Capitolo 1
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1. Introduzione
Gli elevati consumi di energia e l’aumento della do manda a livello mondiale, la
conseguente diminuzione della disponibilità di font i fossili e la necessità di ridurre
le emissioni di gas inquinanti responsabili dell’ef fetto serra, del riscaldamento
terrestre e dello stravolgimento climatico, dovrebb ero spingerci all’uso sempre
maggiore delle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER).
Ancora di più in Italia: il nostro Paese infatti im porta dall’estero oltre l’80% di
combustibili, carburanti ed energia elettrica.
Per riuscire a rispettare gli impegni previsti dal protocollo di Kyoto, accordo
internazionale siglato tra i Paesi industrializzati per tagliare le emissioni di gas ed
anidride carbonica, l’Italia dovrà incrementare, en tro il 2012, la quota di energia
prodotta da fonti rinnovabili (che attualmente forn iscono solo il 7,3% del
fabbisogno energetico nazionale). Ancor più stringe nti sono i vincoli imposti
dall’Unione Europea (UE) per il 2020: la riduzione del 20% delle emissioni di CO 2
rispetto al valore del 1990, un utilizzo di almeno il 20% di fonti rinnovabili (per
l’Italia l’obiettivo assegnato è del 17%) e una dim inuzione del 20% dei consumi
energetici.
Tra le fonti rinnovabili, l’impiego delle biomasse è considerato una delle priorità
per migliorare le opportunità di sviluppo locale, n el rispetto dei caratteri tipici del
territorio. Ed è proprio in questo contesto che il progetto, oggetto della presente
tesi, si inserisce.
L’impianto a biomasse in filiera corta rappresenta una scelta affidabile ed
assolutamente ecologica, che costituisce il consegu imento degli obiettivi stabiliti
dalla UE in termini di riduzione delle emissioni, u tilizzo di fonti rinnovabili e
risparmio energetico. Lo sfruttamento a fini energe tici delle biomasse può quindi
assumere un ruolo strategico, contribuendo ad uno s viluppo sostenibile ed
equilibrato del pianeta.
Un impiego diffuso delle biomasse comporta notevoli ricadute a livello economico,
ambientale ed occupazionale, in quanto può garantir e:
- la valorizzazione dei residui agroindustriali;
- nuove opportunità di sviluppo per zone marginali e/ o riduzione di surplus
agricoli con sostituzione di colture tradizionali c on colture energetiche;
- la possibilità di sviluppo di nuove iniziative indu striali;
- l’autonomia energetica locale.
L'attivazione di una filiera bioenergetica implica l'avvio ed il coordinamento di una
serie complessa di relazioni che si intrecciano sul territorio (raccolta – trasporto e
stoccaggio – pretrattamento – conversione in energi a termica ed elettrica –
distribuzione ed utilizzo dell'energia), coinvolgen do settori tra loro non sempre
contigui. Analizzando le fasi principali di una fil iera è possibile verificare l'elevato
numero di relazioni ed attività imprenditoriali che sono impegnate nel processo.
La scelta di utilizzare determinate biomasse per la produzione di energia richiede
la realizzazione di una filiera completa ed efficiente in cui tutte le fasi che
compongono il sistema, dalla produzione della bioma ssa alla conversione
energetica e distribuzione della stessa, devono ess ere controllate e valutate sotto
ogni aspetto.
Capitolo 1
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L’obiettivo generale, che si intende raggiungere co n lo sviluppo di questo progetto,
è quindi l’autonomia del territorio, attraverso la raccolta, il trattamento e la
combustione, con conseguente distribuzione dell'ene rgia prodotta, delle biomasse
disponibili sul territorio stesso.
Definizioni:
Biomassa
Con il termine biomassa sono indicati tutti quei ma teriali di origine organica
(vegetale o animale) che non hanno subito alcun pro cesso di fossilizzazione e che
possono essere utilizzati per la produzione di ener gia. Tutti i combustibili fossili
(petrolio, carbone, metano, ecc.) pertanto non poss ono essere considerati tali.
