Introduzione 6 Marco Critelli
Introduzione
In un rapporto del 2004 sulle PMI italiane (Tagliacarne 2004) emergono quelle
che sono le problematiche delle piccole e medie aziende italiane nella crescita
all’interno della propria area e quindi nella successiva internazionalizzazione. I
vincoli che impediscono il salto di qualità sono tanti ma dal rapporto ne emergono
alcuni in particolare:
Insufficiente adozione di moderne strategie di internazionalizzazione
Bassa presenza di figure manageriali (non proprietarie) nella conduzione
dell’impresa
Basso ricambio generazionale all’interno delle PMI
Il filo conduttore che lega questi tre punti può essere rintracciato nella peculiarità
delle PMI italiane, cioè che molte imprese che nascono come aziende a
conduzione familiare e che pur crescendo in termini dimensionali (dipendenti,
fatturato), restano spesso ancorate ad una concezione del
proprietario/manager/fondatore che per tradizione e cultura è restio a cedere o a
condividere la conduzione dell’azienda a figure esterne e che difficilmente trova
nelle nuove generazioni uno “spirito” imprenditoriale pari al suo. Alcuni studi
denotano un leggero cambiamento dal punto di vista del ricambio generazionale
dei dirigenti delle aziende italiane. Osservando infatti i dati pubblicati dalla Banca
d’Italia (Bankitalia 2006) si nota come un lieve cambiamento nella classe
dirigente italiana stia maturando. Diminuisce infatti l’età media dei dirigenti e
aumenta il livello di istruzione, contribuendo cosi ad una classe dirigenziale più
dinamica e preparata.
Età dei capi d’azienda
Fino a 35
anni
Tra 36 e 55
anni
Tra 56 e 65
anni
Oltre 65
anni
2002 2,2 % 29,1 % 31,4 % 37,3 %
2006 1,7 % 44,2 % 31,8 % 22,3 %
Fonte: Rapporto sulle PMI italiane, Bankitalia, 2006
Introduzione 7 Marco Critelli
Titoli di studi conseguiti
Scuola media
inferiore
Scuola media
superiore
Laurea Corsi post-
laurea
2002 22,3 % 51,9 % 22,9 % 2,8 %
2006 9 % 45,4 % 40,7 % 4,9 %
Fonte: Rapporto sulle PMI italiane, Bankitalia, 2006
Osservando i dati emerge quindi una spinta dell’ambiente verso una maggiore
ricerca di istruzione e quindi di metodologie manageriali da introdurre nelle realtà
delle PMI italiane. Partendo da queste considerazioni si giunge ad una domanda di
grande rilevanza: Esiste o meno una managerialità per le PMI ? e quali sono le
differenze tra le due figure chiave del primo quesito: imprenditori e manager?
Partendo proprio dalle similitudini/differenze nei modi di operare si passa poi alla
difficile questione della delega dei poteri decisionali da parte degli imprenditori a
favore dei manager. L’obiettivo della tesi è quindi quello di indagare sul difficile
rapporto tra manager e imprenditori nelle PMI, ed individuare se la causa di una
scarsa managerializzazione delle PMI italiane sia riconducibile al basso potere
decisionale che i manager ottengono dagli imprenditori che a loro volta tendono
ad accentrare nella loro figura tutto il potere decisionale. Partendo da una
panoramica sul fenomeno imprenditoriale e sul suo attore principale,
l’imprenditore appunto, ci si concentra poi sula figura del manager e sul dualismo
manager-imprenditore individuandone differenze e similitudine e tracciandone il
diverso schema decisionale che ciascuna figura adotta.
Successivamente si passa ad analizzare il processo di delega dei poteri decisionali
da parte degli imprenditori, individuandone pro e contro e descrivendo le
resistenze che l’imprenditore incontra nel delegare ai suoi collaboratori. Nella
parte finale, analizzando l’esperienza di un’impresa calabrese (Rubbettino editore)
in merito all’introduzione di figure manageriali, si cerca di indagare sulle fasi del
processo di delega, individuando quelle critiche e possibili spunti di discussione.
