5
E proprio il film di Petersen, ispirantesi all’Iliade, ha la sua analisi e il confronto nel capitolo
quarto (IV).
Sono passati secoli dalla composizione dell’Iliade, ma i temi presenti nell’opera sono più che
mai attuali in questo periodo. Solo per questo motivo credo che il lavoro del regista di Troy,
W.Petersen, meriti un’attenta osservazione; se poi il risultato ci lascerà perplessi o delusi, avrà
avuto almeno il merito di spingerci a rispolverare dalla memoria quel mondo antico fatto di
eroi, dèi, imprese gloriose, gioia e dolore, e i cui nomi - Achille, Ettore, Elena… - saranno
ricordati per l’eternità.
Copertina Iliade (Ediz. Bur 1998) Locandina Troy (for destiny)
6
DEDICA
Ogni libro che si rispetti è dedicato a una o più persone alle quali l'autore desidera mandare un
ringraziamento, un pensiero.
In questi ultimi anni, in particolare i quattro del corso universitario, ho avuto accanto tanti
Amici che mi hanno sostenuto e incoraggiato: genitori, parenti, compagni di vita e di scuola.
Credo sia giusto ricordarli brevemente perchè è anche grazie a loro che sono giunta alla
conclusione degli studi.
Innanzi tutto vorrei ringraziare la dottoressa Maria Pia Pattoni per la disponibilità, la
puntualità, la grande professionalità, l'aiuto e la gentilezza dimostratatami durante la
compilazione della Tesi.
Voglio dire GRAZIE a mamma e papà, che hanno contribuito moralmente e economicamente
alla frequentazione dell'Università; a nonna Angela, di cui sono diventata coinquilina per
quattro anni, che mi ha viziato in ogni modo; ai nonni, che ora guardano dal cielo, così
orgogliosi e contenti quando sostenevo un buon esame; a Francesco (il mio ragazzo), che con
amore ha sopportato i miei sbalzi d'umore nei periodi critici e mi ha sempre incoraggiato; ad
Anna (il "genietto" personale), che da compagna di lezione e pranzi è diventata una vera
amica; a Ronnie, Sara e Chiara per le tante chiaccherate; ai "vecchi" amici e ai parenti che in
qualunque modo mi sono stati vicino.
"Il viaggio dell'Iliade da Omero ad Hollywood: Troy" è per me stessa e per voi.
7
Capitolo I
RAPPORTO
CINEMA E LETTERATURA
8
Sin dalle sue origini, risalenti alla fine del 1800, il cinema attinge a piene mani alla tradizione
letteraria: nasce, infatti, nel momento in cui le grandi strutture del romanzo e del racconto
ottocentesco entrano in crisi e subiscono le più profonde trasformazioni per opera delle
avanguardie storiche. Il nuovo medium, in questo senso, approfitta di un vuoto permettendo di
reinventare delle funzioni a strutture narrative ormai logore. Si può affermare che "il cinema
imita semiologicamente, prolunga storicamente, e sostituisce sociologicamente il romanzo
classico del secolo scorso, con intreccio e personaggi"
1
.
Il cinema ha, dunque, un rapporto continuo e ininterrotto con le strutture narrative che lo
precedono e lo condizionano, anche se non si tratta sempre di rapporti lineari, ma di una
complessa e articolata fenomenologia. In questo senso basti ricordare “come negli anni '20
nelle opere e nel pensiero dei grandi registi russi - Ejzenstejn, Vertov, ecc. - si assiste al
tentativo di individuare uno statuto autonomo dell'arte cinematografica, soprattutto con un uso
del montaggio che attribuisce il massimo potere metaforico alle immagini, seguendo
procedimenti del tutto analoghi a quelli osservati nella lingua poetica; oppure si veda come
negli anni '50, in Francia, è la letteratura con i romanzi dell'École du régard ad essere
direttamente influenzata dai procedimenti espressivi del cinema”.
2
In queste pagine non si
vuole né ripercorrere la storia del rapporto fra i due mezzi di comunicazione, né analizzare i
due termini nei loro mutui rapporti di dipendenza, di traduzione, di osmosi, ma
semplicemente sottolineare il rapporto decisivo che s'instaura nel momento in cui il cinema,
come fenomeno sociale complessivo, raggiunge un regime di massimo sviluppo.
