3
Introduzione
Il fenomeno dell’immigrazione sta assumendo un’importanza sempre più evidente nella vita
politica, sociale e culturale del nostro Paese. Il costante incremento dei flussi migratori e la
massiccia presenza di adulti stranieri in Italia rendono urgenti interventi legislativi e di politica
linguistico-educativa, al fine sia di soddisfare le necessità legate alla prima accoglienza, sia di
favorire progressivamente l’integrazione dei nuovi arrivati nella comunità ospitante.
In presenza di un particolare pubblico di apprendenti come quello dei migranti, è necessario
favorire percorsi di formazione linguistica specifica, con lo scopo primario di acquisire gli strumenti
fondamentali per essere in grado di agire nei contesti comunicativi concreti dell’ambiente lavorativo
nel più breve tempo possibile. In questa prospettiva, il ruolo rivestito dalla dimensione
comunicativa risulta centrale, in quanto il lavoratore straniero si trova immerso in uno spazio che è
sia linguistico, sia comunicativo in senso più ampio.
Il concetto di abilità parziale costituisce oggi un pilastro dell’educazione linguistica ed è anche
alla base della progettazione e realizzazione dei materiali didattici settoriali nell’ambito del progetto
DEPORT “Oltre i confini del carcere: portfolio linguistico professionale per detenuti”
1
, che prevede
un percorso di insegnamento di lingua settoriale affiancato da un tirocinio formativo e il successivo
conferimento di una certificazione, il Portfolio linguistico-professionale, la cui ricerca continua oggi
nell’ambito del progetto RIUSCIRE
2
.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di proporre i risultati dell’analisi e della sperimentazione
in prima persona di uno di questi percorsi formativi, quello per il profilo professionale di “Aiuto
cuoco e addetti ai servizi di ristorazione”, al fine di cogliere aspetti positivi e criticità dei materiali
utilizzati, oltre che fornire riflessioni e spunti di analisi in base alle reazioni degli apprendenti
immigrati coinvolti e agli obiettivi raggiunti.
A questo proposito, nel primo capitolo si sono descritte le caratteristiche e le problematiche
relative al fenomeno migratorio in Italia e in Toscana, soffermandosi in particolare sui bisogni
comunicativi degli apprendenti migranti; successivamente si sono presentati i materiali didattici,
elaborati in seno ai progetti DEPORT e RIUSCIRE, che mirano a favorire l’autopromozione
dell’apprendente straniero, in quanto rendono il destinatario partecipe e attore del proprio futuro, a
1
DEPORT “Oltre i confini del carcere: portfolio linguistico professionale per detenuti”, finanziato dalla regione
Toscana sui Fondi POR FAS 2007-2013 Linea di Azione 1.1.a.3, D.D. n. 4508/2010. La prof.ssa Benucci è il
responsabile scientifico del Progetto.
2
Key A2-Cooperation for innovation and the exchange of good practices, Progetto RIUSCIRE, Rete Universitaria
Socio-culturale per l'Istruzione e il Recupero in Carcere, Codice attività: 2014-1-IT02-KA204-003517
4
partire dall’acquisizione delle competenze necessarie e funzionali ad inserirsi in un contesto
lavorativo e, di conseguenza, nella società ospitante.
Nel secondo capitolo, si è proceduto a delineare gli aspetti principali della sperimentazione in
prima persona del corso linguistico-professionale per aiuto cuoco, che si è svolto in collaborazione
tra Università per Stranieri di Siena, Migranti San Francesco Onlus e Cescot Confesercenti. Dopo
aver dato indicazioni sull’approccio utilizzato e considerato più idoneo per gli scopi del corso, ci si
è occupati dell’analisi del materiale didattico proposto durante le lezioni, al fine di coglierne aspetti
negativi e punti di forza. Alla fine del capitolo, si è proceduto a fornire gli esiti più significativi
dell’osservazione svolta in classe, con lo scopo di cogliere aspetti della competenza linguistico-
comunicativa, delle abilità socio-relazionali, atte a rilevare la partecipazione alle varie attività
didattiche e l’atteggiamento generale dell’apprendente in contesto formativo, della motivazione e
delle tecniche e metodologie didattiche preferite dai corsisti.
