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Introduzione
Le migrazioni internazionali generano una moltitudine di risorse
materiali, sociali e culturali, in grado di rendere il migrante il
protagonista assoluto del nuovo secolo; “ponte tra due culture”,
elemento di raccordo, a distanza, tra individui e famiglie, vettori di
trasferimenti fondamentali per lo sviluppo economico e sociale, ma
soprattutto soggetti in grado di migliorare lo sviluppo umano, per loro
stessi, per le comunità di origine e per quelle di accoglienza.
Questi sono i presupposti alla base di questa tesi che studia il
fenomeno dei movimenti migratori, facendo riferimento alla mobilità
transnazionale e a quella di ritorno.
Sebbene le migrazioni –intese come abbandono di un determinato
luogo dove si è svolta la vita del singolo individuo o del gruppo fino a
quel momento, per insediarsi in modo temporaneo o permanente in un
altro territorio- abbiano una storia coeva alla stessa esistenza degli
uomini sul nostro pianeta, è sopratutto nell'ultima parte del XX secolo
che si osserva un'intensificazione delle migrazioni internazionali, tanto
da identificare questo periodo come l'età delle migrazioni.
Rispetto solamente a qualche decennio fa, la circolazione di persone,
idee, merci e capitali tra luoghi diversi e spesso lontani, si è
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notevolmente intensificata. I trasporti, le comunicazioni, gli scambi, le
transazioni, tutto si muove con velocità sempre crescenti! Per effetto
di questa compressione spazio-temporale le distanze si accorciano e
concetti come Stato-nazione, frontiera, nazionalità, che in precedenza
erano ancorate all'appartenenza a un luogo geografico ben definito,
vengono accantonati. L'epoca del “simultaneo” induce taluni migranti
a organizzare le loro esistenze in maniera de-territorializzata e ad
alimentare flussi significativi di beni e risorse materiali e immateriali
attraverso i confini statali, contribuendo ad unire e connettere luoghi
anche molto distanti.
In altri termini, le migrazioni internazionali, oggi più che mai,
dimostrano che è possibile mantenere contatti e legami tra paesi
d'origine e di destinazione e tra connazionali nonostante le distanze
geografiche.
Così, dagli anni Novanta, alcuni studi sulle migrazioni internazionali
si sono concentrati sull'osservazione di questo tipo di migrazioni e
migranti: si tratta della prospettiva “transnazionale” che, invece di
concentrarsi sui tradizionali temi di studio riguardanti le origini dei
migranti e l'adattamento nelle società di destinazione, pone al centro le
relazioni, gli spostamenti e le attività costanti che legano contesti di
origine e d'approdo e su come tale flusso bi/pluri-direzionale di
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persone ma anche beni, idee, simboli, riesca a creare campi sociali che
attraversano i confini nazionali.
L'approccio transnazionale rappresenta un terzo modello per l'analisi
dell'adattamento degli immigrati nei paesi riceventi che si affianca a
quelli consueti: l'approccio assimilazionista (che considera il soggetto
immigrato come “sradicato”) e quello multiculturalista (che lo
definisce “trapiantato”). Si tratta di un' «alternativa» che non contesta
direttamente i concetti di assimilazione e acculturazione ma che ci
suggerisce che nell'epoca attuale è comparsa una forma di inserimento
nelle società riceventi (si pensi alla doppia partecipazione politica,
all'adesione a movimenti religiosi translocali, alla scoperta di nuove
forme di mobilità economica).
Il primo capitolo si apre con una breve riflessione sul concetto di
transnazionalismo inteso come processo di costruzione di campi
sociali (social field), all'interno dei quali i migranti danno vita a
relazioni sociali ed economiche stabili e ad attività e identità che
trascendono i confini geografici, politici e culturali. Da un lato, la vita
dei transmigranti si caratterizza per la simultanea presenza in due o
più Stati-nazionali e dall'altro, per lo sviluppo di relazioni stabili in
questi paesi.
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Ampio spazio è dato all'analisi dei motivi dai quali emergono le
migrazioni transnazionali. Viene così dapprima affrontato il tema dei
“social network” ovvero "i complessi legami interpersonali che
collegano migranti, migranti precedenti, e non-migranti nelle aree di
origine e di destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e
comunanza di origine"
1
e che incidono sui motivi, sulle cause della
migrazione ma anche sui percorsi e sulla scelta della destinazione,
così come, successivamente sulla tipologia di inserimento e di
integrazione. In altri termini, l'esistenza di legami di rete consente di
comprendere perché, tra le tante persone soggette ai medesimi vincoli
strutturali, solo alcune scelgono la migrazione internazionale; come
mai si dirigono verso determinate destinazioni, non sempre le più
favorevoli dal punto di vista economico e/o normativo; e come
cerchino di immettersi nel nuovo contesto.
