8
Il titolo che ho scelto per questo lavoro rappresenta quello che è stato il tentativo
della mia ricerca e cioè quello di riuscire a tracciare, attraverso il percorso migratorio
delle donne straniere, una cornice di riferimento della donna migrante, considerando
principalmente tre momenti: quello della partenza, quello dell’arrivo a Bolzano e quello
delle prospettive per il futuro. A questi si vanno ad intrecciare ulteriori fattori quali le
aspettative, i vissuti precedenti alla partenza, le strategie di inserimento, i piccoli o
grandi episodi di discriminazione, i reali bisogni delle donne in un contesto
completamente nuovo e sconosciuto.
Nel corso del primo capitolo ho tentato di delineare l’approccio che nel corso
della storia, è stato dato allo studio e all’ analisi dei fenomeni migratori da parte della
sociologia delle migrazioni e questo a partire dal XX secolo.
Più specificatamente ho riportato quelli che sono stati i vari contributi, che gli autori
classici hanno dato alla tematica, attraverso i due principali tipi di approccio: quello
micro-sociologico e quello macro-sociologico. Il primo pone alla base dell’analisi del
fenomeno migratorio l’individuo, in termini di attore-agente sociale, il secondo
considera invece i fattori-meccanismi operanti all’interno del sistema sociale.
Ogni autore ha individuato diversi parametri e diverse prospettive, a partire dalle quali è
possibile analizzare e considerare i movimenti migratori. Questo capitolo riassume
brevemente tali approcci, in modo cronologico, partendo dall’approccio
socio-economico di Karl Marx (1818-1883), per arrivare a quello, ecologico – sociale di
elaborato Robert Ezra Park (1864-1944).
Nel secondo capitolo ho approfondito il concetto di “straniero”, dando inoltre
una definizione del termine “immigrazione”.
Rispetto a questi due concetti, ho delineato, le cause e gli effetti dei movimenti
migratori, considerando gli elementi che li caratterizzano, tra cui, i motivi della
partenza, la durata del trasferimento, la distanza geografica del trasferimento, l’impatto
con la società di arrivo, le diverse tipologie di progetto migratorio, a seconda che
riguardino singoli individui, piuttosto che interi nuclei familiari.
Ho preso inoltre in considerazione quello che A.Bastenier e F. Dassetto definiscono
come “ processo sociale di ingresso nella città” dello straniero e i fattori che
caratterizzano, secondo M.Grasso il suo percorso di integrazione nel nuovo contesto
sociale.
9
Ho infine riportato quelli che, a livello europeo, rappresentano i principali modelli di
integrazione dello straniero nelle varie società di arrivo.
Il terzo capitolo è dedicato alla definizione, da un punto di vista giuridico dello
straniero e dei movimenti migratori, classificandoli in primis, in base al diverso
rapporto giuridico con il territorio nazionale di arrivo. In relazione a quest’ultimo ho
evidenziato i tre momenti che caratterizzano l’arrivo dello straniero in Italia – quello
precedente all’ingresso, il momento dell’ingresso e quello successivo del soggiorno,
riportando rispetto a questi, una classificazione delle diverse tipologie di visti d’ingresso
e dei titoli al soggiorno.
Ho infine ripercorso quella che, parallelamente alla crescita della presenza straniera in
Italia è stata l’evoluzione della relativa normativa, approfondendo in modo particolare i
vari riferimenti normativi, partendo dalla Legge 30 dicembre 1986, n. 943, per giungere
alla Legge 30 luglio 2002, n. 189, la c.d. “Bossi-Fini”.
Nel quarto capitolo viene riportato inizialmente un raffronto tra la presenza
straniera a livello nazionale, secondo quanto rilevato in occasione degli ultimi due
censimenti della popolazione residente, quello del 1991 e quello del 2001.
Rifacendomi inoltre ai dati di quest’ultimo censimento, ho riportato quella che, a tale
data, risultava essere la loro distribuzione per aree territoriali (Nord ovest, Nord est,
Centro, Sud, Isole), la loro consistenza suddivisa per sesso e stato civile, la presenza
rispetto alla durata del soggiorno in Italia.
