INTRODUZIONE
L’approfondimento delle tematiche del linguaggio e della corporeità, che
connota in modo peculiare l’epoca contemporanea, è una costante
rintracciabile nell’intero arco di sviluppo del pensiero filosofico. Al di là
delle differenze proprie di ogni concezione specifica, infatti, non vi è filosofia
che abbia potuto eludere completamente il confronto con tali due lati
costitutivi della realtà umana.
Se la problematicità del rapporto tra Φύζις e Ψυχή è stata a volte affrontata
entro un’impostazione gerarchizzante e semplificatoria, è pur vero che,
attraverso l’apporto di riflessioni molto diverse tra loro Ŕ dalle neuroscienze
alla psicoanalisi, dall’estetica agli studi sul genoma umano Ŕ, la qualità del
rapporto tra fisico e spirituale che si è maggiormente imposta all’attenzione
del pensiero contemporaneo, è senza dubbio, la sua complessità.
La presente indagine sul legame tra corporeità e linguaggio, dunque, è stata
inizialmente motivata dall’interesse nei confronti della tematica del senso e
della struttura del rapporto simbolico, proprio in quanto luogo nel quale è
possibile pensare la coabitazione tra qualità e modi di espressione differenti.
Più precisamente, questo percorso ha preso le mosse dall’incontro con le
filosofie di Paul Ricœur e Alain Badiou, nei confronti delle quali si riconosce
debitore: da un lato, il fatto che la “via lunga”, per la riflessione filosofica, sia
fonte continua di possibilità nuove che si svelano esclusivamente all’interno
di un percorso; dall’altro, che tali possibilità contrastino quella
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cristallizzazione della verità che strapperebbe alla filosofia una delle sue
radici più profonde: la meraviglia.
Tale interesse, delineatosi progressivamente in riferimento alle due
prospettive appena menzionate, si è precisato ulteriormente nell’incontro con
le pagine di Maurice Merleau-Ponty.
Da principio, la lettura dei testi dell’autore francese è stata guidata
dall’ipotesi e dall’intuizione che si celasse un “altro” del pensiero
merleaupontyano all’interno della scrittura merleaupontyana stessa; la
concezione di tale alterità immanente, che ha rivelato sempre più
precisamente la propria importanza, è andata modulandosi nella pratica
dell’espressione e del pensiero di Merleau-Ponty: la forma quasi letteraria
propria di molti tra i testi dell’Autore, pareva, da un lato, mettere in evidenza
come ogni pagina delineasse un percorso, pur restando sostanzialmente una
tappa; dall’altro, sembrava quasi dissimulare la radicalità dell’indagine
filosofica.
Alla luce di tale modalità e taglio di approccio alla filosofia di Merleau-
Ponty, nella presente indagine si è inteso rispettare, da un lato, l’essere tappe
delle parti che costituiscono questo percorso, dall’altro, si è ritenuto
necessario intessere un dialogo con saperi differenti e complementari che
mantengono, ognuno, la propria differenza qualitativa ed espressiva.
Nella prima parte del presente elaborato, si è dato quindi spazio alla
definizione delle caratteristiche della percezione e del primato che le
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compete, in forza del quale essa costituisce per Merleau-Ponty la chiave di
volta della differenziazione del proprio pensiero da quello della tradizione,
mostrando come essa sia correlata al rapporto con la tradizione stessa sia
filosofica sia extrafilosofica.
È all’interno di quest’ottica che la prima tappa prende in considerazione
l’influenza esercitata sulla filosofia merleaupontyana dal confronto con la
concezione della struttura tipica della scuola della Gestaltpsychologie;
parallelamente, sono stati ricercati, e fatti dialogare, i silenzi all’interno della
tradizione psicoanalitica e filosofica Ŕ in particolare nella fenomenologia di
Husserl Ŕ ritenuti dall’Autore particolarmente significativi per il proprio
percorso.
