5
 
Introduzione: 
 
 
LE BIOMASSE 
 
 
 
0.1 Generalità 
 
0.2 Processi biochimici 
0.2.1 Digestione anaerobica 
0.2.2 Fermentazione alcolica 
0.2.3 Digestione aerobica 
 
0.3 Processi termochimici 
0.3.1 Combustione diretta 
0.3.2 Gassificazione 
0.3.3 Pirolisi 
0.3.4 Carbonizzazione 
0.3.5 Estrazione di oli vegetali 
 
 6
 
0.1 Generalità 
 
Parlando di biomasse si intendono sostanze di origine biologica in forma non fossile, cioè 
ogni sostanza organica di origine vegetale o animale, da cui sia possibile ottenere energia, 
attraverso processi di tipo termochimico o biochimico. Dette sostanze sono disponibili 
come prodotti diretti o residui del settore agricolo o forestale, come sottoprodotti o scarti 
dell'industria agro-alimentare, e come scarti della catena della distribuzione e dei consumi 
finali (la frazione organica dei rifiuti urbani raggiunge mediamente il 40% in peso). A 
seconda delle caratteristiche chimico-fisiche, possono essere bruciate direttamente o 
trasformate in combustibili solidi, liquidi o gassosi. Quindi, fra le biomasse, si distinguono 
quelle prodotte in agricoltura come residui delle coltivazioni destinate all’alimentazione 
umana o animale (paglie di cereali, residui di potature, ecc.) o come piante espressamente 
coltivate per scopi energetici. 
Particolare interesse presentano le colture energetiche che presuppongono la selezione 
delle specie più adatte per essere utilizzate, a turni brevissimi, per produzione energetica 
esclusiva, al fine di massimizzare la resa energetica e minimizzare il ciclo produttivo; 
questo è uno degli scopi che si prefigge il lavoro che andremo ad illustrare. Possono 
tuttavia sorgere dubbi riguardo l’eticità o la convenienza di questo tipo discelta; per fare 
un esempio L. Biondi scrive sul “Manuale dell’ingegnere meccanico” edito da Hoepli: 
 
“[…] l’operazione è concettualmente mal ideata perché nell’ordine naturale è 
più pregiato il cibo per l’uomo, poi quello per gli animali, poi i materiali 
(tessili, chimici, strutturali) e poi infine l’energia. Apprestando lo stesso 
sforzo, rinunciare ad un prodotto più pregiato che si potrebbe ottenere in 
alternativa per avere un prodotto energetico, sarebbe un errore che in 
generale non può essere pagante.” 
(1) 
 
