3
INTRODUZIONE
L’obiettivo della presente tesi è quello di comprendere quanto è diffusa la
conoscenza del whistleblowing in Italia e come esso viene implementato nelle società
nostrane.
Per fare ciò, verrà prima fornita la definizione di whistleblowing insieme ad una
sintetica visione della ricerca teorica relativa a questo fenomeno, con un focus
particolare sui lavori delle ricercatrici Janet P. Near e Marcia P. Miceli e sui risultati
delle ricerche empiriche più recenti.
Successivamente, si esaminerà l’attuale ordinamento legislativo italiano in
materia di whistleblowing mettendo in rilievo obblighi, tutele e canali di comunicazione.
Nel medesimo capitolo si esporranno, in maniera molto sintetica, gli interventi attuati
da alcuni enti internazionali e il sistema normativo presente negli Stati Uniti e nel Regno
Unito relativo sempre al whistleblowing.
Nel terzo capitolo si cercherà di dare una risposta alla prima parte della reserch
question di questa tesi, vale a dire quanto è diffuso il whistleblowing in Italia. Per
raggiungere questo obiettivo si presenteranno, per prima, i temi discussi all’interno
dell’Associazione Italia degli Internal Auditor e, di seguito, si effettuerà un’analisi
qualitativa degli articoli dei maggiori quotidiani italiani sull’argomento.
Per concludere, si analizzeranno i modelli di whistleblowing presenti ad oggi
all’interno di Pfizer Italia e di un gruppo bancario di rilevanza nazionale, il cui nome
non è stato possibile citare. Ad introduzione di questa analisi, verranno presentate le
4
linee guida per la predisposizione di procedure in materia di whistleblowing redatte
dall’organizzazione Transparency International Italia, in modo tale da avere una prima
generale visione su questi modelli.
5
CAPITOLO 1
LA RICERCA TEORICA
1. Introduzione al capitolo
In questo primo capitolo si analizzerà il fenomeno del whistleblowing da un
punto di vista prettamente teorico, definendo i soggetti coinvolti e le interazioni che
intercorrono tra di essi. Come punto di riferimento verranno presi in esame i lavori delle
ricercatrici Janet P. Near
1
e Marcia P. Miceli
2
che rappresentano le basi di tutti gli studi
teorici ed empirici presenti dal 1985, anno di pubblicazione della loro prima e
importante ricerca
3
, ad oggi
4
.
2. Definizione
Il termine anglosassone whistleblowing deriva dalla locuzione nominale “blow
the whitsle” traducibile in “suonare il fischietto” o “soffiata”
5
mentre con la parola
whistleblower si fa riferimento alla persona che “suona il fischietto”
6
. L’origine di
questa espressione può essere ricondotta sia alla figura del poliziotto anglosassone, che
era solito usare un fischietto per richiamare l’attenzione su di un comportamento illecito,
1
Professoressa di management e sociologia all’Indiana University.
2
Professoressa di management alla Georgetown University.
3
J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, Journal of Business Ethics,
Vol. 4, No. 1, pagg. 1-16, 1985.
4
Si veda L. GAO, A. BRINK, Whistleblowing studies in accounting research: A review of experimental studies
on the determinants of whistleblowing, Journal of Accounting Literature, No. 38, pagg. 1-13, 2007.
5
Si veda anche V.A. BELSITO, Il whistleblowing. Tutele e rischi per il soffiatore, Cacucci Editore, Bari, 2013,
pag. 22, il quale riporta come definizione l’unione dei verbi inglesi “to whistle”, traducibile in fischiare, e “to
blow”, soffiare.
6
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, Journal of Business Ethics,
op. cit., pag. 2.
6
tanto quanto alla figura dell’arbitro di calcio quando vuole fermare/interrompere
un’azione di gioco
7
.
Il whistleblowing può essere inteso sia come la segnalazione da parte di membri
di un’organizzazione di un atto illecito a soggetti o organizzazioni che hanno la capacità
di intervenire su tale atto
8
, sia come il processo che coinvolge il whistleblower, la
segnalazione, il soggetto a cui è rivolta e l’organizzazione o la persona oggetto della
segnalazione la cui efficacia dipende dall’interazione di questi elementi tra di loro
9
.
3. Il segnalante
Secondo le prime teorie il whistleblower, definibile anche come il segnalatore,
doveva essere un soggetto appartenente all’organizzazione, o quanto meno un soggetto
che ne faceva parte
10
. In testi più recenti viene discusso se ricomprendere nella suddetta
figura anche soggetti esterni all’organizzazione quali consulenti e collaboratori
11
. In
ogni caso, il whistleblower rappresenta colui che assiste o viene a conoscenza di un
comportamento illecito verso il quale non ha le capacità o i mezzi per poterlo
contrastare
12
.
