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INTRODUZIONE
I metodi d’insegnamento cosiddetti tradizionali vengono costantemente “provocati”
dalla diffusione delle nuove tecnologie e dalle possibilità da esse offerte. Creare,
manipolare, riscrivere e rimediare sono alcune delle funzioni che in maniera integrata
troviamo negli strumenti che popolano la nostra quotidianità: dal notebook al cellulare,
dall’iPad agli applicativi open source diffusi in Rete.
Il discente del nuovo millennio, il “nativo digitale”, ha bisogno di nuovi stimoli e
motivazioni per l’apprendimento: la scuola deve essere considerata principalmente
come una risorsa atta al suo sviluppo, bisogna che egli sia attivo nel crearne i contenuti,
da sempre fruiti in aula in modo passivo. I nuovi media propongono un’espansione del
campo del sapere e delle modalità di apprendimento molto vasta: uno di questi
strumenti, il video, si trova sempre più al centro del dibattito per le sue intrinseche
potenzialità.
- Trasmettere le informazioni in maniera più veloce;
- Associare immediatamente il contenuto alla sua rappresentazione visiva
- Provocare stati emotivi ed evocativi che colpiscono anche la capacità associativa
del discente
Il video dunque fa passare il fruitore da uno stato passivo a quello attivo, tanto più
quando questo è costruito con funzioni che ne permettono la fruizione in modalità
interattiva come ad esempio la presenza di un menù per accedere ad approfondimenti, a
collegamenti in rete, o rielaborazioni. Il video è un ottimo strumento per documentare
un processo dinamico e per farlo apprendere.
Interattività e Convergenza sono i due aspetti cardine dell’argomento di questa tesi,
perché permettono un rinnovamento della metodologia didattica, attivando gli alunni e
stimolandoli con nuovi strumenti che già conoscono per l’uso e con i quali hanno
sviluppato nuove grammatiche e nuovi linguaggi.
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Questi stessi strumenti, anche se non con qualche resistenza, stanno gradualmente
entrando nelle scuole, creando in aula un gap inusuale, cioè una situazione che vede
l’alunno più competente del docente, il quale, a sua volta, è tenuto a formarsi per
prepararsi al suo nuovo ruolo di “mediatore” del sapere attraverso fonti di tipo digitale e
multimediale. Una didattica quindi, fino ad oggi sviluppata intorno a un modello
trasmissivo fondato principalmente sull’uso del libro, che è chiamata a rinnovarsi, per
formare al meglio la nuova generazione, con il suo linguaggio sempre meno costituito
da testo, e sempre più fatto di immagini e video.
L’audiovisivo riassume gran parte delle caratteristiche e potenzialità che le nuove
tecnologie stanno portando nella nostra vita di tutti giorni e soprattutto nella scuola.
Analizzando la sua storia sia in ambito tecnico che artistico, si capisce pertanto come
da tempo l’immagine ed il suo movimento siano stati fondamentali in ambito
pedagogico e, soprattutto, come lo siano oggi, con tutorial e opere interattive che,
proiettando il discente verso una realtà virtuale, ne ampliano la conoscenza e
l'esperienza. La capacità del video di entrare nell’immaginazione dell’alunno, di
fornirgli un’esperienza visiva già elaborata e studiata per favorirne le capacità di
apprendimento, stimola sicuramente di più rispetto ad un libro ed al suo testo. Essa
proietta quindi la metodologia didattica verso nuove frontiere di progettazione e uso, in
cui anche l’alunno diventa autore dei materiali di insegnamento: è proprio questa
condivisione a costituire uno degli elementi più interessanti dei nuovi media, senza
dimenticare l’aspetto ludico che gioca un ruolo fondamentale per catturare l’interesse
del discente.
Il video diventa così l'alfiere del rinnovamento di una didattica orientata a creare una
scuola 3.0 che sappia formare un essere multimediale pronto ad affrontare la sfida delle
nuove abilità per nuove sconosciute professionalità, che il veloce sviluppo delle
tecnologie ci pone innanzi.