Nel caso in oggetto si tratta di soli residui solid i vegetali provenienti da:
- scarti di attività forestali, quali pulizia e tagli o programmato dei boschi;
- scarti di lavorazione delle colture agricole (pagli a di cereali, lolla, pula);
- scarti di lavorazione dell’industria del legno come cortecce, trucioli e
segatura;
- colture dedicate per scopi energetici su terreni ma rginali, non adatti alle
coltivazioni cerealicole;
- manutenzione del verde pubblico e privato.
Filiera corta
Per filiera corta si intende l’insieme di tutte le attività svolte in un raggio di 70
chilometri (km). La lunghezza del predetto raggio, nel caso in oggetto, viene
misurata come la distanza in linea d'aria che inter corre tra l'impianto di
combustione ed i confini amministrativi del Comune in cui ricade il luogo di
produzione e reperimento della biomassa (individuat o sulla base della tabella B
allegata al decreto 2 marzo 2010 sulla “tracciabili tà della biomassa”).
Piattaforma di raccolta e trattamento della biomass a
Si tratta di un impianto di conferimento dei materi ali vegetali da destinare, in
seguito ad adeguato trattamento, alla combustione p resso la centrale.
In questo caso, oltre alla produzione di Materia Pr ima Secondaria (MPS
utilizzabile in cogenerazione), avverrà anche la pr oduzione del compost con tutte
quelle parti vegetali troppo umide ed inadatte ad e ssere combuste.
Il compost stesso verrà arricchito, in parte, con l e ceneri derivanti dalla
cogenerazione, per aumentarne le proprie caratteris tiche chimiche e per ridurre
nel contempo i quantitativi di ceneri da avviare a smaltimento.
Centrale cogenerativa a biomassa
Una centrale cogenerativa consiste in un impianto d i combustione nel quale
vengono prodotte contemporaneamente due forme di en ergia (elettrica e termica);
ciò risulta più conveniente che produrle separatame nte. In questo modo si
recupera il calore altrimenti perso, come avviene n elle tradizionali centrali
elettriche, raggiungendo livelli di efficienza elev ati.
Capitolo 1
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Breve descrizione del progetto:
Oggi l’80% dell’energia utilizzata in Italia viene prodotta bruciando combustibili
fossili quali petrolio, carbone e metano che, com’è stato accertato, contribuiscono a
produrre gas inquinanti che danneggiano l’ambiente. E’ pertanto opportuno
iniziare a prestare maggiore attenzione a quelle fo nti di energia rinnovabile che,
oltre ad essere inesauribili, se correttamente sfru ttate, risultano meno inquinanti
e consentono, nel contempo, di trattare gli annosi problemi dello smaltimento dei
rifiuti e della crisi del settore agricolo.
E’ proprio in questo ambito che si inserisce il pro getto oggetto di questo lavoro di
tesi.
Si tratta dello sviluppo di un progetto ecologico i ntegrato di filiera corta, nel quale
la biomassa solida vegetale disponibile sul territo rio viene raccolta, trattata e
bruciata al fine di produrre energia elettrica e ca lore.
Il progetto prevede la realizzazione di una central e cogenerativa a biomasse
vergini da 1 MegaWatt elettrico (MWe).
L’impianto verrà realizzato in Lombardia, in Provin cia di Milano, precisamente
nel Comune di Noviglio – frazione Tainate. L’intera filiera, costituita dalla
cogenerazione e dall’esistente impianto di composta ggio, sarà in grado di
valorizzare le risorse ambientali del territorio, a valenza prettamente agricola,
garantendo redditività e stabilità economica dei Co muni che parteciperanno
all’approvvigionamento di materia prima.
Saranno infatti gli agricoltori, senza cambiare le loro coltivazioni, a “mantenere” il
sistema dell’industria; in questo modo il territori o produce autonomamente
energia pulita da fonti rinnovabili, promuovendo l’ innovazione tecnologica e
aumentando il numero di posti di lavoro.
La sezione di raccolta e trattamento della biomassa viene gestita in una
piattaforma di raccolta autorizzata, nella quale la biomassa da taglio
programmato dei boschi, sfalci di potature, pulizia di giardini e parchi viene
conferita ed in seguito trattata al fine di renderl a adeguata alla combustione.
Per garantire il costante approvvigionamento di bio massa verranno stipulati
contratti a lungo termine con gli agricoltori ed i fornitori locali.
