Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
2
1. Introduzione
Secondo le stime di molte autorevoli fonti [Ministero dell’ambiente] è assodato che il
nostro pianeta è afflitto da problemi che hanno ormai assunto una dimensione globale,
tale, cioè, da superare i confini delle singole nazioni.
Diversi anni dopo la storica Conferenza di Rio de Janeiro delle Nazioni Unite, dedicata
all'ambiente e allo sviluppo, il mondo è ben lontano dal raggiungere il suo obiettivo
principale: un'economia mondiale ambientalmente sostenibile.
In conseguenza di ciò nessun paese ha più la possibilità di ignorare il degrado cui il
pianeta è sottoposto, o pensare ad un ulteriore sviluppo, senza tenere conto dei danni
perpetrati negli ultimi cinquant’anni all’ambiente, inoltre:
i confini dei fenomeni ambientali (anche quando esistano) di rado
corrispondono a quelli degli stati nazionali [Lewanski, 1997].
L’assottigliamento dello strato di ozono, la distruzione delle grandi foreste pluviali, e la
progressiva desertificazione di vaste aree, sono solo la parte più nota al grande pubblico
di questa preoccupante situazione.
Si possono infatti citare anche gravissimi problemi sanitari come l’aumento dei casi di
tumore (o di altre patologie) dovute all’esposizione a pesticidi o altre classi di inquinanti
organici [Baird, 1998]; o ancora il forte disagio delle comunità che vivono in prima
persona situazioni di forte degrado del territorio, e che pagano tutto questo sotto forma
di perdita di benessere [Pearce, Turner, 1991].
Ma le tendenze in atto non sono positive: l 'Agenzia internazionale per l'energia prevede
che se non verranno prese nuove iniziative, le emissioni globali di carbonio nel 2000
supereranno i livelli del 1990 del 17% e nel 2010 del 49%, raggiungendo i 9 miliardi di
tonnellate l'anno [Relazione sullo stato dell'ambiente predisposta ai sensi della legge
8/7/1986, n. 349].
Negli ultimi cinquant’anni, infatti, sia le piccole aziende che le grandi multinazionali
hanno considerato l’ambiente unicamente come una fonte (inesauribile) di materie
prime, o come contenitore per ogni genere di rifiuto, creando così una condizione di
cronico degrado e sovra sfruttamento delle risorse.
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
3
Ciò non riguarda unicamente le aree a maggiore industrializzazione. Alcuni studi [W.
Pearce, Turner R.K., 1991] hanno evidenziato che anche le economie dei Paesi dell’Est
si trovano ad affrontare gravi problemi di inquinamento idrico e atmosferico
1
.
Tutto ciò dimostra che le dinamiche ambientali possono essere analizzate da differenti
punti di vista.
La multidimensionalità del problema ambientale è alla base del presente lavoro, che si
propone di osservare il fenomeno indagando la maniera in cui le politiche di
organizzazione del lavoro influenzano l’ambiente interno ed esterno all’impresa,
individuare gli strumenti idonei a indicare il grado di efficacia delle politiche stesse,
dimostrando come l’ambiente sia diventato, da vincolo, potente strumento di crescita e
analizzando, infine, l’impatto del telelavoro.
Prima di approfondire l’argomento, è opportuno definire il campo di analisi e quindi il
termine ambiente
Il Dizionario Zingarelli [1963] identifica l’ambiente come:
ciò che circonda; anche di cose, dei luoghi e delle persone.
Per il Webster Dictionary [1994] invece, l’ambiente è:
l’insieme di tutte le condizioni, le circostanze e gli agenti che
circondano ed influenzano lo sviluppo di un organismo di un gruppo
di organismi.
Infine l’Enciclopedia Britannica [1992] lo definisce come:
il complesso di fattori fisici chimici e biotici che agiscono su un
organismo o su una comunità ecologica e che ne determinano lo
stato e la sopravvivenza.