Nel terzo capitolo, si sono proposti i risultati della prova di valutazione finale, fornendo
informazioni sulla struttura del test, per poi procedere alla riflessione riguardante i punteggi ottenuti
dagli apprendenti nelle varie abilità, confrontando gli esiti rispetto al livello di scolarizzazione di
ciascuno studente.
Nel terzo capitolo, ci si è dedicati all’analisi degli errori più frequenti e significativi presenti
nelle prove di produzione scritta e produzione orale, al fine di cogliere meccanismi e strategie simili
nell’acquisizione linguistica.
Nell’ultima parte del presente lavoro, si sono proposti i risultati delle valutazioni delle
competenze professionali ottenute dagli apprendenti durante la parte operativa del percorso, per poi
delineare quali sono state le principali difficoltà riscontrate durante l’esperienza didattica svolta.
Infine, attraverso le interviste al docente del corso di pizzeria e al Segretario dell’Associazione
Migranti San Francesco Onlus, è stato possibile ottenere informazioni interessanti riguardo alle
problematiche principali dei migranti all’interno di un percorso formativo e in generale nella vita
quotidiana che si svolge nelle strutture di accoglienza.
5
1. Immigrazione e strategie di inclusione sociale
1.1 Il fenomeno migratorio in Italia
Il fenomeno dell’immigrazione sta assumendo un’importanza crescente nella vita politica,
sociale e culturale del nostro Paese. Tale fenomeno ha avuto un impatto immediatamente visibile
all’interno della nostra comunità, non più basata su un modello monolinguistico e monoculturale,
ma sempre più orientata in senso plurilinguistico e interculturale.
Nel 2015, i migranti nel mondo sono giunti ad essere almeno 237 milioni, aumentando
soprattutto in Europa e nel Nord America; l’Italia rientra fra i grandi Paesi europei di immigrazione,
con oltre 5 milioni di stranieri residenti alla fine del 2015 e con un’incidenza sulla popolazione
autoctona dell’8,3%, che continua a essere superiore al valore medio europeo.
3
In questo scenario, gli arrivi via mare di profughi e richiedenti asilo politico sono oggetto di
particolare attenzione e interesse. Nonostante l’operazione militare umanitaria “Mare Nostrum” si
sia conclusa nell’ottobre 2014, dall’anno successivo in poi i migranti avvistati al largo delle coste
italiane hanno continuato ad essere soccorsi in mare e portati quindi nel nostro Paese da navi
militari e mercantili di varie nazionalità, oltre che dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera.
Gli sbarchi di immigrati hanno comportato una modifica profonda delle ragioni di emigrazione e
di ricerca di accoglienza nel nostro Paese. Nel 2015 sono giunti via mare in Italia 153.842 migranti,
il 9% in meno rispetto all’anno precedente, ma comunque di gran lunga superiori agli ingressi per
lavoro (appena 21.000) o per famiglia (poco più di 100.000). La conseguenza principale è stata
l’aumento del numero delle richieste d’asilo presentate nel 2015, complessivamente 83.540, con un
incremento del 29,3%, la maggior parte delle quali proviene da Paesi dell’Africa sub-sahariana, con
un rilevante aumento nelle richieste d’asilo presentate da cittadini del Mali, della Nigeria e del
Gambia
4
.
Il costante incremento dei flussi migratori e la massiccia presenza di adulti stranieri in Italia
rendono, quindi, urgenti interventi sia legislativi che di politica linguistico-educativa, al fine di
soddisfare, da un lato, le necessità legate alla prima accoglienza e, dall’altro, favorire
progressivamente l’integrazione dei nuovi arrivati nella comunità ospitante. La principale
motivazione che spinge ad intraprendere un processo migratorio, spesso in condizioni di estrema
3
Cfr. Centro Studi e Ricerche IDOS (a cura di) (2017), Immigrazione e presenza straniera in Italia, Rapporto
realizzato per l’Oecd Expert Group on Migration, Roma
4
Ibid.
