Capitolo 1
Introduzione
1.1 Considerazioni generali
I capacitori elettrochimici (EC) noti anche come supercapacitori o ultracapacitori (“power capa-
citors”, “gold capacitors” o “power cache”) sono capacitori in cui l’accumulo di energia si verifica
all’interfaccia elettrodo-elettrolita. Convenzionalmente i supercapacitori sono stati classificati in
due categorie in base al meccanismo di accumulo di carica: capacitori di doppio strato elettri-
co (EDLC) che accumulano la carica elettrostaticamente utilizzando l’adsorbimento reversibile
di ioni dell’elettrolita su materiali attivi elettrodicamente che siano elettrochimicamente stabili e
abbiano un’area superficiale specifica (SSA) altamente accessibile. La separazione di carica che
occorre all’interfaccia elettrodo-elettrolita all’atto della polarizzazione dell’elettrodo, idealmente
polarizzabile, produce una capacità di doppio strato elettrico C (EDL):
C =
"
r
"
0
A
d
oppure
C
A
=
"
r
"
0
d
(1.1.1)
dove r
è la costante dielettrica dell’elettrolita,"
0
è la costante dielettrica del vuoto, d è la distanza
della separazione di carica e A è l’area superficiale elettrodica. Nel meccanismo di accumulo
di carica negli elettrodi EDLC non sono coinvolte reazioni redox, conseguentemente non ci sono
cambiamenti chimici o di composizione, per tali ragioni l’accumulo carica negli EDLC è altamente
reversibile e consente di raggiungere una stabilità molto alta nei successivi cicli di carica-scarica. Il
materiale elettrodicamente attivo utilizzato negli EDLC è carbonio dal momento che esso offre una
combinazione ottimale di (i) elevata conduttività elettrica, (ii) elevata area superficiale specifica
(SSA) e (iii) stabilità elettrochimica su ampi range di potenziale sia in elettroliti acquosi che in
elettroliti non acquosi. Materiali ideali per EDLC devono infatti possedere:
• Una grande area attiva che possa entrare in contatto con l’elettrolita per il caricamento
capacitivo.
• Buona conduttività elettrica e basse resistenze di sheet per ridurre le perdite in potenza
derivanti dalla resistenza interna intrinseca del materiale elettrodico.
• Un network poroso ad alta connettività che garantisca elevate mobilità ed accessibilità degli
ioni dell’elettrolita e riduzione delle lunghezze dei loro percorsi di migrazione/diffusione.
• Giusto compromesso tra mesoporosità e microporosità [1]; la mesoporosità favorisce elevate
performance di potenza, la microporosità favorisce elevate densità di energia. Più grandi
capacità vengono osservate per elevate aree superficiali specifiche (SSA) con ampie distribu-
zioni delle dimensioni dei micropori piuttosto che per elevate aree superficiali specifiche con
5
ristrette distribuzioni delle dimensioni dei micropori infatti anche i pori non accessibili agli
ioni dell’elettrolita, che si riteneva non contribuissero alla capacità totale di doppio strato
elettrico (a causa dello “ion-sieving effect” [2]) possono aumentare la capacità [3]. Quando
i micropori hanno dimensioni minori di quelle dello ione solvatato, la distorsione dello shell
di solvatazione porta il centro dello ione più vicino alla superficie elettrodica e quindi mi-
gliorando in modo significativo la capacità [3]. I mesopori possono migliorare l’accessibilità
degli ioni dell’elettrolita ai micropori e contribuire inoltre ad elevate densità di potenza [4].
Pertanto i materiali elettrodici in C devono possedere elevate SSA [5] e appropriate distribu-
zioni delle dimensioni dei pori per poter essere utilizzati in supercapacitori di elevata densità
di energia e potenza [6].
