Impianti fotovoltaici.
Sperimentazione della prestazione di impermeabilità all’ acqua di un sistema integrato architettonicamente.
Introduzione
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Introduzione
L’argomento che verrà trattato nella Tesi è la sperimentazione di un sistema
fotovoltaico integrato architettonicamente prodotto dall’azienda torinese Ecojoule1. In
particolare si andrà a studiare il comportamento del sistema pannello – tetto sotto
l’effetto dell’acqua e del vento per studiarne la sua tenuta all’acqua.
Fin dal suo inizio, la vita dell’uomo, o meglio la sua sopravvivenza, è stata garantita
da quella quota di energia che riusciva a procurarsi e che gli permetteva di cibarsi,
riscaldarsi, e proteggersi. Grazie alle scoperte scientifi che e alle innovazioni
tecnologiche che si sono succedute nei secoli della storia umana, la quantità di
energia che l’uomo andava producendo e sfruttando è cresciuta, per arrivare ai
massimi valori di oggi. Valori che sono destinati a crescere con un ritmo incalzante
per lo sviluppo industriale dei paesi dell’estremo oriente. Se da un lato la disponibilità
di energia signifi ca benessere e miglioramento delle condizioni di vita, dall’altro ci si
sta rendendo conto, in modo sempre più drammatico, che tutto questo ha un prezzo:
1
L’azienda Ecojoule è nata nel Maggio 2005 da una cessione di ramo d’azienda della MG
EcoEngineering, società operante sul mercato già dal 1999 nel settore della bioediliza per quanto concerne
sia la consulenza che la progettazione di edifi ci ed impianti ad energia rinnovabile. L’attività comprende l’
assemblaggio di prodotti e sistemi energetici atti a produrre energia rinnovabile, commercio e distribuzione, sia
all’ingrosso che al dettaglio, di prodotti e sistemi impiantistici per lo sfruttamento e l’utilizzo di energie rinnovabili,
installazione di impianti ad energia rinnovabile, comprese le integrazioni architettoniche degli stessi.
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Sperimentazione della prestazione di impermeabilità all’ acqua di un sistema integrato architettonicamente.
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il surriscaldamento della Terra, l’estensione del buco dell’ozono, l’inquinamento delle
acque e dei suoli, l’aumento delle malattie respiratorie, sono solo alcune conseguenze
dell’intensa attività umana e dello sfruttamento delle fonti energetiche. L’Italia ha la
più alta dipendenza da combustibili fossili di importazione tra i grandi Paesi europei.
Questa situazione, oltre a penalizzarci pesantemente sul piano dei conti con l’estero
e sulla competitività dell’economia, aumenta la nostra vulnerabilità di fronte alle
turbolenze internazionali. Inoltre, il crescente utilizzo dei combustibili fossili non
permette di ridurre le emissioni di CO
2
per rispettare il Protocollo di Kyoto.
In questo quadro, il nostro Paese deve assolutamente defi nire una politica della ricerca
e dell’energia che abbia come obiettivi la riduzione della dipendenza dai combustibili
fossili e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti a basso impatto ambientale.
L’allarme creato dal crollo energetico ha fatto sì che l’attenzione si concentrasse sulla
diversifi cazione delle fonti che producono energia scoprendo nel rinnovabile la nuova
frontiera della produzione energetica. Le energie rinnovabili sono forme di energia non
esauribili. L’utilizzo dell’energia rinnovabile non pregiudica la disponibilità della risorsa
energetica alle generazioni future. Le principali fonti di energia rinnovabile sono il
sole, il vento, l’acqua, il calore della terra, l’energia marina e le biomasse. Queste
fonti di energia non sono esauribili in una scala dei tempi umana. Si presentano sotto
forma di fl usso di energia che si ripresenta ciclicamente, indipendentemente dal fatto
che siano utilizzate o meno dall’uomo. Le energie rinnovabili si contrappongono alle
energie non rinnovabili, come il petrolio o il carbone, queste ultime sono caratterizzate
da uno stock fi sso e sono esauribili con l’utilizzo. Il termine “rinnovabile” non deve
far pensare ad uno sfruttamento illimitato delle energie rinnovabili. Lo sfruttamento
dell’energia rinnovabile è limitata al fl usso di energia. Inoltre, in alcuni casi il tasso di
utilizzo della risorse non deve superare il tasso di rigenerazione della stessa. Questo
accade, in particolar modo, nei fl ussi di energia rinnovabile originati da uno stock.