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CAPITOLO I
LA MULTIMEDIALITA’ NELLA DIDATTICA OGGI
1.1 Il lento cammino delle nuove tecnologie nella didattica
italiana
Seppur con ritardo rispetto ad altri paesi come Inghilterra e Olanda, anche in Italia, agli
inizi degli anni ottanta, esse vengono introdotte nella scuola, con l'utilizzo, limitato a
causa del costo, dei primi calcolatori. E’ in particolare nelle scuole superiori ad
indirizzo professionale che cominciano a diffondersi le prime tecnologie, con la
creazione di laboratori specifici di informatica; nel 1984 nelle scuole italiane ci sono
circa seimila computer, cinquemila solo nelle superiori. Gli elevati requisiti tecnici
richiesti dai primi computer richiedono la nascita di corsi appositi per la formazione di
docenti specializzati all’utilizzo di queste nuove tecnologie, soprattutto nell’ambito
tecnico-scientifico. I centri di ricerca sono in una fase pioneristica, concentrata
principalmente sul CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), ma notevole è anche il
lavoro svolto dall’Istituto per le Tecnologie Didattiche e Formative (ITDF) di Genova,
che già dagli anni settanta fondò in Italia un campo di ricerca sulle tecnologie didattiche
ed educative e la prima biblioteca per il software didattico, che conteneva pacchetti
software con programmi tutoriali (di cui si parlerà in seguito), di pratica (drill&practice,
educazione all’utilizzo di tecniche specifiche) e di Logo, linguaggio nato per intenti
educativi. Il computer viene visto come strumento per pensare, non insegnare; si
favorisce così la familiarizzazione informatica anche ai docenti non esperti.
Seymour Papert inventa il Logo nel 1984, per permettere ai bambini e anche agli adulti
di controllare il computer, creando un ambiente artificiale composto di oggetti con
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attribuibili regole predeterminate. Il bambino interagisce con una piccola tartaruga
spostandola in un foglio di carta virtuale, colorandolo, scrivendolo o eseguendo disegni
geometrici. In seguito il linguaggio diventa un sistema aperto e sempre in evoluzione,
legata comunque alla diffusione delle nuove tecnologie (Figura 1).
Figura 1. Immagini ottenute con Logo, di Papert.
Nel 1985 viene introdotto il primo programma nel campo delle nuove tecnologie attuato
in Italia, il Piano Nazionale Informatica (PNI), indirizzato agli insegnanti di matematica
e fisica delle scuole superiori, con l’obiettivo di sviluppare competenze informatiche-
base per preparare gli insegnanti all’introduzione dei nuovi programmi sperimentali
fondati sulle nuove tecnologie. Si individua così nell’informatica l’elemento ideale per
entrare nella società dell’informazione in sviluppo in quel periodo con l’avvento del
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computer. Questo progetto suscita nei docenti un elevato grado di interesse per la
sperimentazione didattica tecnologica, sfociando nella nascita di vari progetti importanti
come l’IRIS (Iniziative e Ricerche per l’Informatica nella Scuola), dove insegnanti di
scuola elementare e media collaborano per progettare percorsi in ambito informatico e
linguistico, avviando gli alunni ad un uso consapevole del computer. L’informatica
diventa così un fulcro interdisciplinare tra le varie materie, e non più una disciplina
isolata: nascono numerosi altri progetti, animati da voglia di sperimentazione e
curiosità.
Con lo sviluppo di hardware e software più potenti e manipolabili, nella seconda metà
degli anni ottanta si ha una rapida evoluzione didattica e professionale dei docenti, che
usano con padronanza pacchetti software per sviluppare nel loro ambito contenuti
sempre più tecnologici. Nel 1988 si passa da un approccio comportamentista ad uno
costruttivista nell’interazione con le nuove tecnologie, incentrato maggiormente
sull’attività dello studente piuttosto che su quella del contesto didattico esterno: il
computer viene visto come mezzo per favorire l’interazione sociale e cognitiva tra gli
alunni. La videoscrittura fa scoprire elevate possibilità formative e viene integrata
nell’ora di italiano, e nascono diversi software incentrati unicamente sull’educazione a
scuola. Verso la fine degli anni ottanta viene introdotto un metodo quantitativo che si
integra con quello descrittivo usato da sempre. R.P. Taylor distingue le applicazioni
computer-tutor, dove il calcolatore è visto come un sostituto del docente e controlla il
processo di formazione, e computer-tool, dove il computer serve per far esprimere la
conoscenza ed amplifica la cognizione delle cose, usato quindi come uno strumento,
non un professore.