Alcuni vuoti individuati, attraverso il confronto e il distacco critico, da
Merleau-Ponty nei due riferimenti qui richiamati sono parsi definire, con
sempre maggiore accuratezza, un nodo di senso a partire dal quale poter
rileggere la filosofia dell’Autore come un continuo approfondirsi della
riflessione sulla struttura del legame tra coscienza e irriflesso.
Nella Fenomenologia della percezione l’inconscio veniva ancora considerato
da Merleau-Ponty il corrispettivo inconsapevole della coscienza
rappresentativa, ma l’importanza che la riflessione fenomenologica sul corpo
assume nell’opera del 1945 induce a una variazione nell’approccio al
rapporto tra coscienza e inconscio, che si precisa, successivamente, in quello
tra corporeità e tematizzazione.
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Nella seconda tappa di questo percorso si è focalizzato l’emergere, a partire
da questa precisazione tematica, della necessità di approfondire sia l’analisi
del rapporto tra Merleau-Ponty e la psicoanalisi, sia la centralità che assume
il tema dell’espressione, in particolare di quella linguistica, nella filosofia di
tale pensatore.
Risulta necessario sottolineare come la riflessione specifica sul linguaggio
non possa prescindere, per Merleau-Ponty, dall’evidenziazione della struttura
sostanzialmente espressiva della vita stessa: il filosofo francese intende il
pensiero sul linguaggio come filosofia del rapporto tra il silenzio del gesto
corporeo e la parola.
Attraverso una rilettura dei corsi di psicologia tenuti alla Sorbonne, e di un
1
saggio ad essi coevo, si è potuto rilevare come la filosofia merleaupontyana
sia strutturata come un percorso che ha come proprio riferimento costante la
relazione simbolica; a tale scopo, è stato utile sottolineare come la
concretezza di ogni esempio sia lo spazio di un approfondimento filosofico:
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in questo senso si è analizzato il saggio Il dubbio di Cèzanne.
Sulla base di tale approfondimento, è stata poi possibile un’analisi più
specifica delle concezioni di linguaggio che Merleau-Ponty assume come
riferimenti critici ne La prose du monde.
Come si è più sopra già accennato, a proposito del confronto con psicologia e
fenomenologia, è nella prassi critica che Merleau-Ponty istituisce il proprio
1 L’uomo e l’avversità, in SG, pp. 294-317.
2 SNS, pp. 27-44.
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pensiero positivo; anche in questo caso, infatti, sia la concezione carnale
della parola Ŕ e dello spazio ad essa necessario: il silenzio Ŕ, sia la lettura
processuale del fenomeno linguistico si radicano nelle lacune che l’Autore
riconosce all’interno di una visione nominalista o realista del linguaggio.
È in questo orizzonte di pensieri che la seconda tappa trapassa nella terza;
l’ultima parte del presente percorso, infatti, si configura come un’analisi dello
spessore sostanziale e carnale del desiderio umano di espressione Ŕ inteso in
quanto essenzialità del “rapporto a” Ŕ come chiave di lettura dell’ontologia
merleaupontyana.
Nella terza tappa viene anche reso esplicito in che senso e per quale motivo
la seconda parte di questo elaborato insiste sulla rilevanza sostanziale del
riconoscimento del legame corpo-parola in quanto legame simbolico; al fine
di tale esplicazione è sembrato particolarmente significativo, da un lato,
3
compiere il primo passo nella nebbia dell’ontologia merleaupontyana
partendo proprio dai corsi di psicologia e pedagogia; dall’altro, sottolineare
l’importanza del dialogo dell’Autore con Melanie Klein nella preparazione
delle lezioni al Collège de France più specificamente dedicate al discorso
sull’Essere.
È solo in questa luce, infatti, che il rapporto tra corporeità e linguaggio si
trasforma, restando fedele a sé stesso, in quello tra carne e idealità, appello e
risposta e, conseguentemente, filosofia ed Essere.