I dati più recenti che sono riuscita a ricavare dalle elaborazioni del Ministero
dell’Interno si rifanno all’anno 2003. Attraverso questi mi è stato possibile riportare i
dati relativi al totale dei visti e dei permessi di soggiorno rilasciati fino a quest’anno, la
suddivisione della popolazione straniera per nazionalità di provenienza e, in base a
questa, la loro incidenza rispetto alle varie aree territoriali d’Italia, la suddivisione per
classi d’età, i motivi del soggiorno in Italia (lavoro, famiglia,asilo politico, ecc.).
Il quinto capitolo introduce invece un quadro generale ed esplicativo dei
movimenti migratori femminili, più precisamente l’evoluzione che questi ed i relativi
studi e ricerche hanno avuto a partire dagli anni ’60, fino agli anni ’90.
A seguito della crescente femminilizzazione dei movimenti migratori è possibile oggi
rivedere in termini più attivi e dinamici la figura della donna immigrata. Da questo
10
concetto di fondo sono state quindi evidenziate le varie tipologie di migrazione
femminile, i motivi della partenza, i diversi rapporti con la società di arrivo.
Il capitolo riporta inoltre un’analisi quantitativa della presenza femminile sul territorio
nazionale, suddiviso per aree di provenienza delle donne migranti, oltre che la loro
incidenza percentuale sul totale della popolazione straniera presente.
Ho considerato inoltre importante sottolineare il ruolo che la donna riveste
nell’esperienza migratoria, rispetto al mantenimento ed alla trasmissione dei modelli
culturali e valoriali della propria società di appartenenza, aspetto che la pone in una
posizione di mediazione tra il nuovo ed il vecchio contesto di vita.
Ho inoltre considerato importante dedicare uno specifico paragrafo alla figura della
“colf”, descrivendo quelle che, nella maggior parte dei casi, risultano essere le
caratteristiche di questa tipologia di esperienza migratoria e di attività lavorativa.
Altrettanto importante ho ritenuto la trattazione, di quella “fetta” di presenza straniera
femminile che riguarda purtroppo le donne vittime di tratta, riportando oltre che dati di
tipo quantitativo, anche un’analisi relativa alla legislazione italiana in vigore rispetto a
tale fenomeno.
In questa parte della ricerca ho introdotto inoltre un’analisi del ruolo della donna
all’interno del nucleo familiare, considerando il ruolo che questa riveste all’interno della
famiglia, a seguito dell’esperienza migratoria, prendendo anche in considerazione il
fenomeno, sempre più frequente in Italia, dei matrimoni misti.
L’ultima parte del capitolo tratta l’associazionismo femminile, quale mezzo di
aggregazione, socializzazione e sostegno tra donne immigrate.
L’obiettivo del sesto capitolo, riporta la prima fase della ricerca sul campo,
avente come obiettivo quello di inquadrare quantitativamente la presenza straniera nella
Provincia Autonoma di Bolzano, dall’anno 1993 all’anno 2003, operando una
comparazione fra il flusso migratorio nazionale e quello provinciale. In particolar modo
l’analisi verte sulla situazione nel comune di Bolzano, anche in rapporto alla
popolazione residente sul territorio comunale.
Segue poi un’analisi quantitativa relativa alla presenza delle donne extracomunitarie a
Bolzano, dall’anno 1990 all’anno 2004. Ho ritenuto infatti fondamentale prendere in
considerazione questo periodo, in quanto, anche se il fenomeno dell’immigrazione è già
presente negli anni precedenti, è con i primi anni ’90 che si registra, anche a Bolzano,
come a livello nazionale, un notevole incremento di stranieri.
11
Segue infine, in riferimento all’anno 2004, una suddivisione della presenza straniera
femminile, per nazionalità di provenienza, per stato civile, per età, oltre che per settore
di occupazione.
