1 Introduzione
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Anche i carichi dovuti ai terremoti dipendono dalla geografia del territorio e
vengono determinati con l’ausilio di specifiche mappe. Nel caso di grattacieli, però,
l’elevata altezza permette alla struttura di seguire i movimenti del terreno, durante le scosse
di terremoto, senza sviluppare forze elevate, come quelle causate dal vento.
Per quanto riguarda la normativa sugli incendi, essa stabilisce tanto l’esistenza di
dispositivi che ne limitino l’insorgere, quanto naturalmente la presenza di allarmi anti-
incendio e di uscite di sicurezza. Nel caso di grattacieli, essa prevede inoltre che la
struttura mantenga la propria integrità, provvedendo a un’adeguata resistenza al fuoco e
allestendo al proprio interno sistemi, che controllino l’intensità dell’incendio.
Le normative anti-incendio [1], vigenti negli Anni ’60, all’epoca della costruzione
delle Torri del WTC e del grattacielo Pirelli, valutavano la resistenza al fuoco con una
stima temporale che, erroneamente, veniva letta come l’intervallo di tempo, in cui un
componente della struttura dell’edificio (muro, colonna, pavimento, ecc.) resisteva al
collasso, quando esposto ad un incendio. Ma tale stima era ottenuta sperimentalmente: con
il metodo standard di valutazione della resistenza al fuoco ASTM E119, i provini venivano
esposti a condizioni controllate di incendio, che non permettavano quindi di dedurne
l’effettivo comportamento. I risultati così ottenuti inoltre non consideravano le reali
condizioni della struttura, quali le interazioni tra i vari componenti strutturali e l’esistenza
di un possibile danno, prima dell’inizio dell’incendio.
Ora tali normative sono state aggiornate. Gli studi sulla resistenza al fuoco non
considerano più soltanto la variazione della temperatura con il tempo, ma anche altre
condizioni, quali la ventilazione, la geometria della struttura, le proprietà termiche dei
materiali e le caratteristiche di combustione del combustibile. La prova di valutazione
standard ASTM E119 è ancora valida, ma ormai ha una valenza puramente comparativa,
vale a dire che è usato per confrontare il comportamento di costruzioni differenti, esposte
al fuoco.
Gli studi, condotti sugli incendi, hanno poi evidenziato due differenti tipi di
incendio, che occorrono agli edifici o a parti di essi. Il primo è il fuoco a “superficie di
combustibile controllata”, cioè quello che si sviluppa in compartimenti aperti e
sufficientemente larghi da provvedere ad un’adeguata combustione dell’aria, mentre l’altro
è il fuoco “a ventilazione controllata”, vale a dire quello che si sviluppa in compartimenti
1 Introduzione
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aperti, ma non sufficientemente larghi da permettere una combustione ampia e senza
limitazioni. La prima tipologia è generalmente di breve durata e la sua intensità viene
facilmente controllata dai dispositivi anti-incendio automatici, mentre la seconda ha una
durata media maggiore. Negli spazi ampi spesso succede che le due tipologie di fuoco si
alternino o addirittura coesistano, in zone diverse.
Per nessun edificio civile è prevista l’inclusione di carichi eccezionali, quali quelli
dovuti a possibili atti terroristici e di guerra oppure a incidenti casuali, quali quello occorso
al grattacielo Pirelli. Tale possibilità finora era stata inclusa solamente nel caso di edifici
che richiedessero un alto livello di sicurezza, come le ambasciate, le strutture di difesa
militare o le centrali nucleari.
Le Torri del WTC [1] sono state le prime strutture civili, nel cui progetto venne
considerato l’impatto di un velivolo. Nelle analisi progettuali per le Torri del WTC, fatte
negli Anni ‘60, si suppose che un Boeing 707, perso nella nebbia, cercasse di atterrare al
vicino aeroporto e potesse invece colpire una delle Torri, sulla base di quanto accadde il 28
luglio 1945, quando un bombardiere B-25 Mitchell colpì l’Empire State Building.
D’altronde i Boeing 767-200ER, che l’11 settembre 2001 colpirono entrambe le Torri,
erano considerevolmente più grandi, con masse maggiori e velocità più alte del Boeing
707, considerato in fase di progetto. Infatti allora si considerò un Boeing 707 con una
massa di 120 t, una velocità, in avvicinamento all’aeroporto, di 290 km/h e i serbatoi quasi
vuoti, mentre i Boeing 767-200ER dell’attacco terroristico avevano una massa di 125 t,
una velocità di impatto tra i 756 e i 950 km/h e circa 38000 l di carburante nei serbatoi.