Come si può notare, una definizione univoca risulta assai difficile. Tuttavia, quella che
più si adatta alle esigenze normative e scientifiche è la seguente:
l’ambiente è il sistema complesso delle risorse naturali ed umane e
delle loro interazioni [Bruzzi, 1996]
1
Nei sistemi pianificati dell’Europa orientale l’ambiente ha goduto notoriamente di scarsa
considerazione. Le ragioni sono da individuare, tra l’altro, negli insufficienti incentivi all’innovazione
tecnologica dovuti alla mancanza di competizione tra le imprese; nell’interesse di queste ultime per la
massimizzazione della produzione, piuttosto che per l’incremento della qualità, al fine di accedere a
maggiori assegnazioni di risorse; nell’orientamento delle scelte produttive in base a criteri politici; nel
fatto che molte risorse ambientali si trovano nella condizione di beni “liberi”, non diversamente da
quanto accade nelle economie di mercato [De Marchi, 2000].
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
4
Quest’ultima definizione ha il pregio di essere la più completa e di considerare, più
delle altre, la natura multidisciplinare dell’ambiente: il “sistema” ambiente è infatti
costituito da più comparti che interagiscono tra loro “Il vivente, l’organismo morto, le
sostanze organiche e inorganiche sono un continuum e non compartimenti stagni”
[Ravera, 1994].
Essa inoltre risulta essere la più aderente alla visione proposta dalla normativa di
Valutazione di impatto ambientale (VIA) della CEE che vede l’ambiente in maniera
ancora più ampia, inglobandone nel concetto anche il paesaggio, l’uomo e in generale
tutto il patrimonio culturale che racchiude.
Proprio per questo nel presente lavoro quando ci si riferirà ad “ambiente” si intenderà
questa accezione.
Nei paragrafi successivi si tenterà di spiegare quali sono le cause del malfunzionamento
delle risorse ambientali e i meccanismi che hanno portato al fallimento sia del mercato
che dell’intervento pubblico nel controllo dell’ambiente, riflettendo quindi sull’origine
della necessità della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) come strumento di
indagine e di controllo.
Saranno brevemente descritti i metodi di valutazione usati dalla VIA e il tipo di
innovazione che questo approccio permette.
2. Le caratteristiche dei problemi ambientali
I problemi ambientali sono caratterizzati da cause ed effetti che li rendono unici e,
spesso, di difficile soluzione, risultano cioè contraddistinti da alcune caratteristiche,
rilevanti per le loro ripercussioni sulla politica di settore, vediamo quali sono
[Lewanski, 1997]:
1. scarsa visibilità: i problemi ambientali spesso non sono immediatamente percepiti,
oppure si manifestano in tempi lunghi o su una scala dimensionale così vasta da
poter essere colti solo attraverso elaborate ricerche scientifiche.
2. Tempi sfalsati: i tempi dei processi politici sono profondamente dissonanti rispetto a
quelli dei processi ambientali, l’orizzonte degli attori politici si spinge di rado oltre
le scadenze elettorali.
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
5
3. Elevato contenuto tecnico scientifico: le questioni ambientali presentano un elevato
contenuto tecnico scientifico che ha ben pochi riscontri in altre politiche settoriali,
sia le cause del degrado che le possibili soluzioni vanno individuate attraverso
l’impiego di conoscenze scientifiche avanzate.
4. Incertezza: l’indisponibilità di adeguate informazioni circa le relazioni di causa –
effetto costringe tipicamente ad adottare decisioni in condizioni di elevata
incertezza.
5. Costi concentrati, benefici diffusi: i costi della protezione ambientale sono certi,
immediati e concentrati presso specifici settori della società, mentre i benefici sono
diffusi, incerti e dilazionati nel tempo.
3. La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
3.1 Il governo delle risorse e la multifunzionalità dell’ambiente
Il primo problema legato alla gestione delle risorse ambientali risiede nella difficoltà di
poter individuare dei proprietari delle stesse, in altri termini per i beni ambientali non
esiste spesso una proprietà certa.
Si pensi ad esempio ai problemi che si riscontrerebbero nello stabilire i confini o la
proprietà dell’atmosfera, o ancora nel dover decidere di porre la stessa in mani private.
Inoltre, come già accennato, i sistemi naturali (e quindi anche l’atmosfera) sono sistemi
multifunzionali, nel senso che questi sistemi forniscono agli esseri umani una vasta
gamma di servizi di valore (anche) economico [Turner, Pearce, Bateman, 1998]:
™ fonti di energia (rinnovabili e non rinnovabili).
™ Un insieme di beni naturali (risorse di paesaggio e svago).
™ Una capacità di assimilazione dei rifiuti.
™ Un sistema di sostegno alla vita.