3 «[...] in quale rischio si compia l’espressione e la comunicazione. È come un passo nella
nebbia, e nessuno può dire se esso conduca in qualche luogo»: SNS, p. 22.
11
La ripetizione Ŕ in queste pagine e nel corpo del testo Ŕ di forme correlative
del tipo “sia...sia” o “da una parte...dall’altra”, trova la propria giustificazione
sostanziale nel tentativo, intrapreso in questo elaborato, di ricercare l’ombra
della reciprocità nelle invarianti del pensiero merleaupontyano, fino a
ritrovarla, rischiarata dalla luce dell’invisibile, come verità ultima
dell’ontologia carnale di Maurice Merleau-Ponty.
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CAPITOLO PRIMO
LA PERCEZIONE E IL SENSO AUTOCTONO DEL MONDO DELLA
VITA
Statisticamente tutto si spiega,
personalmente tutto si complica
Daniel Pennac
L’incontro della filosofia di Merleau-Ponty con le tematiche psicologiche e
psicoanalitiche di struttura e inconscio è comprensibile appieno solo alla luce
di una ricostruzione della domanda fondamentale che sottende l'intero
percorso filosofico dell’Autore.
4
Nella prima grande opera del dopoguerra il mondo della vita è affrontato
tramite una diretta descrizione fenomenologica di come il cogito tacito, l’io
primordiale, anteriore all'espressione verbale Ŕ alla parola e al concetto Ŕ
coincida con la sua vita silenziosa, come esso sia quindi un’esperienza
5
di contatto immediato con la Lebenswelt; successivamente, però,
nell’itinerario filosofico dell’Autore, che si configura come un’incessante
ricerca dell’originario, si ha un riconoscimento sempre maggiore
4 M. MERLEAU-PONTY , Phénoménologie de la perception, Gallimard, Paris 1945;
tr. It. di A. Bonomi, Fenomenologia della percezione, Il Saggiatore, Milano 1965.
5 Cfr. A. FIRENZE, Il corpo e l'ontologia interrogativa. Riflessioni sull'impensato
merleau-pontyano, in «Chiasmi International», n. s., n. 6, 2005, p. 194.
13
dell’imprescindibilità della mediazione linguistica che condurrà la riflessione
all’indagine dell’Essere della Lebenswelt Ŕ il principio di produttività che è
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ad essa immanente Ŕ e, nell’ultima opera incompiuta, all’ontologia della
8
chair.
La nuova filosofia cui Merleau-Ponty cerca di approdare non può prescindere
da una critica serrata a quella che Mancini definisce la «metafisica del
9
dominio» che, pur nelle sue diverse declinazioni, si configura essere
un’ontologia che sottende Ŕ esplicitandolo o meno Ŕ come proprio principio
10
fondamentale quello dell’opposizione soggetto-oggetto: «Questa resa dei
conti è concepita [...] come il primo passo verso un pensiero dialettico
dell’originario, da dispiegare sia sul piano fenomenologico che su quello
6 Cfr. S. MANCINI, Sempre di nuovo. Merleau-Ponty e la dialettica
dell’espressione, Franco Angeli, Milano 1987, p. 68.
7 M. MERLEAU-PONTY , Le visible et l’invisible, Gallimard, Paris, 1945; tr. It. di A.
Bonomi, nuova edizione a cura di M. Carbone, Il visibile e l'invisibile, Bompiani, Milano
2003.
8 Cfr. S. MANCINI, Sempre di nuovo. Merleau-Ponty e la dialettica
dell’espressione, Franco Angeli, Milano 1987, pp. 72-73.