Gli inizi degli anni novanta vedono l’avvento della multimedialità e dell’ipertestualità, e
nel 1991 si avvia il secondo Piano Nazionale di Informatica (PNI 2), rivolto anche alle
discipline linguistiche della scuola superiore. Il computer riunisce al suo interno i codici
visivo, auditivo e testuale, diventando lo strumento multimediale per eccellenza e
superando così il modello classico di lezione frontale, gli apprendimenti sono ora
strutturati e personalizzati e gli ambienti didattici si ampliano. I docenti adesso non si
fermano agli elementi base di informatica ma si orientano del tutto verso le Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione (TIC); l’attenzione passa dal funzionamento
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del computer a ciò che permette di fare. Negli anni seguenti i software didattici si
diffondono rapidamente, migliorando la pratica didattica; la costruzione di ipertesti
diviene pratica diffusa nelle scuole e la possibilità di sfruttare le tecnologie in maniera
interdisciplinare modifica in maniera rilevante i metodi didattici nelle scuole. Si
sviluppano le prime prove di applicazione della comunicazione mediata dal computer
(CMC
1
). Nel 1991 l’asilo Diana di Reggio Emilia, creato da Loris Malaguzzi, viene
incoronato come “ scuola più avanzata del mondo” da NewsWeek, avendo creato un
metodo “Reggio Approach”, consistente in giardini e spazi accoglienti, e molti micro-
laboratori per stimolare la creatività dei più piccoli (oggi l’asilo rimane ai vertici delle
classifiche internazionali e meta di pellegrinaggio di migliaia di insegnanti e studenti
provenienti da molti paesi diversi) (Figura 2, pagina seguente).
Figura 2. Asilo nido "Diana", Reggio Emilia.
Nel 1997 parte il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Digitali (PSTD), indetto dal
Ministero della Pubblica Istruzione stesso, per promuovere l’educazione degli studenti
1
Branca di studi che si occupa di come le tecnologie a base informatica, soprattutto i
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verso la multimedialità, migliorare la preparazione dei docenti nel campo informatico e
far entrare le tecnologie didattiche nei programmi scolastici tramite progetti pilota;
anche le scuole elementari e medie vengono coinvolte questa volta, con investimenti
adeguati. Uno dei progetti di maggior rilevanza è il Multilab, che sperimenta ausili per
lezioni multimediali come i CD-ROM ed un approccio ad internet rivolto alla
comunicazione; così come il progetto Rete, che tramite l’utilizzo della multimedialità
sviluppa abilità linguistico-comunicative tra gli studenti ed il progetto
Telecomunicando che, attraverso un sistema di videoconferenza permette agli alunni di
scambiarsi materiale didattico (testo, audio, video), tramite una lavagna condivisa dove
è possibile apportare modifiche agendo in modalità collaborativa.
Alla fine degli anni novanta la scuola gode ormai di un alto livello di ipermedialità
(testo, audio, video integrati) ed interattività, con l’uso di CD-ROM come materiale di
supporto per la didattica. L’editoria capisce l’importanza di questo strumento e realizza
numerosi programmi multimediali, soprattutto per l’apprendimento dell’inglese,
strutturati su livelli con lezioni di difficoltà crescente. Migliorano i software ma anche
l’hardware, che facilitano l’uso delle tecnologie anche ai disabili, ed un più facile
utilizzo in generale. La diffusione di Internet nelle scuole fa nascere i primi utilizzi
didattici della rete per accedere ad informazioni e conoscenze, realizzare attività
cooperative ed utilizzare siti e posta elettronica appositamente creati per l’ambiente
scolastico. Nascono i primi corsi di formazione online per studenti e docenti, e si
formano le prime comunità di pratica tra gli insegnanti, dove si condividono pratiche
didattiche tra pari per crescere professionalmente.
A partire dal 2000, le TIC si sono diffuse in tutti gli ambiti del sistema scolastico
italiano; nel 2002 viene lanciato il programma di formazione online ForTic, promosso
dal MIUR (Ministero Istruzione Università e Ricerca) e gestito dall’ Indire (oggi
Ansas
2
) tramite la piattaforma PuntoEdu (www.puntoedu.indire.it), che vede tre livelli
di intervento: il primo è rivolto a tutti i docenti per l’acquisizione di competenze base
sulle TIC, il secondo crea una figura esperta di TIC per insegnare e apprendere, mentre
il terzo forma competenze avanzate sull’e-government delle infrastrutture tecnologiche.
2
Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica.