rappresentato inoltre dal costante appoggio fornitomi da Andrea Stocchiero
2
,
che è stato per mè una preziosa guida durante la ricerca di campo e l’analisi
di JPLA.
Una volta inseritomi nel progetto, l’impatto con i leader delle associazioni di
Juntos por los Andes è stato estremamente positivo grazie alla mia recente
esperienza sudamericana, oltre che, naturalmente, per la possibilità di
esprimermi con gli interessati in una lingua ormai familiare, lo spagnolo.
La partecipazione di Isabella Corvino della SID (Society of International
Development) a tutte le riunioni e la sua attività di organizzazione, segreteria,
monitoraggio, etc…, ha permesso che mi potessi confrontare ed aggiornare
sul lavoro compiuto nei mesi precedenti la mia ricerca. All’interno di Juntos
por los Andes il rapporto privilegiato con N. della Casa dei Boliviani di
Bergamo, parte del direttivo e personalita’ molto attiva nelle riunioni, ha fatto
sì che scegliessi questa città come studio di campo della mia ricerca. La
scelta di Bergamo è stata dettata, oltre che da questo rapporto preferenziale di
amicizia, anche da questioni di comodità geografica e dal suo carattere di
cittadina di modeste dimensioni, più simile a Modena, la città con cui ho
maggiore familiarità.
Una volta cominciata la mia ricerca in loco a Bergamo, ciò che ulteriormente
ha sollecitato i miei interessi di studio, e’ stata la scoperta della presenza
della più grande comunità boliviana in Italia (20.000 presenze, di cui ¾
illegali), seconda in Europa per dimensione dopo Madrid. Sempre a Bergamo
ho avuto inoltre la opportunità di incontrare Mirko Marzadro, dottorando in
pianificazione territoriale e politiche pubbliche del territrorio dell’Università
Iuav di Venezia, che sta svolgendo la sua ricerca su “Famiglia tra
transnazionalità e spazio di vita translocale. Un gemellaggio fra due città per
pratiche sociali innovative e politiche pubbliche tra Cochabamba e Bergamo”
e con il quale ho potuto condividire costantemente i risultati delle mie
interviste e avere un confronto continuo. Ciò che ulteriormente mi ha
indirizzato a questa ricerca e mi ha permesso una maggiore comprensione del
2
Andrea Stocchiero, Vice direttore del CeSPI, dal 1998 coordina programmi di ricerca sui
temi dell’internazionalizzazione dei sistemi territoriali, della cooperazione decentrata (in
particolare il programma Analisi Strategica Cooperazione Decentrata) e delle politiche di
cooperazione per la gestione dei flussi migratori (programma Circuiti economici e migratori
nel Mediterraneo, attualmente programma MigrAction). Ha partecipato inoltre ad altre
ricerche del CeSPI sullo sviluppo delle micro e piccole imprese in Africa sub-sahariana,
America Latina e Mediterraneo.
5
quadro progettuale di cooperazione in Bolivia, è stata la possibilità concreta
di visitare, questo paese durante il periodo di Overseas e in particolare
l’incontro con Riccardo Giavarini, cooperante del MLAL, che mi ha fornito
un grande sostegno durante la permanenza. Questa esperienza anche se
precedente all’inizio della mia ricerca, è stata elemento utile per introdurmi,
sia rispetto ad alcune istituzioni bergamasche, come il centro missionario e la
Caritas di Bergamo, che per comprendere l’attività di alcune associazioni di
immigrati che contribuiscono alla realizzazione di questi progetti.
Il fatto poi che a Bergamo fosse stato aperto, da pochi mesi, il consolato
boliviano e che l’On. Giuseppe Crippa
3
, console onorario, fosse determinato
a creare un progetto di gemellaggio tra Bergamo e Cochabamba, è stato un
ulteriore fattore a favore perché la mia ricerca si concentrasse in questo
periodo storico di fermento dell’associazionismo boliviano e delle istituzioni
locali.
Tutti questi fattori hanno fatto sì che prendessi parte attiva nel tentativo di
organizzare un coordinamento delle associazioni di boliviani a Bergamo per
la creazione della “Federaciòn de Inmigrantes Bolivianos en Italia” e
diventassi sponsor del progetto di gemellaggio. Per ciò la mia ricerca si
caratterizza per un’osservazione partecipante di un processo in costruzione.