7
Cfr. http://www.phrases.org.uk/meanings/whistle-blower.html. Consultato in data 14/09/2017.
8
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Effective Whistle-Blowing, The Academy of Management Review, Vol. 20, No. 3,
pagg. 679-708, 1995, pag. 680.
9
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, op. cit., pag. 2.
10
Si veda F. ELLISTON, Anonymity and Whistleblowing, Journal of Business Ethics, No. 1, pagg. 167-177, 1982.
11
Il riferimento è alla parte V della Determinazione n. 6 del 2015 emessa dall’ANAC e pubblica nella Gazzetta
Ufficiale nel maggio dello stesso anno. Tale testo che prende il nome di “Linee guida in materia di tutela del
dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)” sarà oggetto di un’approfondita analisi nel capitolo
successivo.
12
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, Journal of Business
Ethics, op. cit., pag. 7; F. ELLISTON, Anonymity and Whistleblowing, op. cit.
7
Il testimone di un fatto illecito sarà più o meno propenso ad effettuare una
segnalazione in base alla rilevanza di vari elementi come: caratteristiche demografiche
e professionali; giudizio morale; ambiente di lavoro; timore di ripercussioni
13
.
Ricerche empiriche hanno dimostrato che tra i dipendenti più giovani sono i
maschi ad effettuare maggiormente le segnalazioni. Tuttavia, quando l’età e il grado
professionale crescono, vi è un’inversione nel rapporto uomo/donna in quanto sono
proprio quest’ultime a segnalare più frequentemente
14
. Si è osservato anche che il
supporto morale e/o finanziario di amici e parenti favorisce l’attività di
whistleblowing
15
.
Per quanto riguarda il giudizio morale si è osservato che vi è una correlazione
negativa tra machiavellismo e predisposizione alla denuncia. Viceversa, vi è una
correlazione positiva tra coscienziosità, stabilità emotiva, etica idealistica
16
, attitudine
alla preservazione e all’altruismo
17
.
I testimoni di atti illeciti tendono maggiormente a “soffiare il fischietto” quando
hanno prove a sostegno delle loro dichiarazioni, quando riscontrano nel top management
un desiderio di cambiamento, quando vi è un clima favorevole alla dissidenza e
nell’organizzazione sono presenti canali di comunicazione predisposti alla ricezione di
segnalazioni
18
.
13
Cfr. R. INGRASSIA, Il whistleblowing come strumento di controllo interno delle organizzazioni, Studi
Organizzativi, No.2, pagg. 40-70, 2009.
14
Cfr. L. GAO, A. BRINK, Whistleblowing studies in accounting research: A review of experimental studies on
the determinants of whistleblowing, op. cit., pag. 4.
15
Cfr. I. JANIS, L. MANN, Decision Making, Free Press, New York, 1977.
16
Cfr. L. GAO, A. BRINK, Whistleblowing studies in accounting research: A review of experimental studies on
the determinants of whistleblowing, op. cit., pag. 3 e 4.
17
Cfr. A. MAGGIONI, Il dissenso organizzativo: la fattispecie del c.d. whistle-blowing, Area Organizzazione e
Personale – SDA Bocconi, Ticonzero no. 56, 2005, pag. 17.
18
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, op. cit., pag. 8.
8
Per quanto riguarda il pericolo di ripercussioni
19
, è evidente che più esso è elevato
maggiore è la probabilità che il testimone non denunci il fatto illecito osservato. I rischi
di ripercussioni non dipendono solamente dall’organizzazione ma anche dal contesto
socio/culturale e giuridico del paese di cui l’organizzazione e il possibile denunciante
fanno parte. Dell’influenza esercitata dall’organizzazione se ne parlerà poco più avanti
mentre per quanto riguarda il contesto socio/culturale si ritiene che paesi con culture più
acquiescenti alle gerarchie siano meno inclini al whistleblowing
20
. Sul fronte del sistema
giuridico, esso non è altro che un riflesso dell’opinione e della rilevanza pubblica data
alla denuncia, dunque i paesi in cui il whistleblower viene visto di meno come una “spia”
o un “traditore”, come ad esempio i paesi anglofoni, sono quelli che presentano maggiori
tutele per essi e ciò comporta logicamente una maggiore attitudine alla denuncia.
In linea generale è affermabile che maggiore è l’autonomia del possibile
whistleblower dall’organizzazione, e/o dal soggetto che ha compiuto l’atto illecito,
maggiore è la probabilità che egli effettui la segnalazione. È per tale ragione che persone
con una elevata autonomia finanziaria, un più alto grado di professionalità, un minore
desiderio di carriera e un minore tempo passato all’interno dell’azienda sono più
propense a segnalare i fatti illeciti rinvenuti rispetto agli altri
21
.
