iv
interno, il numero dei minori ospitati e, infine, la vitalità nonché il
consolidamento nel territorio.
Per compiere questa ricerca ho realizzato un questionario strutturato,
comprendente una quarantina di domande volte a conoscere le
attività realizzate dalle associazioni, il numero degli utenti e dei soci,
il numero dei membri attivi nell’organizzazione e tra questi quanti
erano i volontari, ecc.
Già da una prima analisi delle organizzazioni da me contattate ho
potuto rilevare un dato molto interessante, ovvero che gran parte di
queste strutture non erano semplici associazioni di volontariato, o
almeno non lo erano tutte.
E’ emerso, infatti, che le organizzazioni che si occupano di minori,
sono ancora in gran parte IPAB, o Fondazioni o Enti morali: soltanto
quattro su dodici organizzazioni contattate sono vere e proprie
Associazioni di volontariato.
Questo dato ha reso un po’ più difficile la mia analisi, che in prima
istanza voleva essere un confronto tra associazioni laiche e religiose
del settore.
Infatti, per mancanza di un numero sufficiente delle associazioni che
operavano nel settore minorile, ho dovuto tenere conto anche di dati
relativi ad altri tipi di strutture.
Tuttavia, volendo essere il mio lavoro una sorta di indagine del
fenomeno del volontariato, ho tratto spunto anche da queste
associazioni non volontarie nel vero senso della parola, per verificare
comunque quanto di “volontaristico” c’era nel loro lavoro e, se era
presente, in che modo il volontariato rientrava a far parte della
organizzazione stessa.
v
In generale si può affermare che quasi tutte le organizzazioni
prevedono al loro interno la presenza di volontari, anche se, da un
punto di vista meramente giuridico, non possono essere definite
come associazioni di volontariato, avendo loro stesse intraprese
strade diverse pur sempre con lo spirito di occuparsi del minore in
difficoltà.
Ora è difficile comprendere, se non solamente da un punto di vista
economico, il perché di certe scelte.
La spiegazione più frequentemente datami, è che il volontariato non
è idoneo ad operare, per mancanza di mezzi, di risorse e di
competenze, nell’ambito delle problematiche minorili, se non nelle
forme di sostegno ad una struttura più organizzata, o per fini diversi,
per esempio ricreativo culturale, propri di altri ambiti (scout, azione
cattolica, ecc…).
Ma allora, viene da domandarsi, dove è quel tanto dichiarato e
ammirato volontariato per minori?
E in fondo esiste un puro volontariato per loro?
E soprattutto come mai vi sono molte associazioni, e ben vengano,
per anziani, handicappati, malati in generale e per i bambini le
associazioni che ci sono si contano sulle dita delle mani?
Mentre raccoglievo i dati per questa ricerca, mi sono accorta di
quanti servizi vi siano a livello comunale per diverse categorie di
bisognosi.
Nel Comune di Venezia c’è poi un attivissimo Ufficio Minori nonché
altrettanti importanti Centri età evolutiva e Rete Educatori di strada;
questi servizi funzionano molto bene ma non hanno nulla a che
vedere con il Volontariato organizzato, anche se in fondo io penso
vi
che un lavoro come quello di occuparsi del più debole della società
abbia sempre un fondamento di volontarietà alla base.
Io credo che sebbene il volontariato sia un fenomeno in espansione,
tuttavia vi sono degli ambiti dove non gli è “permesso” lavorare, o
dove forse si preferisce privilegiare strutture più redditizie e
autonome.
Inoltre le Associazioni che io ho incontrato, sebbene autonome e ben
organizzate, lamentano una mancanza di rapporti con gli enti
pubblici locali, e cosa ancor più grave, a mio parere, mancano di
collegamenti con le altre strutture loro affini.
Pertanto io ritengo che, per risolvere un problema come quello del
disagio giovanile, ma anche di altro tipo, sia necessario confrontarsi
con altri gruppi che operano nello stesso ambito, da un punto di vista
individuale per accrescere le proprie competenze, dal punto di vista
del gruppo per rimanere sempre informati.
A questo proposito, secondo me, la formazione del volontario è
l’arma vincente del volontariato organizzato.
Infatti, quando ci si occupa di determinati problemi, non si possono
sottovalutare le implicazioni psicologiche che si sviluppano nel corso
dell’intervento sia nell’operatore professionale, sia nel semplice
volontario.
La maggior parte delle strutture organizza corsi di formazione al
proprio interno, finalizzati ad una conoscenza del fenomeno del
volontariato in generale e del modo di intervenire in certi casi.