Ad esempio, la quantità di legno di un bosco, la popolazione ittica del mare, ecc. Lo
sfruttamento eccessivo della risorsa rinnovabile può causare la progressiva riduzione
dello stock fi no alla defi nitiva distruzione dello stock. Ciò ovviamente non accade
per tutte le energie rinnovabili. Ad esempio, l’energia solare o l’energia eolica sono
limitate alla disponibilità delle radiazioni solari o del vento.
Detto questo una delle fonti rinnovabili da tener maggiormente in considerazione
è sicuramente quella che si produce direttamente dall’energia irradiata dal sole
attraverso la tecnologia fotovoltaica, che trasforma l’energia del sole in energia elettrica
e che può essere adottata anche per le singole abitazioni attraverso l’installazione di
pannelli fotovoltaici.
Nella tesi si fa riferimento all’integrazione dei sistemi fotovoltaici nelle coperture. Il tetto
costituisce la parte più importante e più critica del sistema costruttivo di un edifi cio. Per
comprendere la complessità dei sistemi di copertura basta fare riferimento alle norme
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UNI dove, accanto ai tre stati funzionali (strato portante, isolante termico, elemento
di tenuta), ne sono elencati altri quindici: ciò non accade per nessun altro elemento
tecnico. Gli elementi o strati funzionali che devono essere presi in considerazione
nella progettazione di un tetto sono i seguenti:
• strato di rivestimento che ha la funzione principale di rendere la planarità;
• elemento di supporto (listelli di legno) con caratteristica fondamentale una
buona resistenza meccanica. Questo elemento deve essere dimensionato
valutando in maniera adeguata i carichi di progetto dovuti al peso dello strato
di rivestimento;
• elemento di tenuta all’aria per svolgere la funzione di permeabilità all’aria. In
genere, per garantire la tenuta all’aria, è suffi ciente un foglio di spessore di
pochi decimi di millimetro. E’ tuttavia importante, in fase di progetto, indicare
che i fogli debbano essere collegati con nastro biadesivo. E’ necessario
valutare la resistenza al passaggio di vapore acqueo minima necessaria di
questo strato in base ad una verifi ca termo igrometrica, secondo la UNI EN
ISO 13788. Nel caso la verifi ca imponesse la presenza di barriera al vapore,
il presente elemento di tenuta all’aria (foglio di polietilene) può assolvere a
questa funzione;
• elemento portante (travi in legno) con una buona resistenza meccanica per
far fronte alle sollecitazioni a cui è sottoposto. Deve essere dimensionato
valutando in maniera adeguata i carichi di progetto, compreso la freccia
massima, nel rispetto della legislazione vigente. Deve anche essere defi nita
la resistenza agli agenti biologici ed all’acqua e, di conseguenza, stabilito il
tipo di trattamento, secondo le normative UNI EN 335, UNI EN 350-1, UNI EN
350-2 e la UNI EN 460;
• elemento termoisolante per una buona resistenza alla diffusione del vapore
acqueo seguendo le normative vigenti UNI EN 10351, UNI EN 12086, UNI EN
13501-1. La scelta del materiale deve essere basata sulla resistenza termica,
che dovrà essere determinata attraverso apposito calcolo, e su considerazioni
legate al fonoisolamento ed al comportamento in caso di incendio;
• strato di supporto nel quale bisogna andare a indicare il tipo di pannello da
impiegare, il trattamento di fi nitura e il tipo di incastro tra gli elementi;
• strato di controllo alla tenuta all’acqua con caratteristiche principali quelle di
una buona permeabilità al vapore e di tenuta all’acqua;
• strato di ventilazione per una buona resistenza agli agenti biologici e una
buona resistenza all’acqua secondo le normative UNI EN 335, UNI EN
350-1, UNI EN 350-2, UNI EN 460. Lo strato di ventilazione ha, in genere,
uno spessore di circa 6 – 8 cm. E’ importante sottolineare che, con elevati
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valori di resistenza termica del sistema di copertura, la ventilazione perde
sostanzialmente di effi cacia ai fi ni della riduzione del fl usso termico entrante
nell’edifi cio in stagione estiva. E’ tuttavia importante garantire una idonea
ventilazione alla zona “sotto-tegola” per evitare una elevata umidità relativa
che potrebbe portare ad un degrado precoce dello strato di supporto in legno.
