I
INTRODUZIONE
La scelta di trattare il tema dell’immigrazione, e in particolare delle seconde generazioni, è
nata da una serie di motivi. Può sembrare banale, ma il fatto di guardare ogni giorno il
telegiornale insieme alla mia famiglia ha creato molti spunti di discussione che hanno
suscitato in me numerose domande. La curiosità verso le tematiche relative
all’immigrazione in Italia nasce proprio da questo. Dal desiderio di verificare se le cose
stanno veramente come vogliono farci credere i mass media, se davvero siamo
letteralmente assaliti da gruppi di “clandestini” pronti a invadere il nostro paese, a portare
via il lavoro agli italiani, a rubare, aggredire, violentare le donne.
Ho iniziato a informarmi confrontando diversi punti di vista, il che vuol dire leggendo
quotidiani di diverso orientamento politico, libri e testimonianze. Quello che mi mancava,
e che mi manca tuttora, è l’esperienza diretta con una persona straniera. Io non conosco
personalmente nessuno che si sia trasferito in Italia, che abbia vissuto sulla sua pelle lo
spostamento da una nazione a un'altra, che sia nato qui ma che abbia genitori stranieri.
Il mio obbiettivo sarebbe stato quello di vedere con i miei occhi la realtà immigrata, e
questo costituisce ad oggi uno dei miei obbiettivi futuri. Data l’impossibilità di realizzare
quest' obiettivo, ho pensato che prima sarebbe stata necessaria una preparazione generale
all’argomento e il mio lavoro nasce proprio da questo.
Dal desiderio di conoscere la storia, le politiche, gli aspetti culturali delle migrazioni, come
sono nate, come si sono evolute sino ad arrivare alla situazione attuale, le cause che le
hanno generate e le conseguenze che hanno apportato, le problematiche, gli aspetti positivi
e negativi. L’obiettivo che mi pongo con questo lavoro è quello di rispondere ad alcuni
interrogativi che riguardano le questioni appena citate. La struttura del mio lavoro offre
una panoramica molto generale sul tema delle migrazioni, realizzata attraverso una
rassegna teorica e di letteratura. In particolare il mio obiettivo principale era di studiare le
seconde generazioni, ovvero i figli dei primo-migranti, che saranno l’argomento centrale
del capitolo conclusivo: nella raccolta delle informazioni, infatti, mi sono presto resa conto
che sarebbe stato impossibile parlare delle seconde generazioni senza le inevitabili
premesse storico-politiche che hanno portato alla loro comparsa.
II
Nel primo capitolo saranno descritte le principali teorie sociologiche che spiegano le cause
delle migrazioni secondo tre livelli di analisi: macro, micro e meso.
Seguirà quindi una breve introduzione storica volta a illustrare come si sono evolute le
migrazioni a partire dal 1800 sino ad oggi, prestando particolare attenzione a uno dei
momenti chiave di cambiamento, ovvero il 1973, anno dello shock petrolifero che ha
sconvolto le interdipendenze e gli equilibri a livello mondiale, validi fino ad allora,
determinando i cambiamenti che sono in atto tuttora. Seguirà quindi una breve descrizione
della situazione migratoria contemporanea a livello generale, ovvero quali sono le
principali tendenze attuali. Sarà qui introdotto il tema delle seconde generazioni, termine
che, racchiude al suo interno una complessità di situazioni che verranno descritte nel primo
capitolo.
Nel secondo capitolo saranno invece esposte la storia, le modalità di gestione e le
problematiche relative all’immigrazione che hanno interessato tre importanti nazioni
europee che possiamo definire di “vecchia immigrazione”, ossia: Francia, Inghilterra e
Germania. Ognuna delle tre ha affrontato il problema con politiche diverse, la Francia, che
accoglie lavoratori stranieri sin dalla seconda metà dell’ottocento, ha da sempre utilizzato
un paradigma assimilazionista, che ha mostrato difficoltà proprio nel momento in cui i
“figli dell’immigrazione” hanno chiesto il riconoscimento piuttosto che l’annullamento,
come era sempre stato, delle loro differenze causando non pochi disordini sociali i quali
hanno messo letteralmente in crisi l’intero sistema.