Da queste considerazioni si capisce:
™ l’impossibilità di definire per questi beni una proprietà o comunque di collocarli in
mani private.
™ La necessità di un equilibrio fra gli interessi di coloro che desiderano usare
l’ambiente ora e direttamente (per esempio come fonte di materie prime o di
discarica) e coloro che desiderano goderlo in maniera indiretta (per esempio
godendo di un panorama).
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
6
™ Il delicato equilibrio tra le necessità delle generazioni attuali e i bisogni delle
generazioni future.
3.2 Il problema dei rifiuti
Ormai è assodato che la capacità dell’ambiente di assorbire rifiuti è limitata e non
infinita (come invece si credeva un tempo) [Turner et al.,1996] inoltre è impossibile
pensare ad una attività economica che non generi effetti collaterali e non intenzionali,
che influiscono positivamente o negativamente, su terzi.
Per assurdo, infatti, se una attività non producesse effetti collaterali, si dovrebbe
verificare che [Bruzzi, 1996]:
il materiale e l’energia immessi nella produzione non generino rifiuti di
alcun tipo e che tutti i prodotti finali siano completamente distrutti dal
consumo.
L’impossibilità della realizzazione effettiva di tale condizione risulta dal fatto che
qualunque tipo di produzione implica numerose fasi intermedie, l’utilizzo di materiali
da imballaggio e, in genere, la produzione sempre e comunque di scarti che non
potranno essere reimpiegati in quella produzione e che vengono per questo definiti
“rifiuti”.
Per spiegare più a fondo questo concetto si fa ricorso alla seconda legge della
termodinamica: “Ogni sistema macroscopico tenderà al massimo grado di entropia”
[Resnick, Halliday, Kraine, 1997], intendendo con entropia il disordine del sistema o
più in generale uno stato con un contenuto energetico minore [Mazzoldi, 1995].
Pensiamo alla combustione di carbone per scaldare un’abitazione: durante questo
processo si produrrà calore ad alta temperatura (che scalderà la nostra casa) ma alla fine
questo calore sarà degradato a cenere, gas ed altri sottoprodotti.
L’energia che si è sprigionata è ora calore diffuso a bassa temperatura e soprattutto è
possibile dimostrare che il processo non avrà mai un’efficienza del 100%, in altre
parole: “è impossibile una conversione completa di energia da una forma all’altra”
[Mazzoldi, 1995].
In sintesi, la produzione di un rifiuti negli ecosistemi (compresi quelli artificiali) è
fisiologica.
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
7
La domanda che bisogna porsi ora è:
“La mancanza di una proprietà certa delle risorse ambientali può, da
sola, impedire la collocazione dell’ambiente nel libero mercato?”.
4. Il fallimento del libero mercato nel controllo dell’ambiente
In un libero mercato le imprese, nel decidere il livello di produzione da raggiungere,
prendono in considerazione due fattori [Turner, Pearce, Bateman, 1996]:
™ il prezzo di vendita di ogni unità di prodotto.
™ Il costo di produzione di ogni singola unità.
I mercati, inoltre, tendono a fornire un forte incentivo alle aziende a conservare, anziché
a sfruttare in maniera eccessiva tutte quelle risorse per le quali esse sono tenute a pagare
[Turner, 1998].
Facciamo un esempio.
Se un’azienda che produce acciaio dovesse aumentare la produzione, aumenterebbe per
prima cosa il volume dei forni che contengono il metallo fuso; all’inizio l’aumento delle
dimensioni sarà ottenuto con un incremento meno che proporzionale dei costi. In molte
aziende di processo, infatti, vale la regola dei 2/3, la quale dice che “Il costo di
produzione di una unità produttiva aumenta in misura dei 2/3 rispetto alla crescita della
capacità produttiva” [Scherer 1980 citrato in Perrone 1990]. Oltre una certa soglia,
tuttavia, questo risparmio viene prima bilanciato e poi superato dai maggiori costi di
coordinamento e controllo delle attività, che rendono inefficiente un ampliamento degli
impianti e quindi la crescita dimensionale delle imprese.
Tutto ciò vale ovviamente per tutte le risorse a cui l’azienda ricorre e che hanno un
costo. L’onerosità delle risorse e la necessità di rispettare un vincolo di efficienza
rappresentano incentivi che spingono a un utilizzo razionale delle risorse o, in termini
diversi, ad evitare sprechi. Queste risorse saranno utilizzate solo fino al punto in cui il
loro costo è pari al reddito che generano e non andranno oltre questo limite nel loro
sfruttamento.