I listelli devono essere idoneamente ancorati alla struttura principale;
• strato di supporto con le stesse caratteristiche dello strato di ventilazione;
• elemento di tenuta (tegole,coppi,..) con le seguenti caratteristiche: resistenza
all’acqua, impermeabilità all’acqua, resistenza al gelo, carico di rottura a
fl essione, resistenza alla grandine, resistenza agli agenti chimici e biologici
secondo le normative UNI EN 8635-1, UNI EN 539-3, UNI EN 8635-13. La
lunghezza di sovrapposizione delle tegole è defi nita dalla UNI 9460 in base
alla loro tipologia, alla pendenza ed alla zona climatica.
La pendenza della copertura è un altro fattore indispensabile per la riuscita di un
buon progetto; si determina in base a quanto indicato nella normativa UNI 9460,
in base alla zona climatica ed alla tipologia delle tegole. Altra caratteristica da non
sottovalutare è il potere fono isolante della copertura che deve rispettare i minimi
previsti dalla legislazione vigente. Esso è dato dal comportamento “di sistema” del
pacchetto. Ogni singolo elemento, quindi, contribuisce al risultato fi nale. In particolare
assumono molta importanza la tipologia dello strato di rivestimento, dello strato di
supporto e dell’elemento termoisolante e la tenuta dell’aria complessiva.
Tale complessità funzionale, potenziata dalla notevole disponibilità di materiale, di
tecniche e di tecnologie presenti sul mercato e rafforzata dagli obiettivi di sostenibilità,
con cui il vasto settore delle costruzioni deve oggi confrontarsi, aggrava il progetto di
nuove responsabilità.
La Tesi ha come scopo principale quello di andare ad analizzare in prima battuta
cosa si intende per impianto fotovoltaico, quali sono le sue applicazioni, quali i diversi
metodi di utilizzo. La tesi si concentra sulla integrazione architettonica, sulle diverse
tipologie esistenti e sulle agevolazioni che un impianto integrato può avere rispetto ad
un non integrato o parzialmente integrato. La seconda parte della Tesi riguarda la vera
e propria sperimentazione effettuata su un sistema integrato architettonicamente; lo
scopo principalle della Tesi è quello di andare ad individuare le criticità che un sistema
fotovoltaico integrato architettonicamente presenta; analizzarne i motivi scatenanti e
cercare di apportarne soluzioni migliorative.
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Impianti fotovoltaici.
Sperimentazione della prestazione di impermeabilità all’ acqua di un sistema integrato architettonicamente.
Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
La storia della cella fotovoltaica è intrecciata con il tumultuoso sviluppo scientifi co
e tecnologico dell’ottocento e, in una misura ancora maggiore, del novecento. Per
quanto riguarda il XIX secolo, si tratta di scoperte sporadiche, spesso fortuite, opera
di scienziati e inventori che svolgevano le loro ricerche sulle proprietà dei materiali
senza avere una conoscenza teorica approfondita dei fenomeni elettromagnetici che
ne stavano alla base.
Nel 1839 Edmond Becquerel, a diciannove anni, scoprì l’effetto fotovoltaico durante
alcuni esperimenti con celle elettrolitiche, osservando il formarsi di una d.d.p.
tra due elettrodi identici di platino, uno illuminato e l’altro al buio; la d.d.p. dipendeva
dall’intensità e dal colore della luce. Fu questa la prima esperienza riguardo all’effetto
del fotovoltaico. In seguito, riuscì a ripetere l’esperienza anche con luce blu e
ultravioletta, e con elettrodi rivestiti di materiali sensibili con cloruro di argento (AgCI)
e bromuro di argento (AgBr). Di li a poco Becquerel trovò il modo di applicare in modo
utile la recente scoperta, sviluppando un dispositivo chiamato attinografo, utilizzato
per registrare la temperatura dei corpi riscaldati misurando l’intensità della luce che
emettono.