Questo avviene proprio negli anni '40 in America, quando il cinema "entra insensibilmente
nell'età della sceneggiatura"
3
, e vale a dire, dopo che per oltre trent'anni il progresso costante
1
C. METZ, Cinema e Psicoanalisi.
2
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
3
A. BAZIN, Che cos’è il cinema?.
9
dei suoi mezzi espressivi ha in qualche modo subordinato l'importanza della sceneggiatura, si
ha ora come un rovesciamento del rapporto tra il fondo e la forma. Questa tende a cancellarsi,
a farsi trasparente davanti ad un soggetto che è apprezzato ormai per se stesso, e verso il quale
si è sempre più esigenti. Il cinema classico americano, infatti, si definisce come il cinema
narrativo per eccellenza, che, in altre parole, si cancella come istanza narrante, come
"discorso" (per usare la definizione di Benveniste), per darsi interamente come narrato, come
"storia", che attraverso l'illusione referenziale assume i caratteri mitologici di una naturalità
piena e coerente. La struttura narrativa hollywoodiana si pone quindi come totalizzante,
“collocata in uno spazio senza storia, dove il tempo è sempre tempo compiuto e dove
l'economia del racconto non conosce distrazioni o cesure, rivelando un gioco rigoroso di segni
codificati, di stereotipi, che concorrono a creare un universo autonomo e indipendente, un
paesaggio di visi familiari che attraversa un numero limitato di storie.”
4
.
E' il momento in cui la grande fabbrica di Hollywood inizia la sua opera d'indiscriminato
saccheggio verso tutta la letteratura (specie quella vittoriana, ma anche le prime trascrizioni
dei romanzi americani contemporanei, come quelli di Hemingway, S.Fitzgerald) e il momento
in cui gli scrittori di successo (Chandler, Faulkner,..) sono assunti direttamente dall'industria
hollywoodiana.
“Ma soprattutto è la nozione di genere, operante nella produzione letteraria, per identificare e
unificare una pluralità di testi, in cui il rapporto tra l'organizzazione tematica e il piano
formale si dispone come un sistema più o meno costante, che diviene decisiva per designare la
produzione cinematografica. Infatti, all'interno di un sistema di autogaranzie, generato dalla
macchina hollywoodiana, per radicarsi nelle abitudini e nei gusti del grande pubblico, la
distinzione dei generi cinematografici - dal genere poliziesco a quello western, dalla
commedia brillante a quella musicale, per citarne solo alcuni - come d'altro canto la creazione
4
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
10
dello star-system, diventa l'elemento essenziale di una produzione fortemente serializzata e
standardizzata.”
5
. Il cinema mutua quindi la nozione di genere dalla letteratura, in quanto i
codici della comunicazione letteraria sono assunti in modo pieno e trasparente nel racconto
classico del cinema americano, anche se su di esso interagiscono i codici più propriamente
cinematografici che non presentano immediate omologie con il linguaggio verbale. Le
analogie semantiche e la stessa disposizione della sostanza del contenuto, di schemi d'azione,
di relazioni tra i personaggi, tra il cinema classico e la letteratura, ci consentono di utilizzare
le categorie della narratività proprie del racconto letterario. Tuttavia nella definizione dei
generi filmici conta soprattutto “il modo in cui i generi, rimandando l'uno all'altro, si fondano
sull'equilibrio complessivo del cinema classico. La presenza, la trasparenza, l'equilibrio della
narrazione, iscritta in una fitta trama di convenzioni e di stereotipi, permette al cinema di
Hollywood di autoriprodursi come genere e di funzionare nella sua autonomia di macchina, di
fabbrica di sogni, attraverso le sue fiabe consolatorie perfettamente intercambiabili.”
6
E' chiaro, invece, che dagli anni '70, il nesso cinema/letteratura ha subito ormai notevoli
variazioni. Se nel cinema americano classico il riferimento al testo letterario ha spesso un
carattere e un valore di divulgazione, per cui la scrupolosa necessità di fedeltà all'originale
rende quasi totalmente insignificante una lettura critica comparata, il discorso si fa diverso
negli anni '70. “Rovesciatosi il rapporto tra comunicazione a livello letterario e quella a livello
d'immagine - questa prevale in termini assoluti senza bisogno di appoggi sul preesistente testo
narrativo - il cinema americano assume i testi letterari non più soltanto come materiali da
trasposizione, quanto come oggetti paradigmatici all'interno di un processo più generale di
rilettura critica e/o nostalgica dei generi classici.”