• Elevata bagnabilità superficiale onde garantire un migliorato utilizzo dell’area superficia-
le specifica, ovvero l’idrofilicità/idrofobicità del materiale deve essere controllabile poichè
quando in genere si utilizzano solventi organici, specie solventi aprotici di non elevata co-
stante dielettrica come acetonitrile, ACN ("
r
= 36.5), e dimetilformammide, DMF ("
r
= 37),
è desiderabile una superficie elettrodica idrofobica per massimizzare l’area superficiale elet-
troattiva migliorando l’affinità della superficie in C per tali solventi organici, tuttavia molto
dipende dalla natura dei gruppi funzionali presenti sul materiale in C rispetto alla natura
dei solventi organici utilizzati per i supercapacitori [7], che possono essere suddivisi in tre
classi [7]: (a) dipolari aprotici con una elevata costante dielettrica (vicina a quell’acqua "
r
=
78) come etilen carbonato (EC, "
r
= 89.1) e propilen carbonato (PC, "
r
= 69); (b) solventi
con una bassa costante dielettrica ma con un forte carattere donatore come dimetossietano
(DME,"
r
= 7.20) e tetraidrofurano (THF,"
r
= 7.58) e infine i già citati (c) solventi aprotici
con costanti dielettriche intermedie (ACN, DMF). Quando si utilizzano elettroliti acquosi è
invece desiderabile una superficie elettrodica idrofila. Allo scopo di un tuning dell’idrofili-
cità/idrofobicità per materiali in C vengono utilizzati metodi chimici e fisici [8]. I metodi
fisici prevedono l’uso di elevate temperature (in atmosfera di idrogeno o in atmosfera inerte)
per rimuovere gruppi funzionali idrofili. I metodi chimici prevedono per l’idrofobizzazione
l’addizione di composti organo silicici o fluorinazione in fase gassosa. Una delle più efficaci
tecniche di modificazione per l’idrofobizzazione della superficie elettrodica di materiali in C
è stata trovata essere il trattamento con un surfattante. Fang B. e Binder L. [9] hanno pro-
dotto aerogel in carbonio attivato (ACA) modificato con surfattante sodio oleato (OAS) [10]
e ACA modificato con viniltrimetossisilano (vtmos) [11], tali surfattanti non modificano l’a-
rea superficiale. L’addizione di vtmos accresce la capacità specifica gravimetrica e quindi la
densità di energia non tramite un comportamento pseudo-capacitivo ma migliorando l’acces-
sibilità degli ioni dell’elettrolita (Et
4
NBF
4
in PC o Et
3
MeNBF
4
in PC) all’area superficiale
per la formazione del doppio strato elettrico e riduce la ESR e la resistenza al trasporto degli
ioni dell’elettrolita dentro l’ACA, accrescendo la power capability, e non produce decadimen-
to significativo della capacità dopo un numero elevato di cicli cioè non influenza in modo
significativo la ciclabilità degli EDLC.
• Elevata resilienza meccanica.
• Forme di capacità addizionali alla capacità di doppio strato elettrico. Il principale obiettivo
da raggiungere negli EDLC è quello di accrescere la densità di energia e portarla a valori
comparabili a quelli degli accumulatori tagliando i costi allo stesso tempo. Un tale obiettivo
puòessereraggiuntoaccrescendolacapacitàe/olatensioneoperativadell’EDLC.Latensione
operativa è principalmente limitata dalla stabilità dell’elettrolita; a parità di capacità un in-
crementoditrevoltedellatensioneoperativacomportaunincrementodelladensitàdienergia
di circa un ordine di grandezza. La densità di energia può essere accresciuta aumentando la
6
capacità C che viene controllata dall’interfaccia carbonio/elettrolita, appropriati trattamenti
di quest’ultima che consentano di ottimizzare l’adsorbimento di ioni dall’elettrolita massi-
mizzano la carica accumulata per unità di peso o unità di volume del materiale in C. Diffe-
rentemente dagli EDLC in cui la carica viene accumulata elettrostaticamente alle interfacce
degli elettrodi, negli pseudocapacitori l’accumulo di carica avviene faradicamente attraverso
trasferimenti di carica reversibili alle interfacce elettrodo/elettrolita [12] che accompagnano
processi come: (i) l’elettroadsorbimento, (ii) reazioni redox, (iii) processi di intercalazione,
(iv) adsorbimento specifico (chemiadsorbimento). L’ammontare di carica accumulata (DQ)
da processi faradici di trasferimento di carica per ragioni termodinamiche dipende dal cam-
biamento del potenziale applicato (DV). La pseudocapacità quindi corrisponde alla derivata
di
Q
V
,
dQ
dV
, differentemente da quanto accade nei processi Nerstiani ideali nei materiali per
accumulatori dove le reazioni faradiche avvengono ad un potenziale costante. La pseudoca-
pacità è simile alla convenzionale capacità di doppio strato in quanto la carica accumulata
è proporzionale al potenziale applicato, tuttavia un’importante differenza tra i due processi
è che la pseudocapacità coinvolge cambiamenti chimici di stato delle specie reagenti a causa
dei processi faradici di trasferimento di carica. La pseudocapacità è sempre accompagnata
da una capacità di doppio strato che si origina non faradicamente alle interfacce elettrodiche.