Diversa è la situazione inglese, l’ideologia pluralista ha infatti, più o meno da sempre, reso
possibile la coesistenza di diversi gruppi di immigrati sul suolo britannico, soprattutto
come conseguenza del grande passato coloniale, i problemi si sono presentati quando le
numerose minoranze hanno iniziato a chiedere un riconoscimento formale della loro
diversità, ovvero maggiori diritti e maggiore possibilità di partecipazione alla vita
pubblica. L’impossibilità di ottenere la race equality sulla quale si fonda l’intera politica
britannica ha generato scontri talvolta sanguinosi e violenti soprattutto nei quartieri
maggiormente segnati dalla presenza di stranieri.
Per quanto riguarda la Germania, invece, l’inclusione degli immigrati ha da sempre avuto
una valenza esclusivamente materialistica e funzionale alla produzione. Solo a partire dal
1973 sono state intraprese politiche volte all’inclusione ma la situazione attuale è
determinata dalla coesistenza di sei grandi gruppi immigrati sul suolo tedesco, molto coesi
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al loro interno, proprio a causa della difficoltà di accesso alla società in cui vivono.
Dopo aver visto le vicende di alcuni grandi paesi, nel terzo capitolo parlerò della situazione
italiana, delle principali leggi che regolano l’accesso alla cittadinanza e le modalità di
ingresso nella nostra società, di come il passato di paese d’emigrazione abbia fortemente
condizionato il nostro sistema legislativo, che solo in anni recenti è stato modificato per
adattarsi alla capovolta situazione attuale. In seguito, cercherò di dimostrare, attraverso le
statistiche, come, contrariamente a quanto affermano i mass media, la situazione degli
immigrati, e in particolar modo delle seconde generazioni, sia rapidamente mutata negli
ultimi anni, e come a questo cambiamento non abbia coinciso con un altrettanto rapido
adattamento normativo.
È nel quarto ed ultimo capitolo che il lavoro si concentra sulle tematiche che riguardano
più da vicino i “figli dell’immigrazione” in primo luogo descrivendo le differenze che
caratterizzano il processo di integrazione dei primo migranti, i genitori, da quello delle
seconde generazioni, i loro figli, elencando le possibili conseguenze, le problematiche che
ne derivano anche, e soprattutto, a livello del nucleo familiare. Continuerò poi spiegando
come nel corso degli ultimi decenni siano cambiate, nei paesi riceventi, le modalità di
ricezione degli immigrati, in altre parole come il concetto di “assimilazione”, volto ad
eliminare le differenze, sia stato sostituito da quello di “integrazione”, che mira invece al
mantenimento e alla coesistenza delle differenze. Verranno poi elencate le strategie
identitarie di inserimento messe in atto dai giovani e nei paragrafi successivi spiegherò
come il ruolo della famiglia e della scuola condizionino i motivi della “scelta” di una
strategia piuttosto che di un’altra.
Proprio la famiglia e la scuola sono gli elementi che sembrano condizionare la riuscita, o
meno, dei giovani nella società. Vedremo come riguardo alla famiglia, sia importante la
presenza di un capitale socio-culturale molto forte che fornisca ai figli gli strumenti per
affrontare le difficoltà successive all’arrivo nella nostra società. Per quanto concerne alla
scuola, invece, avremo modo di constatare che, nonostante le numerose lacune del nostro
sistema scolastico, per i giovani stranieri essa costituisce il principale mezzo di
socializzazione e il più importante trampolino di lancio verso l’ingresso nella società.
Attraverso alcune testimonianze, raccolte nelle ricerche svolte in alcune scuole italiane che
hanno coinvolto bambini e adolescenti di diversa origine, sarà poi evidenziato come per i
ragazzi di seconda generazione sia difficile crearsi o riconoscersi in un’identità definita.
