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INTRODUZIONE ED OBIETTIVI
Con il concetto di terapia genica (in inglese Gene Therapy) oggi s’intende, in
un’accezione generale, l’inserimento e/o inserzione di materiale ereditario (geni)
all’interno di specifiche cellule bersaglio con l’intento di poter principalmente curare
malattie genetiche ereditarie e non solo (in altri termini, condizioni patologiche). La
procedura d’inserimento è nota agli “addetti del settore” con il termine di trasfezione.
Per altre patologie, invece, siamo interessati a voler uccidere in maniera mirata le
cellule malate responsabili della condizione di malessere, come nel caso del cancro e di
diverse patologie dovute a una proliferazione incontrollata di cellule divenute, a causa
di quest’ultima, anormali e, a tal scopo, modifichiamo geneticamente le cellule del
sistema immunitario del paziente, come i linfociti T oppure le cellule Natural Killer,
impartendo loro un preciso ordine: neutralizzare le cellule tumorali; è necessario
precisare che l’oggetto della tesi verterà, infatti, solo su uno specifico aspetto della
terapia genica: la terapia genica mediante cellule CAR-T,
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l’ultima frontiera della
immunoterapia, che sarà descritta approfonditamente nei successivi paragrafi di questo
progetto di tesi bibliografica, lasciando ad altri testi e/o manuali ben più appropriati,
idonei e completi la trattazione delle altre innumerevoli applicazioni della suddetta
terapia e che in questa sede saranno solo brevemente citate e riassunte.
Essenzialmente, grazie al supporto, ora più che mai indispensabile, della terapia genica,
è possibile oggi introdurre copie corrette e funzionali di un possibile gene all’interno di
una specifica cellula, appartenente a un tessuto o ad un organo, che, ovviamente, ci
aspettiamo che presenti nel proprio genoma entrambe le copie del gene in questione
malate e/o difettive; in tal modo, si compie una vera e propria sostituzione, trasferendo,
di fatto, la versione funzionale e/o ottimale del gene e rimediare al danno da esso
causato; in questo modo, si opera un intervento direttamente sulla radice della patologia
che vogliamo debellare, quindi sulla causa della patologia stessa, anziché andare a
curarne solo gli effetti come gli approcci di talune terapie tradizionali intendono operare
e che si prefigurano, tuttavia, come degli interventi meramente palliativi per il paziente.
Correggere il codice genetico degli esseri umani, applicando i principi dell’ingegneria
genetica, al fine di migliorare le loro condizioni di salute è, quindi, diventata la nuova
sfida ed il nuovo obiettivo del XXI secolo che forse un giorno permetterà, a costi
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Srivastava S., Riddell S.R. (August 2015), "Engineering CAR-T cells: Design concepts", Trends in
Immunology. 36 (8): 494–502.
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sempre più accessibili per tutti noi, di poter somministrare al paziente, affetto da una
certa patologia, una vera e propria “cura personalizzata”, tenendo conto anche
dell’anamnesi ed evitando di ricorrere a soluzioni terapeutiche ormai considerate da
anni troppo generiche ed obsolete e che sembrano arrecare più danni che benefici al
paziente stesso. Con questa strategia è stato possibile curare, per adesso, solo poche
delle circa 5000 malattie genetiche umane esistenti,
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mentre i successi ottenuti contro i
tumori liquidi e, in via sperimentale, contro alcuni tumori solidi ci fanno ben sperare
che la terapia genica possa costituire un importante trampolino di lancio per cercare di
vincere, almeno in parte, questa battaglia contro il male più temuto di tutti i tempi,
nonché la seconda causa di morte a livello globale,
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dopo le malattie cardiovascolari: il
cancro, o meglio i cancri, considerando che il termine “cancro” è piuttosto vago, in
quanto comprende tutta una serie di malattie tumorali ed ogni tipo di tumore differisce
da un altro; concorrono infatti a giustificare tale diversità l’organo colpito, il tessuto
colpito e la suscettibilità del malato: ogni paziente, infatti, risponde in maniera diversa
anche alle stesse cure, ragion per cui non esiste una sola cura, ma tanti protocolli
terapeutici ed approcci differenti tra loro sotto molteplici aspetti (la via di
somministrazione, l’età del paziente, la durata della terapia, il follow-up etc.).
