4
sue specificità territoriali – valorizzando in tal senso i nuovi dati di
censimento e la revisione delle previsioni demografiche recentemente
messa a punto dall’Istat – sia allargando l’orizzonte al panorama
europeo. Il secondo capitolo del presente lavoro di tesi si sofferma sui
“protagonisti” delle grandi trasformazioni in atto e affronta il tema della
condizione anziana nel nostro Paese. In quest’ambito una particolare
attenzione si è voluta rivolgere:
• all’analisi del contesto familiare, con l’obiettivo di evidenziarne le
più recenti trasformazioni, ma anche per sottolineare la necessità
che esse non giungano ad intaccare “l’insostituibile funzione
solidale che la famiglia è tuttora chiamata a svolgere con
riferimento a quella quarta età che le persone devono avere il
diritto di vivere nello stesso contesto in cui sono cresciute”
1
.
D’altra parte, il fatto che la famiglia sia indiscutibilmente destinata
a rimanere la sede naturale del vivere – il “luogo dove si integrano
relazioni affettive, doveri e diritti, responsabilità e solidarietà”
2
–
trova conferma nel pressoché universale orientamento a stare in
famiglia anche in corrispondenza della stagione della vecchiaia.
Così talvolta per scelta e tal altra per necessità, la famiglia italiana
si prepara a rispondere alla sfida dell’invecchiamento demografico
1
Sacconi M., Reboanti P.,Tiraboschi M., La società attiva, Marsilio, Venezia 2004,
pag. 37.
2
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Welfare Famiglia. Mutamenti sociali
e linee di azione, IMS – Istituto Italiano di Medicina Sociale, Roma, 2004, pag. 7.
5
(e soprattutto dell’accelerazione che le dinamiche in atto sembrano
dovergli imprimere nei prossimi decenni) adattandosi al
cambiamento strutturale attraverso la ricerca di nuovi equilibri, ma
anche attivandosi, da un lato, per sviluppare reti e iniziative volte
a potenziarne la capacità di agire ed interagire per il benessere dei
suoi membri più deboli, dall’altro, per valorizzare l’apporto che
gli stessi anziani attivi che ne fanno parte possono ancora
largamente fornire. Se dunque è vero che la famiglia rappresenta
l’istituzione che normalmente accompagna ancora oggi gli italiani
anche nel corso delle età anziane, la principale risorsa a
disposizione dell’anziano per fronteggiare la non autosufficienza,
è anche vero che essa recepisce nel tempo le profonde
trasformazioni associate agli eventi socio-demografici che
intervengono lungo la vita degli individui.
Attualmente, dunque, il modello di solidarietà familiare, in
conseguenza delle trasformazioni strutturali, della contrazione
della natalità e dell’inserimento crescente delle donne nel lavoro, è
messo in discussione. La famiglia ha assunto configurazioni
inedite, caratterizzandosi per la ridotta disponibilità a costituirsi
come risorsa reale e potenziale di fronte ad esigenze
presumibilmente crescenti.
6
E’ pertanto facilmente prevedibile che le trasformazioni
intervenute nella struttura familiare e nella composizione
demografica della popolazione hanno concorso al calo del
sostegno familiare e, necessariamente alla nascita e all’aumento
della domanda dei servizi esterni;
• all’analisi delle condizioni di salute della popolazione anziana, sia
come percezione soggettiva sia come prevalenza delle principali
malattie croniche.
La prospettiva di una vita più lunga appare, ed ovviamente è
estremamente gradevole e consolante; pone però, ed è del tutto
ovvio, qualche problema nuovo. L’avanzare dell’età, soprattutto al
di sopra dei 75 anni, provoca, infatti, non solo l’aumento
dell’incidenza di alcune malattie, ma anche la presenza
contemporanea di più patologie con conseguente rischio di
disabilità.
Conoscere l’anziano, la sua salute, i suoi bisogni e i rapporti tra
questi e la sua autonomia è, quindi, una condizione indispensabile
per affrontare il tema dell’assistenza e più in generale della
gestione dei servizi, ovvero per capire se e quando sia opportuno
intervenire, in che cosa debbano consistere tali interventi, quale
impegno richiedano, chi debba farli e così via.