3
Giuseppe Crippa, Deputato alla Camera nella X legislatura (1987-1992), eletto nelle liste
del PDS. Attivo nell'Associazione ONG Italiane fin dalla costituzione nel 2000, è stato
Presidente dell'ONG MOVIMONDO di Roma, una delle organizzazioni con grande
esperienza di solidarietà e cooperazione con entità statali, organismi no profit e
organizzazioni popolari di base dei Paesi in Via di Sviluppo
6
Introduzione
L’epoca contemporanea, è stata definita da alcuni autori “the age of
migration”, perchè caratterizzata da un aumento continuo di spostamenti
temporanei o definitivi di persone (Castles, Miller 1998). Le innovazioni
tecnologiche e la diminuzione dei costi di trasporto, hanno determinato una
sempre maggiore velocità di comunicazione, un’intensificazione degli scambi
e un aumento delle relazioni sociali che attraversano i confini nazionali
(Cesareo 2006)
4
. In modo più marcato che nel passato, sembra che ora i
migranti cerchino di esercitare una forma di “doppia presenza”,
sperimentando di essere “qui” e lì”, “insieme e contemporaneamente”; attori
multilivello
5
attraverso più territori (Ceschi 2007). Per questo è nato un
nuovo interesse nel considerare i migranti e i loro gruppi in una prospettiva
transnazionale, che non li veda legati solo in riferimento ai contesti di origine
ma piuttosto inseriti in più ampi spazi sociali. Da un punto di vista oggettivo,
il transnazionalismo consiste in quell’insieme di legami che coinvolgono
persone, reti sociali, organizzazioni strutturate e non strutturate, azioni
formali e informali, che si sviluppano attraverso i confini dei singoli stati
nazione e rimangono vivi nel tempo (Riccio 2007). Dal punto di vista
soggettivo, le pratiche transnazionali dei migranti, ricollegano, sia a livello
pratico che simbolico, appartenenze ed istanze di vita connesse alla propria
mobilità, determinando la costruzione di una nuova identità (Ibidem). Il
doppio ruolo di “emigrati” e al tempo stesso di “immigrati”, rende
particolarmente complesso e contradditorio il rapporto con il paese di origine,
ma allo stesso tempo determina -in ragione di questa doppia identità- che i
migranti possano essere “ponte” tra i contesti di origine e di arrivo.
La caratteristica su cui tutti concordano è che i flussi migratori costituiscono
una fonte di mutamento sociale, ma ne sono anche un effetto. A livello
europeo si è compreso che non è possibile scindere la politica migratoria da
4
I fenomeni di globalizzazione e di transnazionalismo non sono certo eventi inediti del
nostro periodo storico ma sicuramente rispetto al passato l’epoca contemporanea presenta
forti differenze di grado e intensità. Per Vertovec e Mahler la diminuzine dei costi di
trasporto e lo sviluppo delle comunicazioni, ha aumentato l’intensità, l’ampiezza e la velocità
degli scambi comportando un cambio di ordine qualitativo (Ambrosini 2008)
5
Queste comprendono insieme azioni politiche, economiche, sociali e culturali in un
contesto transnazionale.