Io stessa ho avuto la fortuna di partecipare, e ancora adesso continuo,
a due corsi di formazione organizzati dalla “Caritas” di Venezia e
dalla “Fondazione Groggia”, entrambi strutturati con l’obiettivo di
vii
far conoscere questo mondo così complesso com’è quello del
volontariato.
Al di là di queste considerazioni generali, questa tesi vuole offrire
uno spunto di riflessione sulla realtà del volontariato nel settore
minorile, sottolineando l’importanza del Volontariato come realtà di
sostegno, ma anche risorsa in una società in cui prevale l’edonismo e
il benessere materiale, e il lavoro del volontario, che agisce
gratuitamente e in modo disinteressato, dando un po’ di sé a chi ne
ha bisogno.
viii
NOTE METODOLOGICHE
Per quanto riguarda la parte puramente “tecnica” della ricerca,
bisogna tenere presente, innanzitutto, le direzioni principali verso cui
questa è stata rivolta e organizzata, ovvero:
ι comporre una mappa ragionata delle realtà associative operanti in
ambito minorile nel Comune di Venezia;
ι mettere in luce l’articolata gamma di rapporti con le strutture o i
servizi sociali;
ι analizzare l’effettivo svolgersi di questi rapporti ma anche la
domanda potenziale di essi, rilevando quali necessità e quali
richieste di servizi e strutture le realtà associative esprimano,
ponendo particolare attenzione alla domanda di formazione degli
operatori e dei partecipanti alle associazioni medesime.
Coerentemente con gli obiettivi espressi la ricerca si è sviluppata
in tre successive fasi:
1) Una fase preliminare di censimento e di selezione delle strutture
operanti sul territorio veneziano nel settore minorile;
2) Una successiva fase di raccolta di informazioni sulle
caratteristiche sociali, organizzative ed operative delle
organizzazioni;
3) Un approfondimento su alcuni aspetti riguardanti lo sviluppo
organizzativo, la vita, la storia e le attività delle associazioni di
volontariato in generale e in particolare quelle interessate dalla
ricerca, le loro relazioni con le Istituzioni e con gli Enti locali.
ix
Per quanto riguarda la prima fase, il censimento e la selezione
preliminare è stata svolta attraverso il ricorso a fonti istituzionali, il
Comune di Venezia nella persona dell’Osservatorio alle Politiche
Sociali e Volontariato, e la Caritas diocesana. Entrambe mi hanno
permesso di consultare le loro guide delle associazioni operanti nel
territorio veneziano, (peraltro non sempre molto aggiornate), e mi
hanno dato la possibilità di consultare nelle proprie biblioteche, testi
riguardanti il volontariato in generale.
Nella seconda fase si è mirato ad ottenere un quadro nel quale
venissero delineate le principali caratteristiche delle associazioni per
minori contattate, in riferimento alla loro forma giuridica
innanzitutto, alla diffusione territoriale, al radicamento sociale, al
coinvolgimento dei membri, al rapporto con le istituzioni e gli enti
locali.
Nella terza ed ultima fase, quella di approfondimento, che io ho
anticipato nella prima parte di questo mio lavoro per introdurre il
fenomeno del volontariato, mi sono soffermata a descrivere la nascita
e lo sviluppo del mondo del volontariato, tenendo presente le
distinzioni che lo caratterizzano al suo interno e che fanno di esso un
fenomeno molto più articolato di quello che sembra in realtà.
Per questo motivo, io penso che sul volontariato ci sarà sempre molto
da dire e da scrivere, la mia ricerca vuole essere un piccolo
contributo e soprattutto si pone come riflessione su una realtà un po’
meno studiata dal punto di vista del volontariato, com’è quella
minorile.
1
Capitolo I
1.1 INTRODUZIONE: CHE COS’E’ IL VOLONTARIATO
Definire cosa sia il volontariato non è un’impresa semplice, in
quanto si tratta di un mondo complesso al cui interno sono
presenti realtà e componenti diverse: innanzitutto vi sono i
volontari, cioè le persone fisiche, i soggetti solidali che si
rendono disponibili ad un servizio personale, spontaneo,
gratuito, disinteressato, volto ad aiutare i soggetti più deboli e
indifesi della società; poi vi sono le organizzazioni che
fondano prevalentemente la loro struttura associativa
sull’attività dei volontari, traendo da ciò una caratterizzazione
forte che le distingue dalle altre organizzazioni del terzo
settore.
La realtà del volontariato è sempre stata presente nel nostro
Paese: infatti di fronte alle grandi emergenze sociali i cittadini
si sono sempre organizzati nel tentare di rispondere
concretamente ai bisogni presenti nel territorio: si pensi alle
opere di carità della Chiesa italiana o alla rete capillare della
Società di mutuo soccorso.
