2
1. CONCETTO DI COMPLESSITA’
1.1 Definizione del concetto di complessità e difficoltà della
definizione.
“ Vi sono due difficoltà preliminari quando si voglia parlare di complessità. La prima
sta nel fatto che il termine non possiede uno statuto epistemologico, la seconda
difficoltà è di ordine semantico. Se si potesse definire la complessità in maniera
chiara, ne verrebbe evidentemente che il termine non sarebbe più complesso.”
1
La
seconda affermazione di Morin è indubbiamente eccessiva soprattutto perché ne
risulterebbe l’impossibilità di dare una spiegazione efficace e non tautologica dei
fenomeni analizzati. La complessità sarebbe tale solo perché non è chiara e non è
chiara perché è complessa. Il fatto che si siano trovate delle difficoltà per dare una
definizione circoscritta del concetto non implica necessariamente che si debba
rinunciare a definirlo, limitandosi a dire che una tale definizione consiste nel non
dare definizioni. Molto probabilmente Morin con questa affermazione voleva
solamente mettere in luce le varie difficoltà che sorgono quando si analizza questo
concetto, poiché la complessità è caratterizzata da molteplici elementi quali
l’incertezza, la contingenza, l’elevato numero di variabili, le diverse modalità di
interazione tra gli elementi, l’imprevedibilità. “Più specificamente per complessità la
teoria sistemico-cibernetica intende: 1.il numero e la varietà degli elementi di un
sistema, 2. l’ estensione e l’incidenza delle relazioni di interdipendenza tra gli
elementi del sistema, 3. la variabilità nel tempo degli elementi e delle loro relazioni”
2
.
Proprio la presenza di questi elementi così differenti ha forse spinto Morin a parlare
della complessità nei termini sopra citati. E’ comunque certo che la complessità
pone dei problemi epistemologici non indifferenti, e siamo in accordo con Morin
quando sostiene: “in ogni modo la complessità si presenta come difficoltà e come
incertezza, non come chiarezza e come risposta, (...) l’incertezza, il disordine, la
contraddizione, la pluralità, la complicazione fanno oggi parte della problematica di
fondo della conoscenza scientifica.”
3
Per analizzare la complessità risulta
indispensabile prenderne in esame i vari aspetti, nelle loro sfaccettature, nelle loro
caratteristiche, in modo da rendere il più possibile esaustiva l’analisi. “Abbiamo
dunque un certo numero di vie verso la complessità.”
4
“La prima è quella dell’irriducibilità del caso o del disordine”
5
. Il matematico Chatin
ne parla come dell’impossibilità di comprimere “ una sequenza di numeri o di eventi
a partire da un algoritmo”
6
. Ovvero una sequenza di numeri è definibile casuale
quando risulta impossibile trovare una “legge” (algoritmo) che ci permetta di stabilire
in anticipo l’ordine con cui usciranno. Sempre Chatin ha portato avanti la tesi
secondo la quale non è possibile stabilire se il caso ci sembra tale solo a causa della
nostra ignoranza. Il disordine e il caso sono indubbiamente presenti ma non siamo
riusciti ancora a comprendere con chiarezza il margine d’incertezza arrecato da
questi due concetti.
7
In realtà non sappiamo nemmeno se il caso sia tale solo
1
E. Morin, Le vie della complessità, in La sfida della complessità, a cura di G. Bocchi e
M. Ceruti, Feltrinelli, Milano, 1994, p. 49.
2
N. Luhmann, Potere e complessità sociale , il Saggiatore, Milano, 1979, pag. 175.
3
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit. pag. 49.
4
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit. pag. 55.
5
Ibidem, pag., 49.
6
Ibidem, pag., 50.
7
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 50.
3
perché non siamo riusciti a trovare una legge che non lo renda più caso. Un metodo
di valutazione della complessità, in relazione alle sue caratteristiche di
“imprevedibilità essenziale”, ossia d’incertezza si può ottenere mettendo in relazione
i comportamenti possibili di un sistema, cioè quelli che non necessariamente si
realizzeranno con quelli che invece risultano prevedibili in modo sicuro.