Da premettere una considerazione importante: per quanto riguarda l’approccio per la
cura delle patologie ereditarie, il grande pubblico legittimamente si chiederà come mai
non sia possibile curare queste malattie mediante semplice e banale somministrazione
dall’esterno, con un farmaco o altro, del prodotto genico non funzionante (mancante o
difettivo) come nel caso dell’insulina nei soggetti diabetici. Ebbene, il quesito è presto
risolto: la maggior parte degli enzimi, prodotti dai geni presenti sui nostri cromosomi e
la cui mancanza o disfunzione è responsabile dell’insorgenza della patologia stessa, si
trova in una forma essenzialmente instabile e la somministrazione in forma funzionale
direttamente sui siti bersaglio non è sempre possibile, almeno non in una forma che
possa assicurare un’attività enzimatica a lungo termine. Bisogna, inoltre, tener presente
che la membrana delle nostre cellule è strutturata, come è ben noto, in maniera tale da
presentare un doppio strato fosfolipidico che, per sua natura, impedisce il transito a
macromolecole di grosso calibro, come le proteine (leggasi “permeabilità selettiva”);
2
Peter D. Snustad, Michael J. Simmons, L. Gaudio, C. Polito, “Principi di Genetica” (4° ed.). Napoli:
EdiSES, 2010, pg 506. (titolo originale: Snustad, Simmons, GENETICS – fifth edition. John Wiley &
Sons, Inc.).
3
Redazione AIRC, AIRC (website). Le statistiche del cancro. Ultimo aggiornamento: 1/10/2018.
Estrapolato da https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/cose-il-cancro/numeri-del-cancro.
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essendo gli enzimi, i prodotti genici difettivi, delle proteine a tutti gli effetti, essi
avranno non poca difficoltà ad attraversare il bilayer fosfolipidico ed è per questo
motivo che risulta necessario che la sintesi di questi ultimi debba avvenire stesso
all’interno della cellula in cui dovranno espletare la loro funzione biologica.
La terapia genica rappresenta, quindi, la strategia più promettente del nostro secolo per
la cura di molte patologie ereditarie per le motivazioni succitate ed è attualmente anche
utilizzata per la cura dei tumori del sangue e, in fase sperimentale, per quella dei tumori
solidi, soprattutto in pazienti refrattari alle terapie convenzionali (radioterapia,
chemioterapia etc.). Un appunto sulla terminologia d’uso in questo campo è d’obbligo:
un gene che viene introdotto in una cellula bersaglio o in un organismo prende il nome
di transgene e l’organismo ospitante, all’interno del quale sarà ripristinato il fenotipo
selvatico, si definisce transgenico.
Segue ora una schematizzazione sull’impostazione della struttura di questo progetto di
tesi compilativa e verranno menzionati gli argomenti salienti che sono stati trattati.
Nel primo capitolo si discuterà, in primis, oltre che di una menzione dello stato dell’arte
della terapia genica in generale, dei due più importanti tipi di terapia genica esistenti: la
terapia genica delle cellule somatiche (suddivisa, a sua volta, in terapia genica in vivo
ed ex vivo) e la terapia genica della linea germinale; in secundis, si discuterà delle
analogie e differenze tra le due metodiche, in quali casi si applica l’una e in quali l’altra
e si affronteranno, conseguentemente, le implicazioni, soprattutto da un punto di vista
etico e morale, che esse comportano.
Nei capitoli successivi la tesi s’incentra sulla “terapia genica mediante cellule CAR-T”,
accennata poc’anzi; nel secondo capitolo è, infatti, riportata una succinta storia
dell’evoluzione dell’utilizzo delle CAR-T dalle origini fino ai giorni nostri.