6
pericolosità, come nel caso dei viaggi di fortuna via mare, è quella di migliorare la propria vita,
cominciando dalla propria situazione economica.
Ecco che l’immigrato fin da subito si trova a scontrarsi con lo scoglio principale e al tempo
stesso strumento fondamentale per esprimere i propri bisogni, per integrarsi e trovare un impiego: la
lingua italiana. La lingua della quotidianità e delle relazioni interpersonali costituisce sicuramente
un ostacolo iniziale molto importante, soprattutto nella fase di accoglienza durante la quale il
migrante sembra “non aver voce”
5
, ma è piuttosto la lingua della burocrazia, della comunicazione in
ambito professionale a costituire motivo di scoraggiamento e grande difficoltà, non sempre
superabile se non si hanno gli strumenti per farlo. Infatti, una competenza comunicativa in italiano
risulta essenziale non soltanto nella fase di ricerca di un impiego, ma anche una volta trovata
un’occupazione, per essere in grado di svolgere correttamente le mansioni affidate, comprendere il
proprio contratto di lavoro e, in generale, sapersi muovere nel contesto lavorativo con
consapevolezza, al fine di rispettare le norme e vedere tutelati i propri diritti.
6
A complicare ulteriormente la situazione linguistica degli immigrati adolescenti e adulti è la
difficoltà di accertare con sicurezza il grado di istruzione e l’effettivo possesso di un titolo di studio,
in quanto i criteri di certificazione delle competenze non sono uguali e cambiano da Paese a Paese.
In generale, i migranti possiedono un livello di scolarizzazione non elevato e in molti casi sono
semianalfabeti, nonché, di conseguenza, poco allenati all’apprendimento di nuove lingue, per cui
sarebbe auspicabile verificare sempre quali sono effettivamente le competenze in entrata, in vista di
una pianificazione di percorsi formativi e linguistico-educativi.
7
1.2 Immigrazione e professione in Italia e in Toscana
A livello nazionale, secondo i dati del Dossier Statico Immigrazione del 2015, la distribuzione
dei migranti nei vari settori di lavoro è la seguente:
Tabella 1. Distribuzione nei settori di lavoro
5
Bagna C., Condizioni migratorie dell’Italia contemporanea, in G. Bertolotto et al. (2015), Persorsi di ricerca e
formazione linguistico-professionale: DEPORT “Oltre i confini del carcere”, Atti del Convegno DEPORT Siena, 29
gennaio 2015 Università per Stranieri di Siena, Tipografia Senese Editrice, p. 39.
6
Cfr. Benucci A. (2014), Italiano L2 e interazioni professionali, Torino, Utet, p. 46.
7
Bertolotto G. et al. (2015), Op. cit., p. 23.
Settore Distribuzione
Servizi 58,9%
Industria 24,1%
Agricoltura 8,6%
Altri 8,4%
7
All’interno del settore dei servizi, che occupa la quota più alta degli stranieri, la categoria più
rappresentativa è quella dei servizi domestici e di assistenza in famiglia, seguita dai servizi alle
imprese e dal comparto alberghiero-ristorativo.