7
. All'uniformità del cinema classico, data
5
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
6
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
7
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
11
dalla trasparenza e dall'equilibrio della costruzione narrativa, si sostituiscono nuovi
meccanismi narrativi che non si riconoscono più in alcuno standard. La narrazione, perduta la
linearità e l'armonia classica, slitta continuamente, non ha paura del vuoto, ma anzi lo riempie
di osservazioni, di dettagli, di elementi, cioè, che nella loro apertura e ambiguità sono
funzionali alla perdita d'univocità della fiction, all'indeterminazione del senso, e alla non
finitezza della storia narrata.
E' un cinema, anche, che sempre con maggiore ossessione sceglie come referente primario il
proprio passato, sfruttando l'accumulazione prodotta dal cinema classico (accumulazione di
temi, di procedimenti), per istituire, rispetto ad essa, un gioco di scarti, o una ripresa
irrimediabilmente seconda. In altri termini è “un cinema che nasconde, o esibisce secondo i
casi, il proprio continuo lavoro metalinguistico sotto la categoria dell'invenzione: è un cinema,
in pratica, che sembra negare radicalmente l'acquisizione del proprio funzionamento di
macchina attraverso l'evidenza della figura dell'autore (il regista è la nuova super-star).”
8
.
Siamo in anni in cui appare terminato storicamente il periodo di estrema produttività sociale
dello spettacolo filmico. Con la trasformazione mediologica che ha prodotto ormai a livello
planetario una cultura iconica, per cui tutto l'esistente si percepisce e si riproduce come
spettacolo, come continua performance, il cinema, e quello hollywoodiano in particolare, ha
perso definitivamente la sua funzione più evidente: quella - tipica di un'industria culturale di
massa - di omologare il proprio pubblico attorno ad un immaginario collettivo. Questa
funzione, che il cinema classico aveva ereditato dal teatro e dalla letteratura di consumo, è
passata irreversibilmente ad altri media, alla televisione innanzi tutto, in quanto medium che
più ha contribuito all'instaurarsi della totalità informatico-spettacolare.
La maggior parte di coloro che si sono occupati della questione cinema/letteratura ha
considerato i due poli del rapporto come delle forme d'arte, degli ambiti espressivi. In questa
8
U. MAGGINI, Letteratura e cinema americano.
12
prospettiva è naturale vedere sia un libro sia un film come un luogo in cui un autore esprime
la propria visione del mondo, la propria poetica, il proprio talento, a partire dagli strumenti
che gli sono forniti e dalla maniera con cui egli si appropria di tali strumenti, e in qualche
modo, li rinnova. Un libro e un film, in pratica, sarebbero la maniera con cui un autore porge
al mondo dei significati. Di conseguenza, “l'analisi del rapporto che s'instaura fra un testo
letterario e uno cinematografico sarebbe l'analisi dei rispettivi significati che gli autori dei due
testi hanno posto in essere, nonché dei procedimenti da loro adottati all'interno dell'istituzione
di riferimento: l'istituzione-letteratura (che ha un linguaggio, una storia, un repertorio, in altre
parole è definita dalla sua tradizione) e l'istituzione-cinema, che si regge sui medesimi
presupposti.”
9
.
Ciò è del tutto comprensibile se si tiene conto del fatto che il cinema ha dovuto scontare un
lunghissimo periodo d'anticamera prima di fregiarsi del titolo di Settima Arte, con tutto quello
che questo comporta in termini d'impatto sulla vita culturale dei luoghi in cui esso è prima
realizzato e quindi fruito. Si può dire, allora, che la maggior parte degli studi e delle numerose
analisi testuali comparative che sono state fatte ha una sorta di intenzione implicita:
“Dimostrare che un film possiede la stessa dignità artistica e culturale del libro da cui è
eventualmente tratto.”
10
Un primo problema, rispetto a tutto questo, riguarda proprio la
nozione d'autore, che in letteratura si muove entro coordinate precise in cui è stato fatto
rientrare, forzatamente, anche l'autore cinematografico. Se, da un lato, la fruizione popolare
tendeva a designare un film come "del tale attore" (quasi che tutto si realizzasse da sé, nella
presenza davanti alla macchina da presa della determinata persona piuttosto che di un'altra),
oppure al massimo come film "del tale genere" (come se il processo creativo fosse un aspetto
minore e subordinato, una specie di pura combinazione di figure e situazioni), si è poi passati
9
G. MANZOLI, Cinema e letteratura.
10
G.MANZOLI, Cinema e letteratura.