Per arrivare a un importante sviluppo delle conoscenze del “fenomeno fotovoltaico” e
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Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
delle sue possibili applicazioni a fi ni pratici, bisogna lasciare trascorrere poco più di 50
anni, quelli necessari affi nché si approfondisse la conoscenza delle proprietà fi siche
del selenio. Questo elemento si trova naturalmente in diverse forme, una delle quali
è stabile e si presenta come un metallo di colore grigiastro. Gli studi sperimentali sul
selenio segnarono una tappa fondamentale nella storia delle celle per trasformare
l’energia solare in elettricità poiché fu dimostrata la possibilità dell’effetto fotovoltaico
nei solidi.
Nel 1873 Willoughby Smith2 scoprì la fotoconducibiltà del selenio (un non metallo
tossico, chimicamente affi ne allo zolfo ed al tellurio), effettuando una serie di
sperimentazioni sui materiali candidati a essere utilizzati nella realizzazione di cavi
telegrafi ci sottomarini. Ecco come lo stesso Smith raccontò l’eccezionale scoperta in
una lettera al collega Latimer Clark, del 4 febbraio 1875:
«Con l’obiettivo di ottenere un’alta resistenza adatta all’uso nelle stazioni
al largo, fui indotto a sperimentare una barra di selenio, un metallo noto
per avere un’alta resistività. Ricavai diverse sbarre, di lunghezza variabile
tra 5 e 10 centimetri, e di diametro variabile tra 1,0 e 1,5 millimetri.
Mentre ero intento a studiare la causa delle grandi differenze nei valori
di resistenza delle barre, abbiamo scoperto che tale grandezza variava in
funzione dell’intensità della luce a cui esse erano esposte.»
Nel 1876 due scienziati britannici, Adams3 e Richard Evans Day, suo allievo,
osservarono il selenio convertire la luce del sole direttamente in elettricità, senza
riscaldare un fl uido e senza utilizzare parti mobili. Giunzioni di selenio e suoi ossidi
metallici vengono utilizzate ancora oggi per la produzione di luxmetri, strumenti che
misurano l’intensità luminosa degli ambienti. Nel 1883 Fritts descrisse il funzionamento
di una cella fotovoltaica nel tentativo di simulare l’occhio umano e nel 1904 Hallwachs
scoprì l’effetto fotovoltaico in un dispositivo a base di rame.
Le due scoperte di Smith e di Adams costituirono la base sperimentale per la
realizzazione della prima cella solare al selenio, costruita nel 1877 dall’inventore
statunitense Charles Fritts. Egli ebbe l’idea di rivestire uno strato di selenio con
uno strato di oro estremamente sottile. La cella così realizzata mostrò di possedere
un’effi cienza pari a circa l’uno per cento. La scoperta determinò un notevole
entusiasmo poiché diede la possibilità di immaginare un futuro in cui l’energia per le
2 Willoughby Smith nacque a Great Yarmouth nel Norfolk il 6 aprile 1828 e morì il 17 luglio
1891 a Eastbourne nel Sussex. Fu un ingegnere elettrico che lavorò alla Gutta Percha Company a
Londra dove sviluppò gli studi sul ferro e i sui fi li di rame isolati. Effettuò molte pubblicazioni tra cui un
articolo riportato sulla rivista Nature nel 1873 dove descrisse l’effetto della luce al passaggio sul selenio.
3
William Grylls Adams nacque a Laneast in Cornovaglia il 16 febbraio 1836 e morì il
10 aprile 1915. Fu professore di fi losofi a naturale al King’s College di Londra. Inoltre è stato
Presidente della Società Fisica di Londra dal 1878 al 1880. Nel 1880 fu eletto Presidente
della Sezione di matematica e fi sica della British Association for Advancement of Science.
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Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
attività umane sarebbe stata ricavata in modo semplice dal sole. Ma i tempi non erano
ancora maturi per uno sfruttamento commerciale della cella solare: la sua effi cienza
era ancora troppo bassa e i costi dei materiali ancora troppo alti. La rivoluzione
sociale e tecnologica determinata dalla produzione e dalla diffusione del consumo
di energia su ampia scala prese un’altra strada. Nel 1898 infatti Thomas Edison
ricevette il brevetto per la lampada a incandescenza. Pertanto, negli ultimi anni nel
XIX secolo, il problema tecnologico principale era quello della produzione e della
distribuzione di energia elettrica mediante turbine di grandi dimensioni in generatori
centralizzati, perché le celle fotovoltaiche trovassero la loro collocazione ideale in
campo tecnologico si dovettero attendere ancora alcuni decenni e lo sviluppo di
dispositivi con un’effi cienza superiore.