1 Imprenditorialità 8 Marco Critelli
1. Imprenditorialità
1.1. Descrizione del fenomeno
Sembra vi sia un ampio consenso sul fatto che l'imprenditorialità costituisce il
motore che muove l'economia e la società di molti paesi (Gorman e Hanlon,
1997). Il concetto di imprenditorialità, tuttavia, non è affatto nuovo, ma
durante gli ultimi anni l'interesse su questo tema è cresciuto, così come la
ricerca esso dedicata. Tale fenomeno sembra originare da numerosi fattori
(Anderson, Kirkwood e Jack, 1998), Tra il cui fatto che l'imprenditorialità
sembra portare benefici sia a livello macro (in termini di Sviluppo economico)
sia a livello micro (in termini di crescita personale e Soddisfazione). Ciò ha
anche condotto ad un maggiore interesse verso lo sviluppo di programmi
formativi atti a e incoraggiare stimolare l'imprenditorialità. Ma cos’è
l’imprenditorialità? La domanda non ha una risposta semplice né univoca
perché l’imprenditorialità non corrisponde a nessuna disciplina accademica
consolidata, come l’economia, o a nessuna sottodisciplina all’interno ad
esempio dell’economia, come l’economia monetaria o l’economia industriale.
Sul tema dell’ imprenditorialità infatti, chi si accontenta di analizzare aspetti
parziali senza metterli in relazione tra loro rischia di non comprendere appieno
un tema complesso e articolato come quello dell’imprenditorialità. Su questo
tema nonostante
si sia scritto molto (addirittura il primo scritto risale all’antica Grecia :
l’economico scritto da Senofonte nel 400 a.c.) non esiste una teoria univoca e
riconosciuta. Qualcuno potrebbe sostenere che nell’ambito degli studi sull’
imprenditorialità in realtà esistono molte teorie, alcune sufficientemente
robuste, ma il costrutto teorico è ancora difficilmente affrontabile in modo
unitario. E’ evidente che negli studi sull’imprenditorialità la tendenza a
considerare come oggetti di ricerca separati l’imprenditore e l’impresa,
costituisce un vincolo in quanto questo fenomeno è analizzabile nella sua
1 Imprenditorialità 9 Marco Critelli
totalità solo tenendo conto degli intrecci e delle relazioni fra tratti
caratterizzanti la persona dell’imprenditore (valori, motivazioni, personalità
ecc.) e caratteristiche del sistema impresa e dell’ambiente (prodotti, mercati,
tecnologie, strutture, meccanismi operativi ecc.). “Per questo una teoria e una
ricerca organizzativa che consenta di spiegare i problemi di formazione
dell’imprenditorialità non potrà che essere fondata sulla considerazione
congiunta di almeno due facce, quella dell’impresa, più riconducibile alla
logica economica e alla “razionalità” organizzativa, e quella dell’imprenditore
rispondente a logiche e motivazioni personali e familiari, più sfuggenti ma non
per questo meno importanti” (Boldizzoni 1995).
1.2. Definizioni
Non c’è in letteratura una definizione unica e generalmente accettata di
imprenditorialità. Le definizioni usate per classificare l’attività imprenditoriale
hanno tipicamente una prospettiva economica o una prospettiva manageriale.
Da un punto di vista economico, l’enfasi è posta sulla disponibilità di risorse
finanziarie e sulla capacità innovativa, di prendere decisioni e di allocare le
risorse tra usi alternativi, mentre da un punto di vista manageriale, le
definizioni proposte distinguono l’imprenditore dal manager.
Le interpretazioni del termine imprenditorialità sono molteplici e variegate ma
tutte hanno alcuni punti di convergenza. Qui di seguito sono riportate alcune
definizioni
Azione significativa volta ala creazione, alla gestione ed alla crescita di
attività orientate al profitto. (Cole, 1997)
Comportamento innovativo e orientato al cambiamento.(Drucker, 1985)
1 Imprenditorialità 10 Marco Critelli
Processo di creazione di beni o servizi originali, con il tempo e lo sforzo
necessario, assumendo i relativi rischi finanziari, psicologici e sociali,
ricevendo la remunerazione in termini di soddisfazioni economiche e
personali.(Hisrisch e Peters, 1989)
Processo di ricerca da parte di individui o organizzazioni, di opportunità
indipendentemente dalle risorse disponibili al
momento.(Stevenson&Jarillo, 1990)
l’imprenditorialità riguarda il cambiamento e gli imprenditori sono gap
fillers o agenti del cambiamento. (Audretsch, 1995)
Sfruttamento delle opportunità di allocazione delle risorse in modo nuovo
ed originale con un impatto sul mercato. (Wiklund, 1998)
Analizzando ognuna di queste definizioni emergono cosi le parole chiave del
fenomeno imprenditoriale e cioè innovazione, cambiamento e rischio. Difatti
l’azione imprenditoriale risulta intrinsecamente rischiosa poiché attraverso
l’impiego di risorse si desidera raggiungere un certo risultato,rispetto alle
risorse impiegate, difficilmente prevedibile a priori. Cambiamento e
innovazione poi vanno di pari passo, secondo Schumpeter infatti il
cambiamento fornisce le basi per la creazione di nuovo prodotti, nuovi mercati
e nuovi modi di organizzare; e l’imprenditorialità è centrale in questo
processo. Comunque prima che il cambiamento tecnologico si trasformi in
sfruttamento imprenditoriale, gli imprenditori devono scoprire la possibilità di
utilizzo delle nuove tecnologie. Dal momento che le opportunità non appaiono
subito definite (Venkataraman 1997), questo processo di identificazione delle
opportunità non è da sottovalutare. Per qualsiasi nuova tecnologia gli
imprenditori potrebbero non identificare le opportunità o identificare quelle
sbagliate, la spiegazione dei meccanismi della scoperta delle opportunità
diventa perciò una parte importante della ricerca imprenditoriale.
