stato di incapacità
sussistente al momento del perfezionamento del reato, non cessi pure la
permanenza del reato stesso; infine, nei reati omissivi propri lo stato di
capacità deve sussistere al momento della scadenza del termine oltre il quale
non è più possibile l‟azione doverosa, mentre in quelli omissivi impropri al
momento in cui era possibile l‟azione impeditiva dell‟evento dannoso o
pericoloso.
Secondo alcuni, peraltro, l‟art. 85 non si limiterebbe a chiedere soltanto
un nesso cronologico, ma anche un nesso eziologico: cioè un legame causale
tra causa di non imputabilità e fatto di reato. Il Palazzo esprime questa duplice
esigenza (di nesso cronologico e di nesso eziologico) quando parla dei due
caratteri generali dell‟accertamento della capacità di intendere e di volere:
7
quello della divisibilità e quello della contestualità. Il carattere della
divisibilità esprimerebbe proprio la nenessità di valutare la capacità di
intendere e di volere in relazione al fatto concreto, con la conseguenza che un
determinato soggetto possa essere considerato incapace rispetto ad un fatto,
ma non rispetto ad un fatto diverso
9
.
Anche la giurisprudenza sembra accogliere questa tesi quando afferma,
nella sentenza Raso
10
, che “è necessario che tra il disturbo mentale e il fatto di
reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo
casualmente determinato dal primo”. Si tratta di un tema, comunque, sul quale
torneremo più avanti.
Così come affronteremo più avanti il tema del trattamento sanzionatorio,
essendo per ora sufficiente un breve accenno. Posto che, come s‟è già detto, la
categoria dell‟imputabilità serve per escludere alcune categorie di persone
dalla soggezione a pena, ciò non significa certo che tali persone non possano
essere soggette a nulla. Il nostro ordinamento ha infatti optato per il sistema
del c.d. doppio binario, un sistema in cui, accanto e in aggiunta alla pena
tradizionale inflitta ai soggetti imputabili, è prevista la misura di sicurezza che
si basa sulla pericolosità sociale del reo e che tende alla sua risocializzazione.
Più precisamente, destinatari della pena sono solo i soggetti imputabili, mentre
destinatari della misura di sicurezza possono essere i soggetti imputabili,
semimputabili e non imputabili (sempre se sussiste il presupposto della
pericolosità sociale): alle prime due categorie la misura si applica
cumulativamente con la pena, alla terza in modo esclusivo.
9
F. Palazzo, Corso di diritto penale - Parte generale, Giappichelli, Torino, 2008, 439.
10
Cassazione, Sezioni Unite, 25 Gennaio 2005, n. 9163, in Dir. pen.e proc., 2005, 937,
con nota di M. Bertolino, L'infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite.
8
L‟imputabilità ha rappresentato e continua a rappresentare costante
argomento di discussione per gli studiosi, non solo per quanto riguarda lo stato
dell‟arte, ma anche relativamente a prospettive di riforma. Il Mantovani
11
ha
individuato tre fondamentali orientamenti:
1) l‟orientamento riformista dell‟imputabilità che, pur nella convinzione
della necessità del mantenimento della categoria, manifesta l‟esigenza di
adeguamenti rispetto alle nuove acquisizioni scientifiche. Nell‟ambito di
questo orientamento, prevalente sia nella scienza penale che in quella
psichiatrica, si richiede soprattutto un ampliamento dei disturbi psichici
rilevanti ai fini dell‟esclusione o della diminuzione dell‟imputabilità,
scontrandosi con la difficoltà di individuare modelli nosografici che non siano
troppo rigidi, né troppo aperti e indeterminati. Si sollecitano, inoltre, decise
riforme per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio dei soggetti non
imputabili;
2) la tesi riduzionista dell‟imputabilità, che prospetta diverse ipotesi:
dall‟abolizione del vizio parziale di mente e l‟utilizzo del vizio totale solo per
casi eccezionali e straordinari, all‟eliminazione del vizio totale con il
mantenimento del solo vizio parziale;
3) la tesi abolizionista dell‟imputabilità, tesi marginale che propugna
l‟eliminazione della distinzione tra imputabili e non imputabili e la loro
equiparazione ai fini della responsabilità penale. Anche i non imputabili,
quindi, sarebbero soggetti a pena e la anomalia psichica verrebbe considerata
nella fase esecutiva della pena attraverso trattamenti specifici psichiatrico-
terapeutici. Alla base di tale tesi vi è anche, e forse soprattutto, la presa d‟atto