IV
La difficoltà, oltre che essere generata dal trapasso culturale a cui sono stati sottoposti, è
spesso data anche dalla sostanziale chiusura degli italiani nei confronti degli stranieri che si
manifesta attraverso forme più o meno pesanti di discriminazione, anche da parte delle
forze dell’ordine e questo, oltre ai normali problemi legati all’adolescenza, è talvolta causa
di un profondo disagio.
Nell’ultimo paragrafo parlerò infine di Torino, aver vissuto in questa città ha, infatti,
suscitato in me l’interesse per questa disciplina e in particolare per le seconde generazioni.
Attraverso alcune ricerche svolte nel corso degli ultimi anni da diversi autori, cercherò di
spiegare come questa città abbia affrontato la coesistenza di diversi gruppi immigrati e di
come, nel suo piccolo, si sia realizzata in parte la prospettiva transnazionale.
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CAPITOLO - 1
Fuori dal “flusso”. Un quadro tematico
1.1. Perché si emigra?
Le migrazioni sono da considerare come processi, costituiti da fasi e da complessi sistemi
di relazioni. Includono gli attori sociali che ne prendono parte, le istituzioni che le regolano
e le aree che vengono coinvolte: di partenza, di transito e di arrivo.
Le migrazioni consistono in spostamenti temporanei o definitivi di gruppi di persone da
una sede a un'altra.
Innanzitutto bisogna dire che il concetto in sé è molto dinamico e va continuamente
ridefinito, come assunto di base si può identificare la definizione di “migrante” proposta
dalle Nazioni Unite: «una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di
residenza abituale e che vive in quel paese da più di un anno» (Kofman et al, 2000 in
Ambrosini, 2007 p. 17).
Il fenomeno dell'immigrazione è multiforme e in continua evoluzione, una sola teoria non è
sufficiente per fornire spiegazioni esaustive al riguardo.
Di seguito ci soffermeremo innanzitutto sull’analisi delle cause del fenomeno, seguendo tre
approcci consolidati, distinti in base al livello d’analisi, rispettivamente di taglio macro,
micro e meso.
1.1.1. Approcci macrosociologici alle migrazioni
Il primo filone è quello che si occupa di fornire spiegazioni macrosociologiche al
fenomeno, è basato su una distinzione tra fattori di spinta, push factors, e fattori di
attrazione, pull factors, i quali si riferiscono a questioni strutturali, in particolar modo nei
paesi di arrivo dei flussi. Come vedremo in seguito, le migrazioni avvenute a partire dalla
fase dello sviluppo industriale fino alla fine dei “trenta gloriosi” erano regolate
prevalentemente dai pull factors. Per quanto riguarda quelle attuali, sembrano essere basate
sui push factors, in altre parole, i migranti si muovono in seguito alla forza dei fattori
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espulsivi nei loro paesi d'origine: povertà, talvolta la fame, lavoro assente o poco
remunerato, sovrappopolazione causa di carestie, disastri ambientali, regimi oppressivi e
persecuzione delle minoranze spingono le persone a cercare il benessere altrove,
nonostante l'assenza di accoglienza e di opportunità di lavoro nei paesi d'arrivo.
Fondamentale in questo ambito è l'approccio strutturalista, in cui rientrano la teoria
neomarxista della dipendenza e le teorie del sistema-mondo, per entrambe le migrazioni
sarebbero il risultato delle disuguaglianze geografiche nei processi di sviluppo che hanno
portato alcune zone ad essere totalmente dipendenti dall'Occidente, nonostante le
potenzialità di autonomia, ponendole in una posizione subordinata difficile da
abbandonare. La pressione esercitata dall'Occidente, inoltre, attraendo i soggetti più attivi
ed istruiti, va ad incrementare il divario già esistente tra luoghi di origine e di destinazione,
privando i primi delle già scarse risorse ed accrescendo a dismisura le risorse dei secondi.
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La teoria sistemica delle migrazioni, invece, tiene conto delle numerose variabili che
mettono in relazione tra loro le nazioni del mondo, e considera le migrazioni come una
singola variabile, difficile da analizzare se avulsa dal contesto in cui la si colloca.