Il contributo pseudocapacitivo (normalizzato rispetto all’area elettrodica) può essere 10-100
volte più grande del contributo della capacità di doppio strato [12]. La componente EDL può
essere distinta dalla componente pseudocapacitiva dalla differente dipendenza che esse hanno
dalla frequenza; la risposta della capacità di doppio strato viene solitamente mantenuta fino
a frequenze di 10
5
-16
6
Hz mentre la pseudocapacità a causa di limitazioni della cinetica elet-
trodica si concentra nel range 10
3
-10
4
Hz [12]. Negli pseudocapacitori le reazioni faradiche
che si verificano a definiti potenziali per ragioni termodinamiche sono quindi responsabili per
l’accumulo e il rilascio di carica e la tensione V di un supercapacitore è una qualche funzione
continua della carica accumulata Q. (i) Nella pseudocapacità di elettroadsorbimento
[12] associata a deposizioni bidimensionali (le cosiddette “underpotential deposition” (UDP))
di arrays di adatomi su superfici elettrodiche (ad es. H o Cu su Pt, Pb su Au, Bi su Au,
Bi su Ag, H su Rh o Pt) e che coinvolgono l’adsorbimento e il de-adsorbimento reversibile
di atomi su di essi, il potenziale applicato, utilizzando un’isoterma di elettroadsorbimento di
tipo Langmuir ideale (assenza di interazioni laterali tra specie adsorbite) [12]:
1 =K(C
ads
)
soln
exp
nF (E E
0
)
RT
oppure
1 =K(C
ads
)
soln
exp
nFV
RT
(1.1.2)
(dove K è la costante di equilibrio di adsorbimento, (C
ads
)
soln
è la concentrazione in soluzione
della specie elettroadsorbita e V =E E
0
) può essere espresso come:
E =E
0
+
RT
nF
ln
1 oppure V =
RT
nF
ln
1 (1.1.3)
dove è la frazione di superficie ricoperta dalla specie elettroadsorbita. La pseudocapacità
C
in questo caso può essere espressa come:
C
=Q(
d
dV
) (1.1.4)
dove Q è la carica totale faradica accumulata ad una superficie elettrodica quando la coper-
tura è completa ( = 1) (copertura monostrato) ovvero in termini di e (1 ):
C
=Q
nF
RT
(1 ) (1.1.5)
7
In presenza di interazioni laterali tra specie elettroadsorbite si utilizza un’isoterma di adsor-
bimento di tipo Frumkin:
1 =Kexp( g )(C
ads
)
soln
exp
nF (E E
0
)
RT
oppure
1 =Kexp( g )(C
ads
)
soln
exp
nFV
RT
(1.1.6)
doveKexp( g ) è una costante di adsorbimento dipendente dal ricoprimento, essa si riduce
alla Langmuir per g = 0 (per g > 0 le specie elettroadsorbite si respingono, per g < 0 si
attraggono, g è un’energia di interazione laterale). In questo caso la pseudocapacità sarà:
C
=Q
nF
RT
(1 )
1 +g (1 )
(1.1.7)
In base alle equazioni date e in base ai risultati sperimentali: (a) il processo di elettroad-
sorbimento è altamente reversibile rispetto ai cambiamenti di
dV
dt
(velocità di scansione del
potenziale, ad es. voltammetria ciclica) sull’intero range di scansione del potenziale, cioè le
curve C
vsV sono di tipo “mirror”, (b) le curve C
vsV sono riproducibili dopo innume-
revoli cicli in soluzioni sufficientemente pulite, (c) questa reversibilità è mantenuta fino ad
elevate velocità di scansione (
= 100 V s
1
); ciò accade perchè nel processo di elettroadsor-
bimento non sono coinvolti cambiamenti di fase tridimensionali o di ricostruzione del tipo
di quelli che si originano nel caricamento dei materiali per accumulatori che possono esse-
re irreversibili, l’elettroadsorbimento coinvolge solo strutture bidimensionali di tipo “array”.