7
quella della cooperazione allo sviluppo. L’approccio al tema “migrazione e
sviluppo” è variato negli anni passando da un’impostazione “più sviluppo per
una minore emigrazione”, volta solo a eliminare i fattori di spinta delle
emigrazioni, a “una migliore emigrazione per un maggiore sviluppo” in
quanto ci si era accorti, come affermato dalla teoria del migration hump, che
lo sviluppo nelle sue prime fasi alimenta le migrazioni invece che ridurle
(Pastore 2004) . Il migrante diventa così attore indispensabile all’interno dei
progetti di cooperazione, possedendo potenzialmente tre capitali
fondamentali per lo sviluppo:
“le conoscenze e le abilità acquisite nei paesi di accoglienza attraverso l’istruzione,
la formazione e le esperienze formative, ovvero il capitale umano; le rimesse e i
risparmi accumulati nei paesi di accoglienza, quindi il capitale finanziario; i beni
relazionali, i gruppi, le reti, le associazioni, che costituiscono il mezzo privilegiato
per avere accesso a informazioni e risorse, ed acquisire maggiori capacità e potere, e
che gli permettono di essere attori transnazionali, tra territori di accolgienza e di
origine, ovvero il capitale sociale”.(Stocchiero 2004) 6
La letteratura che studia il rapporto tra migrazione e sviluppo però non è
concorde. Alcuni autori sottolineano solo i benefici, indicando le opportunità
che i capitali (umano, finanziario e sociale) accumulati dai migranti possono
essere spesi per il proprio paese (sottolineando l’importanza delle rimesse per
la riduzione della povertà, come garanzia per l’avvallo di prestiti
internazionali e strumento di riduzione del debito attraverso il rafforzamento
della valuta,…); altri invece, avvertono i rischi che questo può avere: dalla
creazione di nuovi fattori di dipendenza, agli effetti dannosi che hanno le
migrazioni in termini di brain drain
7
, e fuga di welfare
8
, …
Il valore dei capitali dei migranti ai fini dello sviluppo locale dipende quindi
dal contesto, dalle specifiche condizioni esistenti e dalle caratteristiche dei
progetti migratori (Mazzali, Stocchiero, Zupi 2002). Finora gli effetti sullo
6
Andrea Stocchiero, (2004) “Migranti e Cooperazione Decentrata Italiana per lo Sviluppo
Africano”, CeSPI Working Papers 10/2004, p.4.
7
Per brain drain o fuga di cervelli si intende l’impoverimento del capitale umano che il paese
riceve a causa dell’emigrazione delle persone con un più alto livello di studi, professionalità,
specializzazione,...
8
Con fuga di welfare si intendono i processi legati alle migrazioni che hanno voluto
rispondere alle domanda di personale medico, sanitario specializzato che fosse in grado di
compensare la crisi di welfare delle potenze occidentali. Una maggiore femminizazione
dell’emigrazione specializzata nell’assistenza e nella cura degli anziani ha prodotto una
riduzione sia del welfare pubblico che di tipo familiare nei paesi di provenienza.
8
sviluppo dei paesi di origine appaiono scarsi o comunque non dimostrabili.
Gli effetti benefici riscontrati a livello micro-locale non possono essere
generalizzati e non sono sufficienti per valutare l’impatto macroeconomico
delle migrazioni sullo sviluppo. Come affermato da Stocchiero, il
dispiegamento del possibile impatto positivo che possono avere i capitali dei
migranti sullo sviluppo dei paesi di origine incontra infatti numerosi limiti, e
dipende da una serie complessa di fattori legati a condizioni esogene ed
endogene (Stocchiero 2004b).
Tra le condizioni esogene possono essere inserite le condizioni politico-
economico-sociali del paese di origine e di destinazione, così come le realtà
specifiche dei luoghi di provenienza e accoglienza (ad esempio il livello di
integrazione economica, sociale e politica degli immigrati, le condizioni del
mercato del lavoro, dell’accesso al sistema bancario); le condizioni dei
rapporti e delle regolamentazioni internazionali che incidono sullo spazio
transnazionale (ad esempio gli accordi sulla gestione dei flussi migratori tra
paese o regione di origine e di destinazione, così come gli accordi per la
concessione di quote per l’emigrazione di lavoratori e ancora le regole
definite a livello di istituzioni internazionali sulla mobilità dei servizi legati
alle persone); l’esistenza di difficoltà di accesso a informazioni e risorse, di
asimmetrie informative, di imperfezione dei mercati del lavoro (il non
riconoscimento dei titoli di studio,…); le difficoltà del ritorno dovuto a
cattive regolamentazioni. Tutti questi sono elementi che andrebbero presi in
considerazione per affrontare una tale indagine. Ad esempio, per quanto
riguarda la realtà italiana, la norma Bossi-Fini (legge 189/2002) impedendo
ai migranti di rimpatriare i contributi previdenziali prima dell’entrata in
pensione, ha determinato una limitazione sostanziale al ritorno nel paese di
origine di molti immigrati.
