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INTRODUZIONE
Quella dell’animale è certamente una delle tematiche maggiormente presenti
nella letteratura sin dall’antichità.
Da tempi remoti, scrittori e poeti sentono il bisogno ed il dovere di narrare
racconti di creature animali in quanto queste ricordano loro, per l’appartenenza ad
uno stesso regno, il rapporto con la natura e l’universo.
Agli animali è infatti connessa gran parte della nostra identità e a loro, noi
uomini, dobbiamo la capacità di metterci in relazione con quella parte di natura di
cui essi da sempre, selvatici o domestici che siano, sono i nostri essenziali
mediatori.
Esiste tuttavia una drammatica bipolarità del comportamento umano verso gli
animali. Infatti, se da un lato essi ci appaiono dei benevoli antenati o dei magici
depositari della memoria ancestrale, custodi di misteri e segreti, minacce o incanti;
dall’altro essi vengono considerati da sempre esseri inferiori, poichØ ritenuti privi
di sentimenti, emozioni e pensieri.
Nel mondo in cui viviamo, animali e piante, già esistenti prima che noi
popolassimo il pianeta, hanno saputo accettarci, adeguarsi a noi, farsi
addomesticare ed ubbidirci. L’uomo, dopo un iniziale periodo di collaborazione e
rispetto reciproco, ha iniziato ad usare i suoi non-simili al solo fine di trarne
benefici, uccidendoli, ferendoli, rinchiudendoli in gabbie e recinti, sfruttandone la
forza-lavoro, umanizzandoli, facendoli combattere al solo fine di creare violenti
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spettacoli, ed infine, dalla metà del Novecento, persino possedendoli come
simbolo del suo status sociale.
Anche se la legislazione nazionale ritiene i possessori di animali responsabili
nei loro confronti, garantendone l’integrità fisica, e punisce gli artefici di
maltrattamenti e sevizie, deliberate o meno che siano, l’uomo continua a porsi
come il padrone di essi e dell’intera natura.
Impedendo agli animali di vivere nel modo per il quale si sono evoluti,
l’essere umano ha distrutto un ordine naturale primordiale che caratterizzava
l’intero pianeta, facendo perder loro innocenza, purezza e dignità animale.
Le bestie, in letteratura, a partire dalle favole del greco Esopo e del latino
Fedro, nelle quali divengono personaggi umanizzati assumendo connotati e
psicologia umani, diventano poi creature fantastiche nella mitologia, come nel caso
dei draghi celtici, arrivando infine, come protagoniste o come semplici personaggi,
sino al Novecento, periodo in cui l’interesse per il tema animale conosce una
notevole crescita editoriale.
Chi non ricorda infatti La fattoria degli animali di George Orwell, Il
gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach, Zanna bianca ed Il richiamo della
foresta di Jack London, Le metamorfosi di Franz Kafka, Uomini e topi di John
Steinbeck o Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis
Sepúlveda?
¨ un paradosso pensare però che proprio il secolo durante il quale l’animale
in letteratura conosce uno dei momenti piø fortunati, coincida anche con il periodo
in cui gli animali si allontanano maggiormente dalla vita dell’uomo.
Nasce, in questo periodo, un filone nuovo: quello, certo influenzato da
Rousseau, della natura buona e innocente, migliore della società dell’uomo, e alla
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quale l’uomo deve far ritorno. Questo filone avrà sempre piø successo, fino a oggi.
Esso verrà subito ripreso nell’opera di Gianna Manzini, in cui il tema dell’animale
buono e salvifico si fonde con il simbolo di una vita naturale innocente.
Ho scelto di parlare di tale scrittrice per dar voce, attraverso tutta la sua
opera, a quella parte di natura che molto spesso viene sottovalutata e ritenuta poco
importante per la vita di noi uomini.
Manzini si colloca in un periodo della storia in cui il rapporto uomo-natura,
ed in particolar modo uomo-animale, subisce un forte cambiamento in senso
negativo a causa del progresso economico e scientifico. Al paesaggio rusticale e
campagnolo di un tempo si va sostituendo un nuovo panorama: quello della città,
della fabbrica, dei grandi allevamenti intensivi.