I quantitativi di biomassa in uscita dalla piattafo rma e destinati alla centrale
cogenerativa saranno circa 14.000 ton/anno.
La combustione avverrà in una centrale cogenerativa a biomasse ve rgini (cippato
di legno non trattato con prodotti chimici) costrui ta nelle vicinanze della
piattaforma; l’impianto avrà una potenza di 1 MWe n onché di 1,5 MWth (termici).
L’impianto funziona a ciclo Rankine acqua-vapore (n el Capitolo 4 verrà analizzata
anche l’ipotesi di un ciclo ORC – Organic Rankine C icle) ed è dotato inoltre di un
sistema di abbattimento dei fumi tecnologicamente a ll'avanguardia, in grado di
assicurare emissioni inquinanti di gran lunga infer iori ai valori limite previsti
dalla legge e tollerabili dal corpo umano.
Due sono i principali punti di forza del progetto:
1. RISPETTO PER L'AMBIENTE: l'intera filiera contribui sce al
raggiungimento degli obiettivi della Comunità Europ ea per quel che
Capitolo 1
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riguarda la riduzione delle emissioni di CO 2 e l'aumento di produzione di
energia da fonti rinnovabili;
2. RICADUTE POSITIVE SUL TERRITORIO: creazione di nuov i posti di
lavoro; crescita di una nuova consapevolezza, nelle future generazioni,
riguardo le problematiche energetiche e la cogenera zione da fonti
rinnovabili; maggiore stabilità economica del compa rto agricolo grazie ai
contratti di fornitura delle biomasse che garantisc ono una redditività
costante nel tempo; risparmio sui costi di riscalda mento grazie alla
fornitura locale di energia termica.
1.1. Premessa
Perché il legno?
Le biomasse vegetali sono materie prime naturali e, contrariamente a quanto
avviene con i combustibili fossili, la loro combust ione può essere considerata
neutra rispetto all'emissione di anidride carbonica ; la CO 2 rilasciata in fase di
combustione è infatti pari a quella fissata dalla p ianta, durante la crescita,
mediante il processo di fotosintesi, non contribuis ce pertanto all'aggravarsi
dell'effetto serra, di seguito verranno analizzate le fasi di combustione con i
relativi prodotti di reazione.
All'anno vengono fissate complessivamente circa 2x1 0
11
ton di carbonio, con un
contenuto energetico di 7x10
4
Mtep. [a]
Quando il legno brucia, i cicli dell’energia e dei diversi elementi chimici che lo
compongono si chiudono, come schematicamente rappre sentato in Figura 1:
• l’energia chimica contenuta nel legno si libera sot to forma di luce e calore;
• l’acqua si disperde nell’atmosfera sotto forma di v apore acqueo per poi
ricadere al suolo come precipitazione atmosferica;
• l’anidride carbonica ritorna nell’atmosfera;
• i sali minerali, sotto forma di ceneri, sono restit uiti al suolo.
Fig. 1 – Il ciclo biologico chiuso del legno
Capitolo 1
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La biomassa è un prodotto locale, si ha la possibil ità quindi di sfruttarla senza
bisogno di concentrarla in grandi impianti e senza creare gravi problemi legati al
suo trasporto o al suo immagazzinamento.
Un utilizzo oculato di questa risorsa, insieme ad u na gestione efficiente degli scarti
legnosi agro-industriali, permette inoltre una cost ante disponibilità di biomassa,
che può essere in questo modo considerata a tutti g li effetti come una risorsa
rinnovabile.
Lo sviluppo di filiere corte e produzioni locali si predilige proprio per ridurre la
produzione di energia "grigia" (energia consumata n ella produzione di energia),
dovuta alla mobilitazione ed al trasporto del combu stibile, con la conseguente
riduzione di emissioni di gas serra in atmosfera.