Queste affermazioni non sono naturalmente da considerarsi prive di alcun fondamento, ma 
ci si riserva il diritto di non condividerle, poiché gli argomenti per confutarle esistono e 
sono molteplici. In primo luogo le biomasse sono neutre per quanto attiene l’effetto serra 
poiché il biossido di carbonio (CO
2
) rilasciato durante la combustione risulta essere 
pressoché la stessa quantità di quello che viene assorbito dalle piante stesse mediante il 
processo di fotosintesi; tutti noi sappiamo infatti quanto si è fatto pressante il problema 
globale dell’innalzamento della temperatura atmosferica causato appunto dall’effetto 
serra. Un secondo punto a favore delle colture energetiche deriva dal fatto che le diverse 
fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa, sia esso di origine agricola o 
forestale, creano posti di lavoro e favoriscono la rivitalizzazione di questo settore. Inoltre 
si rende plausibile la possibilità di preservare talune aree a rischio di desertificazione 
proprio grazie alle colture energetiche, le quali per propria natura, hanno necessità di 
poche risorse e presentano notevole vigore; contribuiscono così a ridurre l’erosione del 
suolo agricolo e il dilavamento di nutrienti, preservando così la qualità delle acque 
superficiali e di falda. Un ultimo beneficio apportato dalla biomassa riguarda la politica 
energetica, in quanto l’energia delle biomasse vegetali contribuisce a ridurre la dipendenza 
dalle importazioni di combustibili fossili e a diversificare le fonti d’approvvigionamento 
energetico; ciò è molto importante al fine di preservare una certa autonomia e far così 
fronte alle sempre più frequenti crisi di tipo politico o climatico. 
Resta comunque innegabile che, quando come biomasse si usano materiali di rifiuto, la 
valenza dell’operazione è nettamente superiore. Un caso particolare che va in questa 
direzione è quello dei grandi allevamenti animali, dove le relativa deiezioni sono 
comunque da raccogliere ed eliminare con oneri spesso non indifferenti. In questo caso 
infatti la materia prima non solo è disponibile gratuitamente, ma evita il costo della sua 
eliminazione.  
In linea con il lavoro che è oggetto di questa tesi, andiamo ad analizzare in particolare la 
biomassa di tipo vegetale. La biomassa vegetale è la materia che costituisce le piante e la 
relativa energia potenziale in essa contenuta è energia solare, immagazzinata durante la 
crescita per mezzo della fotosintesi clorofilliana. Infatti, tramite questo processo, i vegetali 
utilizzano l’apporto energetico dell’irraggiamento solare per convertire l’anidride 
carbonica atmosferica e l’acqua nelle complesse molecole di cui sono costituiti o che 
compaiono nei loro processi vitali: carboidrati, lignina, proteine, lipidi, oltre ad un numero 
elevatissimo di prodotti secondari di ogni tipo. Pertanto, la fotosintesi è il processo 
biologico mediante il quale le piante e le alghe trasformano la luce solare, l'acqua e 
l'anidride carbonica in carboidrati ed ossigeno, secondo la reazione: 
(4)
 
( )
2222
OOHCareEnergiaSolOHCO
mn
+→++  
 
In particolare, due reazioni molto frequenti che descrivono rispettivamente la formazione 
di glucosio e legnocellulosa sono: 
 7
 2612622
666 OOHCareEnergiaSolOHCO ⋅+→+⋅+⋅  
 
266,044,122
03,172,0 OOCHareEnergiaSolOHCO ⋅+→+⋅+  
 
In questo modo vengono fissate complessivamente in tutto il pianeta circa 2×10
11
 
tonnellate di carbonio all'anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di 
tonnellate di petrolio, circa 10 volte l'attuale fabbisogno energetico mondiale. Tuttavia, 
solo la parte visibile dello spettro solare (circa il 45% del totale) interviene nella 
fotosintesi; un ulteriore 20% dell'energia si perde per fenomeni di riflessione da parte della 
pianta
(4)
. Il rendimento complessivo del processo fotosintetico è compreso tra 0,5% e 1,5% 
a seconda del clima
(4a)
. Si capisce comunque come quello della biomassa sia ad oggi il 
metodo più efficiente di utilizzo ed immagazzinamento dell’energia solare. 
Le biomasse si possono considerare risorse rinnovabili e, quindi, inesauribili nel tempo, 
purché vengano impiegate ad un ritmo complessivamente non superiore alle capacità di 
rinnovamento biologico. In realtà, quindi, esse non sono illimitate quantitativamente, ma 
per ogni specie vegetale utilizzata la disponibilità trova un tetto nella superficie ad essa 
destinata, nonché in vincoli climatici ed ambientali che tendono a limitare in ogni regione 
le specie che vi possono crescere con convenienza ed economia. 
Come detto, le proprietà chimico-fisiche sono cruciali nella scelta del processo di 
trasformazione energetica più ragionevole da adottare. Le principali proprietà da tenere in 
considerazione sono le seguenti: 
- Umidità: fornisce una indicazione delle difficoltà di conservazione e della sua attitudine 
ai processi di fermentazione rispetto alla combustione diretta. 
Massa volumica apparente (Ma): è legata allo stato di frammentazione ed alle modalità di 
raccolta  e confezionamento. Valori indicativi in Kg/m
3 
sono: 
 