Il volontariato degli ultimi trent’anni rinasce all’interno del
processo di trasformazione di tutta la società. A questa
trasformazione hanno contribuito vari fattori, che più o meno
direttamente, hanno influito anche sulla natura e sul ruolo del
volontariato:
a) Gli eventi del ‘68 che promuovono una sensibilità di
protagonismo e partecipazione dei cittadini, nonché uno
2
spirito egualitario. Infatti, i gruppi e i collettivi che si
formarono nel Sessantotto scoprirono il disagio delle
condizioni urbane e la mancanza di presupposti anche
normativi che consentissero il superamento del vuoto di
partecipazione e di azione, rispetto a certe relazioni sociali.
Inoltre, teorizzarono la riappropriazione di se stessi, il
rifiuto dei condizionamenti imposti dal sistema socio
economico, dalla società dei consumi, l’affermazione dei
bisogni fondamentali; denunciarono, poi, l’inefficienza
statale verso il sostentamento della vecchiaia e
dell’infanzia, l’indifferenza verso gli handicappati e la
solitudine di tutti in una società individualista. Ma, attorno
alla coscienza di queste ingiustizie, nasce il disegno di
definire una società sensibile a questo tipo di richieste.
b) Il decentramento regionale (1972) che pone il territorio
come unità di riferimento e luogo di confronto e di
collaborazione tra pubblici poteri, forze interventiste e
privati cittadini;
c) La crisi dello stato assistenziale, uno stato che nutriva
l’ambizione di sostituire in tutto l’iniziativa privata in
campo socio assistenziale;
d) Pensionamenti, scolarizzazione prolungata, orario
lavorativo unico, disoccupazione che mettono a
disposizione delle persone una grande quantità di tempo;
3
e) Il rinnovamento della Chiesa, promosso dal Concilio
Vaticano II, che determina anche una presenza diversa dei
cristiani in Italia
1
.
Attraverso questi avvenimenti il volontariato si trasforma e
pur non dimenticando una tradizione di servizio verso le fasce
più deboli della cittadinanza, aggiunge a questo impegno
prioritario un altro obiettivo: il mutamento delle situazioni che
generano povertà ed esclusione sociale.
Inoltre oggi il volontariato presenta una dimensione politica,
che costituisce la novità di questi ultimi vent’anni, dimensione
che si realizza individuando proprio nel volontariato un nuovo
modo di partecipare e interessarsi della cosa pubblica da parte
dei cittadini.
La dimensione politica è quindi caratterizzata da una presenza
nel territorio, tesa ad interessarsi globalmente della qualità
della vita della propria città. Questo concetto di presenza
politica di fatto fa superare un vecchio concetto di
volontariato legato alla beneficenza e all’assistenza.
Bisogna poi sottolineare che si è anche creata una profonda
differenziazione fra diversi “volontariati”, non solo legata al
settore specifico di intervento, ma anche per quanto riguarda
risorse, dimensioni, radicamento comunitario, capacità
progettuali, livello di specializzazione delle organizzazioni,
delle associazioni, e del substrato culturale. A questo
1
Dipartimento per gli Affari Sociali. Documento base per la conferenza nazionale del volontariato
4
proposito è necessario porre una distinzione tra
organizzazione e associazione.
Per associazione si intende un gruppo di persone che
condividono un obiettivo e che hanno autonomamente deciso
di unirsi per perseguirlo. Per esistere sia a livello formale che
concretamente l’associazione ha bisogno dell’atto costitutivo,
ovvero un atto pubblico che attesta la creazione , la
costituzione della organizzazione di volontariato, specificando
chi ne è membro, e a quali condizioni, e chi ha facoltà di
rappresentarla. Oltre all’atto costitutivo l’organizzazione ha
necessariamente uno statuto. Quest’ultimo è un atto giuridico,
che contiene regole stabili, fondamentali dell’associazione
stessa. E’ l’espressione della volontà contrattuale degli
aderenti, rivolta a disciplinare l’attività di volontariato.
Spesso però accade che le associazioni vogliono creare degli
strumenti adatti al raggiungimento dei loro obiettivi, questi
strumenti sono le organizzazioni.
Una organizzazione è quindi uno strumento di lavoro che
permette di raggiungere un obiettivo, utilizzando a questo
scopo una serie di risorse, tra le quali è particolarmente
rilevante l’attività umana, i volontari, ovvero una forza lavoro
non retribuita che tende ad assumere comportamenti diversi
da quelli dei lavoratori retribuiti.