La decisione di includere l’impatto di un velivolo, nei parametri di progetto di un
edificio, chiaramente porterebbe ad una maggiore variabilità del progetto, che
richiederebbe un costo di realizzazione molto elevato. Infatti questa soluzione esigerebbe
l’analisi dell’intera gamma di velivoli esistenti, con variabili condizioni di volo, vale a dire
diversificando la velocità del velivolo, la sua massa, la massa del combustibile, oltre
all’angolo e all’altezza dell’impatto.
Le possibilità di un edificio di resistere all’impatto di un velivolo diminuiscono
all’aumentare delle dimensioni e della velocità dell’aeromobile. Nel 2006, per esempio,
dovrebbe essere varato l’Airbus A380, che avrà una massa e una capacità, in termini di
combustibile, che sono approssimativamente tre volte quelle del Boeing 767-200ER. E’
1 Introduzione
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quindi difficile riuscire a progettare un edificio che possa resistere all’impatto degli
aeroplani più grandi, esistenti adesso o che verranno costruiti in futuro.
In linea di massima, quindi, non è necessario includere tra le condizioni di carico
minime, richieste nel progetto di un edificio, anche l’impatto di un “generico” velivolo. Le
situazioni, in cui è preferibile valutare la possibilità di un edificio di resistere all’impatto di
un velivolo, sono molto limitate e in tali casi è sufficiente considerare un “dato” velivolo
con dimensioni, velocità di crociera, nonché angolo e altezza d’impatto prefissati.
Proprio in base alla larga variabilità della dimensioni degli aeromobili, non è infatti
tecnicamente possibile sviluppare una previsione di progetto, che permetta di realizzare
edifici in grado di resistere, senza collassare, all’impatto di velivoli in rapido
avvicinamento.
Tutti gli edifici potrebbero collassare, se soggetti ad un carico sufficientemente
intenso, quale l’impatto di un velivolo; ma, durante gli studi fatti sulla dinamica del
collasso delle Torri del WTC, è stato evidenziato anche quanto sia importante occuparsi
della sicurezza dell’edificio e della sua evacuazione, in caso d’incidente. Infatti le Torri del
WTC crollarono non a causa dei danni strutturali causati dall’impatto dei Boeing 767-
200ER, ma a causa della contemporaneità di tali danni strutturali, con incendi molti intensi,
che hanno ulteriormente lesionato le strutture; ciò è provato dal grande lasso di tempo
intercorso tra l’impatto e il crollo.
Si prevede quindi che gli sviluppi futuri in tale ambito saranno indirizzati, più che
ad irrobustire la struttura degli edifici per evitarne il collasso, a mantenerne l’integrità,
provvedendo ad un’adeguata resistenza strutturale, in grado di ritardarne il crollo e di
permetterne l’evacuazione da parte degli occupanti [1].
Sia nell’incidente al grattacielo Pirelli, sia in quello alla Torri del WTC, si è
sviluppato un incendio.
Nel primo caso [3], per la combustione del carburante, rimasto nel serbatoio
dell’aereo, si è sviluppato un incendio di piccole dimensioni al 26° piano. Il sistema anti-
incendio automatico (sprinkler) ne ha facilitato lo spegnimento, mentre la posizione delle
scale di sicurezza, poste all’interno delle strutture portanti alle estremità dell’edificio e
quindi lontano dal punto di impatto, ha permesso la completa e veloce evacuazione
dell’edificio.
1 Introduzione
5
Nel caso delle Torri del WTC invece, gli incendi furono molto più intensi a causa
della maggiore quantità di combustibile presente sugli aerei, che, inoltre, tramite lo
scorrimento nelle trombe degli ascensori e delle scale, ha raggiunto più piani e ha scatenato
numerosi incendi contemporaneamente [1]. La struttura portante, in acciaio e posta nel
nucleo dei due grattacieli, ha così subito pesantemente l’azione del fuoco: infatti, già
danneggiata dall’impatto, non ha resistito alla forza dell’incendio, che ha notevolmente
diminuito la sua resistenza a qualsiasi eventuale altro carico aggiuntivo. Infatti prima è
collassata la Torre Sud, quella maggiormente colpita dal punto di vista strutturale, in
seguito c’è stato il crollo della Torre Nord, accelerato dallo spostamento d’aria e dalla
scossa tellurica, provocati dal crollo della Torre Sud.
Dal punto di vista dell’ingegneria aeronautica, la letteratura presenta numerosi studi
d’impatto e di crashworthiness. Infatti i moderni strumenti d’analisi e di simulazione
hanno permesso di studiare problemi d’impatto anche complessi (quali l’impatto di
proiettili volanti [4]), oppure i tipici problemi del campo aeronautico (quali l’impatto al
suolo di aeroplani ed elicotteri e l’impatto di volatili contro le gondole del motore [5]) e del
campo automobilistico (quali l’impatto di un’automobile contro un ostacolo deformabile).