Tale conclusione appare piuttosto incoraggiante poiché sembra sottintendere che i
mercati siano dei “consumatori efficienti” delle risorse naturali.
Tuttavia, una tale considerazione è meno tranquillizzante se si passa a considerare le
risorse fornite gratuitamente dall’ambiente.
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
8
Immaginiamo ad esempio un’azienda che per accrescere la sua produzione debba
aumentare il consumo di elettricità, e che la fonte di questa elettricità sia prodotta dalla
combustione del carbone (qualsiasi altra combinazione porterebbe alle stesse
conclusioni generali).
Il costo energetico per l’impresa è dato solo dall’importo della bolletta, la quale
tuttavia, rifletterà solo i costi sostenuti dalla società elettrica stessa per il carbone, per la
manodopera necessaria alla manutenzione degli impianti o, al limite, per i danni
immediati e quantificabili sostenuti dall’ambiente [Turner, Pearce, Bateman, 1998].
Ciò che non viene incluso nella bolletta elettrica è il costo reale pagato dalla comunità e
dall’ambiente in termini di esternalità negativa o perdita di benessere, che si crea
generando elettricità in questo modo.
In generale, siamo in presenza di una esternalità negativa se prevalgono due condizioni
[Turner, Pearce, 1996]:
™ un’attività intrapresa da un agente provoca una perdita di benessere ad un altro
agente.
™ La perdita di benessere non viene compensata.
L’utilizzazione del carbone per la produzione di corrente elettrica genera infatti, tra i
molti effetti collaterali, ossidi di azoto (NOx) e di zolfo (SOx), che possono essere
considerati appunto come esternalità negative.
In assenza di norme pubbliche nessuna società di produzione elettrica rimborserà
completamente i danni provocati dall’inquinamento generato da questi gas (effetto serra
e piogge acide), che non compariranno perciò nella bolletta elettrica dell’azienda: tali
danni saranno infatti difficilmente quantificabili ed avranno una valenza non solo
sanitaria.
Inoltre questi effetti agiranno su tempi (anche) molto lunghi e con effetti spesso
imprevedibili, sinergici, o comunque difficilmente quantificabili anche su cose o
persone distantissime dalla nostra centrale (si pensi alle piogge acide).
Come secondo esempio pensiamo ad un’industria posta a monte di un corso d’acqua,
che scarichi rifiuti in un fiume provocando una perdita di ossigeno disciolto che, a sua
volta, causa la morte di una parte del patrimonio ittico, determinando perdite sia a
livello finanziario che ricreativo per i pescatori a valle. Se questi ultimi non vengono
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
9
compensati per questa perdita di benessere , l’industria a monte continuerà a produrre
come se il danno provocato fosse irrilevante
2
.
Si ha ancora una volta che l’industria crea un costo esterno (esternalità negativa).
Di conseguenza il costo sostenuto dall’azienda per l’aumento del consumo di energia
non rifletterà il vero danno nè l’effettivo costo esterno sostenuto dall’ambiente.
Questi costi sono quindi, in ultima analisi, pagati dalla società in termini di malattie,
degrado ambientale, ecc.
In assenza, quindi, di una opportuna regolamentazione l’impresa non è tenuta a pagare il
reale costo dell’aumento della sua produzione, costo invece che sarà pagato
indirettamente dalla comunità nel suo insieme.
Si noti che un tale danno ambientale provocherà un costo esterno sia quando la società è
chiamata direttamente a pagare per lo stesso in termini monetari (come nel caso
dell’installazione di un depuratore), sia quando il pagamento non è formulato in termini
monetari (come nel caso della perdita di specie ittiche).
L’impresa sta in realtà usando risorse senza prezzo nello stesso modo in cui si usano le
risorse a cui è attribuito un prezzo, nel senso che deciderà sempre di aumentare
l’impiego di una certa risorsa, se così facendo ottiene un ricavo legato alla produzione
supplementare superiore ai costi impliciti in questa decisione.