Tabella 2. Settori che occupano maggiormente gli stranieri tra i servizi
Servizi 58,9%
Servizi domestici e di assistenza in famiglia 18,8%
Servizi alle imprese 9,9%
Comparto alberghiero-ristorativo 7,7%
La situazione degli immigrati in Toscana rispecchia essenzialmente quella nazionale. I residenti
stranieri nel territorio regionale sono 395.573 alla fine del 2015, con un aumento dello 0,2% rispetto
all’anno precedente. La Toscana si conferma come una delle grandi aree di immigrazione nel nostro
Paese, essendo la sesta regione per numero assoluto di residenti stranieri, con un’incidenza del
10,5% sulla popolazione totale. È Prato la città che ospita più immigrati, seguita da Firenze, Siena,
Arezzo e Grosseto.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, oltre la metà degli occupati nati all’estero è impiegata
nel settore dei servizi, con un’incidenza maggiore nelle province di Livorno, Prato e Firenze; il
31,5% lavora nell’industria, in particolare a Massa Carrara, Arezzo e Pisa, mentre il 7,3%
nell’agricoltura, con un peso maggiore a Grosseto, Siena, Arezzo e Pistoia
8
. Come si può notare dai
dati del Dossier Statistico, anche in questo caso la situazione regionale risulta conforme a quella
nazionale, evidenziando come il settore dei servizi sia in genere quello che occupa maggiormente
gli stranieri.
In generale, quindi, i migranti occupano settori di attività con mansioni lavorative poco
qualificate e meno retribuite, costituendo in media il 10% della forza lavoro totale, non soltanto a
causa della crisi economica che sta investendo il mondo del lavoro nel nostro Paese, ma anche e
soprattutto a causa della loro bassa scolarizzazione e formazione professionale. Infatti, come già
osservava Minuz alcuni anni fa:
«[…] lo svantaggio nella formazione e scolarità, inferiore alla scolarità di base, comporta
difficoltà di accedere alla formazione stessa, e quindi ulteriore svantaggio, nonché una posizione
debole e precaria sul mercato del lavoro per periodi prolungati»
9
.
8
Cfr. IDOS (a cura di), L’immigrazione in Toscana, Dossier Statistico immigrazione 2016, (URL)
http://www.caritaspisa.com/wordpress/?wpfb_dl=205
9
Minuz F. (2004), L’insegnamento dell’italiano lingua seconda per il lavoro e la formazione professionale, in
Italiano e italiani nel mondo. Italiani all’estero e stranieri in Italia: identità linguistiche e culturali, a cura di S.
Scaglione, Bulzoni, Roma, pp. 140-141
8
I percorsi di formazione linguistica degli immigrati stranieri in Italia non possono essere costruiti
unicamente per rispondere ai bisogni di sopravvivenza comunicativa o con lo scopo primario e
prettamente strumentale di regolarizzare la propria situazione grazie all’ottenimento del permesso di
soggiorno
10
. Gli immigrati che hanno scelto di vivere nel nostro Paese e, a maggior ragione, quelli
che in qualche modo si sono trovati costretti a emigrare per fuggire da situazioni di pericolo e
precarietà, devono avere gli strumenti necessari non solo ad inserirsi nella società, ma anche nel
mondo del lavoro, riuscendo in questo modo ad evitare il fallimento dell’intero progetto migratorio
e la perdita dell’occasione tanto desiderata di un riscatto personale.
1.3 Bisogni comunicativi degli apprendenti immigrati
In presenza di un particolare pubblico di apprendenti come quello dei migranti, è necessario
quindi favorire percorsi di formazione linguistica specifica, con lo scopo primario di acquisire gli
strumenti fondamentali per essere in grado di agire nei contesti comunicativi concreti dell’ambiente
lavorativo nel più breve tempo possibile. In questa prospettiva, il ruolo rivestito dalla dimensione
comunicativa risulta centrale, in quanto il lavoratore straniero si trova immerso in uno spazio che è
sia prettamente linguistico, in cui quindi la comprensione verbale e la capacità di interagire è
fondamentale per essere in grado di rispondere correttamente a comandi e per salvaguardare la
propria sicurezza e i propri diritti, sia comunicativo in senso più ampio. Il lavoratore deve quindi
mettere in atto più competenze, non solo linguistiche, ma anche pragmatiche e sociolinguistiche,
deve cioè saper “fare” con la lingua. Compito principale del docente è allora quello di facilitare
nell’apprendente l’acquisizione di una competenza comunicativa, la competenza, cioè, non solo di
saper produrre enunciati grammaticalmente ben formati, ma anche di utilizzare tali enunciati in
modo appropriato in base alla situazione.