I dati riportati sono stati raccolti presso l’Astat di Bolzano, l’Ufficio Statistica del
Comune di Bolzano, la Questura, l’Osservatorio del mercato del lavoro, oltre che
attraverso studi e ricerche condotte a livello locale.
Il settimo capitolo vuole mettere in luce come, in concomitanza alla crescita
della presenza straniera a Bolzano, siano nati e si siano sviluppati servizi, strutture,
attività sindacali, rivolte all’accoglienza, al sostegno, alla consulenza e all’orientamento
dei “nuovi arrivati” nella città capoluogo.
Più specificatamente ho riportato una suddivisione di questi in termini di strutture e
servizi di prima accoglienza, seconda accoglienza, aventi finalità di consulenza,
culturali e religiose, fino al più recente organo consultivo, la Consulta degli immigrati.
L’ottavo e ultimo capitolo introduce la seconda fase della ricerca, quella a
carattere qualitativo, riportando una descrizione delle interviste condotte.
Oggetto dell’indagine sono state 7 donne extracomunitarie (nel dettaglio due
marocchine, due peruviane, un’albanese, un’indiana ed un’ucraina), regolarmente
soggiornanti e con un’esperienza temporale di migrazione di breve/medio periodo,
da 2 a 15 anni di residenza. Ritengo infatti che la residenza sia un fattore determinante,
in quanto indica una stabilizzazione della persona all’interno della città e non una
permanenza temporanea, come potrebbe essere nel caso delle donne che svolgono lavori
stagionali.
Si tratta di donne con un’età media tra i 30 ed i 40 anni, già sposate nel proprio paese
d’origine, separate o nubili. Il livello di scolarizzazione è mediamente alto (su sette
donne, due sono laureate, tre hanno conseguito un diploma di scuola media superiore).
La metodologia qualitativa adottata si è avvalsa dello strumento d’analisi dell’intervista
semi-strutturata. Le interviste, della durata variabile da quaranta a novanta minuti circa,
sono state condotte fra maggio e settembre 2005.
Il contatto con le donne straniere si è realizzato attraverso associazioni locali impegnate
nel campo dell’immigrazione femminile (Gea, Associazione Donne Nissà), attraverso
l’Azienda Servizi Sociali di Bolzano e attraverso contatti con mediatori culturali.
12
Inoltre sono state raccolte due interviste a testimoni privilegiati, il responsabile del
Servizio di prima accoglienza immigrati ed una consulente dell’Associazione Donne
Nissà, in quotidiano contatto con la realtà delle donne straniere a Bolzano.
Nella parte conclusiva viene riportato il resoconto etnografico, attraverso il quale
sono state messe in relazione tra loro, singole voci e racconti di vita, per tentare poi di
trarne prospettive teoriche e sociali più ampie.
L’obiettivo è stato quello di individuare dimensioni e aspetti generalizzabili, per
ricavarne ulteriori spunti orientativi, che mi auguro possano divenire utili elementi per i
futuri approfondimenti d’analisi e per riuscire a realizzare, a livello locale, degli
interventi sempre più mirati rispetto alla realtà migratoria femminile.
In primis sono state considerate le diverse tipologie di percorsi migratori delle donne
intervistate.
Partendo da questi sono state messe in evidenza le difficoltà che le donne straniere
vivono, dall’arrivo a Bolzano, fino alle successive fasi di inserimento, a livello
lavorativo (considerata anche la difficoltà relativa al riconoscimento dei titoli di studio
in Italia), abitativo, oltre che sociale, anche in relazione alla diversa area di provenienza.
Tutto questo è stato sviluppato, analizzando le varie fasi che hanno caratterizzato il
progetto migratorio (motivi della partenza, situazione del paese di appartenenza,
aspettative al momento dell’arrivo), oltre che le motivazioni che hanno portato a
scegliere la città di Bolzano come luogo di destinazione, anche in considerazione alla
connotazione plurietnica della realtà locale e delle conseguenti difficoltà legate al
bilinguismo.