11
F. Mantovani, Diritto penale, cit., 622-623.
9
dell‟incertezza che caratterizza la scienza psichiatrica e delle estreme difficoltà
che questa incontra nel distinguere con precisione tra sanità e infermità,
ammesso che una tale distinzione sia possibile in termini di precisione e di
chiarezza. Tuttavia la soluzione che si propone solleva un interrogativo: una
volta abolita la distinzione tra imputabili e non imputabili, se dell‟anomalia
psichica bisogna comunque tener conto nella fase di esecuzione della pena,
non si ripresenterebbero, in tale fase, quei problemi di incertezza e di difficoltà
nel delineare un netto confine tra sanità e infermità di cui s‟è detto? Nel 1996
il deputato Corleone presentò alla Camera un progetto di legge che andava
proprio nella direzione della eliminazione della non imputabilità: l‟autore di
reato affetto da disturbi psichici doveva essere condannato alla pena prevista
per il reato commesso e, in carcere, avrebbe dovuto ricevere “le cure mediche
e l‟assistenza psichiatrica necessaria per il recupero della salute”
12
. Si
prevedeva, inoltre, la creazione di sezioni carcerarie speciali alle quali si
dovevano assegnare i condannati a pena detentiva superiore a due anni che,
per il tipo e il grado di malattia psichica, non potevano ricevere in carcere cure
adeguate. La proposta non convince, soprattutto per le difficoltà pratiche che
incontrerebbe una sua eventuale realizzazione. Un carcere, per quanto
“speciale” possa essere, difficilmente potrà garantire “le cure mediche e
l‟assistenza psichiatrica necessaria per il recupero della salute” di cui parla il
progetto di Corleone, progetto definito senza dubbio utopistico da Introna, il
quale ricorda ciò che scriveva Lombroso ne “L‟uomo delinquente” del 1876:
“Le carceri devono essere piccole, con pochi carcerati e sorvegliate e dirette
12
Cito da F. Introna, Se e come modificare le vigenti norme sull’imputabilità, Riv. it.
med. leg., 1999, 706 ss.
10
da uomini veramente adatti che ne facciano un apostolato…ma la lentezza con
cui in Italia si accolgono tutte le serie riforme…e per causa di tutto ciò che
non si infanghi nelle questioni personali o di partito e soprattutto la grettezza
delle nostre finanze saranno ostacoli grandi all‟impianto delle apposite
strutture”. Qualora si puntasse, invece, ad affidare questi soggetti affetti da
disturbi psichici ai Servizi psichiatrici civili ci si troverebbe di nuovo di fronte
a difficoltà pratiche non meno difficili da superare, probabilmente sempre a
causa della “grettezza delle nostre finanze” di cui scriveva il Lombroso ben
134 anni or sono. Non sono mancate altre proposte di legge che, come quella
del deputato Corleone, hanno tentato di eliminare la categoria della non
imputabilità
13
e che sono anch'esse, suscettibili delle medesime critiche e
perplessità. La strada dell‟abolizione della non imputabilità non sembra quindi
praticabile; ciò è rigorosamente affermato nella relazione al progetto Grosso
14
:
“Pur nella consapevolezza degli aspetti di crisi dell‟istituto dell‟imputabilità, il
mantenimento della distinzione tra soggetti imputabili e non imputabili appare
irrinunciabile per un diritto penale garantista”.
Appare chiaro, in definitiva, come l‟imputabilità rappresenti un tema
assolutamente centrale e controverso, al punto da costituire tutt‟oggi,
nell‟ambito del diritto penale, uno dei punti maggiormente discussi e
discutibili, poiché caratterizzato da una spiccata varietà di opinioni. Ciò lo
vedremo già dalle prossime questioni che ci accingiamo ad affrontare: il
fondamento dell‟imputabilità e la sua collocazione sistematica.
13
M.T.Collica, Vizio di mente:nozione, accertamento e prospettive, Giappichelli,
Torino, 2007, 245 ss.
14
Riv. it. dir. proc. pen., 1999, 600 ss.
11
2. FONDAMENTO DELL‟IMPUTABILITA‟
Domanda da porsi in via preliminare è quella relativa al fondamento
dell‟imputabilità: perché l‟ordinamento esige l‟imputabilità? Perché, qualora
questa manchi, la pena non trova applicazione?
Si tratta di alti interrogativi che rimandano al problema filosofico del
libero arbitrio, problema che è “uno dei maggiori e più ardenti che fin
dall‟antichità affaticano il pensiero umano”
15
.
Diverse sono le teorie elaborate nel tentativo di risolvere il problema: la
teoria della normalità, per cui sarebbe imputabile l‟uomo che reagisce
normalmente ai motivi e non lo sarebbe chi ha tenuto il comportamento
criminoso in base a motivi che sull‟uomo normale non avrebbero avuto
influenza; la teoria dell‟identità personale, per cui l‟imputabilità sussisterebbe
se la condotta è conforme con la personalità del suo autore ed è con questa
compatibile; la teoria dell‟intimidabilità, per cui la pena non potrebbe
applicarsi a chi è incapace di lasciarsi motivare dalla pena stessa e subirne
perciò la coazione psicologica; la teoria delle concezione comune della
responsabilità umana, per cui sarebbe radicata nella coscienza collettiva l‟idea
che un uomo possa essere considerato penalmente responsabile degli atti che
15
F. Antolisei, Manuale, cit., 612.