9 Ivi. p. 69.
10 Merleau-Ponty è persuaso che alcuni dei caratteri che segnano in profondità il
nostro presente, ad esempio il declino della credibilità dell’universalismo dei progetti etici e
politici, o l’incapacità di pensare autenticamente il nostro rapporto con il mondo naturale,
siano conseguenza anche del fallimento di un modo di pensare la filosofia: di un modello che
trova il proprio fondamento in una netta distinzione tra soggetto e oggetto e che colloca il
soggetto fuori dal mondo, in un luogo/non luogo da cui afferrare, in modo perfettamente
limpido, la realtà, sia come struttura generale sia come insieme di elementi distinguibili.
L’Autore afferma invece: «La contingenza di tutto quel che esiste e di tutto quel che vale non
è una piccola verità a cui far posto, bene o male, in un anfratto del sistema, ma è la
condizione di una visione metafisica del mondo»: SNS, p. 119.
14
11
ontologico».
Ciò a cui la riflessione di Merleau-Ponty vuole approdare è una nuova
filosofia, incentrata su un ripensamento profondo di concetti fondamentali
12
della nostra tradizione culturale, ritenuti inadeguati a pensare fino in fondo
il rapporto stretto, inestricabile tra io e mondo, tra sensibile e senziente, in cui
davvero prende forma la nostra relazione con l’Essere.
La continuità che Sandro Mancini ravvisa nella riflessione merleaupontyana
è supportata dall’osservazione che fenomenologia e ontologia non si rivelano
essere mai per il pensiero due alternative, bensì due variazioni di approccio a
quella domanda sull’originario che è, sempre di nuovo: «[...] formulata nel
registro del senso e rivolta innanzitutto all’esperienza antepredicativa dell’io
13
in carne ed ossa, nella sua dimensione corporea e linguistica».
Quest’ottica di continuità, in un pensiero non privo di differenziazioni,
induce a considerare il rapporto tra fenomenologia e ontologia in chiave di
reciprocità, come il chiasma metodologico dell’approccio merleaupontyano
alla questione dell’originario, dunque, alla filosofia stessa.
11 S. MANCINI, Sempre di nuovo. Merleau-Ponty e la dialettica dell’espressione,
Franco Angeli, Milano, 1987, p. 73.
12 «Per l’uomo educato al sapere oggettivo dell’Occidente era per esempio ovvio che
la magia o il mito non hanno verità intrinseca, che gli effetti magici e la vita mitica e rituale
devono essere spiegati in base a cause “oggettive” e, per il resto, rapportati alle illusioni della
Soggettività»: VI, p. 50.
13 S. MANCINI, Sempre di nuovo. Merleau-Ponty e la dialettica dell’espressione,
Franco Angeli, Milano 1987, pp. 73.
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1.1 Il primo approccio alla concezione della struttura nella
Gestaltpsychologie e lo sviluppo fenomenologico
14
Sin da prima della seconda guerra mondiale fino all’ultima opera
incompiuta, la riflessione merleaupontyana sull’idea di struttura si inserisce
nell’ambito della necessità di un esordio, nell’orizzonte del senso, differente
da quello del razionalismo: «Noi non proponiamo di interrompere la filosofia
riflessiva dopo aver esordito nel suo stesso modo Ŕ ciò è impossibile [...] ma
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di esordire diversamente».
È questa necessità, assieme a quella di una filosofia che si apra al suo altro,
alla non-filosofia, che spinge l’Autore a un confronto con la
Gestaltpsychologie; la Psicologia della Forma, infatti, segna nell’ambito
scientifico, quel passaggio «dal registro antinomico della sostanzialità della
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cosa a quello della relazionalità delle forze» che in filosofia aveva già
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compiuto Hegel.
14 M. MERLEAU-PONTY , La structure du comportement, Presses Universitaires de
France, Paris, 1942; tr. It. a cura di A. Bonomi, La struttura del comportamento, Bompiani,
Milano 1963.
15 VI, p. 68.
16 S. MANCINI, Sempre di nuovo. Merleau-Ponty e la dialettica dell'espressione,
Franco Angeli, Milano 1987, p. 267.