13
ad un'idea d'autorialità forte, riferita ad un singolo individuo, che non tiene conto
dell'enormità di fattori, persone e strutture che intervengono normalmente nella realizzazione
di un film. Ma questa è solo una spia di un altro oggetto di rimozione, senz’altro più ampio e
significativo. Si parla del fatto che “il cinema e la letteratura sono, oltre che delle arti, dei
mezzi di comunicazione e per di più di massa. In questo è chiaramente possibile trovare un
punto di contatto ma anche di differenza, nel senso che - proprio in quanto mezzo di
comunicazione di massa- il cinema funziona ben diversamente dalla letteratura. Non a caso,
da che esiste il primo, la morsa della censura, come gli appetiti della propaganda, si sono
dedicati alla letteratura con molta minore attenzione. Sono certamente esistiti i roghi dei libri,
ma sempre dopo che ci si era premurati di verificare che l'intera produzione di film fosse
saldamente sotto controllo.”
11
. Proprio per recuperare quest'elemento costitutivo dell'arte
cinematografica, per impostare il rapporto fra cinema e letteratura in un quadro che contenga
l'insieme delle loro funzioni, vi è chi, come F. Casetti, analizza le loro interazioni
considerandole come luoghi di produzione e di circolazione di discorsi sociali. Di là dalle
istanze individuali, che pure sono inevitabilmente dei catalizzatori dell'intero processo, si
tratta di considerare il corpus sociale come un organismo che sente di dover esprimere
determinati concetti, i quali evidentemente lo coinvolgono nel profondo e nei quali si riflette.
Per far questo, esso predispone una fitta rete di apparati grazie ai quali questi discorsi -
immagini, idee, sentimenti linguaggi, paure e desideri - circolano.
Certo: in fondo si tratta solo di fotogrammi e parole, di voce ed immagine, di racconto (o
pensiero) scritto e mostrato, di due linguaggi con significanti diversi che, anche al lettore o
spettatore occasionale, paiono semplici macchine per raccontare storie. In realtà sono invece
proprio le diverse possibilità di trattamento delle storie, dalla riflessione estetica fino alla
realizzazione, a descrivere differenze ed analogie non solo formali ma comunicative e
11
G. MANZOLI, Cinema e letteratura.
14
ideologiche tra letteratura e cinema. “(…) Allontanati dalle pratiche di rappresentazione ed
esecuzione, dalle modalità di fruizione più o meno legate al testo, cinema e letteratura si
riavvicinano nella reciproca suggestione ed influenza. Un’influenza che può essere letta sotto
il segno della nozione di velocità, in quanto, pur nella diversità degli esiti, è possibile
individuare più di una linea di comprensione e imitazione ritmica e temporale reciproca; dal
neorealismo al rapporto francese tra Nouvelle Vague e Nouveau Roman, dal cinema
sperimentale e d’avanguardia fino a certa retorica hollywoodiana.“
12
. Ma in fondo si tratta
solo di fotogrammi e parole.
12
F. MANETTO, Due note su cinema e letteratura.
15
Capitolo II
L'ARCHETIPO MITICO E
LETTERARIO: ILIADE
16
PREMESSA
L’Iliade, composto probabilmente tra il IX e l’VIII secolo a.C. è considerato il più antico dei
poemi attribuiti sin dall’antichità ad Omero; dopo le analisi condotte a partire dal V secolo
a.C. e coronate dalla ricerca filologica alessandrina, essa è insieme all’Odissea il solo poema a
cui l’onorevole titolo di “omerico” non sia mai stato negato. Il titolo dell’opera “si spiega a
partire da Ílion, altro nome di Troia: si tratterebbe dunque del poema di Ilio; tale definizione
però è stata discussa da studiosi recenti, che hanno notato come i poemi epici tendano spesso
a derivare il loro nome non dall’argomento, bensì dal luogo di creazione o d'iniziale
diffusione (per esempio i Kúpria=Canti ciprii, poema di Cipro, appartenente al cosiddetto
Ciclo omerico): l’Iliade sarebbe dunque il ‘poema proveniente da Ilion’”
13
. A partire
probabilmente dall’età alessandrina, i 15.693 esametri dell’Iliade sono divisi in ventiquattro
libri, contrassegnati ciascuno con una lettera dell’alfabeto greco (convenzionalmente,
maiuscola); precedentemente, i singoli episodi erano piuttosto definiti con titoli descrittivi di
carattere tematico, talvolta corrispondenti però, almeno in linea generale, alle successive
partizioni in libri.
