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1. l’energia non si crea e non si distrugge, ma si conserva
2. l’energia si trasforma sempre da una forma ad un’altra degradandosi; abbiamo una
perdita che va a aumentare la cosiddetta entropia (che rappresenta l’energia non
utilizzabile, “disordinata”).
Intorno al 1900 vennero scoperti il petrolio e il gas naturale, derivanti da sedimenti di
plancton sul fondo del mare, piante vegetali ed animali nell’arco di 140 milioni di anni.
Per la sua capacità produttiva, il petrolio divenne presto la fonte primaria. Con
l’evoluzione siamo riusciti a possedere l’energia, sfruttando tutte le riserve accumulatesi
dagli anni primordiali, ma siamo riusciti anche a trovare altre forme, come quelle
rinnovabili (solare, eolica, idrica). Quello che è rimasto immutato, invece, è lo schema
di produzione, sempre basato sulle transizioni energetiche termodinamiche:
calore → vapore → lavoro meccanico → energia elettrica
Nel caso idroelettrico ed eolico si passa da lavoro meccanico direttamente in energia
elettrica, mentre nella produzione fotovoltaica si elimina lo stadio meccanico, passando
da energia luminosa ad elettrica, poi eventualmente in idrogeno. Oggi quella elettrica è
la forma di energia più utilizzata; infatti quando affrontiamo temi energetici ormai
implicitamente ci riferiamo alla generazione di energia elettrica. Dalle catene precedenti
però vediamo che è una fonte secondaria (non primaria come il calore, l’energia
luminosa o il petrolio). Si dice che è un vettore energetico: essa è facilmente
trasportabile e utilizzabile, versatile, non vincolata dalla presenza di grandi macchine
con trasmissioni meccaniche ma il problema è la sua produzione, che oggi avviene in
grandi centrali termoelettriche, con calore prelevato dalla combustione del petrolio, a
rendimenti abbastanza bassi: una centrale elettrica rende circa il 40%, il resto è calore
disperso nell’ambiente ed ancora peggio in un automobile dove l’energia è convertita in
modo così poco efficiente che meno del 20% è lavoro utile allo spostamento. Capiamo
che dell’enorme quantità di energia che trattiamo quotidianamente, gran parte viene non
solo sprecata, ma immessa nuovamente nell’ambiente con effetti nocivi. Fino al secolo
scorso, tali effetti non erano visibili. Oggi, con i ritmi impressionanti di produzione di
energia, possiamo valutarli analizzando il comportamento dell’ecosistema terrestre.
Queste analisi hanno portato alla stipulazione del Protocollo di Kyoto nel 1997, che ha
formalizzato per la prima volta la necessità di ridurre le emissioni di gas serra,
soprattutto di CO2, principale causa dell’innalzamento della temperatura globale. Il
protocollo, a cui ha aderito anche l’Italia, ha stabilito i limiti emissivi da raggiungere
entro il 2008-2012 (8% per l’Unione Europea e 6,5% per l’Italia). Purtroppo alcuni
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paesi (Usa) non lo hanno sottoscritto, nonostante siano i maggiori emettitori di CO2
(gran parte delle loro centrali sono ancora alimentate a carbone). Il settore energetico
attuale, dunque, sta subendo un periodo di transizione sia per la graduale ma inevitabile
diminuzione delle riserve di combustibili fossili sia per il loro impiego reso sempre più
difficoltoso dalle citate questioni ambientali, a cui aggiungiamo le accidentali
fuoriuscite nelle acque di mari, fiumi o laghi, che hanno effetti devastanti per gli habitat.