8
Il secondo aspetto della complessità, per Morin, consiste nel cercare di includervi
quelle particolarità come “ la singolarità, la località e la temporalità”.
9
In questo
modo, avendo assunto una valenza di necessarietà ed essenzialità, vengono ripresi
e studiati sotto un’altra luce tutti quegli aspetti che in precedenza venivano
considerati come marginali e accidentali, rispetto alle teorie generali. Per quanto
riguarda la temporalità si tratta di prendere in considerazione un modo dinamico di
analisi che valuta lo sviluppo nel tempo. Da studi statici si passa a studi dinamici.
“L’idea di previsione (...), la concezione del tempo quale luogo di dispiegamento
della necessità atemporale delle leggi non sono più criteri definitori della scientificità.
Si delinea un itinerario che attraverso le incrinature della presunta necessità dei
confini “cartesiani della scienza “
10
conduce verso la complessità. Aspetti come la
singolarità, l’irripetibilità, la contingenza, perdono il loro carattere di marginalità
assoluta, allo stesso tempo non c’è una completa rivoluzione tra le categorie
concettuali (e non potrebbe esserci), più semplicemente l’attenzione degli studi si
riversa sempre di più sugli aspetti contingenti e settoriali. “ La scienza si
ridefinirebbe da scienza del generale a scienza del particolare, da scienza
dell’ordine a scienza del disordine, da scienza del necessario a scienza del
contingente”.
11
Una terza strada verso la complessità è quella che prende sotto esame il
grandissimo numero di relazioni ed interdipendenze fra i vari elementi di un
sistema, limitandosi però solamente all’aspetto quantitativo di quest’ultime e non a
quello che entra nel merito delle modalità d’ interazione. Molte delle teorie che
trattano la complessità sono studi relativi alla complicazione o “all’ ipercomplicazione
ma non troviamo teorie che prendono in considerazione l’imprevedibilità essenziale
dei fenomeni percepiti come complessi”
12
. Riguardo a questo aspetto autori come I.
Stengers e lo stesso Morin sono portati a fare una distinzione fra complicato e
complesso. “Il problema della complicazione si è posto nel momento in cui si è visto
che i fenomeni biologici e sociali presentavano un numero incalcolabile di
interazioni, di inter-retroazioni, uno straordinario groviglio che non poteva venire
calcolato nemmeno con il ricorso al computer più potente.”
13
Le relazioni sono
diventate infatti oggetto di analisi da parte di varie discipline poiché “la nozione di
oggetto, come entità isolabile, come centro privilegiato”
14
di spiegazione sembra
aver perso il suo carattere esplicativo. L’ idea del riduzionismo secondo la quale il
singolo oggetto è la base della spiegazione sembra aver trascurato le relazioni che
legano i vari elementi e che possono provocare effetti controintuitivi quindi
imprevedibili. L.W. Bertalanffy con la sua teoria generale dei sistemi ha messo in
evidenza proprio l’aspetto enunciato, ovvero la presenza di relazioni di
interdipendenza fra gli elementi che però mantengono il loro aspetto differenziato
8
J.L., Le Moigne, Progettazione della complessità e complessità della progettazione, in
La sfida della complessitià, G. Bocchi, M. Ceruti, (a cura di), Feltrinelli, Milano, p.92.
9
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit. p. 50.
10
M. Ceruti, La hybris dell' onniscienza e la sfida della complessità, in La sfida della
complessità op. cit. p.29.
11
M. Ceruti, La Hybris dell' onniscienza e la sfida della complessità, op. cit. p.p. 29-30.
12
J.L., Le Moigne, Progettazione della complessità e complessità della progettazione, in
La Sfida della complessità, G. Bocchi, M. Ceruti, (a cura di), Feltrinelli, Milano, p.98.
13
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 50.
14
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della complessità, Guida Editori, 1980, p.9.
4
l’uno dall’altro.
15
L’ aspetto delle relazioni analizzato nelle sue modalità oltre che
nella quantità dei rapporti, lascia spazio alle novità e all’incertezza e soprattutto nei
sistemi sociali, non è riconducibile a semplice computazione. Anche per Pardi e
Lanzara “il termine complessità non sta a indicare una semplice misura di
complicazione”.