BIOMASSA LIMITE INFERIORE LIMITE SUPERIORE 
Vegetali imballati 150 250 
Vegetali formellati 600 800 
Letame appena raccolto 180 250 
Letame maturo 550 800 
Deiezioni in genere 900 1050 
Massa volumica apparente in Kg/m
3 (3) 
 8
 9
 
- Potere Calorico Superiore: rappresenta la quantità di energia termica sviluppata dalla 
combustione completa di 1 Kg di sostanza, avendo riportato i prodotti della reazione alla 
stessa temperatura dei reagenti. Per la sua determinazione ci si avvale del metodo della 
bomba calorimetria che permette di valutare l’energia termica sviluppata, comprensiva 
anche del calore di evaporazione dell’acqua presente nella biomassa e dell’acqua che si 
forma nel corso del processo. Quest’ultima proviene dall’ossidazione dell’idrogeno 
contenuto nel combustibile con l’ossigeno dell’aria. 
- Potere Calorifico Inferiore: di maggiore interesse rispetto al potere calorifico superiore, 
questo conto dell’energia termica sviluppata dal combustibile senza considerare la 
condensazione del vapor d’acqua presente nei fumi. 
- Composizione della Sostanza Secca: con l’analisi elementare del materiale si quantifica 
la percentuale di elementi chimici fondamentali come il carbonio (C), l’idrogeno (H), 
l’azoto (N), lo zolfo (S). Dal contenuto di C ed N si determina il rapporto (C/N) che, 
insieme al contenuto di umidità, è discriminante per la scelta del processo di conversione. 
Infatti, se ad esempio consideriamo un tessuto vegetale che risulti avere un contenuto di 
carbonio molto superiore al contenuto di azoto, siamo di fronte ad un composto organico 
di rinforzo (come la lignina) che ha una struttura chimica molto complessa, con 
conseguente difficile biodegradabilità ed elevata combustibilità. Viceversa, se fosse 
maggiore il peso dell’azoto sul carbonio, i tessuti vegetali saranno vitali, verdi, ricchi di 
acqua e in ottime condizioni per l’attacco biochimico 
(3)
.  
 
I processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a due grandi 
categorie: 
 
- processi biochimici  
o digestione anaerobica 
o fermentazione alcolica 
o digestione aerobica 
 
- processi termochimici  
o combustione diretta 
o gassificazione 
o pirolisi 
o carbonizzazione 
 10
o estrazione di oli vegetali 
 
Nei paragrafi che seguono sarà effettuata una carrellata sui possibili metodi di 
trasformazione energetica della biomassa sopra elencati. 
 
0.2 Processi biochimici 
 
I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione chimica 
dovuta al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa 
sotto particolari condizioni. Tali metodi vengono impiegati per quelle biomasse in cui il 
rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei 
alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e 
steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione 
(borlande, acqua di vegetazione, ecc.), nonché alcune tipologie di reflui urbani ed 
industriali.  
 