(ii) Pseudocapacità redox. Diversamente dalla pseudocapacità di elettroadsorbimento, la
pseudocapacità redox coinvolge reazioni faradiche redox di materiale elettroattivo (polimeri
conduttivi, ossidi metallici, polimeri elettroattivi che contengono gruppi ossidabili o riducibili
covalentemente legati al backbone polimerico) e di gruppi funzionali elettroattivi superficial-
mente presenti sul materiale elettrodico (ad es. gruppi chinonici su elettrodi in C). Per un
sistema redoxOx +ne! Red e per una data quantità molare di reagente (= [Ox] + [Red])
il potenziale è dato dall’equazione di Nerst nella forma:
E =E
0
+
RT
nF
ln
[Ox]
[Ox]+[Red]
1 [Ox]
[Ox]+[Red]
(1.1.8)
dopo sostituzione: R=
[Ox]
[Ox]+[Red]
, otteniamo:
E =E
0
+
RT
nF
ln
R
1 R
(1.1.9)
che può essere riarrangiata nella forma:
R
1 R
=exp
nF (E E
0
)
RT
=exp
nFV
RT
(1.1.10)
la similitudine tra le equazioni indica che la pseudocapacità redox è formalmente analoga
alla pseudocapacità di adsorbimento. Diversamente dalla pseudocapacità di adsorbimento in
cui la carica viene accumulata attraverso ricoprimento della superficie elettrodica ( ), nella
pseudocapacità redox la carica viene accumulata attraverso conversioni ossidoriduttive di
specie alla superficie elettrodica. La pseudocapacità redox sarà data dalla:
(C
)
redox
=Q
dR
dV
=Q
nF
RT
exp(nFV=RT )
[1 +exp(nFV=RT )]
2
(1.1.11)
8
dove Q è la carica associata con l’ammontare totale di materiale ossidabile e riducibile. (iii)
Pseudocapacità di Intercalazione. La pseudocapacità di intercalazione è un tipo di com-
portamento capacitivo coinvolto nella intercalazione elettrochimica di ioni litio in materiali
host a struttura lamellare come TiS
2
, MoS
2
, CoO
2
e V
6
O
13
. Normalmente quando questi
materiali catodici sono accoppiati con anodi in Li o in Li-C vengono riguardati come mate-
riali catodici per accumulatori. Comunque gli andamenti delle curve di carica-scarica sono
quelli caratteristici di comportamenti pseudocapacitivi e anche i voltammogrammi ciclici so-
no simili a quelli dell’elettroadsorbimento bidimensionale (underpotentiali deposition, UPD).
Dal momento che una carica faradica è richiesta per la deposizione di ioni litio nell’host di
intercalazione, la frazione di occupazione dei siti 3-D dell’host dipende continuamente dalla
carica che attraversa l’interfaccia. Questo comportamento è pseudocapacitivo in natura per-
chè gli ioni litio vengono accomodati faradicamente nei piani quasi bidimensionali nei gap di
van der Waals del materiale host a struttura lamellare. Differentemente dai convenzionali
processi elettrochimici negli accumulatori l’ammontare di carica accumulata da un processo
capacitivo ad intercalazione di ioni litio è una funzione continua del potenziale applicato e
l’equazione termodinamica per l’assorbimento elettrochimico è:
E =E
0
+
RT
nF
ln
X
1 X
(1.1.12)
dove X è la frazione occupata dei siti 3-D di assorbimento dagli atomi o ioni-guest assorbiti.