In generale si può affermare che sono quattro i modelli
organizzativi in cui si articola l’attività di volontariato:
1. Un primo modello riguarda quei soggetti che hanno
rapporti con le istituzioni ecclesiali di rilievo locale e che
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coincidono tendenzialmente con Parrocchie e Caritas;
questo modello presenta una struttura informale, uno
scarso utilizzo di risorse finanziarie, un limitato impiego di
volontari e un intervento di tipo assistenziale
prevalentemente solidaristico.
2. Un secondo modello organizzativo si legittima anch’esso
principalmente grazie ai rapporti con le istituzioni
ecclesiali: in genere però questi soggetti appartengono ad
associazioni nazionali di matrice cattolica. Rispetto a
quello precedente, questo modello ha un maggiore grado
di strutturazione interna e formalizzazione esterna,
derivante dalla necessità da parte dell’associazione
nazionale di mantenere un controllo sulle realtà locali.
3. Il terzo modello si giustifica grazie soprattutto alla
funzione sociale pubblica svolta tramite l’erogazione di
servizi. In questo caso si nota uno stretto interscambio con
i soggetti pubblici, maggiore strutturazione interna
caratterizzata da una distinzione tra organi decisionali e
tecnico operativi ed una più spiccata formalizzazione
esterna all’organizzazione con un aumento della scala di
interventi ed un processo di professionalizzazione. Si tratta
di soggetti a confessionali così come di organizzazioni che
mantengono rapporti con le istituzioni ecclesiali sulla base
di una comune appartenenza ad ambiti cattolici, senza
tuttavia sviluppare particolari rapporti di dipendenza.
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4. Il quarto ed ultimo modello riguarda organizzazioni
complesse di “terzo settore” all’interno delle quali trovano
spazio anche organizzazioni di volontariato che operano
come “sezioni autonome” accanto a cooperative,
associazioni di promozione sociale ed altre forme di
impresa sociale.
Anche i terreni sui quali si esplica l’azione volontaria sono
numerosi e non riducibili alla sola prestazione dei servizi alla
persona, né alle sole situazioni di forte disagio, esclusione,
povertà.
Di fronte ad un fenomeno così complesso, quale si presenta il
volontariato e i continui riferimenti ad esso da parte del potere
legislativo- leggi sulla riforma sanitaria, sull’attività a favore
dei paesi in via di sviluppo, sugli interventi di protezione
civile- serviva una regolamentazione organica che definisse i
campi di attività e requisiti per il personale che ad esso si
dedicava.
E’ giunta pertanto, quanto mai opportuna la Legge 11 agosto
1991 n° 266 i cui principi base sono:
ι riconoscimento del valore sociale e della funzione
dell’attività di volontariato come espressione di
partecipazione, solidarietà e pluralismo;
ι promozione dello sviluppo di tale attività,
salvaguardandone l’autonomia;
7
ι sostegno dell’apporto originale del volontariato per il
conseguimento delle finalità di carattere sociale, civile e
culturale.
La legge inoltre stabilisce i principi in base ai quali le regioni
e le province devono attenersi nel disciplinare i rapporti tra le
istituzioni pubbliche le organizzazioni di volontariato, nonché
i criteri cui devono informarsi le amministrazioni statali e gli
enti locali nei medesimi rapporti.
Da ciò si evince l’importanza della collaborazione tra
volontariato, terzo settore ed enti pubblici nella
programmazione delle risorse pubbliche e nella soddisfazione
dei bisogni presenti nel territorio. Da tale programmazione
dovranno discendere progetti comuni degli interventi,
all’interno dei quali il volontariato può assicurare la qualità
derivata dalla sua esperienza e dai legami con le popolazioni.
In conclusione si può affermare che il volontariato è oggi una
colonna portante della nostra società.
E’ indispensabile, non se ne può più fare a meno, non solo per
i servizi offerti a chi vive in stato di bisogno, ma soprattutto
per la cultura e i valori che esprime.
In particolare:
ι La centralità della persona umana
ι L’attenzione verso i più deboli e i più sofferenti
ι Il senso civile di responsabilità e di partecipazione alla vita
sociale
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ι Il rispetto per gli altri
ι Il senso del servizio
ι Il disinteresse nell’azione di solidarietà
ι La condivisione della propria esistenza con quella altrui.
Si può quindi affermare che oggi il volontariato si pone come
l’insostituibile fulcro di una collaborazione costruttiva tra
istituzioni pubbliche e cittadinanza, per la formazione di una
nuova coscienza del disagio interessata alla prevenzione e alla
rimozione del disagio stesso.