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Imperialismo e immaginario coloniale: sono questi i due concetti
protagonisti del mio lavoro che ha l’intenzione di ricostruire e mostrare
quale fosse l’immagine creatasi tra i lettori del “Corriere della sera”
durante le due fasi del nostro imperialismo in Africa Orientale, quella
liberale del finire del XIX secolo, e quella fascista degli anni ’30 del
novecento.
L’imperialismo è argomento importante nella storia d’Europa, una
pagina che ha lasciato un segno indelebile in fatto di prevaricazione
politica, di sfruttamento economico, di dominio di una cultura su un’altra
e di razzismo, ma anche di sviluppo e di crescita economica e sociale.
Nella seconda metà del XIX secolo, momento di massima accelerazione
verso la modernità, grandi nazioni si sono trasformate in grandi imperi,
formando organizzazioni politiche e commerciali capaci di controllare
almeno economicamente il mondo intero. In quest’impressionante corsa
alla conquista è stata l’Africa ad essere sacrificata sull’altare: laddove gli
europei erano stati fino a quel momento protagonisti solo in alcune zone
costiere, circa cento milioni di persone si ritrovarono, nel breve volgere di
una trentina d’anni, un nuovo padrone di casa.
Il mediterraneo culla della civiltà e l’Europa centro del mondo, sono
stereotipi antichi. Ed oggi noi, figli di queste convinzioni, godiamo i
vantaggi di un’organizzazione mondiale che ci premia e ci favorisce.
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Questa posizione di privilegio deriva in parte dalla storia dei rapporti tra
il nostro continente ed il resto del mondo. Anche senza voler ripercorrere
il cammino dell’umanità, bastano poche righe per ricordare come gli
europei non abbiano mai perso occasione di sfruttare ciò che avevano
intorno; e di pari passo all’allargamento delle conoscenze geografiche è
cresciuto il loro dominio: quello dei romani sulle sponde dell’Asia minore
e del Nord Africa, quello dei primi Stati-nazione sull’America, fino a
quello britannico su tutto il pianeta. Il nostro paese ha partecipato ad una
delle fasi più cruente del dominio europeo nel mondo, quella appunto
dell’imperialismo di fine ottocento, con importantissimi strascichi anche
nel XX secolo, quando ovunque si cominciava a studiare il metodo
migliore per disimpegnarsi dalle colonie e farle tornare alla propria
indipendenza.
Se con il termine imperialismo si è soliti intendere molte cose,
comprese, ad esempio, alcune fasi recenti della politica estera statunitense,
nel mio studio faccio riferimento a quello classico, in quel lasso di tempo
relativamente breve che portò, tra il 1880 e il 1914, da una limitata
presenza europea in Africa alla sua totale occupazione. All’analisi e
all’interpretazione di questo complesso fenomeno è stato dedicato tutto il
primo capitolo, necessario a comprendere il contesto socio-politico che fa
da sottofondo all’oggetto di questo lavoro. E’ mia intenzione, infatti,
cercare di capire quale fosse l’immaginario coloniale in Italia, in questo
Introduzione
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primo periodo d’impegno in Africa, e se questo sia poi cambiato nel
secondo momento dell’imperialismo, quello fascista. Quale immagine
giungeva da quei luoghi agli italiani? Cosa arrivava a conoscere l’opinione
pubblica e cosa no? In che modo la stampa poteva influire sulla
formazione di un’idea dell’Africa conquistata? Per fare questo ho letto il
“Corriere della sera” dal 1876 al 1896 e dal 1930 al 1937, in modo da avere
un quadro completo dei due periodi di maggior impegno italiano in Africa
Orientale.
Due precisazioni sono a questo punto d’obbligo: anzitutto la scelta
del Corno d’Africa quale unica zona geografica affrontata. L’Italia ha
avuto nella sua storia quattro diverse colonie o possedimenti oltremare:
l’Eritrea, la Somalia, la Libia e l’Etiopia. Tre di queste sono situate nel
Corno dell’Africa e sono quelle che presentano una certa continuità
rispetto ai due periodi perché sempre presenti nelle mire espansionistiche
di Roma. Per la Libia invece, pur situata in una posizione più vicina e più
appetibile, fu necessario attendere che la situazione internazionale
permettesse l’intervento militare. Tripoli e la Cirenaica furono oggetto
della premurosa attenzione della stampa italiana soprattutto nel primo
decennio fascista, prima che questa si spostasse ad oriente verso le nuove
possibilità espansionistiche in Etiopia. Per capire quindi le possibili
differenze nel modo di trattare l’argomento nei due periodi indicati, ho
preferito scegliere la sola zona del Corno d’Africa, protagonista
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ininterrotta delle vicende coloniali italiane dal 1869 al 1940, dal loro
nascere al loro svanire. Inoltre, incontrando inevitabilmente numerose
descrizioni delle popolazioni con cui gli italiani avevano frequenti contatti,
mi è sembrato naturale riferirmi solo alle zone del Corno d’Africa, laddove
vivevano genti differenziate da particolari etnici così limitati da apparire
irrisori rispetto a quelli che invece le distinguevano dalle popolazioni del
Nord Africa.