Sfortunatamente, il costo per l’impresa di impiegare risorse senza prezzo (ambientali) è
evidentemente nullo, e perciò l’impresa aumenterà il loro impiego fino a quando non
sarà più possibile ottenere dalla loro utilizzazione alcun aumento della produzione
[Turner, Pearce, Bateman, 1996].
La domanda che quindi è ovvio porsi è la seguente:
“perché i governi non intervengono nella regolamentazione
dell’utilizzo di queste risorse?”.
5. Il fallimento dell’intervento pubblico
Nel paragrafo precedente si sono esposti i motivi per i quali i liberi mercati hanno
fallito nel controllo dell’ambiente e nella sua protezione.
Essi “falliscono” poiché è del tutto improbabile l’istituzione di mercati per i beni e i
servizi forniti dall’ambiente (ancorché a pagamento).
2
Tratto con adattamenti da: Ravera O. 1994, Introduzione allo studio dell’ecologia, Cafoscarina, Venezia.
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
10
Inoltre, le azioni di un singolo individuo o di una singola azienda incidono sul benessere
dell’intera comunità ma non vi è spesso alcun incentivo a prendere in considerazione gli
effetti sull’ambiente, nella loro totalità, all’interno dell’iter decisionale del singolo o
dell’azienda.
Stando così le cose, sembra emergere la necessità di un intervento dello Stato sul
mercato per proteggere coloro che sono danneggiati da queste esternalità; ciò è quanto
fanno i governi in molti casi: ad esempio quando stabiliscono delle norme sulle
emissioni acustiche, sulla concentrazione di molte sostanza considerate inquinanti (o
comunque soggette a particolari attenzioni perché probabili fonti di danno per la salute),
o quando fissano standard di qualità sulle acque dei fiumi.
Esso inoltre interviene quando un azione ha una portata tale da superare i confini di uno
Stato: per esempio nel caso di incidenti a centrali nucleari (D.P.R. 13/2/64, n185
sicurezza degli impianti e sicurezza sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro il
pericolo delle radiazioni ionizzanti derivanti dall’impiego pacifico dell’energia
nucleare) o di rilascio di sostanze che danneggiano in qualche modo l’atmosfera o che
provocano indirettamente danni alla salute o alla qualità dell’aria (Direttive CEE
n.80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell’aria).
Un’altra importante ragione dell’intervento pubblico (di particolare importanza nelle
questioni ambientali) si presenta quando il danno in questione si concretizza perché
nessuno è effettivamente proprietario della risorsa.
Dal punto di vista dell’interesse personale ogni individuo guadagna dal non ridurre le
emissioni, ma fino a che tutti pensano in questo modo la risorsa sarà sfruttata in maniera
eccessiva (per sfruttamento di una risorsa si può anche intendere il suo uso come
“discarica” ad esempio l’atmosfera è usata come discarica per le emissioni di moltissimi
processi industriali).
In tali circostanze è lo Stato che deve intervenire fissando norme sugli agenti inquinanti,
ma, nonostante quanto appena detto, spesso anche quest’ultimo, alla pari del libero
mercato, fallisce nella gestione delle risorse naturali e dell’ambiente.
Analizziamone le ragioni [Turner, Pearce, Bateman, 1996]:
5.1 Primo
I cittadini pensano che lo Stato ci debba tutelare come comunità piuttosto che come
individui, ma questa immagine di Stato “benevolo” può essere falsa: gli Stati possono
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
11
infatti orientarsi nella promozione di azioni che facilitano una lobby ristretta e preferire
quindi il bene di questa al bene della comunità che, teoricamente, Esso dovrebbe
rappresentare.
Ciò significa che lo Stato potrebbe non intervenire a favore dell’ambiente, specialmente
se questa azione si scontrasse con interessi “forti”.
Inoltre poiché la Legislazione ambientale tende a far gravare i costi sull’agricoltura e
sull’industria, oltre che sul singolo individuo, spesso essa incontra resistenza da parte di
diversi interessi.
5.2 Secondo
Gli Stati potrebbero avere difficoltà enormi nella raccolta delle informazioni, quindi si
potrebbe sottostimare un problema o al contrario sovrastimarlo, solo per il fatto che non
si hanno dati a sufficienza per produrre delle efficaci misure di prevenzione. Potrebbe
poi succedere che non si tenga conto di effetti secondari o si fallisca nell’individuare i
problemi perché è semplicemente troppo difficile raccogliere informazioni. Infine i
politici tendono a volte a considerare la “Politica Energetica”, la “Politica Agricola”
ecc. come dei compartimenti stagni che non interagiscono tra loro quando è invece vero
il contrario.