La ricerca ha mirato inoltre a mettere in luce le varie forme di discriminazione che le
donne intervistate hanno vissuto durante la loro esperienza migratoria.
Sono state infine riportate le proposte dei soggetti intervistati, comprendendo quelle dei
testimoni privilegiati, rivolte ad una migliore integrazione della donna straniera a
Bolzano, soprattutto partendo dalle reali difficoltà incontrate nel percorso di inserimento
e sulla base delle reali esigenze delle donne straniere che vivono all’interno della realtà
locale.
Questo lavoro non vuole certo avere pretese di generalizzazione ed esaustività,
né la pretesa di aver esaurito le argomentazioni rispetto ad un fenomeno come quello
migratorio in continua evoluzione. Ritengo inoltre che ogni percorso di vita debba
essere considerato nella sua peculiarità ed unicità, al fine di non cadere nel sempre più
13
comune e banale errore che induce all’omologazione e alla creazione di stereotipi verso
la popolazione straniera.
Ascoltare in maniera diretta storie di vita delle donne straniere, mi ha permesso di
conoscere da vicino, osservare ed addentrarmi, seppur ancora in modo parziale, in
questa parte di mondo sociale.
E’ proprio grazie a questa esperienza, che ho sperimentato e compreso personalmente
perché la convivenza plurietnica, basata sul dialogo, debba essere considerata e vissuta
unicamente come un’opportunità di arricchimento reciproco.
Buona lettura!
14
Ringrazio:
Per le interviste: Maria, Ester, Anna, Naima, Indira, Blanca, Daria, dott. Luigi Gallo,
Manuela Piol dell’Associazione Donne Nissà;
Per la raccolta dei dati e la consulenza:
dott. Manfred Kuppelwieser, dott.ssa Sylvia Profanter dell’Ufficio Statistica del
Comune di Bolzano;
dott.ssa Sallustio dell’Astat di Bolzano;
dott.ssa Manuela Buonfrate dell’Ufficio Servizi Demografici del Comune di Bolzano;
dott. Oberbacher Matthias dell’Osservatorio Provinciale sulle Immigrazioni;
l’Ufficio osservazione mercato del Lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano;
dott. Bruno Marcato dell’Azienda Servizi Sociali di Bolzano;
Alexandra dell’associazione “La Strada - der Weg”;
dott.ssa Sylke Pfitscher della Casa degli Alloggi Protetti;
Angelica, Federica e Stefania del Centro Ascolto Antiviolenza;
Anna dell’Ufficio coordinamento Profughi;
Roberta dell’associazione Donne Nissà;
Mamadou Gaye dell’Associazione Porte Aperte;
Paola Vismara
Luigi Bergamo
Per la stampa: Marzia e Franco
Per la rilegatura: Marcello
Per il sostegno:
Papà, mamma, i nonni, Massimo, Celine;
Daisaku Ikeda, Presidente dell’Organizzazione buddista ISG;
Serena, Martine, Marzia,Tita, Martina, Sandra, Evi, Michela, Marion, Graziella,
Liliana, Maria, Carmen, Sandro, Cristina, Marius e Anna, Gülden
15
CAPITOLO I
L’APPROCCIO STORICO AL FENOMENO MIGRATORIO
I movimenti migratori rappresentano un fenomeno sociale tutt’altro che recente
nella storia dell’umanità.
Dalla fine del 1900 è possibile iniziare a parlare di migrazioni a livello internazionale.
Esse caratterizzano tutta la scena mondiale: basti pensare che nel 1965, le persone che
vivevano fuori dal proprio paese erano 75 milioni e già a metà degli anni ’90 erano
diventate ben 120 milioni.1
Nonostante l’importanza ed il valore del fenomeno migratorio, non sempre gli studi e le
ricerche condotte in merito, si sono però dimostrate adeguate alla comprensione,
all’interpretazione e alla previsione delle migrazioni, limitandosi spesso ad un livello
descrittivo e, nell’ambito della disciplina sociologica, ad un livello prevalentemente
sociografico, come evidenziano G.Pollini e G. Scidà, nel loro testo: “Sociologia delle
migrazioni e della società multietnica”. 2
“L’oggetto di studio della sociologia delle migrazioni - continuano i due autori -
è quello della mobilità umana nello spazio e il mutamento generato da questa nelle
relazioni sociali, nei modelli socioculturali di vita e nell’ambiente umano, cioè nella
società globale in quanto rete di relazioni”.