In generale potremmo dire che il legno utilizzato a scopo energetico è conveniente
in quanto:
• rinnovabile e sostenibile: viene prodotto in tempi relativamente brevi e la
sua raccolta, se condotta correttamente, contribuis ce alla riqualificazione
del territorio (boschi, terreni marginali incolti, ecc.);
• pulito: se correttamente combusto, grazie all’aggio rnamento tecnologico nel
settore delle caldaie e dei sistemi di filtrazione, produce basse emissioni e
non incide gravemente sull’inquinamento atmosferico ;
• neutrale: non apporta alcun contributo netto all’au mento della CO 2 in
atmosfera;
• diffuso sul territorio: sfruttabile direttamente do ve viene prodotto senza
sostenere costi e disagi aggiuntivi per il trasport o;
• sicuro: non presenta rischi per l’ambiente durante le fasi di estrazione,
trasporto ed utilizzo;
• economico: la trasformazione in combustibile del le gno richiede, rispetto a
quella dei combustibili fossili, minore energia con sumata e nel contempo
riduce la dipendenza dall’estero dei prodotti petro liferi.
Il potere calorifico del legno
Il valore energetico del legno viene espresso dal s uo potere calorifico, definito come:
"la somma delle unità di energia termica, in Joule, che si liberano durante la
combustione completa, con ossigeno, in un calorimet ro normalizzato ed in
condizioni specificate, di 1kg di legno"; esso indi ca quindi la quantità di energia
che può essere ricavata dalla combustione completa di un'unità di peso del
combustibile.
Il Potere calorifico può anche essere espresso come calorie, dove 1 cal = 4,18 J.
Nel linguaggio tecnico esiste una distinzione tra:
• potere calorifico inferiore (PCI), il quale non ti ene conto del calore che si libera
quando il vapore acqueo prodotto durante la combust ione si condensa in acqua allo
stato liquido (calore latente di condensazione) e r appresenta il valore energetico
che può essere realmente usato per la combustione.
• potere calorifico superiore (PCS), detto anche "potere calorifico teorico" , il quale
tiene conto anche del calore di condensazione.
Capitolo 1
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Il PCI della biomassa viene influenzato da vari par ametri di processo quali: la
percentuale di umidità, il contenuto in ceneri, il contenuto in ossigeno dei
componenti della biomassa. [b]
Tra questi, la lignina contiene una minore concentr azione di ossigeno, rispetto a
cellulosa ed emicellulosa, presenta pertanto valori del PCI più elevati; ne consegue
che maggiore è il contenuto di lignina e maggiore è il PCI della biomassa.
Il potere calorifico è quindi il parametro fondamentale per comprendere le
potenzialità energetiche del legno, anche in compar azione con i combustibili fossili.
L’umidità del legno
Il potere calorifico del legno è un parametro varia bile, inversamente proporzionale
alla percentuale di umidità della biomassa (Figura 2).
Il rendimento finale della combustione, come si può vedere dal grafico seguente, è
condizionato, in senso negativo, dalla quantità di acqua (umidità relativa) ancora
presente nel legno.
Fig. 2 - Rapporto tra umidità e PCI del legno
(fonte: Dossier "Dal bosco: legno energia e ambient e", Provincia di Lecco)
Il legno, subito dopo essere stato raccolto (legno verde), presenta un alto contenuto
di acqua, superiore al 50%; per questo motivo la le gna viene fatta stagionare al
coperto e all'asciutto, in modo da ridurre l'umidit à a valori ottimali per la
combustione, intorno al 25%. Con l’essiccazione il legno perde circa 1/3 del suo
peso.
La biomassa raccolta deve quindi subire un processo di essiccazione, poiché
eccessivi quantitativi di acqua influenzano la cate na della trasformazione nei
seguenti modi:
• aumentano i costi di trasporto dovuti al maggiore p eso del combustibile;
• ritardano oppure impediscono l’ignizione del materi ale riducendo anche il
PCI del combustibile;
• aumentano il volume del gas di combustione con cons eguente riduzione
dell’efficienza e diminuzione di temperatura causat a dall’effetto di
raffreddamento del vapore;
• aumentano le emissioni di componenti del combustibi le non bruciato
correttamente (carboidrati, CO).
Capitolo 1
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Anche la pezzatura del legno influisce in maniera d eterminante sulla qualità della
combustione: le scaglie di cippato bruciano meglio rispetto alle pezzature
grossolane tipiche della legna in ciocchi, determin ando anche una minore
produzione di ceneri.