7
Si tratta quindi di valutare la salute degli anziani, per interrogarsi
sull’aiuto che possono offrire i servizi sociali e sanitari per far sì che
questa salute sia la migliore possibile. Per questo ci sarà un’attenzione
costante ai bisogni degli anziani, visti come espressione della loro
condizione di salute, ma anche un’attenzione agli interventi che possono
essere erogati per rispondere a tali bisogni, proprio perché gli interventi
dovranno comunque concorrere a tutelare e promuovere la salute. In
questa prospettiva la valutazione della salute degli anziani deve servire
sia a determinare gli obiettivi da perseguire attraverso i servizi, che a
verificare i risultati raggiunti con gli interventi erogati.
Il presente lavoro di tesi si conclude, dunque, con una dettagliata analisi
della situazione e dell’evoluzione demografica nella realtà locale
provinciale e dell’Agro nocerino-sarnese, con particolare attenzione al
fenomeno dell’invecchiamento, in particolare ho voluto effettuare
un’analisi del quadro dell’offerta di strutture e di servizi di assistenza
sociale e sanitaria fornita dalle Amministrazioni comunali che
afferiscono a questo territorio e delle strutture del Terzo settore che
operano nello stesso contesto.
Ho ritenuto opportuno in questo ambito riferirmi al Piano di Zona
dell'Agro, un vero e proprio piano regolatore delle strutture e dei servizi
sociali e socio-sanitari erogati alle fasce sociali più deboli presenti sul
territorio dell'Agro nocerino-sarnese.
8
Il Piano di Zona programma e realizza interventi per soggetti anziani;
l’obiettivo principale è il mantenimento ed il recupero
dell’autosufficienza e dell’autonomia dell’anziano. Gli interventi
rispondono ai bisogni individuali e promuovono a livello locale
l’integrazione dei servizi socio-sanitari offrendo una risposta unitaria e
globale con particolare attenzione alle persone non autosufficienti.
La speranza è quella di fornire un quadro più completo ed esaustivo delle
criticità e delle opportunità offerte dal territorio in ordine alle sempre più
urgenti e non più procrastinabili problematiche della Società Anziana.
9
CAPITOLO PRIMO
L’INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE::
ASPETTI SOCIO-DEMOGRAFICI.
1. L’invecchiamento demografico in Italia e nei Paesi dell’Unione
Europea.
“Invecchiare è un privilegio e una meta della società. E’ anche
una sfida, che ha un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI
secolo.”
3
E’ uno dei messaggi proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità
sul tema della salute degli anziani. Un argomento che acquista sempre
maggiore importanza in una società, come la nostra, che sta vivendo una
sorta di rivoluzione demografica che “non si è esitato a definire, con
incisive e fantasiose espressioni, rivoluzione grigia, a significare il
rapido aumento, carico di conseguenze economiche, sociali e culturali
(oltre che demografiche), della quota di popolazione anziana prodotto
dall'allungamento progressivo della durata media della vita e dalla
diminuzione della natalità”
4
. Ritengo opportuno dapprincipio
puntualizzare su i due concetti di invecchiamento, quello biologico e
quello demografico che risultano nettamente distinti. L'insieme di
3
Health 21: La salute per tutti nel 21° secolo, 1998.
4
V. Egidi, Strutture di popolazione, in Demografia (a cura di) Bacci, M. L,
Blangiardo G. C , Golino A., Edizioni Fondazioni Agnelli, 1991, p. 349.
10
trasformazioni che si estendono a tutto l'organismo vivente, a seguito
dell'avanzamento dell'età, identifica ciò che viene definito
invecchiamento biologico (o senescenza). Esso riguarda ogni singolo
individuo e la sua progressione, così come le relative conseguenze,
variano in relazione a molteplici fattori personali e di contesto.
Ben altro significato e caratteristiche ha, invece, il concetto di
invecchiamento demografico o della popolazione, intendendosi quel
processo che si traduce nell'aumento della proporzione di persone
anziane nell'ambito di un aggregato umano. Di fatto l’uno
(invecchiamento biologico) è individuale e irreversibile, l’altro
(invecchiamento demografico) è collettivo e può attenuarsi o accrescersi
nel tempo in relazione alla dinamica dei fattori che lo determinano.
Sempre nell’ambito della terminologia, conviene ancora notare che la
definizione di invecchiamento demografico, in quanto espressione
dell’aumento della presenza di anziani, non può comunque prescindere
dalla valutazione dei tempi dell’invecchiamento biologico e rende
necessario definire in via preliminare cosa s'intenda per "persona
anziana".