1.1 Il grande sogno del XX secolo
In un libro pubblicato nel 1919 sulle celle solari, lo statunitense Thomas Benson
evidenziò il lavoro svolto sulla cella al selenio in quanto precursore dell’ “inevitabile
Generatore Solare”. Bruno Lange in Germania nel 1931 fece la seguente affermazione:
“in un futuro non lontano, enormi centrali utilizzeranno migliaia di questi
pannelli per trasformare la luce solare in energia elettrica, così da
competere con i generatori idroelettrici o a vapore nel far funzionare le
fabbriche e illuminare le case”.
Maria Telkes, ungherese emigrata negli U.S.A. negli anni 30, nel 1952 ritenne che
“le celle fotovoltaiche sarebbero stati i convertitori di energia più
effi cienti se si fosse riuscito, con molto lavoro di ricerca, a migliorarne le
caratteristiche”.
Nel primo Novecento la speranza di produrre un “Generatore Solare” fu coltivata
anche in Italia da scienziati come Orso Maria Corbino e Alessandro Amerio, l’italiano
che dedicò le maggiori energie nei primi cinquant’anni dello scorso secolo allo studio
dell’energia solare e della fotoelettricità nel Selenio ed altri materiali. Insieme misero
in funzione a Messina, tra il 1906 e il 1908, quella che forse fu la prima stazione
italiana per la misurazione della radiazione solare, andata poi distrutta nel terremoto
che colpì quella città. Corbino, in una sua relazione tenuta a Bolzano nel 1930, in
occasione del XIX° Congresso della Società Italiana per il Progresso delle Scienze,
concluse il suo intervento su “Energia idraulica e termica” osservando come
“da un cerchio avente meno di un chilometro di raggio, il Sole, venisse tanta
energia da superare quella che si produce con tutti gli impianti idroelettrici
italiani messi insieme. Se anche il rendimento della trasformazione fosse
non molto elevato, si riscontrerebbe subito quali grandi conseguenze
economiche potrebbe avere la risoluzione di trasformare direttamente
quella energia in energia elettrica”.
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Impianti fotovoltaici.
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Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
Nel 1921 Albert Einstein vinse il premio Nobel per aver descritto l’effetto fotoelettrico
e un decennio più tardi Audobert e Stora scoprirono l’effetto fotoelettrico nel solfuro
di cadmio (CdS).
I primi dispositivi basati sul silicio si possono osservare già nei primi anni ’40. Ma
è nella primavera del 1953 che, studiando il silicio e le sue possibili applicazioni
nell’elettronica, Gerald Pearson4, fi sico presso i laboratori della Bell Telephone,
sviluppò involontariamente una cella solare fotovoltaica a base di silicio molto più
effi ciente di quella a selenio.
Altri due scienziati della Bell – Darryl Chapin e Calvin Fuller – perfezionarono la
scoperta di Pearson e realizzarono la prima cella in grado di convertire in elettricità
abbastanza energia solare per alimentare dispositivi elettrici di uso quotidiano. Il primo
giorno di sole del 1954
la cella al silicio funzionò
con un rendimento del
6%.
Tuttavia nel 1956,
una cella aveva un
costo proibitivo ed era
totalmente fuori mercato
dato che costava circa
$ 300/W, contro i 50
centesimi $/W di altre
tipologie di impianti.
Così l’unica richiesta
commerciale di celle
solari a base di silicio
arrivò dalle radio portatili e dall’industria di giocattoli, per i modellini di navi. Nel 1956
le celle solari trovarono la loro prima applicazione a bordo del satellite Vanguard I
proprio per la radio. A differenza delle batterie convenzionali che si esaurivano in un
breve lasso di tempo (circa una settimana), le celle solari potevano fornire energia al
satellite per anni. Un anno dopo, l’Explorer III, il Vanguard II, e lo Sputnik-3 vennero
lanciati in orbita con un sistema fotovoltaico a bordo; il sistema funzionò senza sosta
per 8 anni.
Negli anni ’60 si cominciò a pensare di produrre “nastri e fogli” di silicio, per cercare di
risolvere il problema degli ingenti sprechi di materiale dovuti al taglio dei lingotti. Nel
1960 la Hoffman Electronic riuscì a raggiungere un’effi cienza per le celle fotovoltaiche
4
Gerald Paerson Pearson nacque a Salem, in Oregon il 31 marzo 1905. Nel 1957,
Pearson fu promosso a capo del Dipartimento di fi sica dello stato solido a Bell, dove rimase
fi no al 1960. Nel 1960 divenne professore di ingegneria elettrica presso la Stanford University.