Nonostante ciò, rimane difficoltoso adottare direttamente questi strumenti per affrontare il
problema dell’impatto di un velivolo contro un edificio [6-7]. Ciò è dovuto a diversi fattori,
quali la complessità dell’evento, la difficoltà di reperire conoscenze aggiornate
sull’impatto ad alte velocità di corpi deformabili, la rottura e la frammentazione di
materiali metallici e compositi, la simulazione degli eventuali effetti del fuoco e infine
l’efficienza computazionale per affrontare un problema di simulazione su larga scala [8].
Il presente studio si prefigge quindi lo scopo di valutare, in via preliminare, i
processi di danno strutturale che può causare l’impatto di un velivolo contro
un’installazione civile. Nel caso particolare, è stato analizzato l’incidente occorso al
grattacielo Pirelli di Milano, il 18 aprile 2002. L’approccio adottato si basa sull’uso di un
modello analitico semplificato per valutare, dal punto di vista energetico, i danni occorsi
alle singole componenti strutturali del velivolo e del grattacielo, durante l’incidente.
L’approccio energetico utilizzato prende spunto da quello proposto da Wierzbicki
et al. [9] per studiare il danno subito dalle Torri del WTC durante l’11 settembre 2001,
1 Introduzione
6
nonostante il grattacielo Pirelli abbia una struttura differente, sia per quanto riguarda la
geometria che per quanto riguarda i materiali.
Successivamente verrà eseguita una verifica dei risultati, così ottenuti, tramite
un’analisi numerica, eseguita con il codice ad elementi finiti LS-DYNA
®
, dell’impatto
della fusoliera e dell’ala, contro la soletta del pavimento in calcestruzzo armato e la
struttura esterna della facciata.
7
2 Impatto di un velivolo contro un
grattacielo
Il 18 aprile 2002 un piccolo aereo da turismo si è schiantato contro il grattacielo
Pirelli, provocando danni strutturali tra il 26° e il 27° piano (Fig. 2-1). Il piccolo aereo da
turismo, un Rockwell Commander 112TC, era partito da Locarno diretto all’aeroporto
Linate di Milano, ma, dopo un volo di circa 110 km e una deviazione verso il centro della
città, è andato ad impattare contro il Palazzo della Regione Lombardia.
Fig. 2-1 Il grattacielo Pirelli il 18 aprile 2002
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
8
2.1 Il grattacielo Pirelli
Il grattacielo Pirelli [10] è stato costruito tra il 1955 ed il 1959 su progetto
dell'architetto Gio Ponti e con la consulenza degli ingegneri Pierluigi Nervi e Arturo
Danusso per le strutture in calcestruzzo armato; nato come avveniristica sede direzionale
della Pirelli (Fig. 2-2), oggi è la sede principale degli uffici della Giunta Regionale di
Lombardia.
Fig. 2-2 Il grattacielo Pirelli negli Anni ‘60
L’edificio è alto 127 m, suddivisi in trentuno piani fuori terra e due sotterranei, ed è
uno degli edifici di cemento armato più alti del mondo. All’epoca della costruzione fu il
primo grattacielo al mondo ad usare una struttura portante con lunghe campate (24,7 m). E’
caratterizzato da una forma a lastra con estremità ristrette (Fig. 2-3 e Fig. 2-4), che si
rastremano diventando punte tagliate ai vertici.
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
9
Fig. 2-3 Pianta a quota 12,90 m Fig. 2-4 Veduta aerea del grattacielo Pirelli
I più gravi problemi dal punto di vista statico, che furono risolti in fase di
progettazione, grazie all'intervento degli ingegneri Nervi e Danusso, furono quelli
dell'azione del vento, agente sulle ampie facciate, e delle vibrazioni trasmesse alla struttura
in calcestruzzo armato da agenti esterni, problemi che caratterizzano tutti gli edifici più
alti. Gli ingegneri decisero di affidare la totalità dei carichi agenti alla struttura portante,
suddivisa in quattro pilastri triangolari, posti all’estremità dell’edificio, e in quattro piloni
rastremati, che tagliano perpendicolarmente le facciate.
Mentre per quanto riguarda la parte esterna, fu creata una facciata continua [11],
vale a dire una struttura piana prefabbricata, che corre verticalmente attorno all’edificio e
sostenuta alle solette. Tale struttura (Fig. 2-5) è costituita da una maglia di montanti
verticali e di traverse orizzontali in lega leggera di alluminio, senza controtelai, e atta a
sostenere infissi apribili in vetro e pannelli trasparenti e opachi. I montanti e le traverse
sono vincolati tra loro da un sistema di giunti, che permette l’assorbimento di eventuali
cedimenti elastici, dovuti a vibrazioni o a carichi. In previsione di punte di carico
eccezionalmente elevate, la struttura della facciata è stata progettata in modo tale che
fossero raggiunti prima i limiti di rottura dei vetri e poi quelli della lega leggera, che
costituisce i montanti, in modo da assicurare comunque la stabilità dell’edificio.