Il legame che univa l’uomo a tutte le altre creature viene meno, quasi fino a
diventare inesistente, in un nuovo scenario dove solo negli zoo, nei circhi e nei
parchi nazionali è possibile avere dei contatti ravvicinati con i nostri lontani
compagni.
La scrittrice, attraverso una scrittura sempre fine e sofisticata, offre spunti di
riflessione sulla crisi del mondo naturale che interessava gli uomini di allora
quanto quelli di oggi.
Per riuscire a fare ciò, ella si discosta totalmente dalla tradizione letteraria
antecedente, la quale vedeva negli animali dei portatori di vizi e virtø degli uomini
o dei ritratti metaforici della società umana. La scrittrice sceglie invece la strada
dell’immaginazione e si affida ad una sorprendente capacità di immedesimazione
in ciò che è diverso da noi in quanto non umano.
Manzini riesce, con tanta naturalezza e disinvoltura, ad usare l’empatia come
strumento di unione e conoscenza tra le diverse specie, ed a spostare la tradizionale
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visione antropocentrica del mondo in direzione della natura, narrando storie di
animali e piante in modo del tutto innovativo.
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CAPITOLO PRIMO
L’AMORE DI GIANNA MANZINI PER LA NATURA E GLI
ANIMALI
I.1 IL RUOLO DEGLI ANIMALI NELLA SCRITTURA DI MANZINI
C’è sempre stato un tema di fronte al quale mi sono impuntata.
Il tema degli animali. Eh, questo, no; questo, no. Questo lo salvo
e lo salverò finchØ campo. ¨ un regno. Non si può passarsela
d’un regno.
1
Gianna Manzini
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, autrice di prose narrative e racconti brevi, di romanzi e di
bestiari, collaboratrice di «Solaria» e giornalista di moda per «Oggi» e con gli
pseudonimi Pamela o Vanessa per una rubrica fissa di «La fiera letteraria», ha un
tema che fra tutti predilige e sul quale insiste durante tutti gli anni della sua
produzione letteraria: quello degli animali
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e del loro ambiente naturale.
1
GIANNA MANZINI, Il mio bestiario, in Animali sacri e profani, Roma, Casini, 1953, p. VIII.
2
Gianna Manzini nasce a Pistoia nel 1896 e morirà a Roma all’età di settantotto anni. ¨ autrice di
racconti (Incontro col falco, 1929; Boscovivo, 1932; Un filo di brezza, 1936; Rive remote, 1940;
Venti racconti, 1941; Forte come un leone, 1947; Ho visto il tuo cuore, 1950, Il valzer del diavolo,
1953, Cara prigione, 1958; Il cielo addosso, 1963; Sulla soglia, 1973), di romanzi (Tempo
innamorato, 1928; Lettera all’editore, 1945; La sparviera, 1956; Un’altra cosa, 1961; Allegro con
disperazione, 1965; Ritratto in piedi, 1971), di ritratti (Ritratti e pretesti, 1960, Album di ritratti,
1964) e di bestiari (Animali sacri e profani, 1953; Arca di Noè, 1960).
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Emilio Cecchi sostiene che il tema dell’animale eserciti un grande fascino negli autori
contemporanei: «Non c’è da meravigliarsi che, sugli autori moderni, iniziati dall’Illuminismo e dal
Romanticismo alla scienza della natura, o almeno al senso della natura, il tema degli animali
eserciti un’attrazione altrettanto svariata che costante. I bisonti di Chateaubriand nelle praterie
americane; il lupo del de Vigny; la balena bianca di Melville; lo squalo femmina di LautrØamont ed
il suo octopus che sfida il Creatore; le pantere, gli elefanti e i pitoni di Kipling […], chi ne ha
8
Essi fanno la loro prima apparizione nel 1929, nella raccolta di saggi brevi
intitolata Incontro col falco
4
, e continueranno ad essere protagonisti assoluti nelle
sillogi di Animali sacri e profani
5
del 1953 e Arca di Noè
6
del 1960, fino all’ultimo
romanzo, Ritratto in piedi
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del 1971, vincitore del Premio Campiello. Gli animali
non mancheranno neppure negli altri suoi romanzi, come Il valzer del diavolo
8
e La
sparviera
9
, con il quale la scrittrice si aggiudica il Premio Viareggio, ex ӕ quo con
Carlo Levi, sebbene rivestano un ruolo di minore importanza o siano personaggi
secondari.