L a composizione chimica delle biomasse vegetali [1]
La composizione chimica media, riferita al peso sec co, di una biomassa ad alto
fusto consiste di:
- 50% circa di cellulosa
- 10-30% di emicellulosa
- 20-40% di lignina
Altri costituenti, presenti in quantità variabili, i cosiddetti estratti, sono composti
a basso peso molecolare che possono essere separati attraverso solventi organici
(terpeni, grassi, cere, fenoli), oppure semplicemen te acqua calda (tannini e sali
inorganici).
Cellulosa
Polisaccaride naturale la cui formula generale è (C 6H10O5)n ; ha un peso molecolare
medio di 300-500 u.m.a e un grado di polimerizzazio ne elevato, che può variare da
3.000 fino a 10.000 a seconda del vegetale. Il suo PCI è di circa 17.500 kJ/kg.
La cellulosa è insolubile in acqua, forma la strutt ura di sostegno di tutte le
biomasse presenti sulla terra (pareti primaria e se condaria), conferendo la
resistenza tipica, che si manifesta come resistenza agli attacchi chimici e termici.
Come evidenziato nella Figura 3, le molecole di cellulosa hanno come unità base
un anello di β-D-glucopiranosio. Ogni anello è ruot ato di 180° rispetto al successivo
pertanto l'unità ripetitiva è formata da due anelli contigui uniti a mezzo di legami
1,4-β-glicosidici.
Fig. 3 - Struttura della cellulosa
La struttura molto stabile è dovuta agli anelli a s ei atomi di carbonio ed alla
presenza di un sistema di ponti ad idrogeno interpo limerici, formati da un atomo
di H di un gruppo alcolico parzialmente legato ad u n atomo di ossigeno
appartenente ad un polimero di una fibra parallela.
Emicellulosa
Polisaccaride complesso che si colloca nella parete cellulare (tra gli spazi lasciati
liberi dalla cellulosa). Non è formata da un’identi ca unità monometrica ripetuta,
bensì da diversi zuccheri tra i quali alcuni a cinq ue atomi di carbonio (xylani – i
più abbondanti) ed altri a sei (glucani, mannani, a rabinani, acidi galatturonici). Si
viene così a formare una struttura ramificata, che varia notevolmente a seconda
Capitolo 1
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del tipo di biomassa (legnosa o erbacea), costituit a da catene di 50-200 unità
monometriche. Il suo PCI è di circa 15.100 kJ/kg.
L'emicellulosa è solubile in soluzioni alcaline ed il suo ruolo è fondamentale, in
quanto costituisce il legame tra la cellulosa e la lignina.
Lignina
Molecola naturale complessa costituita da diverse u nità di fenilpropano (polimero
fenolico) – Figura 4. Dopo i polisaccaridi rapprese nta la struttura organica più
presente nei vegetali (presente nella parete cellul are e nella lamella mediana),
dove risulta costante all’interno di una stessa spe cie, ma considerevolmente
variabile tra le diverse specie. Il suo PCI è di ci rca 22.000 kJ/kg.
Fig. 4 - Tipica struttura della lignina
Le unità monomeriche di lignina presentano, nella m aggior parte dei casi, un
insieme comune di nove carboni (C 9): sei nell’anello aromatico e tre nella parte
alifatica.
In base al diverso contenuto relativo di monomeri p resenti nella struttura si
possono individuare due grandi gruppi di piante:
softwood (gimnosperme – 27-37% di lignina) la cui l ignina ha maggior
abbondanza di alcol coniferilico;
hardwood (angiosperme – 16-29% di lignina) sul cui anello aromatico
sono più abbondanti i gruppi metossile (-OCH 3).
La principale differenza tra le due classi di lignine consiste nella maggior presenza
di ossigeno nelle hardwood (gruppi metossile nella struttura), che si traduce in una
minore compattezza della struttura macromolecolare e di conseguenza in un valore
di PCI inferiore rispetto alle softwood.
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La lignina svolge diverse funzioni fondamentali per la vita del vegetale: riduce la
permeabilità all’acqua intervenendo in tutti i proc essi di scambio di minerali,
nutrienti e metaboliti; funge da riempimento e coll ante tra le cellule vegetali,
fornendo resistenza alla compressione e agli urti ( rigidità).