0.2.1 Digestione anaerobica 
 
La digestione anaerobica è un processo di conversione di tipo biochimico, consistente 
nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di sostanze organiche complesse (lipidi, 
protidi, glucidi) contenute nei vegetali e nei sottoprodotti di origine animale. Il risultato di 
tale processo è un gas (biogas) costituito per il 45÷70% da metano e per la restante parte 
soprattutto da CO
2
 ed avente un potere calorifico medio dell’ordine di 23.000 kJ/Nm
3 (4)
. Il 
biogas così prodotto viene raccolto, essiccato, compresso ed immagazzinato e può essere 
utilizzato come combustibile per alimentare veicoli a gas o caldaie a gas, ovvero per 
produrre calore e/o energia elettrica. Al termine del processo di fermentazione si 
conservano integri nell’effluente i principali elementi nutritivi (quali azoto, fosforo e 
potassio) già presenti nella materia prima, favorendo la mineralizzazione dell’azoto 
organico; l’effluente risulta, in tal modo, un ottimo fertilizzante nel quale l’azoto è in 
forma direttamente assimilabile dalle piante. 
Gli impianti a digestione anaerobica possono essere alimentati mediante residui ad alto 
contenuto di umidità, quali deiezioni animali, reflui civili, rifiuti alimentari e frazione 
organica dei rifiuti solidi urbani. Pertanto, oltre alla produzione di biogas come prodotto e 
di fertilizzante come effluente, tale processo offre vantaggi in termini di gestione e 
smaltimento dei rifiuti, permettendo di eliminare dalle discariche i rifiuti organici, 
potenzialmente pericolosi a causa delle emissioni liquide e gassose che producono durante 
la loro decomposizione, e suscettibili di inquinare l’aria, l’acqua ed il suolo. Per quanto 
attiene le modalità con cui si ottiene tale processo, bisogna distinguere due diversi casi. Il 
primo riguarda le discariche che, pur attrezzate per la raccolta del biogas prodotto, 
 11
permettono di raccogliere solo una porzione del gas generato, mentre la rimanente parte 
viene dispersa in atmosfera. Queste emissioni di biogas in atmosfera non sono affatto 
desiderabili, poiché il biogas è costituito in gran parte da metano, quest’ultimo considerato 
un gas serra con effetto di circa 20 volte superiore 
(2)
 a quello della CO
2
. Quando invece la 
decomposizione dei rifiuti organici è ottenuta mediante appositi di gestori chiusi, tutto il 
gas prodotto viene raccolto per essere usato come combustibile. 
 
0.2.2 Fermentazione alcolica 
 
La fermentazione alcolica è un processo, di tipo microbiologico, di trasformazione dei 
glucidi contenuti nelle produzioni vegetali in bioetanolo e biodiesel. 
Il bioetanolo viene prodotto tramite processi di fermentazione e distillazione di materiali 
zuccherini o amidacei; la destinazione più considerata è il suo utilizzo nella sintesi 
dell’ETBE (EtilTerzButilEtere), usato in miscela alle benzine come antidetonante in 
sostituzione del piombo tetraetile o degli idrocarburi aromatici. Il bioetanolo viene oggi 
prodotto in quantità industriale anche per essere utilizzato come carburante in Brasile e 
negli USA. La catena di reazioni per giungere a questa sostanza è, in via semplificata, la 
seguente 
(4)
: 
 
()
GLUCOSIOVAPORECELLULOSA
n
OHCnOnHOHC
612625106
→+  
 
2526126
22 COOHHCOHC
ETANOLO
FERMENTO
GLUCOSIO
+⎯⎯⎯→⎯  
 
Il biodiesel invece deriva dalla transesterificazione degli oli vegetali (soia, colza e 
girasole) effettuata con alcool metilico ed etilico: il risultato è un combustibile simile al 
gasolio ed utilizzabile sia puro, sia in miscela con il gasolio stesso. 
Tali sostanze sono utilizzabili anche nei motori a combustione interna, e la loro 
applicazione si è fortemente ampliata a partire dalla metà degli anni ’70, a causa della crisi 
petrolifera, con l’intento di costituire una valida alternativa ai carburanti di tipo 
tradizionale. 
 
 
 12
 13
0.2.3 Digestione aerobica 
 
Il processo di digestione aerobica consiste nella metabolizzazione delle sostanze organiche 
per opera di micro-organismi, il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno. 
Questi batteri convertono sostanze complesse in altre più semplici, liberando CO
2
 e H
2
O e 
producendo un elevato riscaldamento del substrato, proporzionale alla loro attività 
metabolica. Il calore prodotto può essere così trasferito all’esterno, mediante scambiatori a 
fluido 
(4)
. 
 
 14
0.3 Processi termochimici 
 
I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che permette le 
reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia prima producendo energia e sono 
utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia 
valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30% 
(4)
. Le biomasse più 
adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati 
(segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico 
(paglia di cereali, residui di potatura, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, 
noccioli, ecc.). 
 