1 Imprenditorialità 11 Marco Critelli
1.3. Teorie Imprenditoriali
1.3.1. Teorie sullo sfruttamento delle opportunità imprenditoriali
Per quanto riguarda la scoperta di opportunità imprenditoriali, finora la ricerca
è ricaduta in tre scuole di pensiero, ciascuna con un tesi differente riguardo a
questo processo, queste sono; le teoria neoclassiche dell’equilibrio, le teorie
psicologiche e le teorie austriache.
1.3.2. Teorie neoclassiche dell’equilibrio
Gli economisti neoclassici (Khilstrom e Laffort 1979) hanno proposto teorie di
equilibrio per spiegare l’imprenditorialità. Le teorie dell’equilibrio assumono
che i mercati siano composti da agenti massimizza tori le cui decisioni
collettive sui prezzi rendono i mercati trasparenti. In un contesto di equilibrio,
nessuno può scoprire un vuoto generante di profitto, perché in ogni
momento,tutte le opportunità sono conosciute e tutte le transazioni
perfettamente coordinate. Poiché un quadro di equilibrio non consente alle
persone di riconoscere opportunità che altri non vedono, le teorie
dell’equilibrio spiegano l’imprenditorialità riconducendola all’identificazione
degli individui che propendono a diventare imprenditori. Per esempio il
modello di Khilstrom e Laffort (1979) afferma che le persone con una più
spiccata propensione al rischio sceglieranno di diventare imprenditori. Le
teorie neoclassiche dell’equilibrio mano dunque affermano che innanzitutto
ciascuno può riconoscere le opportunità imprenditoriali e che quindi gli
attributi fondamentali delle persone, più delle informazioni, determinano la
scelta imprenditoriale.
1.3.3. Teorie psicologiche
Gli psicologi (Begley e Boyd 1987, McClelland 1961) hanno proposto le
cosiddette teorie psicologiche, teorie in cui l’imprenditorialità è una funzione
di caratteristiche stabili possedute da alcuni e non da altri.
1 Imprenditorialità 12 Marco Critelli
Modello concettuale, Sviluppo e Organizzazione, Scott Shane,2001 (p.59)
Secondo questa prospettiva, gli attributi umani persistenti quali il bisogno di
successo (McClelland 1961), la capacità di tollerare il rischio (Brockaus e
Horowitz 1986), l’ autoefficacia (Chenet al 1998) e la tolleranza per
l’ambiguità (Begley e Boyd 1987) portano alcune persone e non altre a
scegliere l’ imprenditorialità. Questa struttura psicologica generalmente
concentra le decisioni sullo sfruttamento delle opportunità più che sulla loro
scoperta (Venkataraman 1997). Quando i ricercatori analizzano da questo
punto di vista le opportunità di scoperta, solitamente fanno riferimento alle
differenze relative nella volontà e abilità delle persone a ricercare e
identificare le opportunità (Shane e Venkataraman, 2000). Essi sostengono
quindi che una capacità superiore di interpretare le informazioni, le tecniche di
ricerca, o un comportamento analitico, rendono alcune persone più adatte a
scoprire le opportunità (Shaver e Scott 1991). Le teorie psicologiche
assumono dunque che gli attributi fondamentali delle persone, più delle
informazioni sulle opportunità, determinano chi diventa imprenditore e che
quindi questo processo dipende dall’abilità e dalla volontà di agire.
Conoscenze
antecedenti
Invenzione
tecnologica
Riconoscimento
dell’opportunità
Approccio allo
sfruttamento