Altro punto da chiarire è la presenza nel mio lavoro oltre che delle
pagine del “Corriere della sera”, anche di quelle di altre due riviste,
l“Illustrazione popolare” e la “Domenica del Corriere”; entrambe opera
della stessa casa editrice del “Corriere”, la Treves di Milano, e sulle loro
pagine, non di rado, hanno trovato ospitalità diverse firme del quotidiano,
in una continua quanto proficua osmosi. L’essermi spostato anche su
queste due riviste ha una spiegazione semplice: sul “Corriere” non
comparirono, se non in rarissimi casi, né disegni né fotografie prima della
fine del 1934; credendo però che il ruolo dell’immagine non possa essere
trascurato nel tentativo di capire un immaginario coloniale, ho soddisfatto
questa necessità inserendo nel mio studio anche le illustrazioni pubblicate
da queste altre due testate. La prima, protagonista nella domenica dei
lettori sul finire del XIX secolo, e la seconda, splendida interprete per
diversi decenni nel panorama culturale italiano. Ho dunque riservato la
Introduzione
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terza parte del secondo capitolo ad una piccola raccolta di significative
immagini in cui mi sono imbattuto.
In queste letture è pertanto il fulcro del mio lavoro. Mostrare quale
idea un normale lettore del “Corriere” potesse farsi dell’Africa nei due
periodi considerati, per capire quale peso avesse la stampa nella
formazione di quest’immaginario, anche in rapporto a quello che detiene
attualmente. Teniamo presente il fatto che ancora oggi il pubblico non
riesce ad essere del tutto informato su quello che succede nei teatri politici
mondiali. Se pensiamo alle ultime guerre che hanno visto impegnate le più
importanti nazioni del mondo e le stesse truppe italiane, seppur in
missione di pace, come quella in Afghanistan o l’ultima in Iraq, oppure
all’oscura situazione di guerriglia continua che affligge alcune zone del
Sudan, possiamo dirci davvero informati su quanto succede? Oppure
dobbiamo accettare passivamente l’impossibilità per l’informazione, in
casi come questi piuttosto delicati e capaci di destabilizzare l’equilibrio
mondiale, di dare un’immagine del tutto fedele della realtà? Oltretutto
oggi i mezzi d’informazione sono molto più evoluti: con la televisione, e
soprattutto con internet, è stato raggiunto un livello di mobilità delle
notizie senza precedenti. In pochi secondi qualunque informazione può
raggiungere virtualmente ogni angolo del mondo, e grazie alle tv
possiamo vivere in diretta una guerra a migliaia di chilometri da noi.
Tutto ciò non era ovviamente possibile né alla fine del XIX secolo né negli
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anni Trenta del XX. L’unica fonte d’informazione ufficiale era la stampa,
che dunque rivestì un ruolo fondamentale nel far arrivare in Italia le
descrizioni dell’Africa.
L’interesse personale che mi ha guidato in questo studio è stato
quello di capire se, ed in che misura, ciò che compariva sulle pagine dei
quotidiani fosse aderente alla realtà dei fatti; quanto di quello che ognuno
in Italia poteva liberamente leggere era fedele agli avvenimenti che si
svolgevano in un altro continente? E quanto invece era parte del delicato
quanto precisissimo meccanismo della propaganda?