Tale comportamento e l’equazione corrispondente sono molto simili a quelli dell’elettroadsor-
bimento bidimensionale e alla pseudocapacità redox. I tempi di risposta sono più lunghi che
nei capacitori di doppio strato elettrico a causa della necessità di diffusione/migrazione nel
materiale host. In generale la velocità di carica/scarica della pseudocapacità di intercalazione
è più lenta di quella della capacità di doppio strato a causa della lenta cinetica di trasporto
degli ioni litio negli inter-layers reticolari. (iv) Pseudocapacità di Adsorbimento Spe-
cifico. Un ulteriore fonte di pseudocapacità è “l’adsorbimento specifico” di ioni, solitamente
anioni che si verifica in corrispondenza degli elettrodi. L’adsorbimento specifico (cioè che-
miadsorbimento di ioni) non ha soltanto origini elettrostatiche, cioè non dipende soltanto
dalla carica dello ione e dalla densità di carica superficiale sull’elettrodo, ma dipende anche
da una qualche interazione elettronica “specifica” tra gli elettroni di valenza dello ione e gli
orbitali superficiali dell’elettrodo. Tali effetti sono solitamente accompagnati da un parziale
trasferimento di carica in un processo quasi-chimico del tipo:
M +A
!MjA
(1 ) + e
(inM) (1.1.13)
dove è una qualche frazione di una carica elettronica. Tale processo possiede la natura di
una interazione acido-base di Lewis in cui l’anione è il donore. La quantità o (1 ) è una
componente della cosiddetta “valenza di elettro-adsorbimento” dell’anione che caratterizza
il suo comportamento di chemiadsorbimento sugli elettrodi. La pseudocapacità associata
con il processo descritto non è di solito appropriata per poter essere utilizzata per l’accu-
mulo di energia in supercapacitori sebbene essa possa originarsi in modo limitato in alcune
soluzioni elettrolitiche insieme con tutte le altre principali componenti di capacità utili per
l’accumulo di carica. La pseudocapacità si origina pertanto quando, per ragioni termodi-
namiche, la carica Q richiesta per l’avanzamento di un processo elettrodico (elettroadsorbi-
mento, reazioni redox, intercalazione) è una funzione continua del potenziale V [12]. Dal
momento che la carica faradica accumulata o rilasciata in un supercapacitore è una fun-
zione della tensione V la pseudocapacità può essere scritta come una quantità differenziale:
C(V ) = dQ=dV = i=(dV=dt) (usando questa equazione la capacità può essere conveniente-
mente valutata attraverso voltammetria ciclica come rapporto tra la corrente voltammetrica
9
e la velocità di scansione, dV=dt), questo comportamento è differente da quello di un accu-
mulatore dove, conformemente all’equazione di Nerst V è invariante con lo stato di carica
misurato da Q [12]. In pratica la pseudocapacità C(f,V,T,...) dipende fortemente dalla fre-
quenza f, dalla temperatura T, dalla tensione applicata V e non è una quantità meramente
elettrostatica. La capacità di doppio strato elettrico è sostanzialmente costante con il po-
tenziale, la pseudocapacità con il potenziale può esibire marcati massimi eccetto attraverso
il potenziale di carica zero [12]. La pseudocapacità è associata con processi di trasferimento
di carica limitati ad un finito ammontare di materiale elettroattivo o di gruppi funzionali
elettroattivi superficialmente presenti sul materiale elettrodico. Dal momento che la carica
o la scarica di uno pseudocapacitore si verifica attraverso processi faradici che coinvolgono
trasferimenti elettronici attraverso l’interfaccia elettrodo/soluzione associata in serie con la
pseudocapacità ci sarà una resistenza di trasferimento di carica per il processo di carica e
un ulteriore possibile resistenza di trasferimento di carica per il processo di scarica. Per
materiali elettrodici che esibiscono una pseudocapacità C
, essa è sempre accoppiata ad una
capacitàdidoppiostratopuramenteelettrostatica; nelcasodiunelettrodoporoso, comunque
la distinzione tra C
dl
e C
, quando quest’ultima è significativa è molto più difficile a causa
della natura distribuita sia di C
dl
che di C
attraverso la matrice porosa con una resistenza
