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1. ASPETTI STORICO-NORMATIVI IN AMBITO
PSICHIATRICO
La storia della psichiatria in Italia ha origine a partire dai primi del „900 con la
legge n. 36 del 14 febbraio 1904 (1) “sui manicomi e gli alienati” e il successivo
Regolamento del 1909 (2). Essa parte dal concetto di diversità, esclusione,
pericolosità del malato mentale: definiva l‟importanza della custodia e cura presso
i manicomi per le persone affette da qualsiasi causa di alienazione. La legge di
fatto poneva l‟obiettivo esclusivamente custodalistico e non faceva riferimenti di
possibili interventi terapeutici o riabilitativi. La persona che veniva internata
perdeva i suoi diritti civili (voto, transizioni economiche, libertà di scelta).
La legge fondava su precisi elementi:
Il ricovero in manicomio è un provvedimento di polizia, attuato per pericolosità
sociale o pubblico scandalo
Lo scopo è la custodia del malato di mente
In ogni provincia è presente un luogo di custodia, internamento e cura
In base al certificato medico, l‟autorità giudiziaria emette l‟ordinanza disponendo
un ricovero provvisorio
Dopo un periodo di osservazione di un mese, il tribunale stabilisce l‟internato
definitivo, con la perdita di tutti i diritti civili del malato.
La follia veniva omologata alla barbarie e l‟istituzione manicomiale rappresentava
“un modello culturale che, in una rappresentazione metaforica, separava
nettamente i luoghi dell‟irrazionale, dalla non cultura, dell‟astoricità, dai luoghi del
razionale, della storia, della civiltà e del progresso”. I malati mentali venivano
“rinchiusi” perché non potessero nuocere e per non dessero scandalo. Il
manicomio diviene così un deposito senza tempo che disappropriava l„individuo
della sua identità.
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“Il malato mentale chiuso nello spazio angusto della sua individualità perduta,
oppresso dai limiti impostigli dalla malattia, è spinto dal potere istituzionalizzante
del ricovero ad oggettivarsi delle regole stesse che lo determinano, in un processo
di rimpicciolimento e di restringimento di sé che, sovrapposto alla malattia, non è
sempre reversibile” (Basaglia, 1964).
Ha così inizio una storia i cui temi si rincorrono nei tempi, dove il malato affetto da
disturbo mentale inizia un percorso che anche oggi ritroviamo: la diversità, il
timore della pericolosità, l‟irrazionale e la vergogna hanno creato condizioni difficili
da rimuovere a livello culturale.
Successivamente, negli anni ‟30, con l‟introduzione delle terapie dello shock
(insulinico, malarico, elettroconvulsivo) e soprattutto negli anni ‟50 con
l‟introduzione degli psicofarmaci, si assiste ad una rivoluzione nella cura e nella
prognosi delle malattie mentali, passando dalla modalità esclusivamente
custiodialistica a possibilità terapeutica.
Nella seconda metà del secolo scorso, dopo l‟avvento degli psicofarmaci, iniziano
a diffondersi nuove teorie riguardanti la malattia mentale (teorie psicanalitiche,
fenomenologiche, esistenziali) che modificano profondamente la precedente
visione organicistica; la malattia viene sempre più considerata come qualcosa di
indipendente dall‟insieme delle condizioni in cui essa si sviluppa e comincia ad
essere presa in considerazione la situazione esistenziale del soggetto. Negli Stati
Uniti si affermano approcci di natura sociologica circa l‟origine dei disturbi mentali
e nel ‟62 vengono istituiti i primi Centri di Igiene Mentale. Anche in Italia cambiano
i tempi: Franco Basaglia, Direttore dell‟ospedale di Gorizia, inizia la sua opera di
rinnovamento che porterà ad una profonda revisione strutturale dell‟Ospedale
Psichiatrico e successivamente al suo smantellamento con la formulazione della
legge 180.
Nel ‟68 la legge n. 431 del 18 marzo (3) “Provvidenze per l‟assistenza
psichiatrica” promuove la ristrutturazione degli Ospedali Psichiatrici, con
l‟inserimento della psichiatria anche negli Ospedali civili, l‟istituzione del ricovero
volontario, l‟abolizione dell‟obbligo di annotazione dei provvedimenti di ricovero nel
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casellario giudiziario; ma il cammino è lento ed irto di ostacoli e solo alla fine degli
anni ‟70 si arriverà al vero radicale cambiamento nell‟approccio alle malattie
mentali.
La legge del ‟68 determina una prima vera innovazione, in particolare constata la
disumanità dell‟istituzione manicomiale predisponendo la riduzione del numero dei
pazienti ospitati, il potenziamento dell‟organico medico, infermieristico,
psicologico, creando i primi centri di Igiene Mentale in Italia.