A tale proposito è invalso l'uso di considerare come soglia di ingresso
nella vita anziana il raggiungimento di una prefissata età anagrafica (60 o
65 anni secondo diverse concezioni), esplicitando in tal modo un
giudizio di valore su quelle che si considerano le caratteristiche
11
costitutive dello "stato di anziano", prime fra tutte: l'allontanamento dalla
vita attiva e l’eventuale condizione di dipendenza economica o dagli
handicaps.
L'adozione di un limite d'età fisso come soglia di accesso alla vita
anziana risulta fuorviante, sia quando si fanno confronti nel tempo e
nell'ambito di una stessa popolazione, sia quando si prendono in esame
popolazioni che si sono evolute con modalità diverse e che hanno
raggiunto stadi differenti del processo di transizione demografica.
L’identificazione e la misurazione della componente "anziana" di un
collettivo demografico dovrebbe, infatti, avvalersi di una definizione in
cui l’età anagrafica si accompagna a valutazioni dinamiche legate
all'efficienza, allo stato di salute, all'integrità fisica dei potenziali anziani.
Più in specifico, come fanno notare gli autori dell’ultimo Rapporto sulla
condizione del paese
5
, una soglia statica come quella convenzionalmente
basata sull’età anagrafica potrebbe non essere più soddisfacente per
determinare il passaggio dall’età adulta a quella anziana, visto che i
65enni di oggi possono contare su speranze di vita decisamente superiori
rispetto ai loro coetanei del passato. Ciò per sottolineare che si diventa
anziani sempre più tardi e che gli anziani di oggi rappresentano una
sottopopolazione estremamente complessa ed eterogenea, per la quale il
solo indicatore dell’età anagrafica diventa sempre meno rappresentativo
5
Istat., Rapporto Annuale. La situazione del paese, Roma, 2003.
12
delle reali condizioni dell’individuo anziano. Su questo punto il dibattito
e oggi molto vivo.
L’invecchiamento demografico costituisce, almeno per ora, un problema
tipico del mondo più sviluppato e appare saldamente radicato nel
continente europeo, ove tende ad accrescersi con forte intensità. Le
persone ultra65enni rappresentano oggi oltre il 21% della popolazione
dell'Unione Europea (circa 60 milioni di persone).
Analizzando la dinamica della fecondità, i paesi dell’Unione sono
accomunati da livelli di fecondità tendenzialmente bassi (il tasso di
fecondità totale attualmente non arriva a 1.5), ma è possibile evidenziare
difformità anche piuttosto marcate all’interno dei singoli paesi. Nello
specifico, si riscontrano livelli di fecondità decrescenti nel passaggio dal
nord al sud dell’Europa: i valori più bassi si riscontrano in Italia e in
Spagna (1.24 e 1.25 figli per donna), mentre i livelli più alti si registrano
in Irlanda (1.98), Danimarca (1.74) e Finlandia (1.73). Anche
l’andamento della sopravvivenza accomuna i 15 paesi dell’Unione
Europea; negli ultimi quarant’anni (tra il 1960 e il 2000), la vita media è
passata da 67.4 a 75.3 anni per gli uomini e da 72.9 a 81.4 anni per le
donne
6
. La combinazione di questi due fenomeni (calo della natalità e
allungamento della speranza di vita) ha trasformato sensibilmente la
struttura per età della popolazione europea, determinando un
6
Eurostat, European Social Statistic-Demography, Luxembourg, 2002.
13
ribaltamento delle proporzioni dei giovani e degli anziani. L’Unione
Europea si trova in una fase di forte invecchiamento, nel 1960, nei paesi
dell’U.E, il 31.7% della popolazione era costituito da individui con meno
di 20 anni e il 15.5% da persone con più di 60 anni, con un rapporto di 1
anziano ogni 3 giovani. A distanza di circa cinquant’anni, il rapporto fra
le due classi d’età risulta profondamente modificato: nel 2000 si contava
il 22.9% di giovani con meno di 20 anni e il 21.7% di ultrasessantenni (
tab. 1).
Tab. 1- Evoluzione dei giovani e anziani nei paesi dell’Unione Europea – 1960-
2000.
Fonte: M. Natale, E. Moretti (a cura di), Siamo pochi o siamo troppi?. Alcuni
aspetti delle relazioni tra evoluzione demografica e sviluppo economico e sociale,
Franco Angeli, Milano, 2003, pag. 253.