Le condizioni endogene, comprendono tutte le caratteristiche personali,
riconducibili alle tipologie dei flussi migratori, riscontrabili nei diversi
sviluppi delle catene migratorie. Queste sono relative al volume e alle
caratteristiche di base del flusso migratorio (numerosità, età, sesso, grado
d’istruzione dei migranti); al progetto migratorio e alle sue variazioni nel
tempo (temporaneo o permanente, per motivi di studio, di lavoro, di asilo, o
per ricongiungimento familiare, quindi per scopo e durata); ai vincoli
9
familiari e sociali (legami con la famiglia di origine e loro dinamica nel
tempo); alle caratteristiche etniche, culturali e associative dei migranti.
Inoltre tra condizioni esogene e endogene vi sono interrelazioni che rendono
ancor più complesso capire i possibili impatti dei capitali dei migranti sullo
sviluppo del paese di origine (Ibidem).
Il tema è complesso e non penso che si possa arrivare a facili generalizzazioni
senza cadere in errore e le variabili che si possono osservare sono troppo
numerose per essere considerate contemporaneamente.
Molti studi indicano politiche che possono contribuire alla creazione di un
ambiente favorevole che promuova un’impatto positivo dei migranti sui loro
paesi d’origine. Tuttavia un’analisi svolta esclusivamente in Italia non mi
permette di verificare gli effetti di retroazione delle migrazioni nei contesti di
origine e valutare se effettivamente i migranti sono attori dello sviluppo.
Penso però sia comunque importante domandarsi se il co-sviluppo possa
essere considerato un’iniziativa socio-politico-culturale che rafforza i
migranti nel contesto nazionale di permanenza e ne favorisce l’integrazione.
La mia ricerca vuole dimostrare se e in che misura i progetti di co-sviluppo
possono costituire una strategia che combina uno sviluppo dei paesi di
provenienza con l’integrazione nel contesto di arrivo.
Il mio lavoro si struttura quindi in due parti, una teorica, l’altra di ricerca,
ciascuna composta di due capitoli.
Nel primo capitolo ho cercato di esaminare attraverso un esame della
letteratura i vantaggi e gli svantaggi, che i tre tipi di capitale dei migranti
possono avere rispetto allo sviluppo del paese di origine. In particolare mi
soffermo sulle rimesse individuali che nonostante rappresentino il volume più
consistente delle rimesse totali (individuali, imprenditoriali, collettive),
raramente riescono a generare un processo di sviluppo nella società di
origine, se non accompagnate da politiche che le sappiano indirizzare.
Nonostante questo, sottolineo che, a fronte di dichiarazioni ufficiali
dell’Unione Europea a favore di un ruolo attivo dei migranti finalizzato
all’implementazione di progetti di co-sviluppo, si registrano politiche
migratorie sempre più restrittive. Questa retorica mostra così la
contraddittorietà che ancora persiste tra politiche di cooperazione allo
sviluppo e politiche migratorie.
10
Nel secondo capitolo, ho ritenuto quindi indispensabile analizzare le
caratteristiche e i problemi dell’associazionismo degli immigrati in quanto
soggetto centrale dei progetti di co-sviluppo. L’associazionismo infatti non si
limita a rafforzare i legami sociali interni, ma rafforza il capitale sociale
relazionale esterno capace di favorire quel clima politico di reciproca fiducia
che sappia valorizzare la risorsa che i migranti possono rappresentare ai fini
del co-sviluppo. L’ipotesi condivisa afferma infatti che l’azione collettiva in
quanto maggiormente strutturata e istituzionalizzata, amplifica il ruolo di
attore dello sviluppo del migrante (Ferro, Rhi Sausi 2008). Dopo aver
illustrato la storia, le peculiarità e le difficoltà dell’associazionismo degli
immigrati in Italia, esamino il successo dei Club Zacatecanos. L’esperienza
di Zacatecas dimostra come le associazioni di immigrati messicani negli Stati
Uniti siano diventate attori indispensabili per lo sviluppo della regione di
origine oltre che interlocutori politici transnazionali.