Figura 1 - Gerald Pearson, Darryl Chapin e Calvin Fuller (da sinistra
a destra), i principali sviluppatori della cella solare al silicio, mentre
misurano la corrente elettrica prodotta da una cella esposta alla luce
(fonte: rivista FV7Fotovoltaici 2/2007)
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Impianti fotovoltaici.
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Capitolo 1 - Cronistoria del fotovoltaico
del 14% ed il satellite Explorer VI venne lanciato con un apparato di 9600 celle
fotovoltaiche (1x2cm ciascuna). Due anni dopo la Bell Telephone Laboratories
introdusse sul mercato la prima telecomunicazione satellitare, Telstar (potenza
iniziale 14 W), seguita l’anno successivo dai primi moduli fotovoltaici commerciali.
Lo stesso anno il Giappone installò la più potente apparecchiatura fotovoltaica al
mondo (242 W), presso un faro. Ancora negli anni ’60 Shurland propose l’utilizzo del
solfuro di cadmio, e nel ’67 fu pronta la prima cella a solfuro di cadmio depositato
su plastica. Inoltre nel 1964 la NASA lancia il primo satellite alimentato con moduli
fotovoltaici (470 W). L’anno successivo venne lanciato il primo Orbiting Astronomical
Observatory, alimentato con moduli fotovoltaici (1 kW). L’impiego delle celle solari
nelle missioni spaziali divenne via via sempre più intenso, visto che il loro costo elevato
era ampiamente ripagato da effi cienza, durata, scarsa necessità di manutenzione e
dimensioni ridotte. Diversamente, per le applicazioni terrestri, nelle quali il principale
criterio commerciale era il costo per kilowattora, il loro uso restava ancora proibitivo.
Negli anni ’70 cominciarono ad essere sviluppate, nell’ambito delle applicazioni spaziali,
celle all’arseniuro di gallio, le quali presero defi nitivamente piede nell’ultimo decennio
del secolo. Vennero sviluppati procedimenti per produrre silicio policristallino, meno
costosi e meno dispendiosi di quelli per il monocristallino. Dopo la crisi petrolifera
del ’73 Carson ottenne per caso una pellicola sottile di silicio amorfo idrogenato,
che nel ’76 raggiunse il rendimento del 5,5%. In quegli anni il DOEPV - Research
and Development Programme sperimentò pellicole sottili al silicio cristallino, e tutta
una gamma di nuovi materiali. Nel 1970 il Dr. Elliot Berman, fi nanziato dalla Exxon
Corporation, progettò una cella solare che abbassò signifi cativamente il costo di
produzione: dai $100 per W fi no ai $20 per W. Con questi valori di costo, le celle
solari cominciarono a diventare commercialmente competitive, seppure in un mercato
di nicchia: luci di emergenza per stazioni offshore, fari, passaggi a livello. Il primo
impianto solare ad un incrocio negli Stati Uniti é del 1974, a Rex in Georgia. In questi
anni altre applicazioni possibili furono quelle in zone isolate, dove la connessione alla
rete elettrica risultava troppo costosa. In Australia, per esempio, dal 1978 la Telecom
Australia (ora Telstra) ha installato 43 ripetitori solari che coprono complessivamente
un’area di 2500 Km. Nel 1977 la potenza mondiale fotovoltaica installata superò
i 500 kW. Nel 1973 gli Stati Uniti mandarono in orbita la stazione spaziale Skylab
che rimase in funzione fi no al 1979. L’ anno successivo si diffusero gli impianti nelle
parti rurali del pianeta: l’isola di Tahiti, alcune zone del Kenia, del Messico e dell’
America centrale. Nella riserva Indiana dei Papago, nel Sud dell’Arizona, nacque il
primo villaggio fotovoltaico (progettato dalla Lewis Research Center della Nasa) ove
l’energia prodotta fu suffi ciente per i bisogni delle 15 abitazioni della comunità.
Nei primi anni ’80 Barnett, per conto della SERI, si interessò al tellururo di cadmio e
alle pellicole di silicio policristallino, fondando la società “AstroPower”. Sempre nei