dell’elettrolita, progressivamente crescente dentro i pori, arrangiata in serie-parallelo con le
componenti C. Per tali ragioni è solitamente difficile distinguere la componente C
in super-
capacitori con elettrodi porosi in carbonio sebbene tale componente sia talvolta significativa
a causa di gruppi funzionali superficiali elettroattivi [13]. Non è necessariamente vero che i
processi coinvolti nel caricamento del doppio strato elettrico e nel passaggio faradico di ca-
rica nel caricamento della pseudocapacità ad un dato elettrodo siano indipendenti e di fatto
i processi sono simultanei e si verifica accoppiamento [13]. In corrispondenza di elettrodi
in C la capacità di doppio strato elettrico è sempre sovrapposta ad una significativa pseu-
docapacità dovuta al chemiadsorbimento di ioni e a processi redox che coinvolgono gruppi
funzionali inevitabilmente presenti su di essi [13]; la presenza di tali gruppi funzionali oltre
ad accrescerne la pseudocapacità ne modifica la bagnabilità [13], il potenziale di carica zero
[13], l’adsorbimento di ioni [13] e le caratteristiche di auto-scarica [13], tuttavia le compo-
nenti pseudocapacitive possono indurre modificazioni irreversibili nel materiale elettrodico
e dopo cicli prolungati di carica/scarica si verifica un progressivo deterioramento della ca-
pacità e parallelo incremento della resistenza in serie equivalente e velocità di autoscarica
[13]. I processi faradici attivi negli pseudocapacitori consentono ad essi di raggiungere più
elevate capacità e quindi densità di energia sebbene in genere più basse densità di potenza;
due materiali elettrodici che vengono in genere utilizzati per l’accumulo di carica negli pseu-
docapacitori sono i polimeri conduttivi (politiofene, polipirrolo) e ossidi metallici, i primi si
caratterizzano per una ridotta stabilità nei successivi cicli di carica-scarica e i secondi per i
costi spesso proibitivi che hanno indirizzato il loro pressochè esclusivo utilizzo in materiali
compositi. Pertanto da un punto di vista termodinamico la pseudocapacità si origina ogni
qualvolta una qualche proprietà, proporzionale all’ammontare di carica che passa attraverso
l’interfaccia elettrodica, è relazionata al potenziale da un’equazione della forma:
y
(1 y)
=Kexp
VF
RT
(1.1.14)
dove y è (i) la frazione di copertura di una superficie elettrodica da parte di una specie
elettroadsorbita, (ii) la frazione di specie ossidata convertita a specie ridotta (o viceversa) in
un sistema redox in soluzione o per gruppi funzionali elettroattivi del materiale elettrodico
o in un ossido idrato RuO
2
, IrO
2
, Co
3
O
4
, (iii) la frazione di siti occupati in un host di inter-
calazione (TiS
2
o CoO
2
che accomoda Li), K è la costante di equilibrio della corrispondente
10
reazione. Tutti i processi descritti sono faradici e coinvolgono cambiamenti chimici di stato
delle specie reagenti come risultato di un trasferimento elettronico. Dal momento che y è
proporzionale alla carica che passa attraverso l’interfaccia elettrodica coinvolta in ciascuno
dei processi descritti,
dy
dV
è proporzionale alla corrispondente pseudocapacità, cioè:
C
=Q
dy
dV
=
QF
RT
Kexp ((VF )= (RT ))
1 +kexp
VF
RT
2
(1.1.15)
dove Q per la pseudocapacità di elettroadsorbimento è la carica associata alla copertura to-
tale della superficie elettrodica da parte della specie elettroadsorbita, per la pseudocapacità
di intercalazione è la carica associata all’occupazione totale dei siti dell”’host” di intercala-
zione. Se i due elettrodi, positivo e negativo, di un supercapacitore hanno lo stesso tipo di
materiale attivo e in ciascun elettrodo opera lo stesso meccanismo di accumulo di carica il
supercapacitore è simmetrico; se i due elettrodi hanno lo stesso tipo di materiale attivo ma
in ciascun elettrodo opera un differente meccanismo di accumulo di carica il supercapaci-
tore viene definito ibrido-simmetrico; infine i supercapacitori ibridi-asimmetrici combinano
un elettrodo EDLC con un elettrodo pseudocapacitivo cioè i due elettrodi sono di materiali
differenti con due diversi meccanismi di accumulo di carica.