Il lettore, dopo la lettura di questo capitolo, acquisirà una panoramica generale sulle
varie innovazioni apportate alla metodica che si sono susseguite nel tempo e che hanno
reso questa terapia via via sempre più efficace e utile per la cura delle patologie
tumorali; si parlerà dei vettori di seconda, terza generazione che sono stati utilizzati e, in
seguito, adottati nei laboratori di ricerca e ospedalieri di tutto il mondo, fino ad arrivare
alla combinazione vincente tra “terapia genica mediante cellule CAR-T” e tecnica
basata sul sistema CRISPR;
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le CRISPR, come sarà discusso successivamente, sono
elementi genici rinvenibili nei batteri e in archei, coinvolti in natura nel meccanismo di
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Eric Sawyer, “Editing Genomes with the Bacterial Immune System” (blog), su Scitable, Nature
Publishing Group, 9 febbraio 2013.
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riconoscimento e di distruzione di genoma esogeno proveniente da virus simili e/o
uguali a quelli che hanno attaccato in passato il batterio stesso, rendendosi responsabili
della formazione di questi segmenti genici che si sono integrati nel genoma
dell’organismo procariote e hanno così potuto generare un meccanismo di “immunità
acquisita”.
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Il corpus centrale della tesi è dedicato alla disquisizione di un particolare approccio
innovativo per la cura delle malattie onco-ematologiche da poco approdato in Italia e
che si basa, per l’appunto, sull’utilizzo delle già citate cellule CAR-T; ciò di cui si
parlerà verte su uno studio accademico inserito in un trial clinico sotto la direzione del
professor Franco Locatelli, responsabile del “Dipartimento di Onco-ematologia
Pediatrica e Medicina Trasfusionale” dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di
Roma, uno dei complessi ospedalieri maggiormente all’avanguardia a livello
internazionale sia per quanto concerne il trapianto di midollo osseo e sia per il reparto
dedicato all’Onco-ematologia e alla terapia genica e cellulare. L’oncologo bergamasco è
stato colui che ha importato in Italia questo metodo rivoluzionario, prodotto made in
USA, applicandolo per la prima volta ad un bambino di soli quattro anni affetto da
leucemia linfoblastica acuta
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di tipo B, refrattario alle terapie convenzionali e che ormai
era considerato inguaribile e in cui ogni tipo di chemioterapia classica non aveva dato
gli esiti sperati e dove aveva fallito anche il trapianto di midollo osseo da un donatore
esterno. Si darà un certo spazio alla descrizione del trial, in quante fasi esso è suddiviso,
a quali pazienti è rivolto, i primi risultati positivi ottenuti nel 2018 ma, soprattutto, sarà
dedicata un’ampia trattazione all’intera procedura d’ingegnerizzazione e
riprogrammazione dei linfociti T del paziente contro la leucemia da cui era affetto;
saranno, quindi, riportati in maniera minuziosa tutti i vari passaggi della procedura
stessa, partendo dalla leucaferesi, corrispondente alla fase di prelievo dei linfociti T dal
sangue periferico del paziente e il loro conseguente mantenimento in coltura, passando
per l’analisi della struttura del costrutto genico CAR realizzato in laboratorio, che
permette il riconoscimento delle cellule maligne, con particolare riferimento ad una
componente importante del costrutto in oggetto: il gene per la Caspasi 9 inducibile
(iC9), il “gene suicida”, vera innovazione del design del costrutto rispetto alla variante
americana aggiunto per scongiurare il rischio di sindrome da rilascio di citochine,
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Rodolphe Barrangou, “The roles of CRISPR-Cas systems in adaptive immunity and beyond, in Current
Opinion in Immunology”, vol. 32, February 2015, pp. 36–41.
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Douglas M. Anderson, A. Elliot Michelle, “Mosby’s medical, nursing, & Allied Health Dictionary”
(sesta edizione) pag 863, New York, Piccin, 2004.