5.3 Terzo
Lo Stato può avere delle buone intenzioni, nelle persone dei suoi rappresentanti, può
anche formulare una buona legislazione, tuttavia questa va poi tradotta in pratica.
Per fare questo si dovrà così ricorrere a esperti che fanno parte della burocrazia
governativa, i quali diventano così molto importanti e possono facilmente influenzare il
tipo di regolamentazione da applicare.
Inoltre i burocrati non sono funzionari eletti e (cosa assai grave) non vengono valutati in
base ai risultati.
Anche se siamo tutti abituati all’idea che gli Stati dovrebbero mettere ordine nelle cose ,
si è dimostrato che spesso essi possano danneggiare l’ambiente e spesso lo fanno
effettivamente. Tutto questo è definito come “fallimento dell’intervento pubblico”.
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
12
6. La VIA come strumento per la tutela dell’ambiente
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) entra a fianco delle analisi economiche
quale elemento costitutivo di un quadro informativo inerente la convenienza a realizzare
un opera [Polelli, 1987].
Può essere utopistico ritenere che la Valutazione di Impatto Ambientale possa arrivare
ad eliminare le diseconomie esterne, ma è senz’altro realistico ritenere che, qualora la
sua applicazione fosse corretta ed eseguita sopra le parti, sia possibile giungere ad una
minimalizzazione di tali esternalità [Polelli, 1987].
Come è stato anticipato, è impossibile ritenere che nel sistema di mercati sia la gestione
ottimale delle risorse (o altresì l’allocazione degli scarti), si è detto che il mercato agisce
su delle risorse senza prezzo come se ne avessero uno e fallisce così nell’assicurare un
uso ottimale dell’ambiente.
L’ambiente non può essere ritenuto come un contenitore di materie prime e di energia
illimitata, così come non può essere considerato un contenitore degli scarti delle attività
umane.
Il rapporto “vitale” che l’ambiente ha con l’uomo fa si che risulti impossibile
descriverlo solo tramite modelli econometrici, occorre invece un approccio che: “Sia
comprensivo sia della quantificazione dei flussi di risorse e delle variazioni di stock, sia
degli aspetti qualitativi che rappresentano le aspettative di benessere che i fruitori
ripongono nell’ambiente che li ospita.” [Polelli,1987].
Dopo aver dimostrato le difficoltà di stati e mercati nella protezione dell’ambiente è
lecito chiedersi dove sia l’innovazione nell’approccio della VIA.
La VIA è un procedimento amministrativo in cui il proponente l’opera
deve dimostrare la compatibilità dell’opera con il territorio, le risorse
utilizzate e soprattutto con le persone e le comunità che ne subiranno
“l’impatto”.
Quindi, la VIA non solo stimola gli economisti alla ricerca di nuove metodologie, ma
evidenzia anche i limiti degli attuali modelli economici. Il tentativo è infatti quello di
elaborare nuove tecniche per stimare la convenienza di determinati impatti non nei
termini della redditività bensì in rapporto al benessere della collettività, tutto questo ha
una portata così ampia da superare i problemi della quantificazione esternalità.
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
13
In sostanza l’approccio coinvolge in prima persona gli attori sociali destinati a interagire
con le esternalità prodotte dall’impatto ambientale: questo assicura una verifica attenta
delle esternalità prodotte, delle loro conseguenze e in ultima analisi permette di
determinare la fattibilità di un opera sulla base di una analisi a “basso livello”.
Cittadini e comunità infatti potranno intervenire in ogni momento per proporre,
modificare, perfino decidere la non realizzabilità dell’opera (la cosiddetta ipotesi “0”);
mentre la regola del “silenzio assenso”, valevole durante tutta la procedura, impedirà
pericolosi ritardi o inettitudini della burocrazia governativa.
La descrizione dell’iter legislativo per la procedura di VIA esula dagli scopi di questo
lavoro, è invece importante descrivere gli strumenti con cui essa agisce, essi sono di due
tipi: strumenti descrittivi e strumenti valutatitivi.