16
Il sistema, nella prospettiva della complessità, non è il tentativo di
rappresentare l’organizzazione tra le parti in modo non problematico, semplice,
lineare, anzi, “da quando le scienze biologiche, la teoria dell’informazione (...) hanno
introdotto la nozione di complessità, tutto ciò che sembrava definibile in termini
univoci e certi è invece divenuto più problematico: al posto di oggetti singoli e
discreti sono comparse le relazioni tra oggetti”
17
che hanno creato un diverso modo
di approccio ai problemi. Infatti il problema di uno spostamento di analisi dalle
singolarità alle relazioni non pretende, a mio giudizio, di escludere l’esistenza delle
singolarità. Del problema della complessità fa quindi parte anche il metodo di analisi
basato sulla relazionalità. L’idea di Ackoff
18
è che la teoria dei sistemi sia “il prodotto
di un nuovo frame work “ di pensiero in cui il riduzonismo viene sostituito “con la
dottrina dell’espansionismo”
19
. Il termine espansionismo si intende come
contrapposizione al riduzionismo. Non può essere comunque trascurato il fatto che
“ciascun oggetto non è indifferente alle relazioni in cui è posto, ma vi è coinvolto.”
20
Un altro aspetto è quello che interessa dal punto di vista logico-concettuale, i
concetti classici di ordine, disordine e organizzazione tra i quali si instaura un
rapporto di distinzione e al tempo stesso di complementarità, paragonabile al
concetto eracliteo di divergente e convergente. “Quello che si produce è un
mutamento della natura dei rapporti all’ interno delle coppie concettuali, per cui ai
rapporti classici di subordinazione si sostituiscono rapporti a un tempo di
complementarietà, di concorrenza, di antagonismo.”
21
La contrapposizione
partecipa anche della complementarietà, non c’è una chiusura logica netta, anzi i
confini tra le idee vengono ridefiniti di volta in volta, caso per caso, sono flessibili. Si
rileva la “relazione di complementarietà, ma nello stesso tempo di antagonismo
logico fra le nozioni di ordine, disordine e organizzazione”.
22
A questo proposito si
può riportare il concetto di “order from noise” elaborato da Heinz Von Foerster
(1959) che è in antitesi con l’idea classica di “order from order “. “ Order from noise
indica che da un’agitazione o da una turbolenza disordinata possono nascere
fenomeni ordinati (preferirei dire organizzati)”
23
. Nasce quindi l’idea che ci sia uno
iato concettuale, sia un aspetto di implicazione reciproca tra questi tre concetti che
divergono concettualmente, ma in taluni casi si inducono reciprocamente. “Le
categorie di intelligibilità che guidavano l’esplorazione vengono messe in
questione”.
24
Un altro concetto che ha subito delle modifiche indotte dalla complessità è quello di
causalità. Forse sarebbe più corretto dire che il diverso modo di intendere tale
concetto lo rende uno degli elementi della complessità. Comunque sia, secondo
15
Von Bertalanffy L., General Sysitem Theory, Braziller, New York, 1968, trad. It. "Teoria
Generale dei Sistemi", Isedi, Milano, 1971.
16
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della complessità, op.cit. p.10. E. Morin Le Methode,
I, La Nature de la Nature, Ed., Seuil, Paris, 1977,p. 377.
17
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della complessità, op.cit. p.11.
18
Di questo autore citato da Pardi e Lanzara si ricorda: R.L. Science in the System Age,
in Opertion Reserch, May, june, 1973, p. 633.
19
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della complessità, op.cit. p. 11.
20
Ibidem, pag., 13.
21
M. Ceruti, La hybris dell' onniscienza e la sfida della complessità, op. cit. p.30.
22
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 51
23
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 51.
24
I. Stengers, Perchè non può esserci un paradigma della complessità , in La sfida della
complessità, G.Bocchi e M. Ceruti. ( a cura di ), Feltrinelli, Milano, 1994, p. 75.
5
Von Wright, il concetto tradizionale di causalità ha subito dei cambiamenti e
sarebbe oggi meglio indentificabile con quello di “condizionalità relativa al sistema
“.
25
La tesi di Von Wright sostiene che la causa non è in se stessa, ma solo in
determinate circostanze, una condizione sufficiente e necessaria dell’effetto”.