L’opinione pubblica si sta indirizzando verso un futuro energetico basato sull’idrogeno,
che perlomeno risolverebbe i problemi ambientali e aumenterebbe l’utilizzo delle fonti
rinnovabili, con la diminuzione del consumo energetico. L’idrogeno è anch’esso un
vettore energetico come l’energia elettrica, non una fonte primaria: devono avvenire
trasformazioni energetiche prima di poterlo ottenere ed usare, proprio come l’energia
elettrica, comprensive di perdite. Molti pensano che il futuro sarà basato su
un’economia ad idrogeno: l’ipotesi è allettante, soprattutto la possibilità di ridurre
l’inquinamento ambientale e disporre di una fonte praticamente inesauribile, oltre ad
avere una produzione decentralizzata, in piccole centrali, non monopolistica (con
notevoli riflessi a livello economico-sociale). Purtroppo le difficoltà sono enormi, in
parte legate alla difficoltà nel maneggiare un combustibile come l’idrogeno, che
certamente offre possibilità vantaggiose, anche rispetto all’energia elettrica, ma presenta
inconvenienti tecnici non ancora risolti, in parte perché non ancora accettato dalle
grandi politiche internazionali e nazionali, che non finanziano adeguatamente il suo
sviluppo (anche per pressioni che ricadono dalle grandi multinazionali petrolifere, del
carbone o del gas naturale). In futuro possiamo percorrere tre strade parallele per
migliorare l’utilizzo dell’energia: riduzione dei consumi, con aumenti dell’efficienza dei
carichi, passare completamente all’idrogeno oppure aumentare l’utilizzo delle fonti
rinnovabili. Delle tre ipotesi percorribili possiamo trascurare la possibilità di ridurre i
consumi energetici, al massimo pensare ad un loro stabilizzarsi: lo sviluppo nel
risparmio energetico è una politica utile da perseguire, ma è anche vero che
difficilmente potremo risolvere il problema energetico a livello mondiale, in quanto la
distribuzione della ricchezza sta portando nuovi paesi del terzo mondo (Cina, India)
verso progressi che pian piano li avvicineranno a quelli più progrediti e ciò implica, per
essi, un maggior consumo energetico, talmente elevato che non andrebbe neanche a
bilanciare i possibili risparmi energetici compiuti dalle politiche sopramenzionate. La
seconda opzione, ossia convertire il piano energetico ad un nuovo combustibile, che
appunto è l’idrogeno, è in fase di valutazione mentre la possibilità più immediata in
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mano ai paesi progrediti è aumentare l’uso delle fonti rinnovabili, le quali oramai hanno
raggiunto in vari settori una maturità tecnologica adatta, sebbene ancora migliorabile,
sfruttando gli enormi vantaggi rispetto alle fonti convenzionali. Molte nazioni si sono
già adeguate verso politiche rivolte a tali fonti, alcune sfruttando la possibilità di
abbinarle al vettore idrogeno come l’Islanda con il geotermico. La nostra ricerca è
finalizzata nel rilevare la possibilità di sfruttare gli ultimi due punti: usare il vettore
idrogeno creato da fonti rinnovabili.
Nello studio si cerca di analizzare la fattibilità di un impianto che sfrutta l’energia
solare, quella che nel nostro paese sarebbe una notevole fonte rinnovabile, per creare
idrogeno, utilizzabile poi nei momenti di carenza energetica. Così facendo, valutiamo,
sia a livello energetico che economico, la possibilità che ha l’idrogeno, ad oggi, di poter
essere sfruttato come fonte energetica alternativa.
La tesi è organizzata in tre fasi:
- la prima riporta una rapida spiegazione della sorgente energetica rinnovabile da noi
usata, ossia l’energia solare ed il fenomeno fotovoltaico
- la seconda si focalizza sulla descrizione del vettore energetico abbinato alla sorgente,
ossia l’idrogeno, analizzando le sue caratteristiche e le tecnologie di produzione attuali,
soffermandoci, in particolare, sull’elettrolisi dell’acqua
- infine analizzeremo le possibilità di stoccaggio e trasporto dell’idrogeno e gli sviluppi
futuri del suo impiego, cercando di fornire numericamente i primi bilanci energetici ed
economici dell’impianto in vista di un suo ingrandimento futuro.
Volevo ringraziare l’Ing. Caregnato (Gida) per la grande collaborazione e disponibilità,
il Prof. Redi (Università di Firenze) per gli aiuti didattici, il Sig. Piccini (Pfi) per il
supporto tecnico sull’impianto, l’Ing. Puccetti (Conenergia) e la Sig.ra Tripoli per
l’aiuto nella stesura e nell’organizzazione generale dello stage.
Inoltre un sentito ringraziamento va a Eleonora, alla sua famiglia e alla mia, per
l’appoggio incondizionato in questi anni di studio.
Alfredo Simonti
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2. CARATTERISTICHE DELLA RADIAZIONE SOLARE
Sono le caratteristiche fisiche e la struttura del Sole a determinare la natura dell’energia
irradiata nello spazio, nota come energia solare (o energia elettromagnetica raggiante).
