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Introduzione
Il presente lavoro ha lo scopo di mostrare come il whistleblowing possa
essere considerato un efficace rimedio alla piaga della corruzione.
L’attività del segnalatore di illeciti è fondamentale per combattere la
corruzione, in quanto, da un lato, valorizza un approccio di tipo
preventivo che permette di non operare per mezzo delle solite tecniche
repressive tipiche dell’agire dell’autorità giudiziaria, dall’altro, mostra
l’importanza dell’“elemento umano”, ovvero il contributo che il singolo
cittadino può fornire nella scoperta di attività corruttive, le quali,
altrimenti, correrebbero il rischio di rimanere nell’ombra.
Nel primo capitolo, lo studio in questione, dopo aver affrontato gli
aspetti maggiormente problematici riguardanti il fenomeno del
whistleblowing, tutt’oggi oggetto di accesa discussione non solo in
dottrina ma anche nei talkshow televisivi, cerca di rispondere ad una
domanda: perché diventare un whistleblower? A tale quesito si tenta di
rispondere tenendo conto dei vantaggi e degli svantaggi collegati
all’attività di segnalazione di illeciti, attraverso una comparazione che
ricostruisce il modo in cui Stati Uniti ed Italia hanno affrontato (e stanno
affrontando) le principali problematiche in materia.
Nel secondo capitolo si ripercorre l’evoluzione del fenomeno del
whistleblowing sul piano internazionale ed europeo, partendo dalle
numerose convenzioni in tema di corruzione che sono venute alla luce
nel corso degli Anni ‘90-2000, per arrivare alla direttiva UE dell’ottobre
2019 in materia di whistleblowing (in corso di pubblicazione), la quale
rappresenta un nuovo punto di partenza nella promozione e nella tutela
dei segnalanti; ciò impone, nonostante tale atto normativo sia ancora
“acerbo”, di analizzarne gli aspetti più significativi.
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Il terzo ed il quarto capitolo sono dedicati all’analisi dell’evoluzione
normativa della disciplina del whistleblowing relativa rispettivamente a
Stati Uniti ed Italia. L’impianto normativo sviluppatosi negli Stati Uniti,
nonostante sia contenuto in una miriade di leggi differenti che danno
vita ad un vero e proprio sistema a “macchia di leopardo”, è forse
l’esempio più significativo di come tale strumento di lotta alla
corruzione riesca a raggiungere (spesso) risultati efficienti. Numerosi
scandali che hanno coinvolto gli Stati Uniti sono venuti alla luce grazie
all’attività di singoli whistleblowers: da Edward Snowden che ha
rivelato come il governo americano sorvegliasse le vite dei singoli
cittadini violandone la privacy, a Cynthia Cooper, la cui denuncia ha
permesso di scoprire uno dei più grandi scandali finanziari della storia
americana, il “WorldCom Scandal”.
Il quarto ed ultimo capitolo prende in considerazione l’ordinamento
italiano e ricostruisce, operando sia su un piano cronologico che su
quello tematico, i principali interventi legislativi in tema di
whistleblowing. Dopo aver analizzato i singoli atti di natura settoriale, il
punto di arrivo di tale ricostruzione è rappresentato dallo studio della
legge 30 novembre 2017, n. 179, in materia di whistleblowing, con cui,
non soltanto si è riformata la disciplina esistente in Italia in ambito
pubblico, ma si è introdotta, per la prima volta nel nostro ordinamento,
una normativa organica anche per il settore privato.
Il presente studio comparato si colloca sul solco di quelli che da qualche
anno a questa parte stanno trattando il fenomeno in questione e che
hanno favorito la proliferazione di discussioni e dibattiti su un tema così
importante, quanto controverso, come quello del whistleblowing:
strumento legale di lotta alla corruzione di cui una società civile non può
fare a meno.
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1. Il fenomeno della corruzione sul piano internazionale
ed uno dei possibili rimedi: il whistleblowing
Sommario: 1. La mancanza di una definizione universale di corruzione: il contributo
di Transparency International 1.2 I costi della corruzione 1.3 Le problematiche relative
alla misurazione della corruzione 2. Il whistleblowing come rimedio alla piaga della
corruzione 2.1 L’assenza di una definizione univoca del whistleblowing: il ruolo
dell’Accademia della Crusca e le differenze tra Stati Uniti ed Italia 2.2 La molteplice
natura del whistleblowing e la dimostrazione della sua efficacia 3. Perché diventare un
whistleblower? 3.1 La tutela-anti ritorsiva tra U.S.A. ed Italia (segue). 3.2 Gli incentivi
economici per il whistleblower: vantaggi e svantaggi (segue)
1. La mancanza di una definizione universale di corruzione: il
contributo di Transparency International
“Sono corrotti, fanno cose abominevoli: nessuno più agisce bene”
1
: non
serve ripercorrere l’intero libro dei Salmi per rendersi conto della
grandezza del problema della corruzione, un “male” per cui, nella
società attuale, non sembra possibile trovare una “cura” efficace. Tale
fenomeno, da una dimensione locale, ha conquistato nel corso del tempo
sempre più spazio in ambito internazionale, per arrivare a contaminare
le aree più disparate del pianeta, con rilevanti conseguenze in ambito
economico e finanziario.