Le migrazioni possono pertanto essere definite non solo in termini di causa del
mutamento sociale, ma anche in termini di effetto di quest’ultimo.
Nel corso della storia si sono sviluppati principalmente due differenti approcci
all’analisi del mutamento sociale: quello micro-sociologico - che si basa sul ruolo
dell’attore - agente sociale – e quello macro-sociologico - che considera invece i
fattori-meccanismi operanti nel sistema sociale.
Anche nello studio scientifico delle migrazioni, iniziato nel XX secolo, i sociologi si
sono divisi fra chi ha adottato un paradigma di tipo olistico e coloro che hanno adottato
un paradigma di tipo azionista.3
I primi, che si rifanno a classici quali Marx e Durkheim, considerano l’attore come
ipersocializzato e l’azione basata su fattori-meccanismi macro-sociali: lo studio delle
1
Cfr. G.Pollini, G. Scidà, Sociologia delle migrazioni e della società multietnica, Milano, Angeli 2002,
pag. 13;
2
Ivi, pag.14;
3
Ivi, pag.16;
16
migrazioni viene basato sulla ricerca di regole o norme in grado di differenziare le aree
di emigrazione da quelle di immigrazione.
Questi autori nell’interpretazione dei movimenti migratori, individuano diversi fattori,
sui quali basare l’analisi: lo squilibrio nell’offerta di lavoro e nei redditi, che da questo
si traggono nelle differenti aree territoriali, dislivelli sul piano delle tecnologie
disponibili, differenze nell’accesso del capitale ecc.
I secondi, che si rifanno a classici quali Max Weber, adottano un paradigma azionista o
individualista e spiegano il movimento migratorio considerando unicamente le
intenzioni e le motivazioni individuali dell’attore rispetto alla sua decisione di migrare.
E’ solo a partire dagli anni ’70 che, accanto alle prospettive macro e micro nello studio
del fenomeno migratorio, se ne aggiunge una terza, quella meso-sociale o relazionale. 4
Questa prospettiva considera le relazioni del migrante, che influenzano non solo la
decisione di migrare, ma anche la scelta della destinazione, nonché le modalità di
inserimento ed integrazione nella società di arrivo. Questa interpretazione mette così in
luce l’importanza che giocano anche i fattori di carattere sociale nel progetto migratorio
dell’individuo.
D. Massey, ad esempio, definisce a tal proposito i network migratori come “complessi
di legami interpersonali che collegano migranti, migranti precedenti e non-migranti
nelle aree di origine e di destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e
comunanza di origine”5.
Giungendo al XXI secolo, non si può trascurare il ruolo che, anche nel campo
delle migrazioni, ha rivestito il progresso tecnologico e l’innovazione.
La globalizzazione ha infatti favorito l’aumento di contatti, relazioni, scambi materiali e
immateriali tra individui, ridimensionando i movimenti migratori sia in termini spaziali
che in termini temporali.
Per contro la globalizzazione e i conseguenti mutamenti socio-culturali legati alla
modernizzazione hanno generato una sorta di omogeneizzazione, di perdita di
specificità delle diverse culture, ma soprattutto hanno spesso dissociato l’individuo dalle
proprie radici e dalle proprie peculiarità.
Se da una parte quindi il processo di globalizzazione offre all’individuo maggiori libertà
nella scelta dei propri ambiti e contesti relazionali, dall’altra rischia di innescare
processi di omologazione.
4
Ivi,pag. 17;
5
Ivi,pag. 18;
17
E’ importante pertanto considerare i diversi contributi che i vari autori hanno dato allo
studio sociologico delle migrazioni nel corso della storia.