Un particolare aspetto del “giornalismo coloniale” è protagonista di
questo lavoro: non quello più noto e studiato dei resoconti delle battaglie,
delle fortune/sfortune delle nostre truppe, o dei commenti sull’attività
imperialistica, bensì quello di colore, quello che si soffermava nel
descrivere paesaggi e persone ad occhi che non avevano mai visto nulla
dell’Africa, se non qualche disegno o qualche rarissima fotografia. Agli
scontri militari che hanno fatto da filo conduttore all’avventura coloniale
italiana fu dato il giusto e meritato spazio sui giornali, ma non costituirono
l’unico genere di notizia che apparve sulle loro pagine, ed il quotidiano di
Milano non fa certo eccezione. Nel periodo liberale era infatti necessario
per un giornale svolgere anche un ruolo educativo: insegnare agli italiani
dove stavano combattendo i loro soldati, contro chi e con l’aiuto di chi
altro ancora. Dunque la stampa fu protagonista con i racconti di chi in
Introduzione
11
Africa c’era e poteva divulgare la propria idea di quei luoghi: con i
disegni, le mappe, e le primissime fotografie, l’Africa entrò
prepotentemente nella vita degli italiani, ma non quanto riuscì a fare poi
durante il fascismo. Il ruolo della stampa era cambiato: non più semplice
dispensatrice d’informazioni, ma fondamentale attrice di propaganda. Dal
regime, infatti, gli italiani subirono un continuo martellamento incentrato
sulla bontà della politica coloniale, sulla ricchezza di quelle terre, e sulla
missione di civilizzazione necessaria per elevare le genti d’Africa al
superiore livello europeo. Il secondo capitolo nasce dunque proprio per
soddisfare la volontà di capire in che modo ciò che era scritto riguardo alle
colonie poteva influenzare l’immagine che di queste avevano i lettori.
Capitolo 1
Imperialismo e Regno d’Italia
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1.1
L’imperialismo europeo.
Vista la natura del nostro studio, ci appare opportuno limitare una
breve storia del periodo trattato (1880-1940) al solo caso dei rapporti tra le
potenze europee e l’Africa. Questo per due motivi principali: innanzi tutto
perchè volendoci occupare delle colonie del Regno d’Italia, e di quale
impatto abbiano avuto sul popolo italiano, è implicito far riferimento a
questo continente, l’unico in parte occupato dalle nostre truppe (se
escludiamo l’annessione dell’Albania, che può essere considerata più un
episodio di guerra che coloniale in senso stretto); e secondariamente
perché quello che si definisce “nuovo imperialismo” è un periodo ben
preciso nel quale i domini europei si sono sì allargati fino a comprendere
per la prima volta in sostanza il mondo intero, ma è nel continente
africano che questa espansione è stata maggiore.
Il rapporto tra l’Africa e l’Europa è stato fin dal suo inizio molto
peculiare, diverso da quello che le grandi potenze coloniali (Spagna,
Portogallo, Gran Bretagna, Paesi Bassi e Francia) avevano instaurato in
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Sud America o in Asia. Per tre secoli e più, a cominciare dalle prime
incursioni portoghesi del XV secolo infatti, i contatti tra i due continenti si
sono man mano intensificati, ma restando sempre di natura economica,
senza mai interferire con i problemi politici: l’Africa preservò
sostanzialmente la propria indipendenza.
A partire dal XIX secolo l’ingerenza europea andò aumentando: si
pensi ad esempio all’Algeria, occupata, dopo una lunga e sanguinosa
guerra, dai francesi, o all’estremità sud, dove attorno al Capo nasceva
un’importante colonia inglese. Ma per il resto gli stati europei si
limitavano a mantenere il proprio controllo solo su alcune posizioni
commerciali sulle coste, in particolare nella zona occidentale, senza
penetrare verso l’interno, né cercare di imporre il proprio pieno controllo
politico. Inoltre esistevano delle realtà nazionali già formate e con una
certa tradizione come l’Egitto e l’Etiopia, dove governi locali erano in
grado di adempiere alle più semplici funzioni dell’amministrazione e della
distribuzione.
Questa mancata colonizzazione fu possibile perché gli europei non
avevano interesse a spingersi più in là: la loro posizione era sufficiente ad
avere il controllo della tratta degli schiavi (che, nonostante la sua
progressiva abolizione avviata in Gran Bretagna a partire dal 1807,
continuò ancora dopo il 1850) e del commercio di alcune materie prime
molto richieste in Europa come l’olio di palma e l’arachide. Non ci fu, se
1.1 L’imperialismo europeo
15
non in pochi casi, la necessità di un’annessione politica perché sia la Gran
Bretagna che la Francia, le due nazioni maggiormente impegnate nel XIX
secolo in Africa, avevano ancora idee e programmi economici basati su un
forte liberoscambismo; ma anche perché, non essendoci una valida
concorrenza di altre economie su quei mercati, non era necessario
aumentare il proprio impegno. Inoltre il continente africano era il meno
ospitale tra quelli battuti dagli europei, e quello considerato, almeno
inizialmente, il più povero di materie prime e di ricchezze commerciabili.