Per quanto le teorie sopra elencate diano spunti utili all'analisi del fenomeno migratorio,
tendono, però, a considerare i migranti come soggetti passivi, privi di capacità decisionali,
in balia delle decisioni politico-economiche del mondo. Lo schema push-pull, inoltre,
seppure molto utilizzato, non tiene conto del fattore politico-istituzionale, ovvero degli
inevitabili ostacoli costituiti dai controlli effettuati nei paesi riceventi ma considera i
migranti come pedine libere di spostarsi a loro piacimento, eventualità ben lontana dalla
realtà dei fatti.
Da non sottovalutare, infine, è il contributo di Piore (1979 in Ambrosini, 2007) con la sua
teoria dualistica del mercato del lavoro, la quale considera le migrazioni come un
fenomeno strutturale, reso possibile grazie all'insieme delle scelte individuali dei migranti.
Piore identifica due segmenti nel concetto di lavoro delle società riceventi, il mercato del
lavoro primario e quello del lavoro secondario. Il primo composto da posti di lavoro
sicuri, tutelati e ben retribuiti, il secondo da quelli precari, poco o per niente tutelati e mal
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La Globalizzazione è da considerare sia causa che effetto di queste tendenze. Molte critiche sono state
rivolte alla tendenza, da parte delle istituzioni dello Stato, di facilitare la circolazione delle merci
restringendo contemporaneamente lo spazio di movimento delle persone, fenomeno che appare in
controtendenza con il commercio globale che si sta affermando sempre di più. Si tratterebbe quindi di una
globalizzazione utilitaristica, funzionale solo per certi aspetti dell’economia e della cultura dell’Occidente
(Ambrosini, 2007).
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retribuiti. I secondi sono i lavori delle fasce più deboli che vengono progressivamente
rimpiazzate dagli immigrati.
Le società riceventi hanno quindi bisogno di persone che siano disposte ad accettare queste
condizioni di lavoro, per mandare avanti questo segmento dell'economia. Questa teoria
inevitabilmente si scontra con l'ideale di pull factor che la società ricevente sembra
trasmettere nei paesi di provenienza, ma viene accettato ugualmente dagli immigrati,
poiché i loro obbiettivi sono generalmente distanti dalla carriera. Dopo un periodo, gli
immigrati si stabilizzano e assumono una visione del lavoro più simile a quella dei
lavoratori autoctoni, lasciando il posto alle nuove ondate di immigrati. Un'altra versione di
questo approccio è la teoria della città globale di Sassen (Sassen, 1997 in Ambrosini,
2007) secondo cui i grandi poli urbani, in cui si concentra gran parte della produzione,
costituiscono anche il centro dei servizi necessari ai lavoratori ad alta qualificazione.
Persone con uno stile di vita agiato che necessitano di servizi di manutenzione e di cura,
offerti appunto dalla nuova immigrazione, che accetta le condizioni precarie di questi tipi
di lavoro e che viene continuamente attratta dalla richiesta di manodopera delle grandi
città.
Le teorie macrosociologiche offrono spiegazioni esaustive a livello strutturale, ma sono le
teorie microsociologiche che forniscono spiegazioni valide a livello individuale e che
aiutano a capire meglio il fenomeno e le sue cause.
1.1.2. Approcci microsociologici alle migrazioni
Il secondo filone di studi analizza le cause del fenomeno migratorio partendo dal livello
micro, considerando cioè la migrazione come una scelta individuale, ponderata e
volontaria. La teoria neoclassica, basata sul pensiero di Ravenstein, studioso delle
migrazioni di fine ottocento, considera i flussi migratori come aggregati di decisioni
individuali, dettate sulla scelta tra le condizioni di vita nel paese d'origine e quelle
nell'eventuale paese d'arrivo. La possibilità che il trasferimento aumenti il reddito è ciò che
spinge le persone a migrare, non tutti sono però disposti ad intraprendere quest'esperienza,
ed è peraltro necessario disporre di determinate risorse (economiche e non solo).
Le teorie neoclassiche considerano i migranti solo dal punto di vista lavorativo, non
ammettono motivazioni di tipo socio-culturale come causa di migrazione.