Karl Marx studia il fenomeno migratorio in termini socio-economici6.
”In particolare Marx non analizza tanto il fenomeno migratorio nel suo complesso,
quanto piuttosto il fenomeno emigratorio e di quest’ultimo il suo carattere espulsivo e
forzato, la c.d. emigrazione forzata” (Marx, 1853).
“Egli distingue innanzitutto tra emigrazione forzata tipica delle società antiche ed
un’emigrazione forzata tipica delle società moderne e della Gran Bretagna in
particolare.
Mentre l’emigrazione forzata antica costituiva l’unico rimedio alla forte pressione della
popolazione, via via che essa aumentava di numero, sulle forze produttive, in modo tale
che la popolazione eccedente era costretta ad emigrare altrove, l’emigrazione forzata
nell’epoca della società industriale ha cause del tutto opposte. Non è qui in gioco,
infatti, la pressione della popolazione sulle forze produttive insufficienti ed inadeguate,
bensì sono le forze produttive stesse che premono sulla popolazione, richiedendo una
diminuzione di quest’ultima ed espellendo l’eccedenza con la fame o con l’emigrazione.
In particolare in Gran Bretagna ove, secondo Marx, lo svolgimento di questo processo è
trasparente al massimo grado, è l’applicazione della scienza moderna alla produzione a
causare lo spopolamento delle campagne e la concentrazione della popolazione nei
centri industriali.
Mentre la popolazione rurale va scomparendo, si rafforza numericamente il proletariato
industriale, che si è concentrato in centri enormi intorno ai luoghi in cui operano le forze
produttive”.7
”La causa di tale migrazione forzata interna è individuata nella sfera economica
dell’organizzazione sociale capitalistica, che nella sua dinamica, produce
progressivamente impoverimento e disoccupazione della forza-lavoro…”
(Marx, 1973: vol. I, 3 tomo, pp.78-99).
La posizione di Marx sulle migrazioni resta quindi ambivalente: da un lato infatti
riconosce come esse siano “sorgente fondamentale di ricchezza”, ma dall’altra egli
scrive: ”nella società si va operando una rivoluzione silenziosa, alla quale dobbiamo
piegarci (…). Le classi e le razze, troppo deboli per dominare le nuove condizioni di
vita, devono soccombere”(Marx, 1853:551).
6
Ivi, pag. 42;
7
Ivi pag. 43;
18
L’approccio di Ernst George Ravenstein (1834-1913) è invece di tipo
“geografico – sociale”.8
Ravenstein spiega il fenomeno migratorio, mediante l’enunciazione di leggi, che egli
definisce “leggi della migrazione”. (Ravenstein, 1885;1889).”
In particolare si dedica allo studio delle migrazioni del Regno Unito tra il
1871 ed il 1881.
Egli individua una serie di costanti basate sulla variabile “distanza” (geografica,
culturale, ecc). Come Marx, anche Ravenstein analizza unicamente le migrazioni
interne o intra-sociali.
Egli formula sette leggi:
“1) le correnti migratorie, solitamente di breve raggio, vanno nella direzione dei grandi
centri del commercio e dell’industria;
2) è il naturale risultato del movimento migratorio a far sì che i processi di assorbimento
procedano nella seguente maniera: a) gli abitanti di un paese immediatamente vicino ad
una town in rapida crescita si affollano in essa;
3) i vuoti così lasciati dalla popolazione rurale sono colmati a loro volta da migranti
provenienti da più remote aree; in tal modo i migranti presenti in un determinato centro
crescono in maniera inversamente proporzionale alla distanza del loro luogo di
provenienza;
4) il processo di dispersione è l’inverso del processo di assorbimento e mostra
lineamenti simili;
5) ogni corrente migratoria produce una controcorrente che compensa la prima;
6) i migranti che provengono da lunghe distanze propendono generalmente per i grandi
centri del commercio e dell’industria;
7) la popolazione nativa delle towns è meno propensa alla migrazione della popolazione
rurale;
8) le femmine sono più propense alla migrazione dei maschi.”9
Il suo contributo nello studio dei fenomeni migratori, che egli estenderà
successivamente anche all’ Europa e all’America settentrionale, ha permesso negli anni
8
Ivi, pag. 44;
9
Ivi pag.45;
19
successivi l’evoluzione delle indagini e dei metodi utilizzati nell’ analisi della mobilità
umana.10
Emile Durkheim (1858-1917) sviluppa invece un approccio morfologico-sociale al
fenomeno migratorio.11
Egli sviluppa un approccio multidisciplinare, rivolto a sottolineare il carattere
indipendente delle migrazioni, rispetto alla spiegazione della struttura e delle funzioni
delle istituzioni sociali, da intendersi invece come variabili dipendenti.