Per elettrodi basati su materiali in carbonio sp
2
di bassa dimensionalità, come grafene (2D), na-
notubi di carbonio (1D), onioni di carbonio (0D) la capacità di doppio strato totale anzichè es-
sere espressa, come accade per elettrodi in C, in termini di una capacità di carica spaziale C
SC
[14, 15, 16, 17], che rappresenta lo spread della carica elettrodica indotta nel bulk dell’elettrodo
stesso [14, 15, 16, 17], in serie con una capacità di doppio strato elettrico di Helmholtz C
H
[18],
viene espressa da una C
H
in serie con una quantum-capacitance modificata, che rappresenta l’azio-
ne combinata di una quantum-capacitance [19, 20, 21], che tiene conto della variazione dell’energia
di Fermi con la carica accumulata nell’elettrodo, con la capacità di carica spaziale [19, 20, 21];
la quantum-capacitance modificata (che verrà nominata in seguito semplicemente come quantun-
capacitance) limita la capacità totale a causa di una bassa densità degli stati (DOS) al livello di
Fermi per i suddetti materiali in C sp
2
di bassa dimensionalità [21], e ciò che viene osservato per
questi ultimi è che al crescere dell’area superficiale specifica (SSA) oltre certi limiti la capacità di
doppio strato elettrico decresce o satura [22], presumibilmente a causa della quantum-capacitance,
pertanto non sempre gli sforzi per l’elaborazione di strategie per l’accrescimento della SSA nei
citati materiali si traducono in un parallelo incremento della capacità di doppio strato, tuttavia
dal momento che la quantum-capacitance è proporzionale alla densità degli stati elettronici (DOS)
è plausibile che il doping (in senso lato) [23, 24], la funzionalizzazione con opportuni gruppi fun-
zionali [23, 24], difetti topologici [23, 24] (difetti di Stone-Wales 55-77 [23, 24], divacanze di varie
tipologie [24], ad es. 5-8-5 e 555-777, monovacanze [24], ad es. 5-9), adsorbati [23], modificazio-
ni morfologiche (rippling, folding, crumpling) [24], anche solo locali, degli sheets/shells grafenici
indotte ad accrescere la curvatura degli sheets/shells grafenici stessi possono singolarmente o in
combinazione modificare la struttura elettronica e quindi la quantum-capacitance [23, 24], studi
teorici sul grafene [23, 24] dimostrano che nell’accrescere la quantum-capacitance i difetti di Stone-
Wales e il rippling hanno un più grande effetto ad elevati potenziali (positivi e negativi) [24] (ciò
potrebbe essere sfruttato quindi in modo utile per migliorare le performance dei supercapacitori),
il folding invece a potenziali positivi [24]. Sebbene l’importanza della struttura elettronica nel
determinare la capacità specifica superficiale di una interfaccia elettrodo/elettrolita sia stata sug-
gerita in passato [25, 26], è presumibile che l’effetto della quantum-capacitance sulle performance
dei supercapacitori elettrochimici basati su materiali in C sp
2
di bassa dimensionalità sia notevole
in virtù del gran numero delle proprietà di questi ultimi che possono influenzarla [23, 24], pertanto
l’analisi delle performance dei supercapacitori elettrochimici corrispondenti non può prescindere
11
dal tener conto della loro struttura elettronica intrinseca [23, 24]; specie con i CNT la quantum-
capacitance è rilevante nel determinare la capacità di doppio strato totale a causa della loro densità
degli stati finita al livello di Fermi Numerosi risultati sperimentali [27, 28] sembrano comunque
confermare le predizioni teoriche e ad esempio l’introduzione di difetti (per irraggiamento con ioni,
elettroni, raggi gamma) in modo controllato su CNT [27, 28] o di eteroatomi sostituzionali [29]
(che vanno ad accrescere la densità degli stati al livello di Fermi [29], D(E
F
), l’ammontare di
disordine degli sheets/shells grafenici [29] e la densità dei siti edge-plane [29]) o metalli di transi-
zione 3d legati a mono-vacanze o di-vacanze degli sheets/shells grafenici [30] possono comportare
incrementi della capacità di doppio strato del 200% [27] ed è accompagnata da incrementi della