La seconda parte della mia ricerca, comprendente il terzo e il quarto capitolo,
rappresenta il lavoro empirico della mia indagine. In questa sezione ho
cercato di mostrare attraverso la diretta partecipazione a un’associazione di
associazioni impegnata nel co-sviluppo, Juntos Por Los Andes (JPLA)
9
le
difficoltà che un’immigrazione recente come quella andina in Italia ha nel
promuovere progetti di co-sviluppo. Ho sottolineato così l’importanza di un
accompagnamento, come quello fornito dal CeSPI a JPLA, che oltre a
favorire un processo di capacity building ha permesso un rafforzamento
politico e sociale delle associazioni membre.
Nel terzo capitolo, ho scelto di circoscrivere alla sola Lombardia, l’analisi
delle associazioni facenti parte di JPLA, provenienti da tutta Italia. L’analisi
si è poi concentrata su Bergamo, sia per la necessità di focalizzarmi
principalmente sul gruppo di nazionalità boliviana e per definire meglio le
caratteristice d’immigrazione specifiche, che per comprendere le
caratteristiche del territorio che influenzano il contesto sociale, “la struttura di
opportunità politica”. Bergamo ha rappresentato un caso di estremo interesse,
perché rappresenta un “sistema territoriale” appartenente alla cosiddetta
“Terza Italia”, caratterizzata da una vivacità economica che ha attirato un
9
Juntos por los Andes comprende 20 associazioni andine che si sono impegnate a favore di 4
progetti di solidarietà rivolti all’infanzia nei rispettivi 4 paesi di provenineza, raccogliendo
un fondo di solidarietà attraverso una “riffa”(lotteria). L’originalità di questo progetto è che
si basa sul meccanismo moltiplicatore 4+1 che deteremina che, alla quota raccolta dalle
associazioni, ne vengano aggiunte altre 4 da partner esterni.
11
costante flusso di manodopera immigrata, “un sistema territoriale” fondato su
una “economia aperta e una società chiusa” (Bagnasco 1977). Questo è ancor
più vero se si considera che si contraddistingue per una cultura politica
cattolica e un’etica del lavoro abbinata a un certo paternalismo padronale che
si identifica con gli interessi dell’azienda e ad un forte consenso sociale di cui
è stata storicamente protagonista la struttura parrocchiale della Chiesa
cattolica (Basso, Perrocco 2003). La realtà di Bergamo mi è parsa quindi un
caso di notevole interesse di studio per vari motivi: 1. per la presenza della
più grande comunità boliviana a livello nazionale (20.000 presenze, di cui ¾
illegali); 2. per il forte interesse locale per i temi cooperazione e migrazioni
(come lo ha dimostrato la partecipazione al progetto MIDA
10
delle
associaizoni senegalesi della provincia); 3. per la presenza di un ricco, anche
se “neonato” e molte volte “informale”, tessuto associativo, tra cui due
associazioni, parte attiva del direttivo di JPLA. L’associazionismo boliviano
a Bergamo è un attore ancora molto fragile a causa di una storia di
immigrazione recente, una competizione tra i diversi leader e sopratutto una
grossa presenza di irregolari. Sull’onda dell’esperienza di JPLA, si stanno
tuttavia sviluppando i primi tentativi, da parte delle diverse associazioni, di
organizzarsi in una federazione per un impegno maggiore nel co-sviluppo. Il
fermo impegno del console onorario della Repubblica di Bolivia On.
Giuseppe Crippa, a favore della costituzione di un gemellaggio Bergamo-
Cochabamba, rappresenta un’opportunità unica per la cooperazione
decentrata per mostrare che una politica di co-sviluppo deve fondarsi sul
livello locale, proprio per la connessione implicita tra integrazione e
transnazionalismo.
10
MIDA – Migration for Development in Africa – è una strategia dell’OIM che ha
l’obiettivo di valorizzare il ruolo dei migranti ai fini dello sviluppo dell’Africa. La strategia
ha coniugazioni diverse a seconda del profilo dei migranti e dei paesi coinvolti. Il progetto
MIDA Ghana-Senegal, sostenuto dalla Cooperazione italiana, si compone di tre tipologie di
attività:
- valorizzazione delle rimesse attraverso la creazione di nuovi prodotti finanziari per la
raccolta, il trasferimento e l’investimento del risparmio dei migranti;
- valorizzazione delle iniziative economiche transnazionali dei migranti – non condizionate
al
ritorno – attraverso attività di formazione, assistenza tecnica e orientamento all’accesso al
credito.