Secondo Durkheim il fenomeno migratorio provoca effetti diretti o indiretti, su tutti i
fenomeni sociali collettivi, oltre che sui fenomeni psichici individuali.
Il fenomeno migratorio viene inteso da Durkheim e dalla sua scuola, entro l’ambito
disciplinare della morfologia sociale che pone, accanto agli studi prettamente
sociologici, anche studi di carattere geografico, demografico, antropogeografico.
Durkheim stabilisce una “legge” relativa alle migrazioni, definita come
“legge meccanica dell’equilibrio sociale”, secondo la quale “è impossibile che i popoli
più forti non tendano ad incorporarsi i più deboli, come i più densi si riversano in quelli
meno densi, di modo che vi saranno sempre movimenti di popolazione da un paese ad
un altro, sia in seguito a conquiste violente, sia in seguito a infiltrazioni lente e
silenziose, così com’è inevitabile che i centri più grandi nei quali la vita è più intensa,
esercitino sugli altri un’attrazione proporzionale alla loro importanza”(Durkheim, 1893:
pagg. 335, 336).
Georg Simmel (1858-1918) sviluppa un approccio relazionale- formale alle
migrazioni.12
Egli rivolge la sua attenzione prevalentemente alla figura dello “straniero” e alla sua
relazione ambivalente con la comunità sociale.
“Lo straniero, infatti, a differenza del “viandante”,che “oggi viene e domani va”,
è quella forma sociologica che “oggi viene e domani rimane”, riunendo in se stessa sia
10
“Il modello gravitazionale di Ravenstein è stato successivamente integrato, in senso sociologico, da
Samuel Stouffer (1940), mediante l’introduzione di “opportunità intervenienti”, (costi del viaggio, i
contatti umani tra migranti, l’interdipendenza dei fattori economici, demografici e sociali) giungendo
all’affermazione sintetica secondo la quale “il numero di persone che va ad una data distanza è
direttamente proporzionale al numero delle opportunità a quella distanza, ad esempio, le case non
occupate, ed inversamente proporzionale al numero delle opportunità intervenienti tra la località A e la
località B di arrivo” (Ivi, pag.47);
11
Ivi pag. 47;
12
Ivi pag. 49;
20
l’elemento della mobilità, in quanto distacco da un punto spaziale dato, sia l’elemento
della sedentarietà, in quanto permanenza in un determinato ambito spaziale.”
Inizialmente egli si trova a relazionare con una comunità che non è la propria e che crea
nell’individuo una duplice appartenenza sociale: da una parte lo straniero porta con sé le
proprie peculiarità e caratteristiche derivanti dalla società di provenienza, dall’altra si
trova inserito in una cerchia sociale a lui completamente nuova ed estranea.
In sintesi l’approccio di Simmel porta ad individuare il parallelismo tra l’elemento della
vicinanza e della lontananza, dell’appartenenza e della non-appartenenza dello straniero
alla cerchia sociale, aspetto che alcune volte induce, coloro che stranieri non sono, a
considerare il migrante unicamente come “straniero” e non come individuo dotato di
precisi e peculiari tratti personali.