conduttività elettrica in opportune condizioni [28], è importante inoltre sottolineare che alcune
tipologie di difetti sono efficaci nell’accrescere la quantum-capacitance a potenziali più positivi
del punto di neutralità (PZC) altre invece a potenziali più negativi, cosicchè un controllo della
tipologia di difetti introdotti sull’elettrodo positivo e sull’elettrodo negativo potrà accrescere in
modo significativo le performance dei corrispondenti supercapacitori asimmetrici [23]; l’accresci-
mento della quantum-capacitance riduce il suo potere “limitante” della capacità totale interfacciale
(C
T
= [1=C
H
+ 1=C
q
]
1
). I nanotubi di carbonio (CNT) sono allotropi del carbonio che possono
essere considerati pressochè unidimensionali in virtù del loro elevato rapporto d’aspetto [31]. I
CNT a parete singola o SWCNT, single-walled carbon nanotubes, sono sheets grafenici 2D arro-
tolati a formare un cilindro, i CNT a parete multipla o MWCNT, multi-walled carbon nanotubes,
possono essere considerati una collezione di SWCNT concentrici [31]; è preferibile utilizzare il ter-
mine nanotubi solo per strutture in cui le pareti grafeniche siano parallele all’asse longitudinale e
riservare il termine fibre per quelle strutture in cui gli strati grafenici siano disposti ad altri angoli
rispetto all’asse longitudinale [32], ed oggi si tende a suggerire di sostituire termini come “herring-
bone nanotube”, “bamboo-herringbone nanotube”, “bamboo-concentric nanotube” con “hollow-core
stacked nanocones”, “partitioned stacked nanocones” e “partitioned nanotube” rispettivamente [33]
(una nomenclatura esatta e dettagliata di tutte le nanoforme di carbonio sp
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è contenuta nel ri-
ferimento [33]). A causa delle forti interazioni di van der Waals tra i singoli tubi la più tipica
morfologia per essi è quella di bundles (in cui non c’è ordine intertubo a lungo raggio [31]) o
ropes (in cui è ravvisabile un reticolo 2-D trigonale a lungo raggio e pertanto caratterizzabili at-
traverso diffrazione a raggi X [31]) di centinaia o migliaia di singoli tubi [31]. Lo sheet grafenico
2D può essere arrotolato in più di un modo [34, 35, 36], un tale modo può essere specificato da
un vettore chirale che connette due punti cristallograficamente equivalenti dell’originario reticolo
grafenico e da un angolo chirale ; il cilindro cavo corrispondente al CNT viene prodotto arroto-
lando lo sheet grafenico 2D in modo tale che i due punti estremi del vettore vengano sovrapposti,
in sostanza la circonferenza del CNT viene espressa in termini del vettore chirale definito dalla
relazione: C
h
= na
1
+ ma
2
, dove n e m sono una coppia di interi, con n m, e a
1
e a
2
sono
i vettori della cella unitaria del reticolo grafenico [35], il vettore chirale è perpendicolare all’asse
del tubo [35]; la lunghezza del vettore chirale C
h
è la circonferenza del CNT ed è data dalla: |C
h
|
= a
p
(n
2
+nm +m
2
) dove a è la lunghezza dei vettori della cella unitaria del grafene, ovvero la
costante reticolare del grafene, a = |a
1
| = |a
2
|
= a
C C
p
3 dove a
C C
è la distanza fra due atomi
di C prossimi vicini (per la grafite la lunghezza del legame C C è pari a circa 0.1421 nm, lo
stesso valore è spesso utilizzato per i CNT, ma a causa della curvatura del tubo a
C C
per i CNT è
leggermente più grande e un valore pari a 0.144 nm dovrebbe essere una migliore approssimazione
[35]), pertanto il diametro dei CNT è dato dalla: d = |C
h
|/ = a
p
(n
2
+nm +m
2
)= ; l’angolo
chirale è l’angolo compreso tra il vettore chirale e il cosiddetto asse zig-zag cioè quel vettore
chirale che rende i nanotubi del tipo “zig-zag” ed è dato dalla: = tan
1
(
p
3m)= (m + 2n)
. I
tubi con m = n ( = 30°) vengono riferiti comunemente come tubi armchair [35], i tubi con m =
0 ( = 0) vengono riferiti come tubi zigzag [35], in tutti gli altri casi, cioè per n6= m6= 0 e 0°
< < 30°, i tubi sono chiamati chirali [35]. I valori di n e m determinano la chiralità dei CNT
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