Il 13 maggio 1978 in risposta ad un referendum per l‟abolizione della normativa del
1904, viene formulata la legge n. 180 (4), i cui principi fondamentali sono:
Superamento degli Ospedali Psichiatrici in Divisioni specialistiche
psichiatriche all‟interno degli ospedali generali. Nascono così i Servizi
Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) ;
La limitazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio in condizioni di
degenza solo a situazioni di grave pericolosità per se stessi e per gli altri e
a incapacità o rifiuto a seguire le terapie;
Integrazione dell‟assistenza psichiatrica nel SSN;
L‟orientamento prevalentemente territoriale dell‟assistenza psichiatrica,
espressi nei Centri di Salute Mentale (CSM), con la funzione di sostenere e
curare il paziente al di fuori delle strutture ospedaliere, avere una funzione
da tramite con la famiglia e la società, attivare percorsi riabilitativi e di cura.
Il lavoro i smantellamento inizia rendendo gli Ospedali psichiatrici almeno
parzialmente inoperanti: può accedervi solo chi è già stato ricoverato prima
dell‟entrata in vigore della legge, mentre i nuovi ricoveri devono essere presso i
reparti di psichiatria creati all‟interno dell‟ Ospedale Generale. La legge 180 viene
recepita dalla legge n. 833 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale”(5).
La legge 180 entra in vigore però in una situazione di vuoto organizzativo, non ci
sono strutture territoriali, né attrezzature, né sufficiente personale
professionalmente qualificato per un‟assistenza extraistituzionale. Inizia intanto ad
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avanzare il concetto di riabilitazione, che poggia il suo fondamento sulla
convinzione che il malato mentale possa riacquisire e sviluppare capacità perdute,
recuperare ruoli familiari e sociali, reintegrarsi nella vita di comunità, riacquisendo
così il diritto di essere persona.
La chiusura definitiva degli Ospedali psichiatrici avverrà attraverso il Progetto
Obiettivo 1994-1996 (6). Il progetto obiettivo individua quattro questioni principali
da affrontare nel settore dell‟assistenza psichiatrica:
Costituire una rete di servizi in grado di fornire interventi integrati, in
particolare per gli aspetti riabilitativi e di gestione degli stati di crisi;
Sviluppare l‟organizzazione dipartimentale del lavoro, creando reti di servizi
con responsabilità tecnico-gestionale in grado di garantire il funzionamento
integrato e continuativo dei servizi stessi;
Aumentare le competenze professionali degli operatori per far fronte a tutte
le patologie psichiatriche, con particolare riguardo alle più gravi, attraverso
interventi diversificati che prevedono la partecipazione di più soggetti, ivi
compresi i familiari.
Successivamente il Progetto Obiettivo “Tutela della Salute Mentale” 1998-
2000 (7) stabilisce che i Servizi di Salute Mentale dovranno dare priorità ad
interventi di prevenzione, cura e riabilitazione ai disturbi mentali gravi, per
prevenire la cronicizzazione e l‟emarginazione, sostenendo la persona affetta da
disturbo mentale al mantenimento e /o recupero delle autonomie ed il diritto di
cittadinanza.
Le azioni più importanti individuate nel progetto obiettivo sono:
attuazione da parte dei servizi di prassi operative mirate ad interventi attivi e
diretti nel territorio (domicilio, scuola, luoghi di lavoro, ecc.), in
collaborazione con le associazioni dei familiari e del volontariato, con i
medici di medicina generale e gli altri servizi sanitari e sociali;
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formulazione di piani terapeutico-riabilitativi personalizzati, con
assegnazione di responsabilità precise e precise scadenze di verifica;
integrazione in tali piani dell‟apporto dei diversi attori della rete territoriale;
applicare strategie terapeutiche giudicate di maggior efficacia, alla luce dei
criteri della Medicina Basata su Prove di Efficacia (Evidence Based
Medicine);
coinvolgimento delle famiglie nella formulazione ed attuazione del piano
terapeutico;
attivazione di programmi specifici di recupero dei pazienti che non si
presentano agli appuntamenti o che abbandonano il servizio, in modo da
ridurre l‟incidenza dei suicidi negli utenti;
sostegno alla nascita e al funzionamento di gruppi di muto-aiuto di familiari
e pazienti e di cooperative sociali, specie se con finalità di inserimento
lavorativo;
effettuazione di iniziative di informazione, rivolte alla popolazione generale,
sui disturbi mentali gravi, con lo scopo di diminuire i pregiudizi e diffondere
atteggiamenti di solidarietà.
Un ulteriore contributo programmatico è contenuto nel Piano Sanitario Nazionale
2006-2008 al capitolo “Tutela della Salute Mentale” (8), andando a consolidare
il modello organizzativo dipartimentale e alla individuazione di prassi operative
mirate ad intervenire attivamente e direttamente sul territorio. Restano alcune
criticità legate principalmente alla difforme diffusione dei DSM della cultura della
valutazione della qualità, carente attenzione alla salute mentale nelle carceri, o la
mancanza di un sistema informativo nazionale in grado di documentare le attività
e le prestazioni a fini epidemiologici e di programmazione degli interventi futuri.