In secondo luogo rileviamo come l'aereo, il fax, il telefono, la posta
elettronica, la drastica riduzione del costo dei trasporti e delle
comunicazioni facilitano le comunicazioni e gli scambi tra gli
individui su scala mondiale (cosa impensabile fino a un secolo fa),
consentendo ad un numero crescente di individui di vivere una vita
1 definizione di: Massey D., 1998, Worlds in motion: understanding international migration at
the end of the millennium, Clarendon Press. Citato in Scidà G., L'Italia e la Sociologia delle
Migrazioni, in Pollini G. e Scidà G., 2002, Sociologia delle Migrazioni e della Società
Multietnica, Franco Angeli, Milano, p 18.
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duale. Come nota Glick-Schiller ciò che differenzia il
transnazionalismo moderno dalle diverse pratiche del passato sono
riassumibili nella "ristrutturazione dell'accumulazione globale e
dell'organizzazione del capitale, modificazioni nelle relazioni tra
strutture statali e processi economici globali e rinnovate
concettualizzazioni dello stato-nazione, espresse nelle retoriche di
leaders politici, nella letteratura di teorici politici e nei paradigmi degli
scienziati sociali"
2
.
Alcuni ritengono che il fenomeno del transnazionalismo sia
l'espressione tangibile della crisi e dell'indebolimento dei luoghi e
delle istituzioni moderne come lo stato e la nazione (sfidata da una
moltitudine di appartenenze) e dei processi culturali che ne hanno
permesso la formazione. Emerge così la tesi sulla necessità di superare
il concetto di "cittadinanza nazionale" a favore di forme di
cittadinanza duali, multiple o sovranazionali.
È stato interessante studiare gli effetti delle migrazioni transnazionali
nel paese d'origine (con particolare attenzione agli effetti degli
investimenti e rimesse dei migranti e della "dislocazione delle
relazioni affettive". Ci preme sottolineare che fino a qualche anno fa,
2 Glick-Schiller N., Transmigrants and Nation-State. Something New and something Old in the
U.S. immigrant experience, in C. Hirshman, J. DeWind, P. Kasinitz (a cura di), Handbook of
International Migration: The American Experience, Russel Sage, New York 1999, 94 ss.
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solo una minoranza di ricerche è stata dedicata all'impatto e ai
molteplici cambiamenti indotti dalle migrazioni nei paesi d'origine. In
generale, gli studi si sono concentrati per lo più sui contesti d'arrivo,
trascurando l'intreccio tra i due spazi e i due momenti - un prima e un
dopo - che lungi dall'essere distintamente separati sono invece parte di
un unico processo, difficilmente comprensibile se si ignora la
dimensione della migrazione come un fatto sociale totale
3
. Non si può
trascurare che i migranti, sebbene assenti, siano agenti di grandi
trasformazioni socioculturali ed economiche delle società da cui sono
partiti e da cui sono spesso solo fisicamente distanti.
Negli ultimi decenni, molti ricercatori e osservatori hanno costatato,
spesso con sorpresa, che alcuni migranti anziché desiderare un riuscito
e definitivo inserimento nel contesto di immigrazione, conservano una
forte identificazione con il paese di origine e soprattutto restano
orientati al ritorno.
Per questo motivo, il secondo capitolo del nostro elaborato si
concentra su quel tipo di migrazione che maggiormente incide sulle
esistenze dei migranti e sul progresso e la modernizzazione dei loro
contesti di origine: il fenomeno della migrazione di ritorno. In questo
3 Riccio B. e Lagomarsino F., “L’altra sponda delle migrazioni: i contesti di origine”.
Introduzione, in Mondi Migranti 3/2010, Franco Angeli, Milano.
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senso, abbiamo voluto prendere in esame solo il ritorno inteso come
decisione calcolata e che ha come protagonisti quegli uomini e donne
che, raggiunto il fine della loro emigrazione, decidono di tornare per
ricominciare, ancora una volta, da capo. Essi sono agenti di sviluppo,
di crescita economica e di riduzione della povertà del paese di nascita
e, per dirla con le parole di Kofi Annan, dei soggetti “triple win”, per
loro stessi, per i paesi di destinazione e soprattutto per quelli di
origine.