Nel contesto lavorativo, gli immigrati sono esposti di solito a un input linguistico
qualitativamente poco elevato, caratterizzato in molti casi da varietà di italiano regionale o anche
dialettale, ma anche quantitativamente limitato al particolare dominio del contesto lavorativo in cui
operano.
11
Essi sono esposti, cioè, adottando la terminologia di Balboni, ad una particolare micro
lingua
12
, ovvero la lingua specifica di ogni settore scientifico e professionale, l’universo di lessico e
situazioni comunicative che identifica e distingue i vari contesti lavorativi.
10
Cfr. Benucci A. (2015), Introduzione a L’italiano per il lavoro, Quaderni per l’apprendimento linguistico-
professionale in italiano L2, Tipografia Senese Editrice, Siena
11
Cfr. A. Benucci (2014), Op. cit, p.70-73
12
Balboni P.E. (2000), Le micro lingue scientifico-professionali, Utet Libreria, Torino, p.9
9
Focalizzando l’attenzione sul particolare input linguistico a cui sono esposti gli immigrati in base
all’ambiente lavorativo e, quindi, sugli specifici bisogni che derivano sia dalla condizione stessa di
lavoratore immigrato, sia dall’inclusione in un determinato contesto di lavoro, è possibile allora
stabilire una programmazione dei contenuti utili per un corso professionalizzante per stranieri.
È infatti necessario impostare l’azione di un apprendimento linguistico formale il più possibile
sulla concretezza, su situazioni reali che abbiano un riscontro immediatamente visibile nella vita
lavorativa del destinatario, al fine di ottenere risultati soddisfacenti in tempi brevi. Far rientrare in
un unico percorso formativo apprendimento della lingua e lavoro facilita enormemente la
formazione professionale del migrante, il quale acquisisce gli strumenti sia linguistici che pratici e
operativi per migliorare le proprie competenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro.
Percorsi di questo tipo si differenziano quindi da quelli impiegati in altri contesti, come i generici
corsi di italiano per stranieri organizzati dalle università o dai vari CPIA (Centri Provinciali per
l’Istruzione degli Adulti); costituiscono piuttosto un primo percorso di apprendimento per superare
la situazione iniziale di emergenza comunicativa e formativa, utile ad essere considerati idonei a
svolgere mansioni lavorative. Acquisire queste abilità pratiche e funzionali permette, inoltre,
all’apprendente straniero di superare il senso di vergogna e di inferiorità derivante dalla scarsa
competenza linguistica e socio-culturale del Paese ospitante, favorisce l’integrazione e, di
conseguenza, motiva a proseguire il percorso formativo anche dopo il superamento della situazione
di emergenza iniziale.
1.4 Plurilinguismo e abilità parziali
Nel Quadro Comune Europeo di Riferimento (QCER) si accentua la necessità di adottare,
nell’insegnamento delle lingue straniere, un approccio interculturale e plurilinguistico, che ponga al
centro le necessità dell’apprendente, inteso come attore sociale e non più come ricettore passivo,
che interagisce e porta a termine compiti utilizzando una determinata lingua in particolari campi
d'azione, cioè in base ai vari domini
13
.
Con “plurilinguismo” non si intende necessariamente una padronanza completa di tutte le abilità,
linguistiche e comunicative in senso più ampio, ma piuttosto l’integrazione di più repertori
linguistici. Le varie competenze acquisibili nel corso della vita possono essere scomponibili in
sotto-competenze diversificate, che occupano “ciascuna un settore, una posizione particolare, e con
un raggio di impiego e funzioni diversi”
14
. Il plurilinguismo, quindi, integrando più repertori
13
Cfr. Benucci A. (2014), Op. cit, p. 65
14
Berruto G. (2004), Prima lezione di sociolinguistica, Bari, Laterza, p. 125