17 Merleau-Ponty si rifà soprattutto all'Hegel del periodo di Iena e della
Fenomenologia dello Spirito, lo stesso che viene commentato nelle celebri lezioni che
Kojève tiene all'École Pratique des Hautes Études, tra il 1933 e il 1939 - cui egli stesso
assiste -: il pensatore della conquista della coscienza di sé a partire da una situazione
originaria di coinvolgimento con l’esistenza, da una situazione di non trasparenza della
coscienza a sé stessa. Cfr. F. DASTUR, Chair et langage: essai sur Merleau-Ponty,
Fougères, Encre marine 2001, pp. 30-31.
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Uno dei principali meriti della Gestalttheorie è senza dubbio, agli occhi di
Merleau-Ponty, il riconoscimento del carattere originario dell’esperienza
percettiva:
Per la psicologia proprio come per tutte le altre scienze sembra vi sia
un solo punto di partenza: il mondo così come ce lo troviamo attorno
ingenuamente [...]. Dato che il mondo dell’esperienza diretta è quello
che ho conosciuto per primo, e tutto quello che ora so intorno al
mondo fisico è stato inferito più tardi da certi eventi del mondo vissuto
nell’esperienza diretta, come ci si può mai attendere che io prescinda
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dal mondo di cui ho esperienza?.
Il punto di partenza è, quindi, il fenomeno stesso della percezione così come
esso si dà nelle modalità concrete che gli sono proprie; noi possediamo sin
dall’inizio le formazioni percettive e non necessitiamo di ricostruirle in base
a un’analisi che dovrebbe fornirci i dati necessari per un’operazione di questo
tipo. Il compito della psicologia della Gestalt, una volta riconosciuta
l’originalità della percezione, è quello di «restituire quest’esperienza nel suo
farsi, senza ridurla anticipatamente entro gli assunti di una teoria
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precostituita».
La Psicologia della Forma rovescia, quindi, la prospettiva associazionistica a
18 W. KÖHLER, Gestalt Psychology, Liveright, New York, 1947; tr. it. La psicologia
della Gestalt, Feltrinelli, Milano 1961, passim (corsivo di chi scrive).
19 A. BONOMI, Esistenza e struttura: saggio su Merleau-Ponty, Il Saggiatore,
Milano 1967, p. 128.
17
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favore di un radicale antielementarismo, considerando come un’astrazione,
spesso fuorviante, l’idea di un dato sensoriale elementare, e introducendo
come principio fondamentale quello della struttura del campo percettivo; il
fatto primario è l’organizzazione di tale campo: essa risulta essere
indeducibile dalle caratteristiche degli elementi che ne fanno parte, e si basa,
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piuttosto, sull’interdipendenza funzionale dell’insieme.
Come sottolinea Merleau-Ponty:
[...] ogni forma costituisce un campo di forze caratterizzato da una
legge che ha senso soltanto entro i limiti della struttura dinamica
considerata, e che al contrario attribuisce ad ogni punto interno le sue
proprietà, sicché queste non saranno mai proprietà assolute, proprietà
di questo punto. [...] il concetto di forma [...] nega infatti l’individualità
nel senso affermato dalla fisica classica [...] e afferma invece
l’individualità proprio in quel senso che era negato dalla fisica classica,
giacché per quest’ultima i corpuscoli connessi in un gruppo
rimanevano pur sempre discernibili in linea di principio, mentre la
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forma è un individuo “globale”.
Ciò che la psicologia della Gestalt ha il merito di aver compreso è che la
struttura del campo psichico, immanente ad esso, è intrinsecamente
intellegibile e non è riconducibile a un accumulo quantitativo di esperienza.
20 Cfr. P. LEGRENZI (a cura di), Storia della psicologia, Il Mulino, Bologna 1999, p.
105.
21 Cfr. A. BONOMI, Esistenza e struttura: saggio su Merleau-Ponty, Il Saggiatore,
Milano 1967, p. 129.
22 SC, p. 224.
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