L‟attuale Piano Sociale e Sanitario della Regione Emilia Romagna 2008-2010
ed il Piano Attuativo Salute Mentale 2009-2011 (9) definiscono la realizzazione
di un sistema di servizi nelle diverse forme di integrazione socio-sanitaria:
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istituzionale, comunitaria, gestionale e professionale. Integrazione necessaria con
interventi ed usi razionali delle risorse, per garantire gli obiettivi di promozione
della salute, prevenzione, inclusione e comunicazione sociale. Gli obiettivi generali
della politica di salute mentale in Emilia Romagna sono la promozione del
benessere psichico e sociale dei cittadini e dei residenti del proprio territorio, la
tutela del diritto di salute e i diritti di cittadinanza delle persone affette da malattie
mentali e dipendenze patologiche, di ogni tipo e gravità, in ogni età della vita.
Nell‟arco di un secolo in Italia si sono verificati profondi cambiamenti ideologici e
metodologici, passando dal custodialismo rigido dei manicomi alla terapia e cura
negli Ospedali generali, per arrivare in modo lento e graduale ad una cultura di
cura e riabilitazione nei contesti della quotidianità, in forte integrazione col
territorio.
Uno strumento programmatico locale, attuato in intesa tra Azienda USL e i
Comuni, è il Piano di Zona definito all‟interno della legge Regionale n. 2 del
2003, art. 29, (10) che va a definire le politiche sociali e socio-sanitarie rivolte alla
popolazione nell‟ambito territoriale coincidente con il distretto sanitario. E‟
coerente con il Piano Regionale degli interventi e dei servizi sociali e si raccorda
con la programmazione sanitaria. Esso è lo strumento principale delle politiche
sociali, che serve a costruire un sistema integrato di interventi e servizi. La
definizione del sistema locale rappresenta la rete dei servizi connessi in modo da
essere “percorribili” dagli utenti senza discontinuità. Favorisce l‟accesso agli utenti
che necessitano di più servizi o di situazioni complesse. Tra gli obiettivi che
possono coinvolgere l‟ambito psichiatrico si trova la valorizzazione ed il sostegno
alle responsabilità familiari ed il potenziamento degli interventi di contrasto alla
povertà e dell‟esclusione sociale. Gli attori coinvolti nel Piano di Zona sono: la
regione, con funzioni di indirizzo, le provincie con funzione di promozione ed
accompagnamento, i Comuni con ruolo di promozione, governo e direzione del
processo, di produzione e gestione; le Aziende USL nella programmazione
congiunta. Coinvolge inoltre soggetti diversi, come la cooperazione sociale, il
volontariato, l‟associazionismo, le organizzazioni sindacali. Tutto questo
rappresenta la complessità legata alla programmazione degli interventi socio-
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sanitari ad elevata integrazione. Il piano è un documento programmatico di
prospettiva triennale che prevede al suo interno due strumenti: il Programma
attuativo annuale e l‟Accordo di Programma, definendo le azioni e le risorse
assegnate. In particolare il processo integrato vede il coinvolgimento tra i diversi
livelli istituzionali che concorrono alla valutazione dell‟offerta, dei bisogni e di
programmazione.
Tutto questo concorre alla costruzione della rete dei servizi, che in particolare per
le situazioni di maggior complessità e di confine tra sanitario e sociale, sono
chiamate, a rispondere alle necessità del paziente-cittadino, secondo modalità
definite, all‟interno delle proprie competenze e responsabilità. Le condizioni
necessarie alla costruzione della rete dei servizi al fine di offrire le risposte
assistenziali adeguate dipendono dal sistema di integrazione che è stato attivato,
dalle risorse a disposizione, dai professionisti coinvolti e dalla loro
consapevolezza di fare parte di un sistema.
2. EVOLUZIONE DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
IN PSICHIATRIA
2.1 Cenni storici
L‟assistenza infermieristica psichiatrica si è evoluta nel tempo e con essa il
concetto di malato di mente.
La figura dell‟infermiere psichiatrico è stata a lungo sottovalutata e scarsamente
considerata, poiché la sua funzione prevalente era quella di “guardiano dei folli”
(11).
Il Regio Decreto n. 615 del 1909 definiva il ruolo dell‟infermiere psichiatrico come
figura assistenziale all‟interno del manicomio delineandone alcune caratteristiche:
“l‟infermiere è chiunque sorveglia ed assiste il malato di mente, è intelligente ed un
po‟ istruito e deve attenersi agli ordini del medico. Gode di sana e robusta
costituzione fisica ed ha funzioni custodialistiche ed esecutive”.