- valorizzazione dei progetti di co-sviluppo delle associazioni dei migranti (in particolare
attraverso il coinvolgimento della cooperazione decentrata italiana).
12
Nel quarto capitolo, partendo dalla descrizione del progetto Juntos por los
Andes, primo progetto di matching found
11
in Italia che coinvolge 20
associazioni andine, ho cercato di individuarne i punti di forza e di debolezza,
tenendo in considerazione: il carattere di sponsor del CeSPI/SID, l’utilizzo
del meccanismo moltiplicatore 4+1, le diversità delle associazioni che ne
fanno parte, la strategia di questo progetto pilota. I risultati della prima parte
di questo programma ancora in fieri, mostrano che sono presenti ancora
diverse difficoltà. Da una prima valutazione si può però affermare che JPLA
esprime, oltre a una forma di solidarietà e legame con la regione comune
d’origine, una condivisione di appartenenza e un’affermazione di un’identità
che diventa strumento di integrazione e riconoscimento che trasforma
l’azione delle associazioni da affermative ad advocacy action.
Prima di entrare nel cuore della ricerca è necessario esplicitare la prospettiva
metodologica da cui sono partito e su cui ho strutturato il mio studio di
campo.
0.1-Metodologia
La metodologia è stata inevitabilmente influenzata dal fatto che l’oggetto da
cui è partita la mia analisi, Juntos por los Andes, è un oggetto in movimento,
che si caratterizza per un’approccio di learning by doing. Questo ha
determinato che privilegiassi prima di tutto un’indagine di tipo qualitativo,
che fosse estremamente flessibile e si aggiustasse ai continui cambiamenti nel
tempo. Ho adottato da subito un’osservazione partecipante che mi
permettesse di cogliere le caratteristiche degli attori-chiave, e allo stesso
tempo di farmi consocere personalmente e acquisire così la loro fiducia.
Il mio studio si è basato su 3 livelli di analisi:
1) A livello micro-sociologico, attraverso gli studi sulla partecipazione
politica di Verba, mi sono concentrato sulle strategie che i singoli soggetti
adottano, e soprattutto, ho cercato di comprendere quale fosse il loro
interesse nel guidare queste associazioni e nell’implementazione di progetti
di solidarietà (Verba 1963).
11
E’ un meccanismo moltiplicatore, utilizzato con successo dai Club Zacatecanos secondo la
formula 3x1 che determina che i fondi raccolti attraverso le rimesse collettive, indirizzate a
progetti di infrastruttura nei paesi di origine venissero moltiplicati per un valore analogo
rispettivamente dai governi municipale, regionale, federale.
13
2) A livello meso-sociologico, mi sono avvalso dei concetti di capitale
sociale, secondo il significato di di Putnam e di network analysis, per cercare
di fornire spiegazioni sulla mobilitazione degli immigrati andini e sul loro
impegno nel co-sviluppo, concentrandomi sulle caratteristiche delle singole
associazioni coinvolte (Putnam 2000).
3) A livello macro-sociologico mi rifaccio ai concetti di political opportunity
structure, valutando quanto l’influenza di attori esterni come consolati,
istituzioni locali e associazioni pro-immigrati (CeSPI, SID, etc…) abbiano
influenzato la partecipazione a JPLA e considerando in che modo questa
partecipazione abbia a sua volta influenzato la visibilità delle associazioni e
la loro azione locale.