Microelementi inorganici [c]
Microelementi assorbiti dalla pianta, la cui concen trazione varia in base alla
specie arborea, all'organo della pianta (0,4% nel t ronco; 7% nelle foglie; 10% nella
corteccia) e soprattutto al terreno. Essi possono i nfatti derivare dalla
disgregazione della roccia madre (concentrazione ne l suolo assai variabile), dalle
acque di irrigazione (Na, Cl), dagli antiparassitar i (Cu, Zn) e/o dalle impurità
presenti nei concimi.
Possiamo quindi dire che il materiale inorganico è costituito da sali di Si, K, Na, S,
Cl, P, Ca, Mg e Fe.
Questi, presenti come ioni o microparticelle, si ri trovano nelle ceneri di
combustione, e se presenti con concentrazioni eleva te possono causare danni
all’impianto (corrosione) e generare emissioni noci ve (NO x, SO x, HCl, diossine).
Il cloro è coinvolto nella fotolisi dell'acqua all' interno dei cloroplasti, durante il
processo di fotosintesi ed agisce anche come legant e temporaneo per la
stabilizzazione degli ossidi di manganese. Inoltre gioca un importante ruolo nei
processi che regolano l'apertura e la chiusura degl i stomi.
Perviene alla pianta attraverso la pioggia, le acqu e di irrigazione, le scorie
presenti nei concimi, gli antiparassitari e l'inqui namento atmosferico.
Il cloro viene assorbito in quantità veramente mini me, superate le quali può
esercitare un'azione tossica.
Per questo motivo la formazione di diossine in segu ito alla combustione di
biomasse solide vergini è praticamente nulla. L'imp ianto è comunque dotato di un
sistema di rilevamento e monitoraggio, anche per le diossine.
L a combustione del legno
Anche se i prodotti di combustione dipendono fortem ente dalle proprietà specifiche
delle biomasse (tipologia di biomassa, pezzatura, g rado di umidità, ecc.) e dalle
condizioni operative del sistema, di seguito viene effettuata una descrizione
generale delle principali fasi del processo, al fin e di comprendere i potenziali
impatti ambientali di un impianto di combustione de lla biomassa.
In prima analisi vengono stabiliti i parametri di c ontrollo della combustione,
quelle condizioni che vanno rispettate al fine di o ttenere una completa ossidazione
del combustibile.
La qualità della combustione è legata infatti a tre fattori fondamentali: Tempo,
Temperatura e Turbolenza (regola delle 3T).
È importante un adeguato tempo di permanenza del combustibile nella camera e
dei fumi caldi nella seconda zona di combustione e negli scambiatori, al fine di una
completa ossidazione. Questo tempo viene calcolato dal rapporto tra il volume
della camera di combustione e la portata volumetric a dei fumi, il suo valore
dipende quindi dalla configurazione della camera e dal livello di turbolenza dei
fumi.
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La temperatura deve raggiungere livelli sufficientemente elevati per consentire di
completare le varie fasi della combustione specie q uella di ossidazione dei gas.
E' fondamentale inoltre un sufficiente apporto d’ar ia nelle varie zone e fasi della
combustione attraverso l’immissione di aria primari a, secondaria ed
eventualmente terziaria, così da ottenere il giusto livello di turbolenza e quindi un
completo mescolamento del combustibile con il combu rente. Questo parametro
viene quantificare mediante il numero di Reynolds:
m r vL
R
e
=
Dove ρ: densità dell’aria
v: velocità media dell’aria
L: lunghezza caratteristica del campo di moto
µ: viscosità dell’aria
Un adeguato moto turbolento, per assicurare una cor retta combustione deve avere
valori tra 50.000 e 100.000. Il moto può essere inc rementato attraverso l’iniezione
di getti d’aria o attraverso barriere (allargamenti e restringimenti) che provocano
cambi di direzione.
Andiamo ora a descrivere le fasi della combustione della biomassa.
Una volta entrata in camera di combustione la bioma ssa viene gradualmente
scaldata.