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
10
Fig. 2-5 Particolare della facciata
Questo sistema, che si è sviluppato negli USA. sin dagli Anni ‘50, è denominato
facciata continua, o curtain wall [12]. Tale tecnica permise la risoluzione di numerosi
problemi, soprattutto di natura statica, che caratterizzavano le facciate in acciaio e vetro,
utilizzate precedentemente. La serie di vincoli tra montanti e traverse ha permesso di
controllare i movimenti causati dalle escursioni termiche, dal caricamento dei solai e dagli
agenti esterni (vento, terremoti, ecc.). Inoltre la costruzione in fabbrica dei pannelli finiti e
la loro messa in struttura prefabbricata ha risolto il problema, sia economico che operativo,
del montaggio in loco.
La facciata è costituita da pannelli larghi 4,055 m e alti 3,7 m. Ciascun pannello è
diviso dai montanti e dalle traverse in nove aree, di cui la più grande (1,9 m × 1,7 m) è
centrale e apribile. Ciascuna trave è vincolata ai due estremi in modo tale da assorbire i
notevoli movimenti relativi tra i campi della facciata, dovuti a possibili dilatazioni
termiche e alle vibrazioni trasmesse dalla struttura in calcestruzzo armato e provocate da
agenti esterni, quali tram, treni, aerei, ecc., e favorite dalla notevole lunghezza (20 m) delle
travi.
Le travi sono vincolate tra loro nel seguente modo: nel montante all’estremo
inferiore è situata una cerniera, mentre all’estremo superiore è posto un giunto scorrevole a
cannocchiale, inserito nell’anima del montante contiguo sovrapposto; invece le traverse
sono incastrate tra loro.
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
11
Le travi della facciata hanno sezioni e dimensioni differenti, a seconda che siano
montanti o traverse e, nel caso delle traverse, esse variano in base alla loro posizione sul
pannello della facciata (inferiore, intermedia o superiore) (Tab. 2-1).
lunghezza
l [m]
larghezza
b [mm]
altezza
h [mm]
spessore
s [mm]
Montante 3,700 105 85 5
traversa superiore 4,055 100 110 5
traversa intermedia 4,055 80 80 5
traversa inferiore 4,055 165 125 5
Tab. 2-1 Dimensioni della facciata
La soletta dei pavimenti invece è costituita da travi a T in calcestruzzo armato,
lunghe 24,7 m, affiancate tra loro, in modo da coprire tutta la larghezza dell’edificio, e con
laterizi forati, disposti in fila tra le nervature del solaio (Fig. 2-6). Lo scopo di una tale
soluzione è di diminuire il peso proprio del pavimento, di attenuare le sonorità e di
aumentarne la rigidezza e la coibenza.
Fig. 2-6 Sezione della soletta del pavimento
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
12
2.2 Il Rockwell Commander 112TC
Il Rockwell Commander RC 112TC [13] è un aereo monomotore da turismo di
produzione statunitense. Si tratta di un aereo ad ala bassa, con elica bipala a passo
variabile, montata su motore a scoppio turbocompresso Lycoming, che sviluppa una
potenza di 210 HP e che gli permette una velocità di crociera pari a 300 km/h e
un'autonomia massima di 1670 km (Fig. 2-7).
Fig. 2-7 Il Rockwell Commander 112TC
La massa totale a vuoto del velivolo è
kgMMMM
motorealafusoliera
841
0
=++=
(2.1)
ripartita come indicato nelle Tab. 2-2, 2-3 e 2-4 [14]
2 Impatto di un velivolo contro un grattacielo
13
Fusoliera [kg]
struttura 162,5
strumentazione 29,0
impianto idraulico 4,5
impianto elettrico 37,0
arredamento 75,0
carrello secondario 15,0
zavorra 9,5
Tab. 2-2 Distribuzione delle masse nella
fusoliera
kgMM
i
ifusoliera
5,332==
∑
(2.2)
Ala [kg]
struttura 151,5
carrello principale 57,0
superfici di controllo 20,0
Tab. 2-3 Distribuzione delle masse
nell’ala
kgMM
i
iala
5,228==
∑
(2.3)
Motore [kg]
gondola motore 28,0
impianto di propulsione 252,0
Tab. 2-4 Distribuzione delle masse nel
motore
kgMM
i
imotore
0,280==
∑
(2.4)