7. Strumenti e metodi della VIA
La valutazione di impatto ambientale, oltre che essere un mezzo amministrativo e
gestionale, è un potente strumento scientifico e, come tale, deve evolversi verso criteri
obiettivi.
L’approccio metodologico adottato divide l’impatto nelle seguenti fasi:
™ Riconoscimento degli impatti potenziali del progetto e delle varianti;
™ Misura degli impatti;
™ Gerarchizzazione, ponderazione e aggregazione degli impatti: analisi delle possibili
varianti;
™ Valutazione e confronto dei diversi effetti di impatto in rapporto alle diverse
soluzioni prese in considerazione (Box 1.1):
Impatto ambientale della Information & Communication Technology: il caso del telelavoro
14
™
Box 1.1: Schema generale della procedura di VIA
Valutazione
™ descrizione delle caratteristiche fisiche del progetto e delle esigenze di utilizzazione del
suolo
™ descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi
™ valutazione del tipo e della qualità dei residui e delle emissioni previsti
™ descrizione delle principali alternative prese in esame
™ descrizione delle componenti ambientali potenzialmente soggette ad impatto importante
™ descrizione dei possibili effetti sull’ambiente
™ descrizione delle misure previste per evitare o ridurre gli effetti sull’ambiente
™ riassunto non tecnico delle informazioni
™ eventuali difficoltà incontrate nell’assumere informazioni
Consultazione
™ parere delle autorità sulla domanda di autorizzazione
™ individuazione del pubblico interessato
™ consultazione del pubblico interessato
™ modalità della consultazione
Decisione
™ decisone e motivazione che l’hanno determinata
Se la finalità della valutazione di impatto ambientale è il ricercare il miglior
compromesso tra domanda di nuovi insediamenti o infrastrutture e qualità ambientale è
necessario proporre, analizzare e valutare, assieme al progetto stesso, anche delle
varianti che possono permettere una scelta ottimale per l'ecosistema che deve essere in
qualche modo “rimaneggiato”.
7.1 Valutazione
Tra le alternative deve essere anche ipotizzata la non fattibilità del progetto, nel caso in
cui l’analisi effettuata riscontri un eccessivo rischio per le popolazioni, o un “peso”
eccessivo per l’ambiente in cui l’opera verrà realizzata o infine nel caso in cui la
comunità dica semplicemente di no (magari in contrasto con i dati oggettivi emersi
dall’indagine) poiché “vox populi vox dei”.
Le metodologie per la VIA si dividono in due categorie: metodi valutativi e metodi
descrittivi. A loro volta queste due categoria sono così divise (tabella 1.1)
La natura del malfunzionamento delle risorse ambientali
15
Tabella 1.1: le metodologie della VIA [Fonte: Bruzzi, 1996].
METODOLOGIE VALUTATIVE METODOLOGIE DESCRITTIVE
METODI MONETARI
ANALISI COSTI/BENEFICI
ANALISI COSTI/ EFFICIENZA
ANALISI COSTI/EFFICACIA
ANALISI COSTI/OPPORTUNITÀ
METODI NON MONETARI
METODI QUANTITATIVI
METODI QUALITATIVI
MATRICI
CHECK LIST
GRAFI
Le metodologie di valutazione si usano dopo aver descritto il progetto e le alternative
progettuali con le tecniche descrittive.
I metodi monetari si usano quando esiste un prezzo riferito alle risorse per le quali esiste
un mercato ed una proprietà, quando questo non è possibile si usano i metodi non
monetari: questo approccio implica il riconoscimento della pluralità di valori espressi
dalla risorsa in esame.
7.2 Riconoscimento degli impatti potenziali del progetto e delle varianti.
In questo stadio della valutazione viene effettuato un riconoscimento delle attività
elementari che possono avere un impatto sull’ambiente, come pure vengono definite le
componenti ambientali impattate.
Devono essere identificati gli impatti dovuti alla fase di costruzione, oltre quelli
imputabili alla struttura stessa del progetto, come pure le attività indotte che possono
verificarsi (movimentazioni di materiali, traffico veicolare, movimentazione del
personale, ecc.).
In questa fase è molto difficile dare giudizi obiettivi ed è altresì facile esaltare o
sminuire particolari aspetti impattanti; essa può quindi facilmente diventare un forte
punto di contestazione.
Al fine di evitare questi errori sono state proposte varie metodologie, descrittive e
valutative.