26
Anche Luhmann sembra avere delle idee simili in proposito. “Nessuna causa è da
sola sufficiente a produrre un effetto, così come nessuna causa o pluralità di cause
ha un solo effetto. E d’altra parte diverse cause possono produrre il medesimo
effetto, così come effetti diversi possono essere prodotti dalla medesima causa”.
27
La questione è abbastanza semplice da comprendere se si considera il fatto che lo
studio dei sistemi sociali non è riproducibile in laboratorio dove si può ottenere un
certo isolamento dell’oggetto di studio. (In fondo la sfida della complessità consiste
anche in questo: cioè nel cercare di allargare i campi delle analisi affinché si possa
raggiungere una sempre maggiore completezza d’indagine). “Ad uno stile di ricerca
che pretende di fornire descrizioni il più possibile depurate dalle compromissioni con
altri oggetti e con i soggetti, viene sostituito un tipo di esplorazione che investighi la
complessità delle relazioni, di cui fa parte anche l’osservatore”.
28
Questa interpretazione del concetto di causalità apre una nuova prospettiva per
l’analisi epistemologica dell’ idea di legge scientifica, nel senso che la legge diviene
un elemento di delimitazione delle possibilità e perde la “capacità” di descrizione
univoca. “ Possiamo parlare di una transizione da una nozione di legge prescrittiva
e necessitante a un’ idea di legge intesa come espressione di un vincolo”.
29
Il
paragone può essere fatto con le regole di un gioco dove si delimitano le possibilità
di azione, ma all’interno di queste le possibilità di sviluppo del gioco rimangono
sempre numerose se non infinite, nel senso che esso lascia la possibilità di nuovi
sviluppi, perciò “non limita semplicemente i possibili ma è anche opportunità”.
30
L’aspetto organizzativo dei sistemi, inteso come insieme di relazioni fra elementi
singoli e discreti che formano un’unità oltre le proprie singolarità, è da considerarsi un
aspetto della complessità ed al tempo una sua chiave interpretativa. Il problema relativo
alla distinzione tre la parte ed il tutto è un problema datato che, però, non ha ancora
esaurito la sua forza come metodo di indagine e non ha smesso di creare vivaci confronti
epistemologici. Basti pensare al confronto fra olismo, teorie organicistiche della società
ed individualismo. “L’organizzazione è ciò che determina un sistema a partire da
elementi differenti, e costituisce un’unità nello stesso tempo in cui costituisce una
molteplicità”. “La complessità logica dell’unitas multiplex ci richiede di non dissolvere il
molteplice nell’uno, nè l’uno nel molteplice”.
31
Pensare in forma organizzazionale,
secondo Morin, significa rendersi conto che “l’organizzazione non si risolve in pochi
principi d’ordine, in poche leggi” e che essa ha invece “bisogno di un pensiero
complesso estremamente elaborato.”
32
I concetti di autoorganizzazione, di relazione
sistema - ambiente, di ricorsività e quello di relazione sono aspetti importanti senza i
quali si rischia di cadere nella banalità. Si percorre in questo modo una strada che porta
ad una distinzione delle categorie di analisi sempre meno netta, rischiando di perdere
quelli che sono, a mio giudizio, punti di riferimento essenziali per ogni indagine, tra cui
25
G. H. Von Wright, Spiegazione e comprensione, Il Mulino, Bologna, 1977. P. 93.
26
Ibidem.
27
N. Luhmann, Potere e complessità sociale, Il Saggiatore, 1979, introduzione di D.
Zolo, p. XIV.
28
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della complessità, op.cit. p.16.
29
M. Ceruti, La Hybris dell' Onniscienza e la Sfida della Complessità, op. Cit. 30.
30
Prigogine, I. Stengers I. (1979), La Nouvelle Alliance, Métamorphose de la Science,
Gallimard, Paris, tr.it. La Nuova Alleanza. Metamorfosi della Scienza, Einaudi, Torino,
1981, p. 1076.
31
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 51.
32
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 60.