Max Weber (1864-1920) sviluppa un approccio politico-sociale.13
Max Weber si occupa del tema delle migrazioni, unicamente in due suoi testi, il primo
riguardante la condizione dei lavoratori agricoli nella Germania ad oriente dell’Elba
(1892), il secondo intitolato “Lo Stato nazionale e la politica economica tedesca
(1895)”.
Nel primo saggio la questione della migrazione si rifà alle trasformazioni che
caratterizzano l’organizzazione del lavoro delle grandi proprietà terriere della Germania
orientale, più precisamente l’ incremento dei lavoratori stagionali e la parallela
diminuzione della forza lavoro permanente. Si tratta di lavoratori stagionali provenienti
per la maggior parte dalla Polonia, attratti soprattutto dalla coltivazione della
barbabietola da zucchero.
Weber, svolgendo la propria analisi, considera il fenomeno migratorio, non solo da un
punto di vista economico, ma anche da un punto di vista sociale, psicologico, culturale e
politico.
Tra le cause di natura economica Weber conclude che i proprietari terrieri germanici
hanno tutto l’interesse economico ad assumere lavoratori stagionali, in particolar modo
lavoratori stagionali polacchi, avendo questi ultimi esigenze e bisogni meno sofisticati
dei lavoratori tedeschi, che peraltro emigrano altrove all’interno della Germania.
Tra le cause di natura psicologica, Weber ritiene che “l’emigrante non accetterebbe a
casa propria il tipo di condizioni di vita che gli sono offerte in un luogo di lavoro
distante.”
13
Ivi pag. 50;
21
L’emigrante non si sente inoltre costretto a cercare lavoro presso i proprietari terrieri
locali.
Egli non deve più quindi sottostare ai tradizionali rapporti di potere e attraverso
l’emigrazione può trovare la possibilità di emanciparsi.
La tesi di Weber è pertanto la seguente:” Il processo selettivo che si compie sotto i
nostri occhi è che una nazionalità cede il passo all’ altra ed ha il sopravvento quella che
possiede la maggiore capacità di adattamento a determinate condizioni di vita
economiche e sociali” (Weber, 1895:84).
Werner Sombart (1863-1941) è il primo studioso a considerare lo straniero nelle vesti
dell’emigrante che, abbandonato il proprio paese d’origine, si inserisce in un nuovo
contesto sociale ed economico, fino a riuscire a conquistare l’ambita posizione di
imprenditore.14
Più precisamente Sombart vede nello straniero, il mezzo per innescare cambiamenti
sociali ed economici che possono portare alla nascita di nuovi sistemi nella società di
arrivo.
Lo straniero di cui parla Sombart è lo straniero del Settecento e dell’Ottocento.
Si tratta quindi spesso di un’emigrazione d’èlite che per motivi politici o religiosi, che
in alcuni casi si traducono in conflitti, è costretta a lasciare la propria patria e di
conseguenza la propria posizione sociale. Inserendosi nel nuovo contesto lo straniero,
anche a seguito della sua spesso difficile esperienza di vita, sarà più disposto e pronto
ad affrontare e a contribuire alla trasformazione del sistema, mettendo in discussione le
regole che lo caratterizzano.
Allo stesso modo, alcune volte, risulta congeniale all’immigrato cimentarsi nel ruolo
imprenditoriale.
“Lasciatosi dietro le spalle il fardello rappresentato dalla rete dei legami primari, come
pure ogni interesse a salvaguardare il proprio status quo ormai abbandonato in Patria,
l’immigrato nella nuova terra può lasciare che le sue pulsioni vadano convogliandosi in
direzione dell’iniziativa economica, senza doversi neppure negare il gusto del rischio,
né farsi eccessivi scrupoli morali nel conseguire i propri obiettivi”15.
Sombart vede quindi nello straniero, proprio perché non appartenente alla maggioranza
conformista e tradizionalista, colui che può essere in grado di dare vita ad un nuovo
sistema.
14
Ivi pag. 56;
15
Ivi pag.58;