Manca una nozione universale di corruzione, perché ogni sforzo al
riguardo compiuto sembra tralasciare alcune sfumature del fenomeno in
questione. Data tale difficoltà, spesso si preferisce adottare una
definizione di corruzione che valorizza il piano penale, come avviene
nel nostro ordinamento, dove il reato di corruzione è disciplinato nel
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Salmi 13,1
4
Codice penale, all’interno degli articoli 318-322, nei quali è sottolineato
il pactum sceleris tra pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico
servizio) e soggetto privato, in cui il primo riceve denaro dal secondo
per il compimento di un atto contrario ai propri doveri
2
. La scelta di
definire il fenomeno della corruzione sul piano penale permette, da un
lato, di individuare il bene giuridico tutelato (e cioè, nel nostro
ordinamento, il corretto andamento della Pubblica amministrazione) e,
dall’altro, di comminare una sanzione nel caso in cui sia integrata la
fattispecie di reato (nel nostro ordinamento, la reclusione da uno a sei
anni). Ove si voglia però adottare una definizione il più possibile
“transazionale”, lontana dai particolarismi dei vari ordinamenti
giuridici, sembra opportuno richiamare quella fornita da Transparency
International
3
, che qualifica la corruzione come “the abuse of entrusted
power for private gain “
4
, ovvero un abuso di potere per l’ottenimento
di un vantaggio privato. Le colonne portanti di tale definizione sono
quattro
5
:
1. Il potere delegato, inteso come la capacità, propria di un
soggetto ed acquisita mediante delega, di determinare
delle regole obbligatorie per altri.
2
Più nello specifico, si veda l’art 318 c.p.: “Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni
o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa
è punito con la reclusione da uno a sei anni [32quater]”.
3
Transparency International è un’organizzazione non-profit, non governativa, fondata nel
1993 su iniziativa di Peter Eigen, che si occupa della lotta alla corruzione; è attualmente
conosciuta per la pubblicazione annuale di un indice di percezione della corruzione, che
misura il livello di corruzione percepita nel mondo; più nello specifico: TRANSPARENCY
INTERNATIONAL, Our organisation,
https://www.transparency.org/whoweare/organisationhttps://www.transparency.org/
whoweare/organisation/faqs_on_transparency_international/9
4
TRANSPARENCY INTERNATIONAL, What’s corruption?
http://www.transparency.org/what-iscorruption/#costs-of-corruption
5
F. MONTEDURO, S. BRUNELLI, A. BURATTI, La corruzione, definizione, misurazione ed impatti
economici, FormezPA, 2013, pag. 18-20.
5
2. Il soggetto, ovvero colui che ha acquistato tale capacità
mediante delega, vuoi che sia un privato o un soggetto di
carattere pubblico.
3. L’abuso, inteso come un superamento della delega.
4. Il guadagno privato, ovvero un’utilità che può riguardare
il soggetto che ha abusato del potere o terzi, con cui il
corruttore è comunque legato.
Questi quattro elementi interagiscono tra loro tramite un modello
economico chiamato “modello principale-agente”, inteso come un
“contratto in base al quale il principale obbliga un altro soggetto,
l’agente, a ricoprire per suo conto una data mansione, che implica una
delega di potere”
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. Eventuali devianze opportunistiche da parte
dell’agente, nell’esercizio del potere delegato, non sono sufficienti per
dar vita a fenomeni corruttivi: si richiede infatti un quid pluris rispetto
ad una mera mala gestio (dovuta, per esempio, a scarsa capacità o ridotte
competenze in capo al delegato), ovvero l’intervento di un soggetto,
estraneo al rapporto tra principale ed agente, che, da un lato, sia favorito
illecitamente dall’agente, mediante contributi finanziari ed il
riconoscimento di diritti, e, dall’altro lato, che elargisca all’agente il
vantaggio che questi ritiene più adeguato al soddisfacimento del suo
interesse, dando così vita ad un sistema dove a guadagnare sono il
corrotto ed il corruttore, mentre a perdere l’intera collettività. Quello che
però più spaventa è che, indipendentemente dalla portata della
definizione presa in considerazione, il fenomeno della corruzione
presenta due fondamentali caratteristiche: “è seriale e diffusivo”
7
. La
6
M. JENSEN, W. MECKLING, Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and Ownership
Structure, Journal of Financial Economics, 1976, 3, pag. 305-360.
7
P. DAVIGO, il sistema della corruzione, Laterza, 2019, pag. 30.