0.3.1 Combustione diretta 
 
La combustione diretta  è il metodo che riguarda da vicino il progetto trattato in questa 
tesi. Tale processo permette la trasformazione dell’energia chimica intrinseca alla 
biomassa in energia termica, mediante una serie di reazioni chimico-fisiche. Quando la 
biomassa viene immessa in una camera di combustione subisce inizialmente una 
essiccazione, quindi, man mano che la sua temperatura aumenta, si hanno processi di 
pirolisi, di gassificazione ed, infine, di combustione La porzione volatile è composta da 
una frazione gassosa contenente anidride carbonica (CO
2
), ossido di carbonio (CO), alcuni 
idrocarburi (C
x
H
y
) ed idrogeno (H
2
) e da una frazione condensabile composta da acqua e 
composti organici con basso peso molecolare che, con l’aumentare della temperatura, 
tendono a frammentarsi in composti più leggeri. I prodotti di queste reazioni subiscono un 
ulteriore processo di ossidazione il cui ultimo risultato è la produzione di calore. La 
combustione viene generalmente attuata in caldaie in cui avviene anche lo scambio di 
calore tra i gas di combustione ed i fluidi di processo (acqua, olio, ecc.). 
Nel settore industriale sono presenti numerosi impianti di combustione diretta delle 
biomasse di tipo agro-forestale e agro-industriale. Tali applicazioni consentono la 
produzione di calore utilizzato per il ciclo produttivo, di energia elettrica o di 
cogenerazione. I prodotti utilizzabili a tale scopo sono: legname; paglie di cereali; residui 
di raccolta di legumi secchi, di piante oleaginose, di piante di fibra tessile; residui legnosi 
di potatura, di piante da frutto e di piante forestali; residui delle industrie agrarie; ecc. Le 
potenze degli impianti che producono solo energia termica possono variare da alcune 
decine di kW ad alcune decine di MW
t
: il limite della taglia superiore degli impianti 
industriali a biomasse è stato finora sia di carattere tecnico sia organizzativo-gestionale 
della filiera legno o altri tipi di biomasse.  
Un’applicazione vicina al metodo della combustione diretta si può trovare nel cofiring. 
Esso consiste nell’utilizzo complementare di biomassa e carbone in normali caldaie 
tradizionali. Tra le tecniche di utilizzo della biomassa è senz’altro la più economica, se 
non altro per il fatto che si basa su tecnologie ampiamente testate relative ai combustibili 
fossili tradizionali, in quanto solitamente il carbone copre non meno dell’85% 
(2)
 del totale 
di combustibile immesso in caldaia. 
 
0.3.2 Gassificazione 
 
La gassificazione consiste nell’ossidazione incompleta di una sostanza in ambiente ad 
elevata temperatura (900÷1000 °C) e limitata presenza di agente ossidante 
(4)
. In questo 
modo si ossida solamente una parte della biomassa, il cui calore serve a scomporre 
termicamente la rimanente. Il risultato del processo è un gas di sintesi composto da 
idrogeno, monossido di carbonio, vapore acqueo, metano, carbonio e azoto. Tale gas 
risulta un combustibile di basso potere calorifico inferiore, variabile tra i 4.000 kj/Nm
3
, nel 
caso più diffuso dei gassificatori ad aria, ed i 14.000 kj/Nm
3
 
(4) 
nel caso di gassificatori ad 
ossigeno; valori intermedi si ottengono nel caso di gassificatori a vapor d’acqua.  Le 
reazioni chimiche che avvengono in un gassificatore sono particolarmente complesse e 
non del tutto note; tra le principali però si possono distinguere le reazioni esotermiche 
(2)
: 
 