6
la capacità di poter separare concettualmente. “La crisi dei concetti chiusi e chiari”
implica “la crisi della chiarezza e della separazione nella spiegazione. Qui abbiamo una
rottura con la grande idea cartesiana per cui la chiarezza e la distinzione delle idee sono
indice della loro verità e non possiamo quindi avere una verità che non si possa
esprimere in maniera chiara e distinta.”
33
Nell’analisi dei problemi organizzativi é quasi
d’obbligo fare attenzione a non cadere nella panacea di un’interpretazione organicistica
applicabile a tutto. “Non si presuppone una totalità complessa di interrelazioni, una
forma olistico-organizzazionale pronta per tutti gli usi, ma relazioni singole e locali tra
gli oggetti”.
34
Vorrei dire che un approccio superficiale nei confronti della complessità
rischia di farci cadere o in un relativismo assoluto, dove tutto si confonde oppure nella
fede, ancora oggi ingenua e prematura, in una teoria onnicomprensiva, che spiega ogni
cosa. Il tutto organizzato è qualcosa di più della somma delle parti, perché fa emergere
qualità che senza un’ organizzazione non esisterebbero. Già Pascal affermava: ”posso
comprendere un tutto soltanto se conosco le parti in maniera specifica, ma posso
comprendere le parti soltanto se conosco il tutto.”
35
L’ ultimo aspetto riguarda l’osservatore il quale non è più considerato estraneo
all’osservazione ma parte integrante di essa. ”L’ osservatore concettualizzatore deve
integrarsi nella sua osservazione e nella sua concezione. Deve cercare di intendere il suo
hic et nunc socioculturale.”
36
“Al posto dell’osservatore privilegiato e unico è comparsa
la pluralità di osservatori”
37
cioè la pluralità dei punti di vista da cui può essere studiato
un problema. L’osservatore è un elemento che aumenta la complessità per il
moltiplicarsi dei punti di vista da cui analizzare la realtà. “Nessuno può pretendere di
fornire proposizioni complete, nè di fare previsioni senza considerare che il paesaggio
può essere esplorato per percorsi differenti.”
38
Inoltre c’è da considerare che non sempre
lo scienziato è obbiettivo nelle sue analisi. “E’ del tutto erroneo supporre che l’
obiettività della scienza dipenda dall’obiettività dello scienziato. Lo scienziato è
partigiano come tutti gli altri uomini.”
39
L’ obbiettività della scienza non è quindi un
problema individuale, ma un aspetto sociale che si basa su una reciproca critica. Sembra
però inopportuno ritenere che il problema dell’osservatore o degli osservatori conduca al
nichilismo o ad un relativismo assoluto. Nasce, invece, un maggior terreno di confronto e
di ricerca di obbiettività, se non si cade in superficiali interpretazioni del problema. Con
le parole di Heinz von Foester si può dire che “quelle proprietà che si credeva facessero
parte delle cose si rivelano proprietà dell’ osservatore”.
40
Si pone anche il problema, in
relazione all’osservatore, della definizione dei singoli oggetti quando sono definibili
“intrinsecamente come complessi”, cioè si determina la necessità di compararli da più
punti di vista per un’analisi il più possibile esauriente. A volte gli stessi “oggetti
impongono per se stessi e irriducibilmente un problema di articolazione tra punti di vista
33
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 53.
34
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della Complessità, op.cit.p. 23.
35
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 51-52.
36
Ibidem, pag., 55.
37
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della Complessità, op.cit.p. 11.
38
Pardi, Lanzara, L'interpretazione della Complessità, op.cit.p 21.
39
K. R. Popper, Auf der Suche nach einer besseren Welt. Vortrage und Aufsaze aus
dressing Jahren, R. Piper GmbH & Co. KG, Munchen, 1984, trad. It. Alla Ricerca di un
Mondo Migliore, Armando Armando s.r.l.. 1989, p.81.
40
H. Von Foester, Disorder/Order: Discovery or Invention, in Livingstone P., Disorder
and Order, Anma Libri, Stanford, p. 186.
7
qualitativamente differenti”.