L’attenzione costante della mia ricerca ha riguardato l’aspetto relazionale,
attraverso un’analisi di rete ho cercato di cogliere quali erano i rapporti
all’interno e al di fuori del gruppo, le caratteristiche e le peculiarità di
ciascuno degli attori chiave. Il mio rapporto privilegiato con il CeSPI/SID,
promotori di JPLA, ha determinato che diventassi anch’io parte attiva e
sponsor del progetto. L’inizio della mia analisi -nel settembre 2007- è poi
coinciso con l’avvio della raccolta fondi, ovvero la vendita da parte delle 20
associazioni dei biglietti della riffa
12
per la creazione del fondo di solidarietà
italo-andino. I risultati della vendita dei biglietti, sono stati così per me un
elemento interessante per valutare il grado di partecipazione delle
associazioni al progetto e soprattutto il loro legame sociale sul territorio
locale. Ho deciso in seguito di concentrarmi sulla regione Lombardia, oltre
che per la significatività di questa regione rispetto alla presenza andina, anche
per la localizzazione in quest’area di tre associazioni molto attive nel
direttivo di JPLA. Questo è stato di estrema importanza perché uno dei miei
obbiettivi era capire, oltre l’effettiva strutturazione di queste associazioni sul
territorio, quanto la partecipazione a JPLA li avesse rafforzati sia in termini
di capacity building, sia rispetto al capitale sociale. Bergamo mi è parso poi
un’ottimo caso di studio sia per poter valutare le caratteristiche specifiche di
immigrazione boliviane, scelta come riferimento, sia per comprendere
l’effettivo interesse degli attori locali rispetto al nuovo ruolo di attori dello
sviluppo dei migranti.
La mia ricerca si è avvalsa così di un doppio tipo di valutazione:
12
Significa lotteria in spagnolo
14
a) Un’analisi qualitativa interna a Juntos por los Andes, offerta dalla
partecipazione diretta alle assemblee e dal confronto continuo con i
promotori del progettto CeSPI/SID, in particolare rappresentati da Isabella
Corvino, Andrea Stocchiero, Josè Rhi Sausi. Successivamente attraverso
l’utilizzo di interviste semistrutturate e colloqui in profondità con i leader
delle associazioni appartenenti a JPLA residenti nella regione Lombardia
(Casa dei Boliviani (BG), Todos Por Colombia (BG), Mitad del Mundo (MI)
oltre che con il presidente di JPLA, Juan Velasquez (COPEI)).
b) Un’osservazione esterna sia qualitativa che quantitativa basata sull’analisi
del contesto di Bergamo in cui sono inserite due associazioni facenti parte di
JPLA. Questo studio ha compreso 8 interviste ad associazioni di immigrati,
di cui 5 boliviane (Pegasus, Hermanidad Cristo de los Milagros, Todos por
Colombia, Casa dei Boliviani, Acisbol, Grupo Cultural Folklorico Bolivia,
Asociación Oriental Boliviana, Mi Tierra) e 8 colloqui con attori locali,
istituzionali e non, che si occupano di immigrazione (Agenzia per
l’integrazione, Ufficio pace e cooperazione Comune di Bergamo, Centro
Missionario, CELIM, Caritas di Bergamo, Centro San Lazzaro, Consolato
della Repubblica di Bolivia, Banca Popolare di Bergamo/UBI Bank). La
ricerca ha seguito una metodologia di tipo etnografico ricostruendo la mappa
degli attori-chiave nel campo dell’immigrazione boliviana a Bergamo e delle
loro relazioni attraverso un’analisi qualitativa di rete. Ho poi acceduto a fonti
quantitative attraverso l’utilizzo di banche dati, statistiche e documenti
ufficiali (Provincia e Comune di Bergamo, Caritas di Bergamo, Diakonia
Onlus, Camera di Commercio di Bergamo, ISMU, ISTAT,…). Per cogliere il
grande scarto tra le statistiche ufficiali e la realtà, oltre ad affidarmi alle fonti
rappresentate dalle interviste, ho cercato di essere presente nei luoghi di
incontro, nei momenti di ritrovo, nelle festività e nei fine settimana, in
particolare frequentando la Parrocchia san Lazzaro, il campo da calcio della
parrocchia di Mozzo, ristoranti e bar gestiti da boliviani,…
Questo approccio, è stato arricchito ulteriormente dalla partecipazione ad
alcuni focus group del CeSPI, dalla collaborazione e condivisione di
informazioni con ricercatori universitari, in particolare Mirko Marzadro,
ricercatore della IUAV di Venezia, mi ha permesso di approfondire la ricerca
e lo studio della bibliografia con i dati da loro fornitimi, in un processo di
“triangolazione” delle fonti. (Woodhouse 1998)
15