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effetto collaterale molto frequente quando si adotta questo protocollo terapeutico, per
arrivare, infine, alla fase della reinfusione, ossia della reimmissione nel circolo ematico
del paziente, dei linfociti T modificati preventivamente.
Gli ultimi capitoli della tesi sono dedicati alla descrizione dei vettori virali più comuni
utilizzati nell’ingegnerizzazione dei linfociti T (adenovirus, retrovirus, virus adeno-
associati, virus erpetici), vantaggi e svantaggi nell’utilizzo di ciascun vettore ed, infine,
sarà dato un accenno durante i capitoli ai risvolti futuri di questa terapia per la cura di
neoplasie maligne più gravi che sono i tumori solidi (es. neuroblastoma, glioblastoma),
nonché più ostici e problematici da trattare rispetto alle leucemie e ai linfomi.
In conclusione, possiamo affermare che l’utilizzo della terapia genica poggia su un
assioma importante: risulta chiaro che non per tutte le malattie, sfortunatamente, è
previsto un trattamento che permette di alleviarne i sintomi, ragion per cui è necessario
conoscere obbligatoriamente in questa circostanza la sequenza del gene malato, in modo
tale da poterlo, eventualmente, trasferire all’interno della cellula bersaglio per mezzo
dei vettori succitati. Questo, infatti, è il ragionamento che sta alla base dello sviluppo di
tutte quelle terapie che prevedono un trasferimento di acidi nucleici.
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CAPITOLO PRIMO: STATO DELL’ARTE DELLA
TERAPIA GENICA
1.1. Cenni storici sulla terapia genica (dai primi successi ad oggi)
La terapia genica umana, come è stato accennato nell’introduzione, consiste, quindi, in
una vera e autentica manipolazione del DNA di una cellula; essa, insieme alla terapia
cellulare, appartiene ad una branca importante della Medicina del XXI secolo che è la
“Medicina rigenerativa”, una disciplina innovativa, che si prefigge come scopo quello di
“guarire” un paziente da una malattia, anziché semplicemente “curarla”, attraverso il
rimaneggiamento del DNA stesso del tessuto malato nel caso della prima, oppure
attraverso l’induzione della rigenerazione di un pezzo di organo o un organo completo
nel caso della seconda. Ed è così che, nonostante gli alti e bassi, l’idea di curare le
malattie con pezzi di ricambio di DNA, quasi come se fossero delle “pillole” che
ingeriamo, è prossima a realizzarsi e, molto probabilmente, diventerà disponibile sul
mercato in un futuro non molto lontano.
Tutti i trattamenti che sono stati effettuati nel corso della storia costituiscono protocolli
di terapia genica somatica. Le differenze tra terapia genica somatica e germinale
saranno elencate nei paragrafi successivi di questo capitolo.
I primi approcci all’utilizzo dei geni per la cura di certe malattie, storicamente parlando,
risalgono agli anni settanta del secolo scorso. Nel 1970, per la prima volta, fu clonato il
gene per la β-globina, subunità indispensabile per la costruzione dell’emoglobina, una
proteina, a sua volta, necessaria per la produzione di un eritrocita sano e maturo; se la β-
globina fosse prodotta in quantità minime o assenti, si andrebbe incontro ad una
condizione di talassemia che comporterebbe uno stato di anemia più o meno severo,
quindi di riduzione di globuli rossi circolanti, di emoglobina disponibile e di ossigeno
verso i tessuti. L’idea di poter intervenire sul gene per la β-globina costituisce il punto
di partenza da cui si sono dipanate tutte le sperimentazioni di terapia genica. In quello
stesso anno, Rogers fu il primo a proporre l’utilizzo di DNA esogeno e puro da
“trasfettare” all’interno di determinate cellule per ottenere il recupero funzionale di uno
specifico gene, la cui disfunzione è responsabile di una malattia.
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Due anni più tardi, nel 1972, fu pubblicato sulla prestigiosa rivista Science un
documento di T. Friedmann e R. Roblin intitolato “Gene therapy for human genetic
7
S. Rogers, “New Scientist”, 19 gennaio 1970, p. 194.