41
Gli stessi confini del rapporto sistema-ambiente non
esisterebbero in sé ma sarebbero stabiliti dall’ osservatore. In questo modo si dà sempre
maggiore importanza alla pluralità degli osservatori e dei punti di vista e si perde la
speranza in un punto di vista assoluto, da cui si possa descrivere, analizzare come se ci si
trovasse in un punto privilegiato di osservazione. Si crea una situazione in cui si rileva la
necessità di conciliare l’esigenza di analizzare per mezzo di orientamenti interpretativi
con la pluralità di tali orientamenti. A questo proposito Ceruti scrive che si va formando
un “nuovo tipo di tensione, la tensione sempre aperta e rinnovantesi fra l’assenza dei
fondamenti, la circolarità e la produzione reciproca dei punti di vista e dei tagli
metodologici da un lato, e dall’altro l’esigenza di effettuare comunque tagli metodologici
e ordinamenti locali per poter parlare di questa assenza di fondamenti e di questa
cicolarità”.
42
I vari elementi indicati ( il disordine, la contraddizione, la difficoltà logica, i problemi
dell’organizzazione ) sono tutti parte integrante della complessità ed evidenziano
come nella complessità esistano fondamentalmente due nuclei: il primo è quello che
riguarda l’aspetto empirico, cioè i disordini, i fenomeni aleatori , le complicazioni, le
turbolenze, l’aumento delle variabili, l’imprevedibilità; il secondo riguarda i problemi
epistemologici, l’osservatore, le categorie di analisi, le contraddizioni logiche, la
stessa difficoltà di definizione della complessità. “La complessità costituisce la
reintroduzione dell’incertezza in una conoscenza che era partita trionfalmente verso
la conquista della certezza assoluta”.
43
Perciò non sembra tanto imporsi come
soluzione bensì come una “presa di coscienza”
44
delle difficoltà presenti nel
cammino della scienza. Si procede attraverso i dubbi, le incertezze, i confronti, gli
errori. “Contrariamente alle rappresentazioni del grande positivismo del secolo
scorso, l’accento non viene più posto sul progresso, lineare e rassicurante: la
complessificazione apre la via all’instabilità, alle crisi, alla differenziazione, perfino
alle catastrofi e alle impasse”.
45
La complessità è anche una caratteristica
metodologica e logica che ci spinge a considerare gli insiemi senza trascurare i
singoli elementi, a non chiudere in modo assoluto le categorie concettuali, a
rivalutare le marginalità e le interazioni fra le singole parti e il rapporto tra accidentale
e sostanziale. Propone la conciliazione dell’analisi che cerca di comprendere le
41
I. Stengers, Perchè non può esserci un paradigma della complessità , in La sfida della
complessità, G.Bocchi e M. Ceruti. ( a cura di ), Feltrinelli, Milano, 1994, p. 75.
42
M. Ceruti, La Hybris dell' Onniscienza e la Sfida della Complessità, in La sfida della
complessità, G. Bocchi M. Ceruti, (a cura di), Feltrinelli, Milano, 1994, p. 43.
43
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 57
44
I. Stengers, Perchè non può esserci un paradigma della complessità, in La sfida della
complessità, G.Bocchi e M. Ceruti. ( a cura di ), Feltrinelli, Milano, 1994, p.61.
45
Ibidem, p. 62.
8
interazioni e le integrazioni fra le parti con lo studio specifico delle singolarità che
sono parte imprescindibile delle interazioni stesse. Si tratta della “congiunzione di
concetti che si combattono reciprocamente”.
46
La complessità è la caratteristica di
un sistema i cui “comportamenti” non sono tutti identificabili a priori, non potendo
sapere con certezza se si realizzeranno, ma solamente dire se sono o no possibili,
poiché un determinato comportamento è solo ipotizzabile
47
e del suo verificarsi non
c’è la certezza ma solo una serie di probabilità.
46
E. Morin, Le vie della complessità, op.cit p. 60.
47
" La complessità è la proprietà di un sistema modellizzabile suscettibile di mostrare dei
comportamenti che non siano tutti pre-determinabili (necessari) anche se
potenzialmente anticipabili ( possibili ) da un osservatore intenzionale di questo sistema."
( J., L., Le Moigne, Progettazione della Complessità e Complessità della Progettazione
, in La sfida della complessità, G. Bocchi, M. Ceruti, (a cura di) p. 92.