Per capire che tipo di energia stiamo cercando di sfruttare sul suolo terrestre riportiamo
alcune particolarità della sorgente principale.
2.1 Il Sole
Il Sole è una stella, distante 1,5108 km dalla Terra, di forma approssimativamente
sferica e diametro circa 1,39106 km. Come la Terra ruota attorno al suo asse centrale,
seppur più lentamente e non in modo costante. Infatti a causa dell’elevata temperatura
del nucleo solare e delle forti pressioni
gravitazionali, tutta la materia solare è in
uno stato particolare fluido-gassoso, noto
come plasma, in cui non esistono strutture
atomiche, ma si crea un miscuglio di
particelle ionizzate cariche elettricamente,
dato che gli atomi perdono completamente
o in parte i loro elettroni. Abbiamo un insie- Fig. 2.1 – Orbita terrestre intorno al Sole
me di nuclei atomici ed elettroni liberi che, a causa del loro rapido e continuo
movimento, collidono frequentemente tra di loro. Il risultato è che il Sole non è un
corpo solido, per questo è soggetto ad una rotazione differenziale, dove l’equatore ruota
più velocemente rispetto ai poli, impiegando circa 25 giorni per la rivoluzione intorno
all’asse contro i 34 delle regioni polari.
Il Sole lo possiamo immaginare come un reattore a fusione continua, che sprigiona
energia da molteplici processi di fusione nucleare prodotti dai gas che lo compongono
(che in pratica sono i combustibili), trattenuti da notevoli forze gravitazionali. Queste
provocano violente collisioni tra le particelle, con conseguente produzione di una
quantità di calore sufficiente a fondere i nuclei atomici. Tra le varie reazioni, quella che
si innesca più facilmente nel nucleo solare è la fusione dell’idrogeno in elio, che
possiede la temperatura di attivazione più bassa, quindi raggiungibile a concentrazioni
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gravitazionali minori. La fusione nucleare è il processo attraverso il quale si producono
nuclei di elementi più pesanti a partire dalla fusione di due nuclei di elementi più
leggeri. Qualsiasi coppia di nuclei atomici può essere forzata a fondere: nel nostro caso
nuclei di idrogeno, detti protoni 1H (isotopo di H formato da un protone ed un
elettrone), dove la cifra in alto a sinistra indica il numero di massa (protoni + neutroni),
si uniscono e formano nuclei di elio. Affinché avvenga tale reazione i nuclei devono
avvicinarsi sufficientemente (a circa 1 fm), in modo che l’interazione forte sia superiore
alla forza di repulsione elettrostatica (presente tra cariche dello stesso segno, quali sono
i protoni), consentendo, con una certa probabilità, l’unione e la formazione, dopo una
serie di reazioni note come catena protone-protone, del prodotto finale.
La reazione globale prevede che 4 protoni si uniscono a formare 1 nucleo di He,
composto da 2 protoni e 2 neutroni, quindi di numero atomico superiore, emettendo
energia in varie forme:
4 1H 4He + 2 e+ + 2 v + 6
dove e+ sono i positroni, v i neutrini e i fotoni. Inizialmente i due protoni 1H (o p nel
grafico) si scontrano e creano un deu-
terone D (o 2H), un nucleo pesante di
idrogeno (deuterio) formato da un pro-
tone ed un neutrone. Nella reazione
viene emesso anche un positrone e+,
elettrone positivo libero indicante una
particella di antimateria che, reagendo
con un elettrone, si annichila e produce
raggi . Appena avviene la reazione, Fig. 2.2 – Reazione di fusione nucleare all’interno del Sole
il nucleo risultante solitamente possiede troppi neutroni per essere stabile: quelli in
eccesso vengono espulsi con notevole energia. Questi sono i neutrini v, particelle prive
di carica, con massa praticamente trascurabile, che abbandonano la stella in linea retta,
alla velocità della luce, portandosi con sé una parte dell’energia della reazione che verrà
persa completamente, dato che non reagiscono con la materia.
La collisione di un deuterone D ed un altro nucleo di idrogeno 1H produce un nucleo
dell’isotopo 3 dell’elio (3He), più leggero, composto da 2 protoni e 1 neutrone. Questa
reazione, che comporta l’emissione, sotto forma di raggi gamma, di un’energia pari a 26
MeV, deve avvenire due volte affinché possa aver luogo l’ultima reazione con due