Le creature manziniane popolano la realtà quotidiana, si caricano di simboli
ma sono totalmente prive di significati morali ed hanno come obiettivo quello di
far riflettere il lettore sul segreto di cui esse sono custodi. Tale arcano un tempo
riguardava anche gli uomini poichØ faceva comprender loro qualcosa del mondo al
quale appartenevano prima dell’insanabile rottura verificatasi tra essi e la realtà
naturale circostante. Ora invece questo mistero può essere colto e riconosciuto
soltanto nello sguardo dell’animale. Ed è proprio questo ciò che Manzini vuole
riuscire a fare nelle sue opere immedesimandosi nelle bestie: intende riscoprire
l’enigma che le caratterizza e quel rapporto danneggiato a causa della ventata di
cultura e di industrializzazione che contraddistingue il ventesimo secolo. Da tale
ricerca, inevitabilmente, ne deriva un senso di debolezza, provocato da una
sensazione di finitezza provata di fronte alla maestosità di quel mistero naturale
che invece continua a caratterizzare gli animali, i quali, al contrario dell’essere
voglia non ha che da chiedere, e ce n’è per tutti.» (EMILIO CECCHI, Letteratura italiana nel
Novecento, Milano, Mondadori, 1972, p. 926).
4
G. MANZINI., Incontro col falco, Milano, Corbaccio, 1929.
5
EAD., Animali sacri e profani, Roma, Casini, 1953.
6
EAD., Arca di Noè, Milano, Mondadori, 1960.
7
EAD., Ritratto in piedi, Milano, Mondadori, 1971. E’ l’ultimo romanzo scritto da Manzini, tre
anni prima di morire.
8
EAD., Il valzer del diavolo, Milano, Mondadori, 1953.
9
EAD., La sparviera, Milano, Mondadori, 1956.
9
umano, hanno saputo mantenere viva l’innocenza, definita anche «un barlume
superstite dell’antico Giardino»
10
.
Pur prediligendo animali domestici e dalle grandi dimensioni (sono ricorrenti
le figure di cani, pecore, maiali, cavalli, buoi, mucche) non mancano nelle sue
raccolte anche quelli piø esotici (come vipere e pitoni), quelli acquatici (trote, altri
pesci, ostriche), ed addirittura quelli dalle dimensioni piø ridotte (larve, bruchi,
tarli, cetonie). Manzini racconta infatti nella prefazione di Animali sacri e profani
di come sia riuscita ad instaurare una sorta di complicità anche con «[gli animali]
di cui meno si suppone che possano accedere alla tentazione d’un’intesa»
11
(in
questo caso si riferisce ad una lucertola). La scrittrice afferma, a proposito degli
animali dalle dimensioni ridotte, che spesso venga «il sospetto che, quasi sull’orlo
della parola essi si sottraggono alla nostra confidenza»
12
ed è convinta che essi,
sugli uomini, la sappiano tanto piø lunga di quanto noi la sappiamo sul conto loro e
che ogni silenzio animale, costituito di molti piccoli ragionamenti, sia in realtà
molto piø puro, sacro e profondo dell’articolazione del discorso umano.
¨ con il titolo Animali sacri e profani che l’autrice ci suggerisce due attributi
contrastanti che contraddistinguono tutti gli animali della Terra: essi sono infatti
sacri, ma esiste ugualmente in loro una profanazione. La sacralità deriva dal
mistero, dall’inviolabilità e dalla verità che ci tacciono, rendendoli simili a
misteriose divinità. Il divenire profani non è altro che la causa del loro esilio, del
loro innocente vivere in mezzo agli uomini, dell’essere crudelmente addomesticati
e del ceder confidenza agli umani in maniera ingenua. Manzini li ammira e li
rispetta come un tempo gli uomini rispettavano e adoravano gli dei.
10
EAD., Il mio bestiario, in Animali sacri e profani, cit., p. IX.
11
Ibid.
12
Ibid.