Sebbene le migrazioni di ritorno siano uno degli anelli più importanti
della catena migratoria, la loro conoscenza resta però molto limitata.
Che cosa sono le migrazioni di ritorno? Per quali ragioni alcuni
decidono di risiedere in modo duraturo nel paese d’accoglienza
mentre altri, ad un certo punto, preferiscono rientrare nel paese di
nascita? Quali sono le caratteristiche socio-demografiche di questi
individui? Qual è il loro impatto sullo sviluppo economico dei paesi
d’origine?
A questi interrogativi, che sono al centro del dibattito pubblico attuale
riguardo alla gestione delle migrazioni internazionali, cercheremo di
dare una risposta nel corso del secondo capitolo. La nostra analisi si
focalizza dapprima sul concetto di migrazioni di ritorno. Un numero
considerevole di termini ed espressioni sono stati coniati per spiegare
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questo tipo di movimento dei migranti ma, ad oggi, il concetto resta
vago e non costituisce l’oggetto di una definizione formale
universalmente condivisa.
Successivamente consideriamo le determinanti della decisione di
ritornare. Attraverso l’analisi di diversi approcci, ci chiediamo in
particolare, se il rientro costituisce un fallimento o un successo del
progetto migratorio. Non si possono, inoltre, trascurare le condizioni
del paese d’origine e quelle del paese ospitante, così come le
principali motivazioni individuali, che giocano un ruolo fondamentale
e che possono spingere o meno il migrante a “tornare indietro”.
Dopo le caratteristiche particolari dei “rientrati”, approfondiamo
l’influenza positiva che il ritorno esercita nelle aree di provenienza.
Quando i migranti scelgono di ritornare nel loro paese di nascita, a
prescindere dal fatto che si tratti di un’opzione temporanea o
permanente, le loro esistenze hanno quasi sempre conosciuto un
mutamento radicale, le loro competenze e professionalità si sono
modificate e il più delle volte sono migliorate; il loro contributo al
progresso economico, sociale e politico del loro Paese d’origine è
dunque suscettibile di produrre un effetto notevole.
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In aggiunta, abbiamo deciso di rivolgere un’attenzione particolare alle
pratiche transnazionali e al ritorno dei migranti albanesi, in maniera
tale da inquadrare meglio i fenomeni descritti precedentemente.
Come è avvenuto per altri concetti sociologici – quello di comunità
per esempio- una versione “forte” di transnazionalismo, come un
nuovo tipo di migrazione in grado di sconvolgere i concetti stessi di
“insediato” o “integrato”, non trova evidenza empirica, tantomeno
nell’esperienza italiana
4
. Si riscontano però alcune pratiche che
possiamo definire transnazionali e che assumono i caratteri di veri e
propri stili di vita. L’ obiettivo del terzo capitolo è quello di esaminare
i comportamenti che gli albanesi realizzano tra le frontiere, facendo
riferimento ad alcuni “indicatori di transnazionalità” (famiglie
transnazionali, contatti con la madrepatria, vicinanza geografica e
frequenza del rientro, rimesse e loro destinazione). Nel corso
dell’analisi è emerso che, in generale, gli albanesi conservano dei
rilevanti legami con il paese d’origine resi possibili dagli odierni
mezzi di comunicazione, trasporto e finanziari.
L’ultima parte della presente trattazione è dedicata ai migranti di
ritorno in Albania. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale
per le Migrazioni, dal 1990 almeno un albanese su quattro si è
4
Ambrosini M., “Prospettive transnazionali. Un nuovo modo di pensare le migrazioni?”, in
Mondi Migranti 2/2007, Franco Angeli, Milano.
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trasferito in un altro paese. Tra la caduta del comunismo e la volontà
di appartenere all’Unione Europea, per il popolo albanese il cammino
è stato difficile. L’Albania intanto ha cambiato faccia e continua a
correre verso la modernità; così, a vent’anni dal grande esodo, molti
migranti di allora scelgono di tornare a casa, per restare vicino alla
famiglia e sfruttare le opportunità di un’economia in modesta ripresa.
“Lamerica”
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non è più desiderabile come un tempo e le immagini
delle flotte di disperati in cerca di fortuna si perdono nella memoria
del mare.
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Espressione tratta dal titolo del film Lamerica (1994), diretto da Gianni Amelio e che racconta
l’Albania del 1991, un paese nel caos e che sogna l’Italia vista alla televisione.