13
F. CONDELLO, Iliade.
17
SINTESI DELL’OPERA
Libro I
È il decimo e ultimo anno dell’assedio di Troia; nel campo dei Greci infuria un’epidemia
inviata da Apollo, adirato perché Agamennone, loro re e comandante supremo dell’esercito,
ha preso prigioniera la giovane Criseide e rifiuta di renderla al padre, sacerdote del dio.
L’indovino Calcante svela la causa dell’epidemia e suggerisce di restituire la fanciulla per
placare l’ira di Apollo. Agamennone pretende in cambio Briseide, schiava del più valoroso tra
i guerrieri greci, Achille, che l’aveva ricevuta come premio di guerra dallo stesso
Agamennone. Achille si sente disonorato, s’infuria e decide di ritirarsi dalla guerra. Sua
madre Teti chiede e ottiene da Zeus di ostacolare i Greci fino a quando Achille non torni a
combattere.
Libro II
Zeus manda ad Agamennone un sogno menzognero, che lo persuade a conquistare Troia
senza bisogno di Achille. Agamennone raduna gli altri capi achei e rivela il suo sogno.
Nestore si dichiara d'accordo con lui: occorre radunare l'esercito ed attaccare Troia, così
Agamennone potrà provare il suo valore. Ma quando l'esercito acheo è radunato,
Agamennone annuncia che Zeus l'ha abbandonato. La loro causa è perduta e possono tornare
alle loro case. Ma Era veglia e nota l'incontro tra Zeus e Teti: avverte Atena, anche lei
schierata con gli Achei, che va da Ulisse e gli infonde coraggio. Ulisse riesce a ribaltare la
situazione riportando con l'aiuto di Nestore i soldati achei al loro posto, ad eccezione di quelli
di Achille, rimasti con il loro capo. Intanto anche i Troiani si sono radunati e i due eserciti
avanzano nella pianura.
18
Libro III
Nel ventiduesimo giorno avviene la battaglia con gli eserciti schierati faccia a faccia. Paride
esce dalle file troiane e si offre di duellare con chiunque dei capi achei l'avesse voluto.
Il principe troiano, grande arciere, è temerario; ma alla sua sfida risponde Menelao, re di
Sparta, che non solo è un grande guerriero, ma è anche colui che è stato offeso proprio da
Paride, che gli aveva sottratto Elena. Paride è paralizzato dalla vergogna e dalla paura e
decide di rientrare in fretta fra le file troiane. Ettore lo rimprovera aspramente e gli dichiara
che gli Achei avrebbero dovuto lapidarlo come un criminale, al che il fratello ritorna in sè,
riconosce il suo errore e decide di affrontare il suo nemico: il vincitore potrà tenere Elena.
Menelao accetta e chiede a Priamo di unirsi a loro in un sacrificio che suggelli l’accordo.
Priamo lascia la città, accompagnando i guerrieri nel loro omaggio agli dèi. Il duello ha inizio,
sembra che Menelao debba trionfare. Egli è più forte ed esperto e pensa di essere dalla parte
del giusto. Nel momento in cui sta per uccidere il principe troiano, interviene la dea Afrodite
che salva quest’ultimo. Menelao lo cerca tra le file troiane, ma nessuna sa dove sia. A quel
punto Agamennone lo dichiara vincitore e richiede la restituzione di Elena più una cospicua
cifra come risarcimento.
Libro IV
La tregua rallegra i Troiani, ma non sanno come risolvere il problema di Paride, che è
sfuggito al duello. Ma Atena non vuole attendere: la battaglia deve riprendere. Appare quindi
tra i Troiani sotto le spoglie di uno dei figli di Priamo, si avvicina a Pandaro, re di Licia ed
arciere infallibile. La dea gli indica Menelao, puntandolo col dito, che corre tra le file troiane,
ben deciso a riprendersi la sposa.