Fino ad una temperatura di 150°C - 200°C , si assiste ad una prima fase di
essiccamento durante la quale il legno perde la qua ntità di acqua ancora presente
in esso (15 – 25%). Questa fase richiede molta ener gia, essendo l’evaporazione un
processo che usa l’energia rilasciata dal processo di combustione; ciò abbassa la
temperatura in camera di combustione, rallentando i l processo di combustione
stesso. La conoscenza del contenuto idrico del legn o combustibile in ingresso al
focolare risulta quindi fondamentale per una corret ta regolazione dei sistemi di
aria forzata e per una corretta progettazione dei v olumi e della geometria della
caldaia che assicurino un sufficiente periodo di pe rmanenza dei gas nella camera
di combustione per una loro completa combustione.
Tra i 200°C ed i 400°C si ha la così detta pirolisi, durante la quale si assiste al
rilascio di una serie di composti volatili (volatil izzazione) a causa di trasformazioni
chimiche che avvengono all’interno della struttura della biomassa con la rottura
dei legami chimici presenti. I gas rilasciati incon trano quindi l’ossigeno
dell’ambiente circostante e la combustione avviene, almeno inizialmente, in fase
gassosa (combustione primaria in fase gas). Quello che resta è il carbone di legna
che costituisce circa il 15% del peso del legno completamente secco.
In questo range di temperature cominciano a risulta re importanti le reazioni di
tipo radicalico, che tendono a prevalere sui proces si molecolari. Una volta
disponibili i primi radicali cominciano ad aver ori gine reazioni di estrazione sulle
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strutture della lignina e sui tar (specie idrocarbu riche che, allo stato gassoso alla
temperatura del processo, tendono a condensare e pa ssare in fase liquida alla
temperatura dell’ambiente circostante) che, una vol ta formatisi, non sono ancora
in grado di evaporare e di essere rilasciati dalla fase liquida reagente.
I radicali formati per estrazione possono evolvere sostanzialmente in due modi:
rompere il legame C-C e C-O con una reazione di β-s cissione, altrimenti, ove
possibile, possono disidratare rilasciando un radic ale ossidrile.
Successivamente avvengono reazioni di addizione sos titutiva che degradano i tar
portando alla formazione di gas leggeri (fenolo, si ringolo).
Intorno ai 300°C la struttura originale della ligni na è completamente degradata.
Nel metaplasto residuo (fase solido-liquida) rimang ono tar non ancora evaporati,
ma soprattutto i precursori della matrice carbonios a del char (carbone di legno).
Tra questi sono presenti strutture di policondensaz ione con ancora dei gruppi
metossili sull’anello.
I radicali fenossi possono operare delle addizioni sostitutive anche rispetto a questi
gruppi liberando radicali metossile, precursori del metanolo.
Intorno ai 400°C (ultime fasi della pirolisi) si as siste al rilascio di CO e si completa
l’evaporazione dei diversi tar.
Per meglio descrivere il processo di volatilizzazio ne e pirolisi è più opportuno
riferirsi all’evoluzione dei singoli costituenti de lla biomassa:
• La pirolisi della cellulosa è un processo in fase l iquida che interessa la
catena polimerica, coinvolge reazioni sia di tipo m olecolare che radicalico e
sono stati individuati tre meccanismi principali [Radlein et al. - 1989] :
1) a bassa temperatura con parziale formazione di l egami C-O-C
intermolecolari con seguente ramificazione laterale della catena di cellulosa
iniziale;
2) depolimerizzazione molecolare ( unzipping ) con formazione di
levoglucosano, il principale prodotto di pirolisi d ella cellulosa;
3) reazioni radicaliche di decomposizione della cat ena polimerica, con
conseguente disidratazione e rilascio di gas.
A fianco di queste reazioni vi sono reazioni di tip o secondario, sempre in fase
liquida, che coinvolgono i prodotti ottenuti dalle reazioni primarie di
decomposizione della cellulosa.
• Anche la pirolisi dell’emicellulosa avviene in fase liquida. Il meccanismo di
degrado è meno noto e molte ipotesi semplificative vengono generalmente
introdotte. In alcuni casi viene considerato uguale al comportamento della
cellulosa, confondendole in una struttura generale detta “olocellulosa”. In
realtà il comportamento dell’emicellulosa è differe nte: da una parte il suo
degrado termico comincia a temperature inferiori, d all’altro la perdita di
peso complessiva risulta inferiore, ovvero è più pr opensa a formare una
certa quantità di char. [Ullmann - 2001]