ENERGIACHHC
ENERGIAOHCHHCO
ENERGIAHCOOHCO
ENERGIACOOC
ENERGIACOOC
+→+
++→+
++→+
+→+
+→+
42
242
222
2
22
2
3
2
1
  
 
e le reazioni endotermiche: 
 
2
22
2
2
2
HENERGIAH
HCOENERGIAOHC
COENERGIACOC
→+
+→++
→++
 
 
 15
 16
I problemi connessi a questa tecnologia, ancora in fase di sperimentazione, si incontrano a 
valle del processo di gassificazione e sono legati principalmente al suo basso potere 
calorifico, alle impurità presenti nel gas (polveri, catrami e metalli pesanti) e all’alta 
nocività dei gas prodotti. E’ tuttavia possibile separare a valle del processo le sostanze 
indesiderate attraverso determinate tecniche di separazione, ottenendo così un 
combustibile gassoso relativamente pulito, agevole da trasportare e da stoccare. Da notare 
che i sistemi di gassificazione in genere permettono un controllo delle emissioni 
sicuramente miglior rispetto al caso di combustione diretta. 
Per contro, i gassificatori richiedono una caratterizzazione estremamente precisa della 
biomassa, in termini di qualità, pezzatura ed umidità relativa, con notevole aumento dei 
costi di preparazione del combustibile. Inoltre è importante il controllo di temperatura e 
pressione; infatti alta temperatura e bassa pressione favoriscono la conversione dell’azoto 
presente nella biomassa nel gas inerte N
2
, mentre opposte condizioni favoriscono la 
formazione della indesiderata ammoniaca 
(3)
. 
 I gas possono essere utilizzati per la produzione di calore in normali caldaie o per 
alimentare direttamente motori a combustione interna o turbine a gas. 
 
0.3.3 Pirolisi 
 
La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto 
mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 400 e 900 °C 
(4a)
, in 
completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantità di ossigeno 
(parziale gassificazione). I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in 
proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e 
dai parametri di reazione. La produzione dell’olio da pirolisi veloce rappresenta, tra le 
diverse tecnologie, quella al momento attuale prevalentemente adottata, in considerazione 
dei vantaggi presenti in tutte le fasi di trattamento, trasporto e stoccaggio Uno dei 
maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è 
ancora una volta la qualità di detti prodotti, che non ha ancora raggiunto un livello 
sufficientemente adeguato con riferimento alle applicazioni, sia con turbine a gas sia con 
motori diesel 
(3)
. 
 
 
 17
0.3.4 Carbonizzazione 
 
La carbonizzazione è un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione 
delle molecole strutturate dei processi legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o 
carbone vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili 
dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie, all’aperto, o in storte, che 
offrono la maggior resa in carbone. Il potere calorifico del combustibile solido ottenuto è 
compreso tra 20000 e 35000 kJ/kg, a seconda della temperatura di distillazione 
rispettivamente pari a 100 e 500°C. 
(4)
 
0.3.5 Estrazione di oli vegetali 
 
Gli oli vegetali possono essere estratti dalle piante oleaginose (soia, colza, girasole, ecc.). 
Caratteristica comune di tutte le oleaginose è quella di essere ricche di materie proteiche 
che, dopo l’estrazione dell’olio, sono impiegabili nell’alimentazione animale. Le principali 
piante che si trovano in Europa sono la colza e il girasole (i principali Paesi produttori 
europei sono, per la colza, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e la Danimarca; per il 
girasole, la Francia, la Spagna e l’Italia); la coltivazione della soia, invece, si trova 
principalmente in America (Stati uniti, Brasile e Argentina). Gli oli possono essere 
utilizzati come combustibili ed il loro utilizzo ha destato ormai da tempo un notevole 
interesse, sia per la disponibilità di tecnologie semplici di trasformazione ed utilizzazione, 
sia perché consentono bilanci energetici accettabili, sia, infine, per la riutilizzazione dei 
sottoprodotti di processo (es. la glicerina, utilizzata dall’industria farmaceutica) 
(3)
.