Altri fattori che favoriscono il whistleblowing sono l’elevato livello di autostima
e un locus of control interno. Le persone con un locus of control interno sono coloro che
19
Per una analisi più approfondita sulla tipologia di ripercussioni si rinvia a V.A. BELSITO, Il whistleblowing.
Tutele e rischi per il soffiatore, op. cit., cap. 4.
20
R. INGRASSIA nella sua opera Il whistleblowing come strumento di controllo interno delle organizzazioni
riporta come esempio i paesi di Cina e India.
21
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, op. cit., pagg. 9-11.
9
credono che i loro risultati dipendono maggiormente dalle proprie azioni al contrario di
chi ha un locus of control esterno che fa affidamento di più al destino e alla fortuna
22
.
4. La segnalazione e il canale di comunicazione
Una volta che il whistleblower si è convinto di effettuare la segnalazione potrebbe
decidere di riportare il fatto illecito in forma anonima. Il nascondere la propria identità
permette di evitare possibili ripercussioni ma allo stesso tempo si incrementa il rischio
di perdere efficacia per tre ragioni. Primo, il ricevitore della segnalazione potrebbe
sottostimare il valore della denuncia in quanto il denunciante non dimostra di essere
capace di affrontare l’accusato. Secondo, nel caso in cui il segnalante non fornisca
sufficienti prove, il soggetto preposto alle indagini potrebbe essere incapace di
proseguire con il proprio lavoro dato che non può ricontattare la fonte della denuncia.
Terzo, se non si conosce l’identità non è possibile neanche verificare la credibilità del
segnalante e ciò comporta il rischio di ritenere tutte le denunce anonime allo stesso
modo, vale a dire poco credibili
23
.
Esiste, tuttavia, un’alternativa alle opzioni presentate poco sopra dove l’identità
di chi denuncia è palese solo a chi esegue le indagini mentre rimane anonima nei
confronti del denunciato. Chiaramente questa terza forma è possibile solo se chi riceve
la denuncia prevede un canale di comunicazione apposito per esso.
I risultati di alcuni studi empirici hanno dimostrato che la presenza di canali di
segnalazione anonimi o dove l’identità viene protetta favorisce molto di più la denuncia
da parte dei testimoni rispetto ai canali di segnalazione a identità palese. Inoltre, la
22
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, op. cit., pag. 8 e 9.
23
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Effective Whistle-Blowing, op. cit., pag. 692.
10
possibilità di rimanere anonimi sfavorisce l’uso del canale non anonimo soprattutto
quando in passato ci sono stati casi di whistleblowing non andati a buon fine
24
.
La denuncia può essere indirizzata ad un soggetto interno all’organizzazione, così
come ad esempio il proprio superiore, il top management o un organo di controllo
interno, oppure ad un soggetto esterno che può essere un ente nazionale di vigilanza
25
o
le forze dell’ordine. A influenzare la scelta di quale via utilizzare, se esterna o interna,
esistono numerosi fattori. Uno di essi è la visione che ha il dipendete del whistleblowing,
che può essere visto come un atto di fedeltà o di slealtà verso l’organizzazione e i propri
colleghi. In alcuni casi l’impiegato può considerare tale atto come un tradimento verso
la società o un crimine
26
; in altri casi potrebbe pensare che il top management non sia a
conoscenza del comportamento illecito e quindi informarli rappresenterebbe un atto di
fedeltà
27
.
Alcuni studi passati fanno notare come i whistleblower che decidono di usufruire
del canale interno si auto considerano impiegati molto fedeli, e quando tale
considerazione viene disattesa dai propri superiori, porta l’impiegato a segnalare
l’accaduto anche all’esterno
28
.
Studi più recenti mostrano come la comunicazione verso l’esterno viene preferita
a quella interna quando l’organizzazione è caratterizzata da uno scarso atteggiamento
proattivo, vale a dire un’attitudine poco propensa al cambiamento. Inoltre, incentivi
24
Cfr. L. GAO, A. BRINK, Whistleblowing studies in accounting research: A review of experimental studies on
the determinants of whistleblowing, op. cit., pag. 6.
25
Si riporta a titolo di esempio la SEC per gli Stati Uniti e la Consob per l’Italia.
26
Il riferimento è all’articolo 2105 del Codice Civile denominato “Obbligo di fedeltà”. Tale norma verrà esaminata
più approfonditamente nel capitolo successivo.
27
Cfr. J. NEAR, M. MICELI, Organizational Dissidence: The Case of Whistle-Blowing, op. cit., pag. 10.
28
Cfr. A. WESTIN, Whistle-Blowing: Loyalty and Dissent in the Corporation, McGraw-Hill, New York, 1980.