Si continuò a lungo a considerare l’Africa più una tappa di scalo per i
traffici con le Indie, che un possibile nuovo territorio di conquista; le
condizioni fisiche, climatiche ed economiche non erano per niente
allettanti. Questo ritardò, ma non riuscì ad evitare, la spartizione europea
di tutto il continente.
Sarebbe interessante capire cosa successe tra i governanti europei, o
forse in Africa, di tanto importante da far cambiare questo consolidato
andamento. Comprensibilmente questa è una domanda che non può avere
una risposta un’univoca, visto e considerato che non può che essere stato
un’insieme di cause a far cambiare rotta alle potenze europee.
Così Lenin ha definito l’azione della nuova politica coloniale: «…ha
condotto a termine l’arraffamento di terre non occupate sul nostro
16
pianeta.»
1
; la politica imperialista è stata la protagonista della spartizione
di tutto il globo tra poche nazioni, come è possibile vedere anche dalla
seguente tabella relativa ai possedimenti europei tra il 1876 e il 1900, che lo
stesso Lenin riporta nella sua opera, citando Alexander Supan:
Tabella 1. Percentuale di terre occupate dalle potenze europee nei singoli
continenti.
2
Possedimenti
1876
1900
Differenza
In Africa 10,8% 90,4% + 79,6%
In Polinesia 56,8% 98,9% + 42,1%
In Asia 51,5% 56,6% + 5,1%
In Australia 100% 100% -
In America 27,5% 27,2% - 0,3%
Da questi dati è evidente come la nuova spartizione del mondo
iniziata dopo il 1882 abbia interessato quasi esclusivamente l’Africa e la
Polinesia, e in modo molto minore l’Asia; e si nota come invece in America
avesse già avuto effetto la “dottrina Monroe” del 1823, che aveva svilito
ogni residua ambizione europea su quel continente, finito sotto la
1
Vladimir Ilic Lenin, L’imperialismo fase suprema del capitalismo, Roma, Editori Riuniti 1974,
p.114.
2
Alexander Supan, Die territoriale Entwicklung der europaischen Kolonien, Gotha 1906, p. 254
1.1 L’imperialismo europeo
17
protezione della crescente potenza economica e politica degli Stati Uniti
d’America.
Può essere interessante vedere anche di quanto ogni singola nazione
europea abbia tratto profitto da questa espansione geografica, in termini di
milioni di chilometri quadrati:
Fra il 1875 e il 1915 circa un quarto della superficie terrestre del
globo fu distribuito e ridistribuito sotto specie coloniale fra una
mezza dozzina di Stati. La Gran Bretagna accrebbe i propri
territori di circa 10 milioni di kmq, la Francia di circa 9, la
Germania ne acquistò quasi 3 milioni, Belgio e Italia più di 2,5
ciascuno. Gli Stati Uniti ne acquistarono da 250 a 500.000 circa
dalla Spagna (sic), il Giappone oltre 500.000 da Cina, Russia e
Corea. Le antiche colonie africane del Portogallo si ampliarono
di quasi 800.000 kmq.
3
Proprio perché a noi interessa maggiormente studiare il percorso
dell’Africa, proponiamo anche questi dati, che comparano le percentuali
di terre occupate dagli europei nel 1885 con quelle nel 1914:
3
Eric J. Hobsbawm, L’età degli Imperi – 1875-1914, Roma-Bari, Editori Laterza 1987, p. 69.
18
Tabella 2. Chilometri quadrati occupati dai paesi imperialisti europei
4
.
4
Mario Baratta, Atlante delle Colonie Italiane, Novara, Istituto Geografico De Agostini 1928.
1885 Stati Indipendenti Kmq Potenze europee Kmq
Marocco 672.300 Gran Bretagna 1.525.188
Liberia 24.800 Francia 551.876
Etiopia 413.000 Portogallo 1.805.585
Orange 107.439 Spagna 9.388
Transval 291.890 Turchia 3.874.000
Madagascar 627.387
Stati del centro 20.000.000
Tot 22.136.000 Tot 7.766.000
1914 Stati Indipendenti Kmq Potenze europee Kmq
Etiopia 1.200.000 Francia 9.347.154
Liberia 95.400 Gran Bretagna 9.014.819
Germania 2.692.900
Belgio 2.382.800
Portogallo 2.075.488
Italia 2.018.609
Spagna 371.736
Tot 1.215.000 Tot 27.903.000